Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 31 maggio 2013

Arte del ricamo

Ede Cappelli racconta...


Ede Cappelli: in questa foto indossa una camicetta in organdis da lei eseguita con quadrifogli ricamati a telaio a punto Ombra e a punto Erba e sfilature a punto Rodi.
Ede Cappelli, famosa ricamatrice Marradese, è, come lei stessa si definisce, un’autodidatta.  Affascinata dal corredo della madre, andato purtroppo perduto quando  la sua casa in via Celestino Bianchi fu minata durante la ritirata tedesca, Ede , a 20 anni, decise di dedicarsi all’arte del ricamo. Si comprò un telaio nel negozio di Francesco Farolfi a tutti noto come“ Cechinino”,   



Il  vecchio,amatissimo telaio di Ede, fasciato nell'anello superiore per tener tesa la stoffa
 e si recò, ma solo per poche volte, da Nella Solaini, provetta ricamatrice marradese, dove, osservando, apprese i segreti di base di quest’arte. Iniziò tutto dal ricamo di un fiore che lei “copiò” da Nella e da quel momento in poi ci mise tutta la sua  passione,  tanta perseveranza, impegno e precisione. Le fu di supporto e aiuto la sorella Giovanna che si dedicava alle  bordature a "giornino",  rifinendo  gli orli con il   “frullino” e  il “cordonetto”.

Giovanna Cappelli al mare nel 1955
La passione si trasformò in un vero mestiere quando Ede iniziò a lavorare per Enzo Barzagli facendo i disegni su lenzuola e tovaglie da corredo, che poi venivano mandate al sud per essere ricamate.


Ricamo eseguito in lana su una base di velluto usando  una particolare macchinetta svizzera: il disegno  viene appoggiato sul velluto e si ricama dal retro del lavoro.

 Ma il balzo in avanti avvenne  quando a Marradi arrivò un commerciante fiorentino che cercava brave ricamatrici tra le numerose ricamatrici del tempo: a Ede fu affidato il  ricamo di  una finissima tovaglia di organdis  su commissione del negozio Cirri di Via Por Santa Maria a Firenze, specializzato in capi ricamati, dal corredo del bambino a quello della sposa.  Fu l’inizio di una lunga collaborazione durata  ben 34 anni,  fino al 1984, ed Ede divenne famosa per la sua precisione e per le eccellenti realizzazioni di ricami, specie di piccoli mughetti.
Serie di fazzoletti con angolo ricamato









I delicati mughetti di Ede: semplicemente perfetti!
Ede decise di interrompere la collaborazione col Cirri quando cominciarono  a pesarle la fatica e  i costi sostenuti  per  recarsi settimanalmente a Firenze con la sorella    per consegnare   il lavoro.
Da quel momento Ede iniziò a “ lavorare in proprio” subentrando alla ricamatrice Fernanda Filipponi, morta improvvisamente, la cui sorella Maria le offrì di terminare l’esecuzione di un corredo da sposa.


porta-pane





Tovaglietta all'Americana ricamata a punto Seta e a  punto Pieno


Tovaglietta a punto Pieno, Ombra e Rodi


centrino in organdis

 A partire dalla fine degli anni ’80, Ede si è specializzata nell’arte dell’intaglio a smerlo, poiché, a causa di un’operazione all’ernia  e del relativo busto di gesso, non poteva più stare seduta a ricamare al telaio. Per questo tipo di lavoro si usa il cosiddetto “ filo fiorentino”.


un "gioiello" a Intaglio fiorentino



filo ritorto fiorentino






Matassine di filo Mulinè



Filo da ricamo


Per gli altri ricami si usa il filo Mulinè che si presenta in matassine a sei fili o il filo da ricamo classico più grosso del Mulinè ma più sottile del ritorto fiorentino.


Intaglio fiorentino: particolare

 centrino ad intaglio
                       
Angioletto che suona

La Madonnina

un elaborato puttino


Ede per i suoi lavori si è sempre servita dell’antica merceria Rocci Rossi Rosina di Marradi dove poteva trovare sia le stoffe sia i vari fili da ricamo:  ancora oggi i suoi accurati lavori si possono ammirare nella vetrina del negozio allestita per la tradizionale mostra   del Venerdì Santo, quando una lunga processione col Cristo morto si snoda per le vie del paese e tutte le vetrine sono illuminate e tirate a lucido…


1965: Ede a Losanna ,in Svizzera, con l'inseparabile caro telaio...





mercoledì 29 maggio 2013

Le elezioni durante il Fascismo


Si vota per la Camera dei Deputati
                                      di Claudio Mercatali



Il 24 marzo 1929 e il 25 marzo 1934 ci furono due tornate elettorali per la Camera dei Deputati, che esisteva ancora come assemblea ma non aveva più nessun potere legislativo. Gli elettori potevano votare solo SI o NO per approvare la lista dei deputati già decisa dal Gran Consiglio del Fascismo. La scheda con il SI all’interno era tricolore, quella col NO era bianca.

IL GRAN CONSIGLIO
Il Gran Consiglio del Fascismo fu istituito il 15 dicembre 1922. Era l’organo supremo del PNF, il Partito Nazionale Fascista. La legge del 9.12.1928, n. 2693 lo trasformò in organo dello Stato: "organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione dell'ottobre 1922".


Dentro la scheda per il SI non c’era niente da scrivere, come si vede qui accanto, perché non c’erano candidati da scegliere. In pratica l’elettore riceveva le due schede, andava in cabina, segnava una scheda e l’altra la metteva in un' urna. Poi riconsegnava la scheda votata al Presidente del seggio.
Perciò non era certo che il suo voto fosse segreto. Il tutto è riassunto nelle istruzioni qui accanto, che furono pubblicate nei quotidiani perché tutti le leggessero.
Ma perché fare tutto questo se le cose erano già decise in partenza? Il fatto è che il Regime voleva dar prova della sua forza e dimostrare a tutti che poteva controllare il consenso della gente e aveva annullato ogni opposizione.

Stando così le cose le liste dei deputati designati furono approvate con una percentuale altissima, come si vede dai risultati nazionali che sono qui di seguito. I contrari nel 1929 furono pochissimi e nel 1934 calarono fino a un numero irrisorio. Questo avvenne perché con il voto palese chi votava contro veniva registrato come oppositore. 

 
 IL RISULTATO NAZIONALE

Anno 1929   SI  8.517.838    NO 135.773   
Nulle 8.209   
Votanti 8.661.820 su 9.460.737

Anno 1934   SI 10.026.513    NO 15.265     
Nulle 219   
Votanti 10.041.997 su 10.433.536



Come andarono le cose a Marradi? Il Podestà fece riattivare i vecchi seggi, quelli che si usavano prima del Fascismo quando le elezioni erano autentiche. C’erano quelli del capoluogo e quelli delle frazioni, come si legge qui accanto.
Poi il 24 marzo, domenica, la gente andò a votare e tutto si svolse senza inconvenienti. Il giorno precedente era festivo, perché il 23 marzo era il giorno di fondazione dei Fasci di Combattimento, ricorrenza importante nel calendario del Regime, così come il 28 ottobre, giorno della Marcia su Roma.














Per questo fu invitato a Marradi l’on. Emanuele Trigona, un dirigente di partito, che tenne un comizio dal balcone di palazzo Fabbroni (quello di fronte al Comune) alla folla opportunamente radunata in piazza Scalelle e naturalmente invitò a votare a favore. I risultati di queste elezioni sono qui accanto. I SI furono 2295 e i NO solo 15. Le donne non avevano diritto al voto, ma questo avveniva in quasi tutta Europa ad eccezione dell’Inghilterra e della Francia.



  


 
Nei comuni del Mugello le cose andarono più o meno come qui da noi e i risultati furono questi.







sabato 25 maggio 2013

L'Orsa Maggiore e le stelle di Primavera




Una sera guardando il cielo
sopra Marradi
di Claudio Mercatali



,
Callisto al bagno
Palazzo Pitti, Firenze


Il mito dice che Giove si innamorò della ninfa Callisto dopo averla vista nuda mentre faceva il bagno. Giunone di solito si disinteressava degli amorazzi di suo marito ma questa volta si ingelosì e cercò di ucciderla. Per difendere Callisto, Giove la trasformò in un'orsa, in modo da confonderla fra gli animali della selva delle ninfe, ma Giunone si rivolse a Diana, la dea della caccia, che trovò Callisto e la uccise.
Giove, per ricordarsela sempre, la proiettò in cielo in mezzo ad un gruppo di stelle che non tramontano mai. Queste, secondo i Greci, sono le stelle dell'Orsa Maggiore. Gli antichi Romani erano meno fantasiosi dei Greci e vedevano in queste stelle la figura di un barroccio, da cui il nome di Grande Carro. Noi siamo ancora meno fantasiosi e diciamo che questa costellazione ha la forma di un mestolo o di un carrello del supermercato.


Siccome nell'antica Roma i bovi da traino si chiamavano triones e le stelle più visibili sono sette, queste erano le stelle dei Septem Triones, da cui la parola "settentrione".
L'importanza dell'Orsa Maggiore, o del Gran Carro, o dei Septem Triones è appunto questa: queste stelle indicano il nord, che ora dobbiamo trovare per orientarci nel cielo.
Come si fa a trovare la Stella Polare?
Bisogna congiungere le due stelle Merak e Dubhé e immaginare di prolungare il segmento cinque volte. Si attraverserà una porzione di cielo dove non ci sono stelle visibili chiaramente. La prima che si incontra è Alfa dell'Orsa Minore, cioè la Stella Polare. La figura qui accanto spiega meglio delle parole.

Ora che abbiamo un riferimento certo tutto diventa più facile e tracciando gli opportuni allineamenti possiamo trovare Arturo di Boote, Spica della Vergine, Castore e Polluce dei Gemelli, Regolo del Leone, e Capèlla dell'Auriga.

 




Arturo di Boote si trova prolungando il timone del Carro e mantenendone la curvatura, come mostrato qui accanto. Proseguendo allo stesso modo si arriva a Spica della Vergine, che è sempre molto bassa sull'orizzonte.

Di Arturo la mitologia dice che fu il primo uomo a fabbricare il vino e lo offrì ai suoi vicini che però, ubriachi, lo uccisero. Dal punto di vista scientifico è una stella gigante rossa, cioè allo stadio adulto e la sua luce leggermente arancione si nota anche a occhio nudo.

Castore e Polluce, Campidoglio, Roma.

Ormai il gioco è chiaro: prendendo a riferimento L'Orsa Maggiore e immaginando di tracciare delle vie in cielo si trovano le altre costellazioni. La più facile da trovare è quella dei Gemelli, composta da due stelle simili, che si chiamano Castore e Polluce, protagonisti di una mitica favola di amore fraterno.



Polluce era un semidio, figlio di Giove e di Leda quindi immortale, mentre Castore era suo fratellastro, figlio di Leda e del re di Sparta Tindaro e dunque mortale. Al momento della sua morte Polluce rinunciò all'immortalità per stare sempre con lui.




La costellazione del Leone si trova prolungando i due lati obliqui dell'Orsa Maggiore fino alla loro congiunzione o anche uno solo di essi, come mostrato qui sopra. La stella principale è Regolo, un astro a luce bianco - blu che gli antichi chiamavano Cor Leonis, perché è nel petto della figura del Leone, che è debole e difficilmente visibile per intero nei nostri cieli soggetti a inquinamento luminoso.






Si può arrivare alla costellazione dell'Auriga, il cocchiere, se si unisce Fegda con Merak, le due stelle alla base dell'Orsa, e si prosegue. L'Auriga è bassa sull'orizzonte, in primavera, e in maggio si vede male, anche se Capella è una delle stelle più luminose in assoluto.

lunedì 20 maggio 2013

Le foto di Ottorino Randi


Alcuni scatti inediti su Marradi


Il maestro Randi nel 1923 - 24 
a Piazzale Michelangelo
in divisa da ufficiale
dei bersaglieri


Il maestro Ottorino Randi, nativo di Alfonsine, insegnò alle scuole elementari per 46 anni, molti dei quali a Marradi. La casa della famiglia Randi è accanto al Ponte Grande sul Lamone e crollò in parte nel modo che si vede in questa fotografia quando i Tedeschi in ritirata lo minarono.

Il maestro scattò queste foto subito dopo la fine della guerra, sono inedite e le pubblichiamo per gentile concessione di suo figlio Roberto, che conserva gli originali.





A Sinistra: la casa del maestro, al Ponte Grande di Marradi, in parte crollata nel 1944 per effetto delle mine piazzate dai Tedeschi in ritirata. Questa foto è del 1948 - 49 e si vede la Banda di Popolano sul ponte appena ricostruito. In primo piano. a destra, il Signor Raffaele Scheda.








A destra: via Tamburini e via Umberto I (ora via Castelnaudary) nel 1945. Le distruzioni furono provocate dal bombardamento aereo della RAF (Royal Air Force) nel giugno 1944 ma anche dalle mine dei Tedeschi in ritirata, nel settembre dello stesso anno.



 
 








A sinistra: l'inizio di via Umberto I alla fine della guerra. Prima del bombardamento questa strada non aveva sbocco verso il ponte.


 

 






A destra: il viadotto di Villanceta bombardato e ripristinato alla meglio dai Tedeschi per far passare almeno i carrelli ferroviari leggeri.


 Clicca sulle immagini 
se le vuoi ingrandire


 
 


Via Roma prima della Guerra con le rovine della Casa del Fascio. Questo edificio, inaugurato nel 1931 era la sede del Partito a Marradi e aveva come annesso il campo sportivo, sul retro, nell'area dove nel 1971 venne aperta la piscina comunale.




mercoledì 15 maggio 2013

La chiesa di S.Maria in Popolano


già castello, monastero
e casa signorile
di Claudio Mercatali




Popolano è la porta d'accesso a Marradi. Qui c'è il passaggio obbligatorio attraverso il ponte e prima dell'Unità d'Italia c'era la dogana. Per questo era un posto da tenere ben sorvegliato e infatti nel medioevo c'era un castellare, che fu modificato radicalmente e subì un "cambio di destinazione e d'uso". Insomma il vecchissimo castellare di Popolano, in un secolo imprecisato, quando ormai non serviva più in quanto tale, venne trasformato in campanile.

Siamo sicuri di questo? Lo storico Emanuele Repetti, un'autorità in questo campo, non ha dubbi e nel suo Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana (1846) ci dice che:

"Popolano, nella Valle del Lamone nella Romagna granducale. Villaggio e borgata con dogana di frontiera ed una chiesa plebana (S. Maria). Il Castello con la pieve si trova sopra l'estreme pendici di un poggio denominato del Cavallaro, mentre la borgata e la dogana esistono in pianura sulla strada provinciale di Faenza alla sinistra del fiume Lamone presso la testata occidentale del ponte di Popolano che lo attraversava.
Fu Popolano uno dei feudi de' conti Guidi di Modigliana confermato loro dagl'Imperatori Arrigo VI e Federico II. (anni 1191 e 1220).  Prima di quel tempo gli uomini di Popolano esercitarono un atto di civile giurisdizione, e con provvisione del 22 gennajo 1126 deliberarono d'investire nella signoria di Popolano, previe alcune reciproche promesse, l'abate del monastero di S. Reparata nel borgo di Marradi. (Archivio diplomatico, Carte della Badia di Ripoli). La chiesa plebana di Popolano sorge sopra i ruderi del castellare, la di cui antica torre serve alla medesima da campanile. Essa era matrice di tre cure, S. Adriano, S. Rufillo a Gagliana e S. Maria alle Campora, l'ultima delle quali spetta allo Stato pontificio. La contrada di Popolano innanzi il regolamento del 4 dicembre 1774 abbracciava due comunelli del distretto di Marradi, cioè Popolano di sopra, cui spettava il popolo della pieve, mentre quelli di S. Pietro a Valnera e di Popolano di sotto, sono compresi nella parrocchia di S. Adriano. La dogana di Popolano è di seconda classe, il cui doganiere soprintende anche a quella di terza classe di Marradi".





"Anno 1126 Investitura data dagli uomini di Popullano a don Domenico abate del Monastero di S.Reparata ed ai monaci del medesimo del loro Borgo uomini con alcune vicendevoli promesse fatte tra loro".

Rogante Gerardo, notaro, copiò Ridulfo da Faenza, notaro. Collazionavano Rustichello e Jacopo, notari.





E' rimasto qualcosa del vecchio castellare? Don Nilo Nannini, attuale parroco di Popolano, ha concesso generosamente il permesso di entrare e fotografare tutto quello che serve per la ricerca e quindi non rimane che andare. Mi accompagna Amedeo.



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Il Castellare

Entriamo in chiesa e andiamo all'altare. Da una parte c'è la porticina che dà accesso alle scale del campanile. Nel muro c'è un elegante tabernacolo della bottega dei Della Robbia, in terracotta policroma, e questa è una prova della ricchezza della priorìa, che aveva tanti diritti sulle terre circostanti. Però quello che ci interessa di più ora è la finestra murata sopra al tabernacolo, che per fattura e collocazione di certo faceva parte della vecchia torre di guardia del castellare. Questa parete della chiesa è infatti il muro maestro del campanile.
Saliamo le scale ardite del campanile - torre e lungo le rampe troviamo quello che ci serve e cioè una finestra a balestriera e una per l'avvistamento.



























Qui sopra: la porticina d'accesso alle scale 
del campanile e la finestra della torre.




A destra: la struttura interna
del campanile - torre








E' probabile che l'attuale campanile fosse la torre di un castellare, alla quale venne sovrapposta la cella campanaria. La struttura aveva anche degli edifici attorno, e accanto alla chiesa c'è un chiostro con un pozzo e un certo numero di archi.




















Anche lo storico Emanuele Repetti nel suo Dizionario (1840) segnala questa probabile origine.

Anche l'ingresso è "importante", molto più di quello che di solito si trova agli ingressi delle canoniche.
Questo fatto, la presenza di archi in successione, la struttura del cortile interno somigliante ad un chiostro, lascia supporre che un tempo qui ci fosse una dipendenza del convento della Badia del Borgo.

Qui accanto: l'ingresso con gli archi


In questi mesi tutto l'edificio è in corso di ristrutturazione e sarà trasformato in struttura ricettiva adatta anche ad alloggiare gruppi di persone. Il lavori sono stati vastissimi e già se ne intravede la fine. Le dimensioni della parte conventuale sono tali che si perde l'orientamento nella gran quantità di stanze e corridoi interni.



 

A destra: l'interno della chiesa 
negli anni Trenta e oggi.







Il monastero

Siamo sicuri che qui c'era un monastero? Probabilmente questa era una dipendenza della Badia del Borgo, non un convento autonomo, perché negli antichi documenti non se ne trova menzione. Però nella  prima stanza della canonica in una pittura si vedono due monaci che pregano e ci ammoniscono "silentium!". In una lapide al muro, datata 1318, il priore di allora ci ricorda qualcosa su S.Nicola, che non si legge bene perché il tempo ha consumato la pietra.
Le volte a sesto acuto degli archi testimoniano che qui alloggiavano dei canonici importanti e di certo non un parroco di campagna. Gli arredi sacri sono di squisita fattura, e ci sono anche dei reliquiari.








 
Al muro una pergamena elenca i Legati Pii, cioè gli obblighi in danaro che i signorotti locali avevano sottoscritto con questa chiesa.

Sopra: ... Silentium! ... 
si entra nel vecchio
monastero (ora canonica)


                                                                   Qui accanto: due reliquiari e la pergamena 
con i Legati Pii.


La residenza signorile

La visita prosegue di stanza in stanza e con sorpresa lo scenario cambia. Si attraversa una decina di stanze dipinte nel soffitto e lungo le pareti, con soggetti della mitologia classica, soprattutto dee. C'è Giunone, con i seni ben pronunciati, Venere in posizione allusiva, Diana in caccia ...



Dunque qui non siamo più nel monastero e nemmeno nella canonica, perché queste non sono pitture da frati. I dipinti dovrebbero essere dell' Ottocento e quindi a quel tempo questa parte dell' edificio era una residenza signorile.




 


 Chi erano i Signori del luogo? All'ingresso c'è lo stemma degli immancabili Fabroni, però non è nella posizione originaria e dimostra poco. Però si sa che essi erano proprietari di molte terre qui attorno.







Ecco dunque che la chiesa di S.Maria in Popolano si rivela per quello che è stata: un castello diventato un campanile e forse un monastero, poi trasformato in parte in residenza signorile.
Siccome oggi l'intera proprietà è della Chiesa, la residenza signorile in anni ormai lontani fu venduta al priore di Popolano e in anni ormai vicini diventerà una casa di accoglienza. Il tempo qui non è passato invano.