Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 13 settembre 2012

In cima al Lavane



Un trekking sul monte più alto
di Claudio Mercatali



Qui da noi la frase "fino in cima al Lavane" significa "molto lontano e in alto", perché questo monte, con i suoi 1241m è il più elevato della zona.
Però il modo di dire non corrisponde del tutto alla realtà, perché il Lavane non è la montagna più lontana dal capoluogo e nemmeno la più difficile da risalire. Le sue pendici sono ripide ma abbordabili e la vetta, anzi le vette, perché sono tre o quattro, non hanno una morfologia aspra e sono coperte da belle faggete.
Questo trekking si è svolto il nove settembre, approfittando del fatto che in cima c'era il raduno degli escursionisti dello UOEI, che festeggiavano il centenario della fondazione del loro sodalizio.
La sigla, che sembra un esercizio di vocalizzazione, significa Unione Operai Escursionisti Italiani e lascia intendere che nel 1912 i fondatori intesero costituire un gruppo di svago popolare.
Per il Lavane non c'è un punto di partenza unico, perché si può arrivare alla vetta in almeno tre modi: da Farfareta, da Magliabecco oppure dalle Case Nuove dell'Eremo di Gamogna.
Il gruppetto di cui faccio parte sale da Farfareta, e precisamente dalla località La Noce, dove è stata aperta di recente una strada che nessuno di noi ha ancora percorso e che quindi ci incuriosisce. Non conosco i miei sei compagni di viaggio, né loro si conoscono fra sé, perché ci siamo incontrati per caso.


Il punto di partenza,
dalla località La noce.


Dopo un chilometro noto che siamo assortiti proprio bene: c'è quello che non va, quello con i bastoni da fondo, la coppia stagionata, quello che non sta mai zitto e quello che si attarda a fare le fotografie (io).
La prima tappa è al podere Le Crognole, che è quasi un piccolo borgo di tre o quattro edifici, come d'uso per le case isolate dei pastori. Quando si arriva qui è passato un terzo della salita.

Benvenuti alle Crognole!

La strada campestre sale e il paesaggio si apre: là di fronte di vede Val di Rovino, Valdervé come la chiama Dino Campana, che la cita nei Canti Orfici, nel racconto del Viaggio a La Verna.
Si vede anche la Riva Bianca, una frattura concava del monte, che i geologi chiamano "nicchia di distacco" che per la sua curvatura ha la caratteristica di rimanere sempre asciutta e biancastra, anche quando piove.

La salita si sente e qui anche una persona allenata comincia "a farsi acqua" (a sudare) per dirla come Dino Campana. Il gruppetto si è sfilacciato un po': il faentino con i bastoni da fondo è in fuga, il chiacchierone si è zittito, marito e moglie gemono, e io ho daffare con la luce radente del sole che è sorto da poco e mi costringe a scattare tante foto per averne una buona.


 Valdervé (Val di Rovino), dalle Crognole.

 
Arriviamo così al rifugio del Lavane e con ciò siamo ai due terzi della salita. Questo edificio, bruttissimo, è però indispensabile e ben attrezzato. Negli anni Ottanta fu oggetto di polemiche e rancori, perché i cacciatori non lo volevano, temendo l'arrivo degli odiati escursionisti anticaccia. Intanto il gruppetto si è rinserrato e così assieme affrontiamo l'ultimo tratto.

 



 Il rifugio è esattamente 
a mille metri di quota.


 Prato Giuliano

Dai pascoli alti il panorama è da favola. Da Prato Giuliano si vede l'appennino da Ronchi di Berna (cioè dal monte Carzolano) fino a Monte Romano.



Gli alpini in azione

Ecco, siamo alla Capanna del Partigiano. Sono quasi le dieci e il gruppo degli alpini di Marradi è già all'opera per allestire le panche per il pranzo e per la messa di mezzogiorno. L'uomo dei bastoni da fondo non è ancora soddisfatto e cerca un'altra meta. Mi viene da dire: "Andiamo nel punto più alto del Lavane, che è più avanti, dove c'è la colonnina del punto trigonometrico".
Poi penso ... certo che lui è molto più veloce di me ... forse era meglio se stavo zitto .... Quello che parla sempre mi ha letto nel pensiero e mi ha puntato il dito subito: "E sas tiré e la paròla déda innartùrna endrì ... ".
E allora andiamo. Si tratta di scendere e di risalire nel cocuzzolo qui di fronte, lungo un sentierino poco faticoso che ci porta proprio in cima, in un posto come tanti altri, dentro la faggeta, che però ha la caratteristica di essere a 1241m. Un pilastrino di lamiera marca il fatto (a fianco).

Cento metri più avanti si esce per un attimo dalla faggeta e si vede un panorama particolare per un marradese e cioè il Castellone e Biforco.

Ora il gruppetto si disfa: i miei soci si rimboccano le maniche per preparare il pranzo ma il mio scopo sono le fotografie e quindi riparto da solo per tornare indietro passando da Magliabecco, lungo un percorso tutto diverso da quello dell'andata. Mi piace passare da Magliabecco, perché si percorre sempre un crinale e si vedono tante cose. Poi si va quasi sempre verso nord o nord ovest e quindi si fotografa bene. Dalla cima del Lavane il panorama è meglio di una carta geografica: si deve scendere fino a Prato Cavallo e poi giù lungo i pascoli.

 


Dalla vetta del Lavane si vede Biforco.
... prima meta, Prato Cavallo, seconda meta Magliabecco ...




Questo versante è completamente diverso da quello delle Crognole. Qui non c'è macchia e nemmeno castagneti, solo pascoli, con poca terra e pietra spesso in affioramento. In compenso gli spazi sono ampi. Magliabecco è un borgo di pastori citato nei contratti di compravendita del Trecento. I pastori naturalmente non ci sono più e le case sono diventate residenze estive.

Ecco Prato Cavallo, che in realtà è un lastrone di pietra coperta da un dito di terra. Al bordo superiore un dirupo forma l'orlo superiore della vallata di Albero e sullo sfondo di vedono anche Testiati e Val della Meda.






Ormai sono all'arrivo e là in fondo vedo Farfareta e le Crognole, cioè la direttrice che ho percorso all'andata.


Forse Magliabecco è il più tipico dei tre paesini che formano Campigno (gli altri sono Le Pille e Farfareta). Ha la struttura tipica del borgo di pastori, con case ammucchiate una a ridosso dell'altra, perché qui ogni fetta di terra risparmiata corrispondeva ad una fetta di pane in più.
Tutto attorno grandi pascoli, perché ogni famiglia doveva tenere vicino a casa il proprio gregge. Per risparmiare terreno il più possibile la strada sale ripidissima e si fa fatica anche se è asfaltata.

I tempi? Per salire al Lavane dalle Crognole servono due ore, per scendere dalla vetta a Magliabecco e poi alla chiesa di Campigno altrettanto. Campigno è a una quota media di 620m, la capanna del partigiano è a 1220, dunque il dislivello è di 600m, sempre in salita. Questo significa lo sforzo è costante ed elevato. La temperatura cala di un grado ogni 100m. Regolatevi.

Il rifugio di Prato Giuliano e la Capanna del Partigiano sono strutture aperte al publbico e gestite dalla associazione ANUU, Associazione dei migratoristi italiani per la conservazione dell'ambiente naturale, sezione di Marradi.








1 commento:

  1. Complimenti per le foto,sono molto belle,poi Campigno è molto suggestivo.

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