Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 11 maggio 2011

QUATTRO PIANTE DA CUCINARE

Alla riscoperta di alcune vecchie ricette
di Claudio Mercatali



Il nostro appennino è ricco di erbe spontanee e commestibili. Un tempo chi abitava in campagna le conosceva bene, perché facevano parte della sua dieta e avevano il gran pregio di non costare quasi niente. Qui di seguito sono descritte quattro ricette a base di erbe spontanee, facili da preparare, apprezzate anche oggi da alcuni marradesi (altre quattro ricette sono nell'archivio del blog, nel mese di giugno 2011).

Sopra: Fiori d'acacia, sotto gli stessi fiori fritti.

I FIORI D'ACACIA FRITTI
Una ricetta naturale da riscoprire

Una volta tutti sapevano che cos'erano i fiori d'acacia fritti. Il sapere popolare, ma anche la fame e il poco denaro avevano creato questa ricetta. I fiori d'acacia maturano in primavera e la fioritura dura un paio di settimane. Dunque chi intende assaggiare questo piatto deve fare un giro in campagna, armato di forbici, in maggio, e tagliare le infiorescenze quando ancora sono in pieno sviluppo. Qui da noi l'acacia fiorisce anche a 900 metri di quota, con una settimana di ritardo rispetto al fondovalle e quindi andando sul passo dell'Eremo o sul Carnevale si possono trovare i fiori anche quando vicino al paese non ci sono più. Si prepara una pastella di acqua e farina, si impastano i fiori e si friggono per pochi minuti. C'è chi li preferisce dolci e li cucina mettendo un po' di zucchero nella pastella e poi dello zucchero a velo sopra i fiori fritti. Buon appetito ...

QUALCHE NOTIZIA SULLA PIANTA

Il genere Acacia robinia è di origine americana e comprende circa venti specie che si trovano tutte nell'America del Nord e centrale. In Italia c'è solo la "falsa acacia", cioè la Robinia pseudoacacia. Pare che questa pianta sia stata portata in Europa nel Seicento da Jean Robin, erborista del re Enrico IV di Francia e per questo Linneo le diede il nome di Robinia. In Italia si diffuse nel Settecento con incredibile rapidità, tanto che oggi si trova dappertutto lungo l'appennino. Arbustiva da giovane e poi arborea di medio fusto, spinosa, invasiva al massimo, non si estirpa nemmeno se si taglia alla base. I suoi fiori candidi appaiono alla fine della primavera (qui da noi) ed emanano un odore soave. Sono graditissimi alle api che da essi ricavano il nettare per un miele chiaro che appunto si chiama miele d'acacia.

SIMBOLOGIA
La Massoneria ha scelto il fiore d'acacia come simbolo, perché è una pianta vigorosa, che si rinnova sempre ed è difficile da estirpare. L'acacia bianca è anche simbolo di amore platonico.

ILTARASSACO
Una famosa erba officinale

Il tarassaco è un'erba
facile da riconoscere. Il suo fiore giallo ha un aspetto particolare, come si vede nelle fotografie qui accanto e le sue foglie sono roncinate, ossia hanno una serie di rientranze rivolte all'indietro, come un arpione. Questa piantina fiorisce per tutta l'estate, con un massimo in primavera e nell' appennino si trova un po' dappertutto. Il nome ufficiale è Tarassacum officinalis, ma ha anche nomi d'uso popolari. Qui nella nostra zona è nota come Bocca di leone o Piscialetto. Ci sono tante ricette a base di tarassaco e tanti preparati di erboristeria, perché questa erba ha delle proprietà curative e alimentari notevoli, note da millenni. L'uso più semplice è quello delle foglie in insalata, da sole o assieme ad altre verdure, secondo i gusti, ma tenendo conto che esse per loro natura sono amarognole. L'amaro si sente poco quando la foglia è giovane e diventa via via più intenso con la crescita. Ricordiamoci anche che le foglie specialmente se condite con i fiori tritati sono un po' lassative. Una ricetta più interessante e complicata è quella del risotto al tarassaco: si lava il tarassaco, si trita, si lessa in poca acqua per 5 minuti. Poi si rosola in poco olio con due spicchi di scalogno e una foglia di salvia. In una casseruola si rosola con un po' d'olio della cipolla tritata, e vi si tosta il riso; con un po' di vino bianco si guadagna molto sapore. Si unisce con il tarassaco, si sala e si cuoce. A fuoco spento mantecare con la ricotta, amalgamando. Ingredienti e dosi per 4 persone: 300 g di riso per risotti non brillato, 400 g di foglie di tarassaco, 150 g di ricotta, uno scalogno, mezza cipolla, olio d'oliva extra vergine, vino bianco, brodo.

IL SILENE VULGARIS O STRIDOLO

L'erba che scricchiola

Pianta erbacea perenne, senza peli, con fusti corti e foglie minute. Le foglie sono opposte, lanceolate, di colore verde pallido, come si vede nelle foto qui accanto. Se qualcuno ha dei dubbi può rimuovere un po' di terra attorno alla pianta e apparirà la sommità della sua lunga radice a fittone. Le foglie, stropicciate tra le mani, emettono un crepitìo o stridolìo, e da questo viene il nome popolare. La pianta qui da noi nasce e cresce in primavera. Con le foglie si prepara un condimento della pasta molto apprezzato. Se per voi nell’arte culinaria la semplicità è importante, soffriggete per dieci minuti un battuto di mezza cipolla con uno spicchio d'aglio, poi aggiungete gli stridoli tritati, tanti quanti ne può contenere un piatto da minestra ben colmo. Rosolate per qualche minuto. Se volete complicare la ricetta aggiungete al soffritto un po’ di scalogno e anche del prosciutto cotto. C’è chi aggiunge panna prima di condire.

Sopra: Le tagliatelle condite con gli stridoli sono pronte.

L' ORTICA

Una insospettabile pianta mangereccia


L'ortica, pianta perenne, è dioica, cioè ci sono piante che hanno solo l'organo femminile (pistillo) e piante che hanno solo fiori maschili (stami). Molti pensano che la pianta femminile faccia dei fiori violetti, ma in realtà questo è il Lamium, o falsa ortica, che curiosamente vive in mezzo alle ortiche vere ed ha una foglia simile ad esse.
Le fo
glie e fusti dell'Ortica urens sono ricoperti da tricomi (peli) contenenti una sostanza urticante. Quando si sfiora la pianta, l'apice dei peli si rompe e fuoriesce un liquido irritante formato da acetilcolina, istamina, serotonina e probabilmente acido formico. Per fare una frittata con le ortiche serve un mazzo di foglie, colte alla sommità della pianta, uova, olio, sale, pepe. Lavate bene le ortiche, lessatele in acqua bollente, salata, per qualche minuto. Scolatele, strizzatele e passatele in padella con olio; quando sono rosolate, versateci sopra le uova sbattute, sale, pepe e, se credete, anche della forma. Cuocete per qualche minuto e otterrete una frittata amarognola, che non piace a tutti. 





Sopra: Le foglie migliori sono quelle apicali. Il Lamium, o falsa ortica, ha un elegante fiore violetto.

Qui a fianco: La frittata con l'ortica è pronta.



Nessun commento:

Posta un commento