Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 29 gennaio 2014

1808 La soppressione del Monastero delle Domenicane di Marradi


Un editto i Napoleone
abolisce i conventi

ricerca di Claudio Mercatali




Il ponte sul Lamone 
e  il Convento nel 1801




Nel 1796 Napoleone conquistò l’Italia e dopo qualche anno fondò la Repubblica Cisalpina. Tutti i vecchi sovrani furono cacciati e anche il Granduca di Toscana dovette lasciare Firenze. Dal 1799 al 1807 il Granducato si chiamò Regno d’Etruria. Le vicende di quegli anni furono tumultuose e sarebbe difficile riassumerle qui. In sostanza l’inizio del periodo napoleonico segnò una vera rivoluzione politica e di costume, con tante leggi nuove. Una di queste aboliva i privilegi della Chiesa e i monasteri, con una procedura dura e spicciativa.

Vediamo che cosa successe al Monastero delle Domenicane di Marradi, secondo il racconto dello storico Carlo Mazzotti: “ … il giorno 13 giugno 1808 il Commissario governativo dell’ Amministrazione generale della Toscana, procedeva all’inventario dei beni immobili del monastero e poco dopo si venne alla confisca del patrimonio e all’abolizione del convento...”

E le suore? “ … Quando il convento fu abolito le Religiose dovettero far ritorno alle loro famiglie. Alcune furono accolte presso famiglie distinte del paese. Si narra che quando le famiglie vennero a riprendere le loro figlie la Superiora, lasciata la chiave nella porta di clausura, si ritirò nella sua cella per non essere spettatrice di tali strazianti partenze …” .


E il convento? “ … Il Convento fu venduto, il 15 ottobre 1810 per lire 2500, ad un certo Francesco Ravagli di Marradi, il quale per ricavarne qualche utile lo affittò ad alcuni inquilini”. Costui era il nonno di Ottavio Ravagli, per tanti anni gestore di un tabaccheria al centro del paese.


Sopra: il giardino interno
Sotto: La parte detta “Ort del Mong”.



L’epoca napoleonica fu una tempesta. Gli editti di Napoleone avevano immediata efficacia ed erano applicati senza indugio. Dunque per le monache non ci fu nulla da fare e furono sfrattate ed espropriate di ogni bene. Diciamo pure che furono depredate di tutto. Il dramma per loro, che erano di clausura, era soprattutto il fatto che dovettero tornare alla vita quotidiana, di tutti noi, senza conoscerla e senza saper fare un mestiere. Questo per sette lunghi anni, cioè finché durò il Regno d’Italia napoleonico.  




Alla caduta di Napoleone (1815) 
successe che:

“ … non appena piacque a Dio di ridonare la pace alla Chiesa, esse si affrettarono a riacquistare il loro convento e a ritornare alla pace della vita claustrale. Fu la superiora Teresa Margherita Torriani, di Marradi, a recarsi alla Corte di Firenze (quella del Granduca che nel frattempo era tornato) a perorare la causa del Monastero e a riacquistarlo per il prezzo stesso per il quale era stato venduto… non tutte fecero ritorno, perché alcune, nelle angosce dell’esilio, erano volate al cielo; due, insofferenti di rimanere più a lungo nel mondo, erano entrate nel Monastero delle Domenicane della Crocetta, a Firenze, ove continuarono a permanere fino alla morte …”




La pianta del monastero nel catasto
leopoldino (1822).



Le Domenicane di Marradi furono brave e intraprendenti e riuscirono a rientrare in possesso dei loro beni. Non fu così per tutte le suore.

Per esempio quelle di Tredozio:
 “ … le Religiose tornate nella Comunità furono 31, ma fra loro vi erano alcune Domenicane del convento di Tredozio, le quali non videro più ritornato a nuova vita il loro Convento dopo la raffica napoleonica. Queste portarono nel Convento di Marradi, spoglio di tutto, molte mobilia, utensili da cucina, panche del coro, le tavole del refettorio, le campane della chiesa, eleganti e preziosi paramenti sacri, scampati alla confisca...”.

IL CONVENTO DI TREDOZIO
Il convento Domenicane di Tredozio, fu venduto nel 1840 ai Fabroni
di Marradi ed è stato acquistato dal Comune di Tredozio nel 1986.

Dopo la caduta di Napoleone una parte del patrimonio dei Vallombrosani della Badia di Susinana fu concesso alle suore di Marradi. Con le nuove rendite fu costruita la chiesa del Monastero, la “gisa del mong”. Quella precedente era pericolante. A ricordo fu posta una lapide all’ ingresso:

Questa chiesa
dedicata a Maria V. madre di Dio
che il tempo edace
aveva reso labente
e le pie monache
del patriarca S.Domenico
fecero di nuovo costruire
ed abbellire
fu consacrata con solenne rito
il 21 ottobre 1838
 da Mons. Giovanni Alberto Folicaldi




La sottopriora del Convento, suor Margherita Torriani di cui abbiamo detto prima, guidò con polso fermo la ricostituzione e pur di avere indietro i beni del convento accettò l’obbligo di far scuola alle figlie del popolo, cioè capì che era necessario darsi anche un’utilità sociale, pur rimanendo di clausura. Inoltre non accettò la supervisione dell’Arciprete sulle faccende del Monastero, così come era stato per più di duecento anni.
L’arciprete di Marradi, un certo don Lorenzo de’ Pazzi, il 3 febbraio 1817 si lagnò di questo con il Vescovo:
 … Non essendo a mia notizia se sia ripristinato nelle debite forme questo Convento, ricorro all’ Eminenza Vostra per intendere come mi debbo regolare circa i diritti parrocchiali relativi a detto Convento, tanto più che ora sta per morire una monaca, della quale io non ne sono stato informato per somministrarle i Sacramenti. Se questo Convento adunque è esente dai diritti parrocchiali, come sembra che creda l’attuale custode don Giovanni Fabroni, il quale nella notte di Natale cantò messa a porta aperta, anzi nell’atto stesso che si cantava nella parrocchiale … attendo dell’E.V. le opportune istruzioni…”.
In sostanza il buon Arciprete si lagnava della perdita “dei diritti parrocchiali” e di una certa “concorrenza“ che le suore gli stavano facendo con queste forme di apertura verso l’esterno.

E il Vescovo gli rispose: … non è così facilmente definibile quali siano le debite forme perché un convento abbia a dirsi ripristinato se principalmente si abbia a riguardo alle attuali circostanze. La Clausura ristabilita, la Superiora dichiarata, la Disciplina prescritta possono riguardarsi come dati, nel caso, bastanti… Confido nella saggia di Lei prudenza che vorrà prestarsi a queste mie viste e protestandole la mia distinta stima”.
 



Perciò il vescovo disse che il Monastero poteva andare bene così e da allora l’arciprete non fu più automaticamente il Confessore delle monache. Insomma il monastero riaprì in una forma che potremmo dire un po’ più aggiornata e aperta verso l’esterno con la chiesa fruibile anche per il pubblico, con il coro delle monache durante la messa, l’educandato, la scuola di cucito, e soprattutto con l’obbligo di istruzione delle bambine. E dunque in fondo anche il terremoto napoleonico ebbe qualche utilità per le monache e non passò invano.


Fonte Carlo Mazzotti Il Monastero delle domenicane di Marradi,  Lega srl, Faenza 1960







sabato 25 gennaio 2014

Il carnevale del 1968

Le feste e i veglioni
organizzati dal "Club"
ricerca di Francesco Cappelli e Luisa Calderoni



Il Club Sportivo Marradese fece le cose in grande, per l'ultimo dell'anno 1967 e il Carnevale 1968: ci furono veglioni e feste danzanti per tutti i gusti.

Il programma fu stampato in elegante carta patinata, in un promemoria a libricino, che è questo qui di seguito ...

 Il Club Sportivo nel presentarVi il Carnevale Marradese, augura a tutti Buone Feste e si augura di rivedervi ad allietare con la vostra presenza le già allegre e spensierate veglie per Voi organizzate




Domenica 31 dicembre 1967

Veglia di S.Silvestro
Orchestra Gli Alvarez, che vi costringerà a seppellire nella    pazza, pazza, pazza gioia l'anno 1967!
                                                             


Domenica 14 gennaio 1968

Pomeriggio e serata danzante
Complesso d'eccezione 
La Nuova Banda

 
 


 

Sabato 27 gennaio 1968

Veglione del Club
 Pierfilippi e il suo Complesso
per la prima volta a Marradi, 
dopo l'eccezionale successo riportato 
nei vari night europei.






 

 Domenica 4 febbraio
Pomeriggio beat
Complesso New  Wanted band

 Domenica 11 febbraio
Carnevale dei bambini
Un' autentica pioggia di regali 
e di premi per i più bravi!
 Il Complesso Gentilini accompagnerà 
i Salti, i Balli e il Girotondo


















Domenica 18 febbraio
Veglia del Nonno,  Complesso locale Gentilini
Gara di valzer e shake
Riservata ai maggiori di 35 anni. Premi alle migliori coppie.
Giochi di società e vino a volontà.

 




 Lunedì 26 febbraio
Gran Veglione mascherato
Complesso I Nomadi 66
Premi alle migliori maschere






 





Martedi 27 febbraio
Veglia di fine Carnevale
Complesso I Nomadi 66
L'addio di tutti  i Marradesi 
al Carnevale.
E' obbligatorio parteciparvi.









lunedì 20 gennaio 2014

1921 Arriva il cinema a Marradi (prima parte)

Le proiezioni all'aperto 
e le prime sale
Ricerca di Luisa Calderoni




La prima rappresentazione cinematografica a Marradi risale alla fine del 1912, quando il Comune rilascia un’autorizzazione per la proiezione, nella piazza del paese, di una pellicola. Si doveva trattare di un film muto, di cui non si conoscono né il titolo, né l’argomento, essendo l’invenzione del sonoro risalente al 1927.


Nel maggio 1913 viene inoltrata al Comune di Marradi una richiesta per un corso di rappresentazioni cinematografiche all’aperto, da tenersi durante la stagione estiva in Via Umberto I, con la chiusura temporanea della via dalla casa di Ottavio Ravagli.



Sopra: via Umberto I (ora via Castelnaudary) nel 1913. La strada non aveva sbocco 
e finiva al Lamone. Quindi era praticamente una piazza.



 
Già nel gennaio 1914 il Comune di Marradi risulta essersi dotato di una sala cinematografica, che esercita nei soli giorni di festa e ha la capacità di 100 posti e dimensioni di m. 10, 50 x 6,50.




 La sede di queste rappresentazioni cinematografiche è la platea del Teatro degli Animosi, come risulta dalla seguente relazione firmata dal Dott. Giuseppe Salvati, dall’Ingegner Lorenzo Fabbri e dall’Ingegner Francesco Ceroni:
  “ L’anno 1915, il giorno venti del mese di febbraio in Marradi, Noi sottoscritti Dott. Giuseppe Salvati, Commissario Prefettizio di Marradi, Ing. Francesco Ceroni ed Ing. Lorenzo Fabbri, componenti la commissione di vigilanza sui teatri ed altri locali adibiti a pubblico spettacolo, ci siamo oggi recati a visitare l’apparecchio per proiezioni cinematografiche che dovrà funzionare in questo teatro degli Animosi . L’apparecchio, già collocato nel corridoio sito dentro il primo ordine dei palchi, venne da noi attentamente esaminato ed è risultato corrispondente a tutte le prescrizioni dettate allo scopo di prevenire eventuali incidenti (…) La cabina delle proiezioni rimane separata dalla sala in cui ha accesso il pubblico, ed è perfettamente isolata a mezzo di due porte con apertura dall’interno verso l’esterno. Nulla avvi da operare nell’impianto della luce elettrica, avendo notato che venne fatto a regola d’arte e che presenta tutte le garanzie necessarie. Ciò premesso, dichiariamo che nulla osta nei riguardi della pubblica incolumità all’ospitalità del cinematografo nel locale in parola. Del che si è redatto il presente verbale che previa lettura e conferma, viene come(…) sottoscritto” Dott. Giuseppe Salvati Ing. Lorenzo Fabbri Ing. Francesco Ceroni.    
 Le condizioni di generali di stabilità e di sicurezza del teatro per spettacoli teatrali e rappresentazioni cinematografiche risulteranno adeguate anche in un successivo sopraluogo effettuato nel 1929, con l’invito a “ coprire con lamiera metallica forata il reostato esistente in cabina”

  •  Nell’anno 1915 l’Accademia degli Animosi, a nome del suo Presidente, Dottor A. Mughini, dà il via ad un corso serale di rappresentazioni cinematografiche e di varietà da tenersi nel Teatro stesso.
  •  Nel 1923 il Circolo Giovanile “ Giosuè Borsi”, a nome del suo Presidente Vincenzo Bambi, chiede al Comune di Marradi l’autorizzazione ad usare il teatrino dell’Asilo Scalini per darvi rappresentazioni cinematografiche, con l’utilizzazione di una macchina per proiezioni corrispondente alle prescrizioni di legge.
  •  Nel 1924, un tal Enrico Vanni di Giuseppe, inoltra al Comune una richiesta per aprire una sala cinematografica a Marradi, in Viale Baccarini. Dopo un certo numero di mesi, espletate tutte le pratiche, il Questore di Firenze concede il nulla osta alle seguenti condizioni:




1 "Nella gabina devono mantenersi costantemente due secchi pieni d’acqua o un estintore.
2 Venga apposta una reticella metallica in protezione del quadro delle resistenze
3 Le sedie, in numero non superiore a 187, siano fissate solidamente al pavimento."
Il locale sorgerà in uno spiazzo libero tra l’attuale palazzo della famiglia Lollini e la casa della famiglia Mauro Sartoni. Questa sala cinematografica, classificata di quarta categoria, apre due soli giorni la settimana, il sabato e la domenica e nel mese di marzo del 1929, sotto la gestione di tal Umberto Moggi di Firenze, incasserà lire 2076,20. Prenderà la generica denominazione di “ Cinematografo Marradese”.



L'edificio del cinema è quello lungo la ferrovia, in seconda fila rispetto alle case sulla strada.


Nel maggio 1929, una circolare comunale comunica, a nome del Ministro dell’Interno, che “per ragioni attinenti incolumità pubblica e igiene occorre sia prescritto assoluto divieto fumare nei teatri, nei cinematografi e in ogni altro locale di pubblico trattenimento”.



Risale al 7 ottobre 1929-VIII, una circolare inerente alla “Pubblicità da darsi alle proiezioni della films “Luce” che viene inviata sia all’Ing. Ezio Agnolozzi, Presidente dell’Accademia degli Animosi, sia a Vanni Enrico e Barigozzi Ermanno, gestori dellla sala cinematografica in viale Baccarini a Marradi. Con questa circolare i gestori cinematografici hanno “ l’obbligo di includere pellicole educative di propaganda nazionale e di cultura varia nel programma dei pubblici spettacoli cinematografici”. La circolare stabilisce inoltre “il periodo di programmazione di una stessa pellicola educativa che dovrà accompagnarsi ad una pellicola di ordinaria programmazione”.







Nell’ottobre del 1929, VIII, il cinematografo del Teatro degli Animosi risulta in gestione al Signor Gualtiero Reggiani, mentre nel 1931 il cinema di viale Baccarini, in tal periodo denominato “ CINEMA STAZIONE”, è gestito dal Sig. Gino Mughini. In occasione della visita della commissione di vigilanza nel teatro degli Animosi, che nel frattempo ha preso la denominazione di “ TEATRO della VITTORIA”, vengono prescritti i seguenti lavori di messa in sicurezza: “

  



Quello che rimane della caldaia a legna del primo impianto di riscaldamento



1 Costruire una scaletta di ferro per l’accesso nel locale ove è stato installato il calorifero,
2 Eseguire in detto locale, l’impianto di illuminazione elettrica, a fili unipolari montati su isolatori di porcellana a base alta,
3 Togliere tutto il combustibile che trovasi depositato nell’ammezzato sovrastante al calorifero e depositarlo in apposito magazzino, avvertendo che nel locale del detto calorifero potrà esservi tenuta soltanto la limitata scorta di combustibile sufficiente per una sola serata di spettacolo Questi lavori dovranno essere eseguiti avanti di entrate nella prossima stagione invernale, rimanendo stabilito che il teatro potrà intanto essere esercito ugualmente.”
 Nello stesso periodo, la commissione di vigilanza visita il “Cinema Stazione”, già Marradese e chiede che vengano fatte le seguenti modificazioni:
1 Diradare tra loro le file di seggiole in modo che tra l’una e l’altra rimanga uno spazio libero di cm.35 e fissarle più solidamente al suolo,
2 Ricollocare in opera una delle serrande metalliche della cabina, attualmente mancante,
3 Tenere continuamente accese, durante gli spettacoli, le lanterne di sicurezza, a candela stearica, sulle porte di uscita.”
 Nel sopraluogo successivo, risalente al 1932, la commissione di vigilanza richiede al gestore Enzo Mughini una serie di modifiche che verranno regolarmente messe in opera e cioè:
4 Demolire completamente l’impianto elettrico in cordoncino, costruito in cabina , per la segnalazione delle parti di spettacolo. Detto impianto dovrà essere ricostruito in fili paralleli, in tubo Bergnam e protetto da valvole di sicurezza bipolare al punto di derivazione dal quadro.
5 Ricostruire con gli stessi criteri l’impianto della lampadina aggiunta in cabina.
6 Richiudere la nuova feritoia aperta tra la cabina e la sala oppure munirla di serranda metallica come per le altre già esistenti.
7 Aggiungere altri due lumi di sicurezza alle porte di uscita del lato destro della sala."
Nonostante le modifiche apportate, la sala cinematografica della Stazione continua ad essere relegata alla quarta e ultima categoria in quanto ha incassi molto ridotti, la programmazione è fra le più scadenti, le dimensioni della sala sono molto ridotte, ( m. 4.80 x 15), può accogliere un massimo di 200 persone, l’arredamento scadente, quasi indecente e non ha poltrone ma solo seggiole.

 





Ecco alcuni titoli delle pellicole ivi rappresentate:
 1.5.1937 : Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (192 spettatori in 2 serate )
 28.11.1936: Passaporto rosso (354 spettatori in 2 serate ) 14.2.1937 : Lohengrin (196 spettatori in una serata)
28.31937 : Aldenaran (193 spettatori in 2 serate)
9.10.1937 : Nozze vagabonde (188 spettatori in 2 serate ) 16.4.1938 : Vivere (500 spettatori in 3 serate).

  
 
Le locandine del film 
che furono proiettati





Nel 1938 ulteriori modifiche e migliorie tecniche verranno apportate alla sala e alla cabina di proiezione del cinema Stazione, in cui peraltro è installato il dispositivo di sicurezza Mascarini e cioè, secondo quanto ordina il Questore:

Sicurezza Mascarini
1Togliere tutta la legna depositata nel vano sottostante alla cabina,  
2 Spostare il dispositivo di sicurezza nel punto indicato,
3 Nello spazio libero lasciato dallo spostamento della legna, applicare una leva di comando unico per le due serrande, da sostituirsi con altre di più sicuro funzionamento, per modo che con un’ unica manovra possa essere intercettata qualsiasi comunicazione tra la cabina e la sala.
Addetto alle proiezioni è Mercatali Fortunato, la cui idoneità era già stata precedentemente accertata.

mercoledì 15 gennaio 2014

In giro per Marradi con Dino Campana



Nelle vie del paese 
e a Campigno
nei posti più amati 
dal poeta
ricerca di Claudio Mercatali


Lanfranco Raparo,
Marradi.



Negli anni 1995 - 2000 l'Amministrazione comunale fece porre quattro  leggii in ferro in altrettanti punti dell'abitato di Marradi e descritti nei Canti Orfici.




Di recente questi, e altri due che sono a Campigno, sono stati restaurati e marcano altrettanti punti di sosta in un tour poetico e ambientale sulle orme di Dino Campana.
L'immagine trasfigurata della natura, delle persone e delle cose è l' essenza della poetica campaniana e uno dei modi di conoscere questo poeta è sicuramente quello di leggerlo nei posti che lo ispirarono.



Planimetria del paese
e ubicazione dei leggii.






Leggio 1     Sogno di prigione
E' l'anno 1909 e Dino Campana è in prigione a Tournai, in Belgio, e immagina di essere "sopra al muretto del cimitero ..."

nel posto mostrato qui sotto, a guardare le locomotive a vapore in manovra nella stazione di Marradi.

" ... Ora il mio paese tra le montagne. Io al parapetto del cimitero davanti alla stazione che guardo il cammino nero delle macchine, su, giù. Non è ancor notte; silenzio occhiuto di fuoco: le macchine mangiano rimangiano il nero silenzio nel cammino della notte. Un treno: si sgonfia arriva in silenzio, è fermo: la porpora del treno morde la notte: dal parapetto del cimitero le occhiaie rosse che si sgonfiano nella notte: poi tutto, mi pare, si muta in rombo: Da un finestrino in fuga io? Io ch’alzo le braccia nella luce!! (il treno mi passa sotto rombando come un demonio).










Leggio 2  La casa sul fiume
La poesia fu scritta guardando il Lamone dalle finestre della casa dello zio Torquato


L'invetriata

La sera fumosa d'estate
Dall'alta invetriata mesce chiarori nell'ombra
E mi lascia nel cuore un suggello ardente.
Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha
A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha accesola lampada? - C'è
Nella stanza un odor di putredine: c'è
Nella stanza una piaga rossa languente.
Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:
E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c'è
Nel cuore della sera c'è
Sempre una piaga rossa languente.






Leggio 3  Una cupola rossa

Marradi (Antica volta. Specchio velato)

Il mattino arride sulle cime dei monti. In alto sulle cuspidi di un triangolo desolato si illumina i castello, più alto e più lontano. Venere passa in barroccio accoccolata per la strada conventuale. Il fiume si snoda per la valle: rotto e muggente a tratti canta e riposa in larghi specchi d'azzurro: e più veloce trascorre le mura nere (una cupola rossa ride lontana con il suo leone) e i campanili si affollano e nel nereggiare inquieto dei tetti al sole una lunga veranda che ha messo un commento variopinto di archi!



Leggio 4  Immagini del viaggio 
e della montagna 

Serenità, dall'aspre rocce dato
Un Borgo in grigio e vario torreggiare
All'alterno pensier pare e dispare,
Sovra l'arido sogno, serenato!
O se come il torrente che rovina
E si riposa nell'azzurro eguale,
Se tale a le tue mura la proclina
Anima al nulla nel suo andar fatale,
Se alle tue mura in pace cristallina
Tender potessi, in una pace uguale,
E il ricordo specchiar di una divina
Serenità perduta o tu immortale
Anima! o Tu!


 


Leggio 5 Viaggio a La Verna 


Salgo (nello spazio, fuori del tempo)

L'acqua il vento
La sanità delle prime cose —
Il lavoro umano sull'elemento
Liquido — la natura che conduce
Strati di rocce su strati — il vento
Che scherza nella valle — ed ombra del vento
La nuvola — il lontano ammonimento
Del fiume nella valle —
E la rovina del contrafforte — la frana
La vittoria dell'elemento — il vento
Che scherza nella valle.
Su la lunghissima valle che sale in scale
La casetta di sasso sul faticoso verde:
La bianca immagine dell'elemento.





leggio 6   Viaggio a La Verna

Campigno: paese barbarico, fuggente, paese notturno,  mistico incubo del caos. Il tuo abitante porge la notte dell'antico animale umano nei suo i gesti. Nelle tue mosse montagne l'elemento grottesco profila: un gaglioffo, una grossa puttana fuggono sotto le nubi in corsa. E le tue rive bianche come come nubi, triangolari, curve come gonfie vele: paese barbarico, fuggente, paese notturno, mistico incubo del Caos.




venerdì 10 gennaio 2014

Dietro le quinte


Al Teatro degli Animosi, 
dove il pubblico non può andare ...
ricerca di Luisa Calderoni






Siamo andati a curiosare nei sottoscala del teatro, dietro le quinte, sopra il palcoscenico. Dall'ultimo piano si vede uno scorcio del paese, che prima dei bombardamenti del 1944 era molto diverso ...






Il loggione, con le eleganti colonnine e la ringhiera in ghisa. Per andare sopra al palcoscenico si passa di qui.

Il loggione fu ricavato nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'inizio del secolo scorso, eliminando i palchi
preesistenti e collocandovi i gradoni in legno.


Il lampadario centrale scende grazie ad un argano collocato nella sommità dell'antico voltone, originariamente affrescato 
come il boccascena che conserva  il simbolo dell'Accademia degli Animosi, cioè la mongolfiera.

La volta della platea con gli antichi tiranti in legno e ferro. Siamo nella soffitta del teatro.

Nella volta si aprono tre botole da cui, durante i veglioni, venivano fatti cadere coriandoli e caramelle sui ballerini in platea.

Il retro del boccascena. Sotto di noi, tre piani più in basso, c'è il palcoscenico.

Passerella in ferro che permette di attraversare il teatro passando dietro la quinta detta "Mantello di Arlecchino"e il grande sipario.


La quinta detta "Arlecchino". Sotto di essa c'è  il sipario.

Il ballatoio che segue tutto il perimetro del fondo del teatro, cui son legate quinte, scenari ed elementi per uso teatrale.


L'antica scala a chiocciola in ghisa realizzata all'inizio del secolo scorso per collegare il ballatoio di servizio alla platea.










Finestra ovale che permetteva di dar luce naturale all'imbocco della platea. Sulla mensola son collocati 
alcuni stucchi rimasti dalla rimozione dei palchi del loggione e i calchi per la realizzazione 
di decorazioni, capitelli, mensole...

Una locandina conservata in un corridoio del teatro


Scendiamo dal loggione e passando per il secondo e il primo ordine raggiungiamo....

...il locale dove era collocata l'antica caldaia a legna. La caldaia, in 48 ore di attività, grazie all'emissione di aria calda 
che giungeva direttamente in platea tramite una serie di bocchette,  scaldava tutto il Teatro
 

Il sipario delimitato in alto dal " Mantello di Arlecchino". Nel sovrastante boccascena è affrescata una mongolfiera, simbolo dell'Accademia degli Animosi, che costruì il teatro alla fine del '700 e il cui motto era:
" Tutte le vie son piane agli Animosi"