Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 1 luglio 2010

NELL’ALTA VAL LAMONE L’ESTATE È INIZIATA ALLA GRANDE -UNA PERLA MUSICALE a CRESPINO DEL LAMONE

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NELL’ALTA VAL LAMONE L’ESTATE È INIZIATA ALLA GRANDE

Tanti eventi si stanno svolgendo in questo inizio d’estate fra Marradi e Crespino del Lamone e non tutti riescono ad avere spazio sulla stampa locale. Sabato 19 giugno a Marradi ci sono state: la consegna della cittadinanza onoraria a Margherita Boniver per il suo diretto intervento che ha consentito la liberazione del nostro concittadino Pieralbino Previdi nel 2009 in Sudan; la presentazione al Teatro degli Animosi del volume su Francesco Galeotti, fra i maggiori pittori naïf italiani, per festeggiare i suoi 90 anni. A Crespino del Lamone il 17 luglio ci sarà la dolorosa commemorazione annuale dell’eccidio nazista e domenica 20 giugno, nell’ambito della 5^ manifestazione delle Giornate dell’acqua, ha avuto ampio successo l’intervento di Padre Bernardo G. Boschi sul tema “L’acqua nella Bibbia”. Padre Boschi, professore in Bologna e all’Angelicum di Roma, è un grande biblista, poliglotta di 7 lingue, diretto conoscitore dei luoghi dove sono nate le tre grandi religioni monoteistiche e archeologo in loco. Il sabato, nella chiesa medievale dell’abbazia vallombrosana, si è esibita la corale SANTA CECILIA” di Borgo San Lorenzo ed a questo complesso “a cappella” vogliamo dedicare uno spazio specifico, che è comunque insufficiente per esprimere tutte le emozioni vissute dagli ascoltatori.
…e poi dicono che la provincia italiana sonnecchia!


UNA PERLA MUSICALE a CRESPINO DEL LAMONE

Alle 17 di sabato 19 giugno nella chiesa romanica dell’abbazia vallombrosana di Crespino del Lamone è iniziata l’esibizione della Corale SANTA CECILIA di Borgo San Lorenzo: le panche erano tutte occupate e l’entrata dell’ensemble vocale ha subito zittito il brusio del pubblico.
Una trentina di membri quasi tutti giovani e tutti giovanili, equamente divisi fra donne e uomini, eleganti e di bella presenza nei loro vestiti neri e camicia bianca, si è schierata in semicerchio su due linee sotto la direzione di Andrea Sardi. Il maestro ha introdotto il programma, rilevando che i14 brani coprono un millennio di musica corale, dal gregoriano medievale ad autori viventi con equilibrato florilegio di sacro e profano.
Fin dall’inizio l’uditorio ha percepito l’ottima preparazione del maestro nei riferimenti storici e come preciso e sicuro direttore del coro.
Il coro a cappella è una formazione musicale molto impegnativa, in quanto l’armonia e l’affiatamento del gruppo sono affidati solo ai tempi dettati dal maestro e alla coordinata fusione delle voci, frutto di lunghi tempi di prove; manca la rete di salvataggio degli strumenti, che dettano il tempo musicale e mantengono l’intonazione. La SANTA CECILIA, nella tersa acustica della chiesa di Crespino, ha dimostrato la padronanza della più antica e difficile forma di esibizione musicale e l’uditorio l’ha gratificata di insistenti applausi fin dai primi brani.
Il maestro Sardi, dopo l’esecuzione di lavori di due compositori francesi, si è soffermato su Pier L. da Palestrina, autore del 16° secolo, dai suoi contemporanei definito princeps musicae e che resta princeps polyphoniae di ogni tempo. Il successivo accostamento di Palestrina con il vivente Domenico Bartolucci, già direttore della Sistina e concittadino della corale, ci ha fatto capire dalle parole di Sardi e dai brani eseguiti che ci può essere continuità musicale anche con un salto di 5 secoli.
Il goliardico e ridanciano madrigalista Adriano Banchieri, della generazione successiva a quella di Palestrina, ha divertito il pubblico, con una “capricciata” ed un “contrappunto bestiale…” dove i virtuosismi vocali hanno esaltato la bravura e l’elasticità vocale del gruppo.
Il maestro Sardi è stato puntuale, chiaro ed esauriente anche quando ha presentato lo Stabat Mater di Kodaly e il Locus iste di Bruckner. Del grande compositore ungherese ha sottolineato la primogenitura nella ricerca etnomusicale che Bartok sviluppò e completò in trascrizioni più ardite.
Kodaly e Bartok nacquero nel penultimo decennio dell’ ‘800, come altri grandi autori europei. Massimo Mila ha parlato della “generazione italiana dell’ ‘80” (Alfano, Casella, Malipiero, Pizzetti, Respighi), ma con Sardi possiamo dire che esiste ed è grande anche una generazione dell’ ’80 europea ( coevi di Bartok e Kodaly sono Berg, Prokofiev, Stravinskij, Szymanowski, Varèse, Webern): le due generazioni hanno in comune lo spirito di ricerca e sperimentazione.
Di Bruckner il maestro ha citato l’involontaria ammirazione che aveva per lui l’imbianchino capopopolo del terzo reich, sebbene il grande sinfonista fosse di animo mite e vita appartata. Forse la passione era nata nell’imbianchino per la vicinanza della casa di Bruckner alla danubiana Linz che sarebbe dovuta diventare la città-modello delle allucinazioni hitleriane su un nuovo ordine mondiale.
L’esecuzione dello Stabat Mater e di Locus iste ha messo in risalto anche la potenza vocale del gruppo con moderna espressione di religiosa solennità.
Il concerto si è concluso con una breve cantata di Bach, che Sardi ha definito con un po’ di esitazione il più grande, sebbene i suoi 11 figli, anche loro musicisti, lo considerassero un “parruccone”, perché per tutta la vita il grande Sebastian si è cimentato con il contrappunto anche quando, a metà del ‘700, lo stile galante conquistava perfino le giovani generazioni luterane della severa Sassonia. Per quasi un secolo Bach venne dimenticato, poi un Mendelsshon giovanissimo ne diresse una cantata e da quell’evento risorse uno degli autori attualmente più studiati ed eseguiti al mondo.
Gli applausi di fine concerto sono stati lunghi ed insistenti e così Sardi ha proposto un bis col quale siamo tornati al medioevo, grazie ad un brano in stile di ballata che ci ha fatto pensare a Carl Orff: il bavarese ascoltava spesso le danze di corte e i canti di taverna dei secoli bui per prendere il giusto ritmo nella rielaborazione novecentesca dei Carmina burana.
Il complesso ha salutato il pubblico con un perfetto inchino, comandato dal maestro con bel gesto ripetuto due volte, fra gli applausi che hanno continuato anche dopo l’uscita dalla chiesa di tutto il gruppo.
Siamo grati alla SANTA CECILIA, che ci ha presentato, in un’esecuzione impeccabile, un repertorio vario, eclettico e coerente e ci ha confermato che la musica non segue la freccia del tempo, ma vive nella circolarità dei tempi: tutto varia, ma tutto ritorna. Aveva ragione T. Adorno: la musica è sempre contemporanea.
Completiamo l’opera, sviluppando un concetto esposto dal maestro Sardi sulla buona musica: quando un evento musicale entra e rimane nel cuore delle persone, perché il programma, ben congeniato, è privo di facili effetti, i brani sono belli e gli esecutori sono bravi, l’avvenimento deve essere conosciuto e riconosciuto, in quanto il miracolo non è successo a Milano per l’intervento di una divinità scaligera, ma in un piccolo borgo dell’Appennino granducale grazie ad una corale che canta con alta professionalità e solo per passione.

Antonio Moffa

Giugno 2010

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