Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 8 agosto 2010


CINQUE AGOSTO 2010 (a cavallo dell’Appennino granducale):
un giorno “poietico” e una notte poetica.

Il giorno: poiesi e flashback.

La “lussureggiante estate marradese” ha delle cadute autunnali.
Oggi sono stato a Firenze in scooter e ho indossato pantaloni lunghi e giacca a vento e l’aria fresca mi ha accompagnato fino a via Tornabuoni. Solo verso mezzogiorno ho provato un po’ di tepore addosso.
Dopo varie commissioni ed incontri, sono ripartito nel primo pomeriggio sotto un temporale che ha rabbuiato tutta la città e le pozzanghere tagliate dal traffico mi hanno spesso inondato le gambe tra la Fortezza e piazza della Libertà.
A Ronta ho visto il passo della Colla sovrastato e parzialmente coperto da nuvole nere; il fresco mattutino è diventato quasi temperatura novembrina: ho sentito freddo nelle gambe e sulle braccia, così ho indossato una seconda giacca a vento.
Mi sono fermato alla fonte dell’Alpe e l’acqua che ho bevuta a garganella mi è sembrata meno fresca del solito. Dopo il passo il cielo sopra la valle del Lamone è apparso macchiato di nuvole bianche nell’azzurro dominante.
Alla curva di Cencione il termometro del mio scooter segna 13°: normalmente in questo periodo e a quest’ora (17 circa) fa molto caldo anche qui, almeno 30°; le mani fanno male per il freddo e avrebbero bisogno di un paio di guanti.
Dopo la curva di Cencione scatta il flashback e vado con la memoria al 1979: ero in addestramento professionale a Vicenza e stavo seguendo l’area Fidi (quella che in banca concede crediti alle aziende ed è la massima aspirazione dei giovani bancari); la mia destinazione di futuro funzionario era già stata decisa dalla Direzione generale come specialista del settore estero. Un brutto (o bel) giorno mi venne data una pratica di fido da impostare e completare per sottoporla alla firma del direttore che allora, in una filiale importante come Vicenza, ci metteva paura come un padreterno, soprattutto “quel direttore”!
La pratica di fido fu respinta tramite commesso per due volte dal direttore (rettificando Oscar Wilde: inesperienza, il nome che diamo ai nostri errori!). Al terzo invio, venni chiamato dal direttore e non solo sbiancai io, ma anche i miei vicini; qualcuno mormorò: - rischia di essere cacciato dall’addestramento -.
Entrai in quella stanza da incubi fantozziani e il direttore mi fece sedere e mi dette la mano: - sono Benvenuti e lei è di Marradi - - sì sig. Direttore, mi scuso per tutti questi errori di analisi, di commento e proposta, ma non ho mai elaborato una pratica di fido prima di questa -, - gli errori sono meno gravi di quanto pensa, perché lei ha colto gli aspetti fondamentali di quest’azienda, la forma si acquisisce con l’esperienza. Se fosse disposto a cambiare specializzazione, propongo alla Direzione generale di inserirla nell’area Fidi -.
Di fronte al mio silenzio stupefatto, il dr. Benvenuti mi fece un’altra domanda: - lei conosce la curva di Cencione? - - sig. Direttore, benissimo perché ci sarò passato centinaia di volte -
- Ebbene Cencione era mio nonno perché io sono di Borgo -. **


La notte: poesia di lampi e… nuvolette.

Sono un po’ provato dal viaggio a Firenze, ma ceno volentieri in famiglia.
Dopo il caffè e il grappino, carico la pipa Viprati e mi siedo sul terrazzo. Il buio è precoce stasera, perché mi sono trascinato dietro le nuvole fiorentine: sono immerso nella piena oscurità.
Mentre riaccendo la pipa per la terza volta (“un vrai fumer ne rallume jamais sa pipe”: vuol dire che non sono un vero fumatore di pipa, anche se la uso da 30 anni), una saetta ramificata illumina il cielo e le nuvolette che salgono dal fornello della mia Viprati. Segue un tuono brontolone e un’onda di vento fa vibrare la betulla e i noci di casa.
Il vento insiste e le folgori di Zeus si ripetono più vicini allo zenith; i tuoni ora sono prepotenti e assordanti, poi torna un po’ di calma che mi permette di sentire il rumore delle labbra, intente a regolare il tiraggio della pipa. La tregua è breve: lampi e tuoni, si rincorrono da est a ovest, il vento persiste, gli alberi ondeggiano in tutte le direzioni e arriva la pioggia del temporale. La luce delle saette e i 4 rumori (tuono, vento, pioggia e labbra) diventano il tempo “molto agitato” di una sinfonia senza autore, ma Vivaldi, Rossini e Beethoven verrebbero in mente anche a chi non è interessato alla musica “classica”. La pioggia non cade, ma sbatte contro i muri, sulla strada, fra le chiome e sui tronchi. Il piazzale è già allagato, la strada sta diventando un torrente, i lampi affievoliscono, i tuoni ora si sentono oltre i crinali. Riprende più forte il vento, la pioggia cessa repentina com’è arrivata; sto terminando la carica di tabacco dopo un’oretta di tiri e nuvolette. Mi appoggio alla ringhiera per scaricare la cenere della pipa e noto sull’orizzonte uno squarcio di cielo sereno blu plumbeo: lo spazio libero da nubi è dominato dalla costellazione dello Scorpione e al centro brilla la stella di prima grandezza Antares: la notte di San Lorenzo è vicina.

VAAP (Antonio)


** Ringraziai il dr. Benvenuti per la sua generosa proposta, ma continuai il corso di addestramento, specializzandomi nel settore estero.

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