Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 3 aprile 2011

DAL MURAGLIONE A BOCCA DI RIO



Diario di una tappa di un lungo trekking sulla dorsale appenninica
di Giuseppe Meucci


... il Sole posa gli ultimi raggi sul tavolo, con
i bicchieri di birra, sui funghi che hanno ancora forte l'odore del bosco ...


Questo è il diario di una tappa di un viaggio a piedi durato diversi giorni, dal Passo del Muraglione fino al santuario di Bocca di Rio, che si trova oltre la Futa, in provincia di Bologna. A compiere l’impresa è un gruppo di amici ben allenati, non nuovi a questo genere di sortite (clicca sulle foto se le vuoi ingrandire).

“ … Guardo le foto del nostro viaggio a Bocca di Rio. Le scelgo, le correggo, le metto in ordine, scrivo un titolo per ciascuna; così, nei ritagli di tempo, mi sembra di prolungare le emozioni di quell’avventura così bella. Di foto ne ho fatte anche troppe, ma non riesco a buttar via se non quelle proprio venute male, perché ognuna mi riporta qualcosa che alle altre manca. Si è fatto tardi, è ora di chiudere il computer; ma prima voglio rivedere ancora una volta una di quelle foto, che mi è rimasta in mente più di tutte. Ventisei Agosto, Colla di Casaglia: la sera ci trova seduti intorno a un tavolo, davanti al bar. Il sole posa gli ultimi raggi sul tavolo con i bicchieri di birra, sui funghi che hanno ancora forte l’odore del bosco, sugli zaini e i bastoni appoggiati un po’ dappertutto, sulle facce stanche e sorridenti dei compagni di viaggio. Sembra indugiare, quasi non sapesse decidersi a chiudere una giornata che non tornerà più uguale: una giornata lunga e particolarmente ricca, perché abbiamo fatto molta strada, visto molte cose.

L'eremo dei Toschi

Partiti al mattino dall’ Eremo dei Toschi, non lonta
no dal Muraglione, dove avevamo passato la prima notte del viaggio, avevamo raggiunto il crinale alla Colla della Maestà e poi percorso tutto il nostro Appennino Marradese fino lì, al Passo della Colla di Casaglia. Passando dal Giogo di Corella, dal Giogo di Villore e dall’Alpe di Vitigliano senza quasi incontrare anima viva, avevo pensato che quei valichi, fino a non molto tempo fa, erano stati delle importanti vie di comunicazione fra Toscana e Romagna e mi era sembrato di vedere il via vai di boscaioli, vetturini, pastori diretti in Maremma, commercianti e altra povera gente che si dava daffare. Dall’alto della dorsale, come da un aereo, lo sguardo si era aperto sui paesi del Mugello e della Val di Sieve ancora avvolti dalla foschia, e sui monti che stavano di fronte: la mole del Monte Giovi, dove avevamo tentato di distinguere Barbiana, la parrocchia di Don Milani che era stata la nostra meta tre anni fa; Monte Senario con la sagoma nitida del convento; e poi, più avanti, Monte Morello, la Calvana con sotto il lago di Bilancino, i monti del Pistoiese.









La val di Sieve vista dalla Colla della Maestà
... dall'alto de
lla dorsale, come da un aereo, lo sguardo si era aperto ...

Sull’altro versante, la terra di Marradi: la vetta del Lavane davanti a noi che domina la valle di Campigno; il grande prato di Monte Filetto e, sopra, Poggio della Frasca e la Femmina Morta; l’enorme casa degli Ortacci, ormai difficile da riconoscere attraverso il fogliame dei faggi cresciuti addosso al crinale. E quando, dopo il Poggio degli Allocchi, si era spalancata davanti a noi la parte più alta della Valle del Lamone, con i prati di Casaglia e in mezzo il paesino che sembrava quasi di poterlo toccare, ci eravamo emozionati anche se ce lo aspettavamo proprio così. E poi i funghi, di tutti i tipi, che erano dappertutto e faceva male al cuore lasciarli lì: porcini, mazze di tamburo, rossole, per non parlare del barbicino gigante che un uomo incontrato sul sentiero si era caricato sulle spalle. Ogni tanto lungo il crinale un avvallamento profondo, una trincea non ancora riempita dai detriti, ci ricordava che quella possente muraglia costruita dalla natura, quella catena di monti che da sempre aveva tagliato l’Italia in due, era stata una gigantesca fortezza militare. L’ultima volta nell’estate 1944 era servita ai tedeschi in ritirata, contro gli Alleati che avanzavano verso nord. Per molti di quei ragazzi in divisa, e per molti civili inermi di tutte le età, era stata anche tomba.
I compagni di viaggio seduti al sole che tram
onta parlano del più e del meno, delle cose viste e delle impressioni della giornata; ma hanno bisogno di poche parole per intendersi, perché hanno già condiviso esperienze, fatica, aspettative. Il desiderio di arrivare senza inconvenienti a destinazione e trovare accoglienza, da mangiare e da bere, un letto per dormire.




Il Mugello e la sagoma di Monte Morello


La speranza che tutt
o a casa vada bene nonostante la nostra assenza (o magari proprio grazie alla nostra assenza). Il dolore per la perdita improvvisa di un amico, avvenuta in questi giorni a Marradi. La voglia di condividere anche con altri le esperienze di questa avventura. Il timore che la vecchiaia, o qualche altro accidente della vita, ci tolgano la possibilità di farne ancora. Il desiderio di ripartire presto per un’altra meta, portando con noi anche quei compagni degli altri viaggi che questa volta non sono potuti venire, e che ci mancano. In quella foto io ci sono, anche se non mi si vede (giusto: sono io che scatto la foto). Ho la stessa faccia assolata degli altri, gli stessi pensieri; e poi immagino le giornate che ci attendono, anche se non posso prevedere le sorprese che hanno in serbo. Certo non posso ancora sentire sul viso la nebbia fredda che ci accoglierà domattina quando riprenderemo il cammino e che avvolgerà la faggeta con un incantesimo di bianchi veli luminescenti.
Né prevedere l’incontro che faremo poi, in tarda mattinata, con un signore che spesso si trova a Marradi e che ha vissuto la propria infanzia a Brancobalardi.

La piazzola di una carbonaia


Non è un post
o qualunque, Brancobalardi: un podere arrampicato sulle pendici toscane della Giogana oltre gli ottocento metri, poco sotto il Poggio degli Allocchi. Sta fra due alture con nomi che non lasciano dubbi sull’antica funzione difensiva di quei luoghi: Poggio Castellina a monte e, di fronte, Castelpotente. Domina la valle di Fornello che si allunga, nel silenzio dei suoi boschi, fino al lontano paesino di Gattaia prima di aprirsi verso Vicchio e la pianura. Brancobalardi era un podere di montagna dove la vita doveva essere molto dura, sui grandi pascoli con le pecore per produrre in quantità formaggio e burro. Uno dei pochi fra i poderi dei nostri monti a essere dotato di una burraia: una costruzione di pietra, quasi del tutto interrata in un pendio ombreggiato, per conservare i latticini senza frigoriferi né corrente; di solito all’interno scorreva l’acqua di una sorgente, che aiutava a mantenere l’ambiente fresco anche d’estate.



Casaglia vista dalla Giogana
... con i prati e in mezzo il
paesino che sembrava quasi di poterlo toccare ...

Neppure, ancora, posso sapere che due giorni dopo, quando saremo sulle
pendici del Monte Gazzaro verso la Futa, sbaglierò sentiero. Mi capita spesso di rimanere indietro per fare foto, soprattutto quando la via è ben segnalata, e a volte perdo il contatto con il gruppo: allora allungo il passo e raggiungo gli altri, che ormai conoscono le mie abitudini e sopportano. Questa volta però, invece di seguire il sentiero di crinale (che svolta bruscamente, ma questo lo imparerò più tardi) mi lascerò attrarre da una larga carrareccia che scende nel bosco davanti a me. Non vedendo i compagni, comincerò a correre per riprenderli – accidenti, sono rimasto indietro più del normale – mentre la carrareccia, scavata dalle ruote dei fuoristrada, diventerà una specie di fosso che scende a precipizio. Quando finalmente mi renderò conto di essere sulla strada sbagliata, solo in mezzo al bosco, senza più fiato e almeno cento metri sotto la quota giusta, allora un po’ di sgomento mi prenderà, ma durerà poco. Per mandarlo via basterà pensare al traffico della città, al cemento, alle incombenze burocratiche che mi aspettano da lì a qualche giorno: all’improvviso avrò chiaro che quel bosco solitario e sconosciuto mi mancherà. Perfino la fatica di risalire il canalone la farò volentieri, sapendo di poter contare sulle mie gambe, anche se divenute piuttosto pesanti”.

Molte altre esperienze ci saranno offerte, belle e inattese, dai giorni che seguiranno. Gli
amici, compagni di viaggio seduti intorno al tavolo, discorrono ancora mentre il sole posa gli ultimi raggi sui loro visi. Io invece devo proprio chiudere, perché si è fatto tardi davvero.

1 commento:

  1. Benissimo! Fa una certa impressione... Ottima la scelta di aggiungere alle didascalie delle immagini anche qualche parola del testo.

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