Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 18 aprile 2024

Le imprese di Giovanni Acuto in Romagna

Un mercenario al servizio 
del Papa o di Firenze,
a seconda delle convenienze sue.

Ricerca di Claudio Mercatali




Chi era Giovanni Acuto? 

Secondo alcuni nacque nel 1320 in Inghilterra nella contea di Essex. Combatté in Francia per il re Edoardo III durante la Guerra dei Cento anni e fondò una banda di mercenari, la Compagnia Bianca del Falco. Nel 1362 fu assoldato dal Marchese del Monferrato e scese in Italia dove rimase tutta la vita a guerreggiare sotto varie bandiere in Toscana, Umbria e Romagna. 




Il suo nome vero era John Hawkwood, che a volerlo proprio tradurre sarebbe “Giovanni falco di legno” ma per assonanza venne italianizzato in Giovanni Acuto. Nel 1376 la Compagnia, circa tremila uomini fra i quali molti Bretoni, assoldata dal papa si accampò tra Cesena e Bertinoro e Giovanni mostrò di che cosa era capace: nel maggio di quell’ anno sospettò una ribellione a Faenza, entrò di notte, la mise a sacco e uccise trecento persone. Si raccontano storie terribili, come quella di due dei suoi che litigarono per una giovane monaca catturata: Giovanni Acuto decretò “metà per uno!” e la tagliò in due con la spada. 



L’anno dopo in febbraio toccò a Cesena che, tartassata dai Bretoni, si ribellò. Giovanni Acuto entrò in città con i suoi per affiancare i Bretoni e alla fine si contarono cinquemila morti, uno dei massacri di civili più crudeli del Medioevo in Italia. Questi episodi truci avvennero anche perché dal 1375 al 1378 ci fu la “Guerra degli otto santi“ fra il papa avignonese Gregorio XI e Firenze, alleata di Milano, Pisa, Lucca, Siena, Arezzo, Bologna, Fermo, Ascoli e mezza Umbria. Giovanni Acuto, ormai ricchissimo, nel 1381 fu nominato cavaliere dal re inglese Riccardo II, divenne ambasciatore presso la Santa Sede e si mise infine al servizio di Firenze, dove morì il 14 marzo 1394 e fu sepolto nel Duomo con grandi onori. In seguito le spoglie furono traslate nella città natale dal figlio. 



In sua memoria la città di Firenze commissionò a Paolo Uccello un celebre ritratto equestre, capolavoro eseguito nel 1436 e collocato nel duomo nel punto dov’era la tomba del condottiero, con l’iscrizione: «Joannes Acutus Eques Britannicus Dux Aetatis Suae Cautissimus Et Rei Militaris Peritissimus Habitus Est». Dopo la sua morte la Compagnia non si sciolse del tutto e gli ultimi mercenari inglesi nel 1428 parteciparono anche all’assedio del Castellone di Marradi. Lo sappiamo perché ne parla Averardo de’ Medici, il comandante degli assedianti fiorentini e se ne lagna perché non si impegnavano abbastanza.


Che cosa fu Guerra 
degli otto santi?

Fu un conflitto fra Firenze e il papa, che preparava il suo ritorno a Roma da Avignone riconquistando i territori che nel lungo periodo del papato avignonese erano stati presi di fatto da tanti signorotti romagnoli e umbri. Firenze era in fase espansiva e voleva controllare l’appennino romagnolo e se possibile la Romagna intera. 



Da qui contrasto che sfociò in guerra. Il casus belli avvenne quando Firenze chiese a Bologna una fornitura di grano che il cardinale della città emiliana Guillaume Noellet rifiutò seccamente. Era un tentativo di indebolire Firenze, così come le incursioni delle truppe di Giovanni Acuto nelle valli dell' appennino, che i Fiorentini fecero cessare pagando 130.000 ducati al condottiero perché ritornasse nella pianura romagnola. 

A Firenze venne creata la magistratura degli Otto della Guerra con Alessandro Bardi, Giovanni Dini, Giovanni Magalotti, Andrea Salviati, Guccio Gucci, Tommaso Strozzi, Matteo Soldi, e Giovanni Moni, che vennero detti “gli otto santi”.



Il cancelliere Coluccio Salutati

Coluccio Salutati, cancelliere della Repubblica fiorentina, inviò infuocate lettere ai romani perché si ribellassero, il che non avvenne. Però nel 1376 si ribellò Bologna e si unì alla lega: per questo a scopo dimostrativo Giovanni Acuto compì pochi giorni dopo l'eccidio di Faenza di cui si è detto prima. Il 31 marzo 1376 il papa Gregorio XI scomunicò i Fiorentini, annullò ogni debito verso di loro e ne cacciò seicento da Avignone. 

Poi assoldò la Compagnia bianca, che mise Bologna sotto assedio e progettò di aggredire Firenze. L'assedio si risolse con un atto simbolico, la sfida a duello tra i mercenari e gli italiani Betto Biffoli e Guido d'Asciano, una specie di piccola disfida di Barletta, che fu vinta dagli Italiani. 
Alla fine del 1376 si giunse a un precario armistizio perché Caterina da Siena, mediatrice tra i Fiorentini e il Papato, convinse il papa a tornare in Italia e si aprì un tavolo di trattative a Roma. Fu una faccenda lunga e complicata: nel frattempo Cesena subì il massacro dei BretoniPerò i Fiorentini avevano tanti soldi: ingaggiarono Giovanni Acuto (aprile 1277) che fino ad allora era stato al servizio del pontefice, tassarono il clero fiorentino e obbligarono i preti a riaprire le chiese e a celebrare le funzioni, anche se la città era scomunicata. Il 27 marzo 1378 il papa Gregorio XI morì e il successore Urbano VI firmò un trattato di pace il 28 luglio a Tivoli. I Fiorentini si impegnarono a pagare, in cambio della cancellazione della scomunica, la somma di 350.000 fiorini, ma poi tergiversarono e pagarono solo in parte. Ecco, questo è il quadro completo della situazione qui da noi.

Che conseguenze ebbe la Guerra degli otto santi nella nostra zona?

I valligiani del basso appennino romagnolo erano pressati dall’ espansione di Firenze, preoccupati per le riconquiste di Gregorio XI e tartassati da Giovanni Acuto che serviva questo o quelli a seconda delle convenienze sue.
Ai tempi di Giovanni Acuto Modigliana si era costituita come libero comune dopo la cacciata dei conti Guidi avvenuta da pochi anni e la strage di Faenza del 1376 aveva fatto impressione. Forse anche per questo il comune nel 1378 accettò la signoria di Firenze, che dava sicurezza.


A Marradi senz’altro più di uno avrà avuto il timore di veder arrivare qualche banda di mercenari e magari proprio la Compagnia Bianca di Giovanni Acuto a ripetere le devastazioni compiute dalla Gran Compagnia del conte Lando, transitata nel 1358, cioè solo pochi anni prima. Forse anche per questo Giovanni Manfredi, signore del Castellone, rinunciò alle sue pretese di ampliamento e si mise in sudditanza di Firenze, confermando un accordo stipulato a Monte Maggiore, vicino alla fattoria I Cancelli già nel 1370 (vedi qui accanto).


A Palazzuolo i cardinali di Bologna Guillaume Noellet e Pierre d’Estaing ma anche altri tramarono e favorirono le rivolte degli Ubaldini del 1372 e del 1386 che furono duramente represse dai Fiorentini.

Dunque le imprese di Giovanni Acuto influirono molto sulla nostra storia. Lui non risalì mai le valli del Lamone, del Senio e del Marzeno ma non volendo favorì Firenze perché i valligiani, anche per sottrarsi alle sue angherie accettarono l’autorità della Città.


Per approfondire sul blog

28 aprile 2013   Giovanni di Alberghettino Manfredi
18 dicembre 2016   Cia degli Ubaldini
20 aprile 2019    La conquista di Palazzuolo sul Senio
08 gennaio 2020    Il censimento del cardinale Anglic de Grimoard
22 febbraio 2022   La fine del Trecento qui da noi.

Una serie di altre notizie è alla voce Storia del Trecento, nell’archivio tematico.
Nel sito chiamamicicittà.it ci sono molte altre notizie su Giovanni Acuto in Romagna.



venerdì 12 aprile 2024

La tettonica del nostro appennino

Uno sguardo alle strutture dei monti

ricerca di Claudio Mercatali


Le strutture dei monti nelle alte valli del Senio e del Lamone



Tutti i materiali sottoposti a uno sforzo prolungato cambiano: se l’azione non oltre passa il limite di elasticità quando cessa tornano alla forma iniziale, come se non fosse successo niente.



Ma se il limite è superato la deformazione è irreversibile, plastica, e rimane anche quando la forza è cessata. Infine se si va oltre il limite di rottura il materiale si spezza. In geologia le strutture che si generano dalla deformazione dei corpi rocciosi sottoposti a sforzo sono oggetto di studio della tettonica. Questa parola strana viene dal greco tectaino, che vuol dire costruisco. E’ la stessa radice di architetto e tetta e indica qualcosa che viene costruito o si forma. In tempi umanamente brevi le rocce che vediamo in superficie in genere si rompono senza piegarsi, però in profondità la situazione cambia perché la pressione e il calore favoriscono le deformazioni plastiche. Il tempo fa altrettanto, in ogni ambiente profondo o superficiale.

In conclusione, una roccia profonda si comporta in modo plastico ad alta temperatura, alta pressione e tempi lunghi. Altrimenti una forza intensa la spezza senza piegarla.

Detto questo cerchiamo di ricostruire la storia delle nostre montagne e dedichiamoci alla tettonica dell’ Appennino. Però prima vediamo di definire la situazione di partenza. In origine, cioè dieci o dodici milioni di anni orsono le odierne rocce erano degli strati di sabbia e fango stesi in un fondale marino profondo, molto distante dalla costa. 
Si capisce perché dentro mancano i detriti più grossolani e le pietre tonde scaricate dai fiumi, cioè i materiali riversati in mare vicino alle coste. Ogni strato è formato da una parte di arenaria, che non è altro che sabbia cementata, sovrastata da un galestro (o marna) che era fango. Perciò la nostra formazione geologica si chiama Marnoso Arenacea. Poi, tre o quattro milioni di anni orsono, tutto il deposito fu sollevato con la deriva dei continenti e dalla disposizione piana e regolare iniziale si giunse alla odierna situazione, nella quale si vedono gli strati spezzati e piegati in ogni modo, ben lontani dal livello del mare, che è circa al livello di allora.



Le pieghe

La deformazione plastica più tipica di un corpo roccioso si chiama piega. E’ formata da una parte curva rivolta in basso (l’anticlinale) e da una concava verso l’alto (la sinclinale). Si forma quando due forze convergenti spingono su un corpo roccioso profondo e nel giro di un milione di anni o più lo sollevano fino a formare una catena montuosa.




Una azione così forte avviene in tanti modi ma è chiaro che la piega è simmetrica, diritta, se le forze laterali avevano la stessa intensità, mentre è asimmetrica se una forza è stata molto maggiore dell’ altra. Così avremo le pieghe inclinate, coricate e ultracoricate.


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Le faglie


Se lo sforzo tettonico di sollevamento passa oltre il limite di rottura il corpo roccioso si spezza e se le due parti si spostano, come in una frattura scomposta, si forma una faglia. Dunque questa parola indica uno schiantamento con movimento delle parti rotte, verso l’alto, verso il basso o in rotazione. Si tratta di movimenti non catastrofici, lenti, nell’ordine delle centinaia di migliaia di anni e quindi deformativi ma non devastanti per le rocce e costruttivi per le montagne che li subiscono.


Nelle faglie dirette i campi di forza erano divergenti, in trazione, e i due lembi della faglia sono come si vede qui accanto. Nelle faglie inverse le forze agirono in compressione e le due porzioni sono disposte in altro modo.





Nel nostro appennino ci sono centinaia di faglie, che spesso hanno uno spostamento ingente delle due parti, tanto che si perde la continuità degli strati. A volte, come in questo caso i due blocchi si sono spostati poco e si nota l’entità della frattura.








Infine nelle faglie rotazionali la compressione fu così forte che in una parte della montagna c’è un pacco di strati in verticale, ruotati di 90° rispetto alla originaria disposizione orizzontale.


La faglia rotazionale è una struttura enorme, che si estende in profondità per qualche chilometro e chi la osserva senza sapere le cose dette fin qui in genere non riesce a capire la sua genesi. Si è formata per effetto di una forza immensa, che ha tagliato un intero gruppo di monti e ne ha messo una parte in verticale, lentamente, in centinaia di migliaia di anni, senza devastarli più di tanto.




Le monoclinali

Spesso le forze della deriva continentale agirono per semplice sollevamento, senza piegare o schiantare i corpi rocciosi. Se la disposizione degli strati è ancora orizzontale come in origine si dice che è piano parallela ma se è inclinata si parla di monoclinale.


Campigno, la Riva bianca (reggipoggio)

Il versante di una montagna è monoclino quando i suoi strati pendono tutti per lo stesso verso, a reggipoggio se sono rivolti verso l’interno del monte o a franapoggio se formano un piano inclinato. 



Campigno, Prato cavallo (franapoggio)  


Con una pendenza uguale o inferiore e quella del pendìo c’è una situazione di instabilità ma se la pendenza è maggiore il versante è stabile. Il versante sinistro della valle di Campigno (quello della Riva bianca) è a reggipoggio, a rupe, e questa disposizione degli strati è molto solida. Invece il versante destro, di fronte, è a franapoggio a alla sommità di Prato cavallo ha la morfologia che si vede qui sopra.

Ecco, queste sono le figure tettoniche principali dei nostri monti, che però non sono le uniche. In diversi milioni di anni di deriva continentale e di sollevamento gli eventi capitati nei nostri monti furono tanti e ognuno agì deformando la struttura precedente.
Così ci sono le pieghe faglia, che si formano se la rottura taglia una serie di pieghe precedenti, gli embrici tettonici, quando le pieghe sono compresse e sovrapposte come i coppi in un tetto e i sistemi di faglia, quando una rottura spezza e taglia un corpo roccioso che era già rotto prima. Però noi ora ci fermiamo qui e lasciamo tutto questo ai geologi.

sabato 6 aprile 2024

L'abate Francesco Fontani descrive Valbura

Una descrizione 
della nota cascata

Ricerca di Claudio Mercatali


Francesco Fontani nacque a Firenze il 23 maggio 1748 da Niccolò e Maria Francesca Meucci, in una famiglia di modeste condizioni. Ancora ragazzo fu accolto fra i chierici Eugeniani del duomo di Firenze, dove apprese la Grammatica, Le Scienze umanistiche e la Retorica. Proseguì gli studi di Filosofia, di Diritto e di Teologia al seminario arcivescovile fiorentino e fu ordinato sacerdote nel maggio 1772.

Testimonianza dell'impegno spirituale di Fontani sono Le Regole della futura mia vita, scritte a ventidue anni. Per vivere da "vero ecclesiastico" egli si imponeva obblighi severi di condotta, di preghiera e studio, secondo il metodo appreso alla "scuola di spirito" di S. Salvatore a Firenze.


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... E' Marradi un castello posto ai piè dell' Alpi che dividono la Toscana dalla Romagna, ma da quella parte che guarda verso la Romagna ...  (Machiavelli)




... vaghe ed eleganti fabbriche lo rendono gaio e brillante ...