Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 27 dicembre 2015

La carne affumicata

  Una ricetta per noi sconosciuta
ricerca di Claudio Mercatali



... una strana cabina di legno,
che fuma ...


Passando d'inverno dal ponte dell' Annunziata, a volte si vede una strana cabina di legno che fuma per giorni e giorni, vicino alla casa della famiglia Omerovic. Il padrone di casa mi ha spiegato che quello è un seccatoio, per fare la carne affumicata come usa nel loro paese d'origine. La famiglia ha mantenuto questa abitudine per piacer suo anche ora che abita da noi.

La carne affumicata qui non si usava. E' un metodo di conservazione per i Tedeschi o per gli Slavi. La ricetta classica del nostro appennino prevedeva di mettere la carne sotto sale per diversi giorni e poi di lavarla con un panno imbevuto d'aceto, prima di appenderla in cantina.


Invece secondo la ricetta di Omerovic si mette la carne sotto sale per due settimane, senza esagerare sennò poi è immangiabile.
Bastano tre etti di sale per 15 Kg di carne bovina, da girare ogni tanto. Tre spicchi d'aglio bianco spezzettato in mezzo al sale non guastano. In questo tempo succede che la carne perde l'acqua, perché il sale è igroscopico, ma poi la salamoia penetra e la carne rimane salata dentro come fuori.




L'affumicatura dura una settimana, dentro un seccatoio di legno a tre scomparti: sotto la brace, in mezzo una stesa di sassi tondi per filtrare il fumo e sopra la cella con la carne appesa a pezzi interi, o sotto forma di salumi. 
I Tedeschi affumicano la carne di maiale, Omerovic preferisce la carne bovina. Il risultato è questo.


 




Il sapore è forte, molto più dello spek industriale e se degustate con calma con un bicchiere di vino vi rimane l'odore per un giorno o due ...







martedì 22 dicembre 2015

Il telefono

26 luglio 1914 Si inaugura la linea
Marradi - Ronta - Firenze




Il telefono è il mezzo di comunicazione più innovativo della prima metà del Novecento. Sollevare la cornetta, comporre il numero con il selettore a ruota e sentire la voce dell'altra persona fu una vera rivoluzione. Del resto anche oggi quasi nessuno riesce a fare a meno del suo pronipote, che è il "cellulare".


Le linee telefoniche classiche erano a fili e per impiantarle occorrevano molti soldi. Per questo nel luglio 1914 a Marradi ci fu gran festa: era entrata in funzione la linea che permetteva di telefonare a Firenze. Intervenne il senatore Gaspare Finali, marradese d'adozione e il consigliere provinciale avv. Giuseppe Baldesi, che era stato sindaco di Marradi qualche anno prima, non mancò di ricordare che " ... egli era a capo dell'amministrazione comunale quando si approvò l'istituzione del telefono ..."

Nell'Ufficio telefonico e postale, che era in piazza Scalelle, proprio dove ora c'è il Bar Bianco, si offrì un rinfresco, mentre in piazza suonava la banda. Il resto è qui sopra. Leggiamo ...


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Però non c'era ancora il collegamento da Marradi a Faenza e quindi per telefonare in Romagna bisognava usare la linea Marradi - Firenze - Bologna - Faenza. 
Quando venne attivato il collegamento con Faenza? Dalla stampa di allora apprendiamo che nel 1931 la questione era ancora aperta, ma non si trattava solo di un disservizio, come ci spiega il corrispondente del Corriere Padano in questo articolo del 7 giugno di quell' anno ...



giovedì 17 dicembre 2015

Paolo Visani Scozzi

 Il medico spiritista
ricerca di Claudio Mercatali


Medianità
Il libro degli spiriti
del dr. Visani Scozzi


Paolo Visani Scozzi, nato a Palazzuolo, nel 1885 fu medico a Marradi. Aveva sposato la vedova Ersilia Ravagli, proprietaria dell' omonima villa e quindi era cognato del senatore Gaspare Finali. Fece anche il consigliere comunale e nei verbali dei Consigli del 1896 - 97 ogni tanto si trova traccia dei suoi interventi, spesso di tono anticlericale, antimonarchico, repubblicano e un po' socialista. 


Altre notizie si possono leggere nella sua biografia, che è qui accanto, assieme ad una sua foto. Insomma il ricco dr. Visani, residente a Firenze ma con legami di famiglia qui da noi, era una persona della Marradi - Bene di inizio Novecento, che soggiornava spesso nella villa della moglie ...





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Una fotografia della Marradi - Bene
di fine Ottocento.

Il senatore Gaspare Finali (il più anziano) in famiglia. E' probabile che la signora in nero sia Enrichetta Ravagli e il ragazzo dietro di lei sia Ezio Agnolozzi che poi diventerà ingegnere. Alla destra di Ezio c'è il dr. Visani Scozzi e alla sua sinistra Ersilia.



Ora ci interessa il fatto che il dottore era uno spiritista, un convinto fautore della possibilità di evocare le anime dall' aldilà.
Su questo argomento scrisse anche un libro dal titolo Medianità, un sostanzioso volume edito nel 1901 e ripubblicato nel 1903 e nel 1933 perché aveva avuto successo. Ancora oggi è un classico del genere.

La copertina del 1933, qui sopra in alto, è un po' inquietante e mostra un calco che, secondo le convinzioni del dottore, era di un evocato dall' altro mondo in una seduta spiritica.
La Biblioteca Zucchini di Faenza, che ha in archivio una copia del libro, è il posto giusto per sfogliare un testo del genere, perché le sale di lettura sono sotterranee e contribuiscono all' atmosfera.
  
Le sale sotterranee della biblioteca 
Zucchini di Faenza




Agli inizi del Novecento lo spiritismo era una moda presso le famiglie ricche e si faceva quasi a gara per partecipare alle sedute dei medium più famosi e costosi. Il dott. Visani partecipò, a Napoli, a quattro sedute della medium più in voga a quel tempo, che si chiamava Eusapia Palladino. Chi era costei?
Nel libro Medianità è descritta come si può leggere qui accanto:


Eusapia Palladino


Forte della sua esperienza il dott. Visani elaborò tutta una casistica degli effetti dell' ipnotismo suggestivo o magneto ipnotismo e, a suo dire ...




"La condizione psiconervosa indotta e modificata per la suggestione può portare ad uno stato subcosciente di sonnambulismo e anche a uno stato incosciente".
Dunque secondo il dottore una suggestione forte può provocare uno stato ipnotico più o meno intenso con una perdita parziale della coscienza. Questa è una tesi ardita ma tutto sommato ancora credibile dal punto di vista scientifico.  
Però secondo il dottor Visani lo stato di incoscienza suggestiva e ipnotica mette una persona in comunicazione con l'aldilà, se c'è un medium in grado di stabilire un contatto.


E' per questo che il libro si chiama Medianità. Ora siamo nell' opinabile e chi vuol credere, creda.

Sopra: una presunta lievitazione del tavolo
Accanto: un mandolino si solleva a mezz'aria.

Anche se il dottor Scozzi nel suo libro non lo dice è facile immaginare che lui e gli amici suoi si dilettassero in sedute spiritiche alla Villa Ersilia, e che questo passatempo tanto di moda fosse di diletto per la Marradi Bene dell' inizio del Novecento.





Come si svolgeva una seduta spiritica nel primo '900? 
La regola classica era che le persone si sedevano attorno ad un tavolo, distendevano le mani e nella penombra della stanza e, alle evocazioni del medium, potevano succedere diverse cose.
Il fenomeno tipico era la lievitazione del tavolino, come si vede in questa foto dell'epoca. Oppure poteva succedere che certi strumenti prendessero il volo, come il mandolino della foto qui sopra.
  
Come andarono le sedute di Eusapia Palladino? Il dottor Scozzi le descrive e conviene leggerle direttamente nelle pagine qui accanto, visto che era un ottimo scrittore.




" ... adunque, alle dieci meno pochi minuti, situato il tavolo T in mezzo alla stanza e precisamente sotto il lume a petrolio, ci siamo messi in catena ..."

Ogni seduta spiritica ha una fase che si svolge al buio ed è la parte topica del tutto. Avvenne anche qui e il dottore ne parla a lungo nelle pagine seguenti. Successero tante cose, che non è possibile descrivere ora ma per le quali si può avere un sunto dall' indice del libro.




Riassunto di quanto avvenne nella prima seduta spiritica della medium Eusapia Palladino.



Volete sapere che cos'è la nictalopìa, la emeralopìa e altro ancora?
Non vi rimane che andare alla biblioteca Zucchini, dove un gentile signore vi darà il libro da leggere lì, nella sala sotterranea.

Nel 1908 il Maestro Giulio Savoi di Palazzuolo, direttore della Banda, in occasione del matrimonio di una sua nipote musicò l'operetta "Le nozze in farmacia" di Paolo Visani Scozzi, che di recente è stata ritrovata e rappresentata con buon successo il 18 giugno 2011 a Palazzuolo.

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Nota

La Villa Ersilia a fine Ottocento.
Non c'è ancora l'imbocco 
della strada per S.Benedetto.


Francesco Fabroni Bassani costruì la Villa Ersilia a metà dell' Ottocento.
Morì nel 1875 senza eredi e dispose che l'edificio, dopo la morte della moglie Ersilia, passasse al Comune. Ersilia Ravagli, risposata con il dr. Paolo Visani Scozzi morì nel 1899 e gli eredi fecero causa al Comune, ma il Tribunale di Firenze nel 1905 diede loro torto.
Si addivenne ad un accordo e gli eredi Ravagli versarono 60.000 lire al Comune pur di mantenere la villa. Nella villa abitò anche il senatore Gaspare Finali, che era il marito di Enrica Ravagli, sorella di Ersilia. L'ultimo erede dei Ravagli fu Ezio Agnolozzi, morto nel 1957, il quale donò la villa all' Ospedale S.Francesco, nel quale aveva trascorso gli ultimi anni di vita. Nel 1975 la Congregazione di Carità, che gestiva l'ospedale, venne abolita e tutto passò all' ASL che quindi oggi è proprietaria dell' edificio e l'ha destinato a Casa di Riposo.


sabato 12 dicembre 2015

Da Marradi a Biforco


Il tracciato della ferrovia 
sotto il paese

dai Documenti dell'archivio storico 
del Comune di Marradi


Il Ponte di Villanceto
agli inizi del '900










Un tracciato ferroviario richiede delle pendenze minime, del 2 o 3%
Questo significa che in cento metri il dislivello può essere solo di due o tre metri, impercettibile o quasi per una persona che cammina.
Invece una strada di montagna qui da noi si considera agevole, a piedi o in bicicletta, se non supera il 4 o 5%
Un sentiero da trekking si accetta fino al 20% o anche al 30%  se il posto merita.

Sapendo che la stazione di Marradi è alla quota di 321m sul livello del mare (c'è scritto sul muro vicino alla sala d'aspetto) e la stazioncina di Biforco, distante 2,5km, è a 371m, è facile calcolare che la pendenza media della ferrovia qui è di: 50m : 2500m  x 100 = 2%







Per ottenere questo risultato l'ing. Baccarini, progettista della linea Faentina, disegnò un percorso serpeggiante, che in pratica passa sotto al paese e taglia a metà la valle al ponte di Villanceto. 
Le curve ferroviarie hanno un raggio largo e in treno non si sentono, però nelle planimetrie antiche qui accanto si vedono bene.





Da Marradi a Biforco non c'è nemmeno un metro di ferrovia che sfrutti la pendice naturale, è tutto un susseguirsi di gallerie e ponti. Il primo ponte, detto della Lontria è di ferro.
Segue la Galleria della Colombaia, che sbocca sul Ponte degli Archiroli, poi la Galleria degli Archiroli, che finisce al Viadotto di Villanceto, e la Galleria dell'Annunziata.
In una valletta molto stretta ci sono il Ponte e la Galleria di Val di Vinco e finalmente la stazioncina di Biforco. Quattro gallerie e altrettanti ponti in poco più di due chilometri.





Dal 1885 - 1890,  quando fu costruito
questo tratto di ferrovia,
qui non è cambiato niente.


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Per collaudare un ponte ferroviario 
si caricava al massimo, e i tecnici
 constatavano dal vero se reggeva.
Questi qui accanto sono gli ingegneri 
che verificano il Ponte della Schiavonia 
appena ultimato.







La Galleria di Val di Vinco è all'altezza 
della diga dell'Annunziata, nascosta
 in una valletta strettissima 
che parte appunto dal podere
che ha questo nome.

Qui si vede la ferrovia non ancora
finita. Ci sono i binari di servizio
del cantiere, sui quali un somarello
 traina un carretto.








La galleria di Biforco, appena dopo la stazione era un punto critico, anche per i treni con motore diesel in servizio prima del Minuetto.

Capitava ogni tanto che le automotrici scivolassero sul binario ghiacciato 
e stentassero a ripartire. 
Deve essere successo così anche a questo 
treno a vapore (anni Trenta)



Fonte; Le planimetrie (1908) sono frutto di una ricerca di Mario Catani, archivista del Comune di Marradi. La foto vengono da: Tarabusi, Marradi com'era e da Panconesi Colliva, La Faentina.



lunedì 7 dicembre 2015

I frati di Crespino

L'ospitalità data
ai potenti paga sempre
ricerca di Claudio Mercatali



Ci seppero fare i frati dell'abbazia di S.Maria in Crespino quando nel 1154 offrirono ospitalità a Enrico il Leone. 

Chi era costui?
Era un feudatario tedesco al seguito di Federico Barbarossa, sceso in Italia a guerreggiare contro i Liberi Comuni ribelli. Siamo al tempo del Carroccio e della battaglia di Legnano.

Heinrich von Loewe 
(Enrico il Leone)

Enrico, Duca di Baviera, cugino dell'imperatore, quell' inverno era in difficoltà al Passo della Colla, per la neve e per il timore di essere aggredito da qualcuno dei suoi tanti nemici. I frati lo aiutarono e lui se ne ricordò nel 1160 quando convinse l'imperatore a concedere all' Abbazia il privilegio di cui stiamo per leggere.
La storia ce la racconta Ferdinando Ughello nel suo libro Italia Sacra, edito nel Seicento e la cosa migliore è seguire il suo racconto, che bisogna tradurre dal latino, perché allora quella era la lingua degli atti ufficiali.

 Con il privilegio i frati potevano riscuotere il pedaggio dai viandanti e non dipendevano da nessuno. Il territorio concesso andava dal Fosso di Viliano (Fantino) al luogo detto Fonte di Pietrasanta (è il nome antico di Casaglia).

 





Italia Sacra sive 
De Episcopis Italiae
Edito in 2a edizione a Venezia presso Sebastiano Coleti anno 1717

Ferdinando Ughello, abate fiorentino, scrive:






Ho presso di me un esemplare del diploma dell'imperatore Federico, nel quale nell'anno 1160, vivente Giovanni vescovo di Faenza, il monastero di S.Maria di Crespino, situato sull'Alpe, nella sua diocesi, fu messo sotto la protezione imperiale, esentato da tutto sia da Firenze che da Faenza. Per questo il documento, con questa bella azione del suo tempo, perché si vedano e siano illustrate le cose concesse, non mi dispiacque trascriverlo alla lettera:

In nome della Santissima indivisibile Trinità, Federico, per divina sapiente clemenza Imperatore dei Romani sempre Augusto



Poiché arriveremo davanti al tribunale di Cristo, Dio, a rendere ragione alla sua santa maestà nel giorno del giudizio, se per l'imprevidenza delle nostre decisioni degli uomini in cammino dovessero morire, nessuna cosa è più importante al mondo della spesa fatta per costruire fonti e ricoveri nei luoghi di passaggio, soprattutto nei monti dove devono passare gli uomini di dio.  E' per i nostri fedeli sudditi, presenti e futuri in Italia, che noi per amore di Gesù Cristo e per nostra volontà e per la salute di tutti poniamo il monastero della gloriosa Maria di Crespino, dell'Ordine di S.Benedetto Abate, monaco, e tutti quegli appartenenti a questo Ordine e tutte le cose buone di detto monastero, mobili e immobili sotto la nostra protezione e prendiamo sotto tutela benignamente tutti gli altri uomini abitanti nella vostra terra ...

Tutto bene dunque? Non del tutto, perché secondo gli studiosi B.Cattani, mons. F.Lanzoni e R Volpini la concessione imperiale del 1160 in realtà sarebbe in parte falsa, rielaborata e ampliata ad arte dai monaci di Crespino nel 1300, quando si fece più insistente la pressione del Comune di Firenze.


mercoledì 2 dicembre 2015

Gli ultimi scritti di Dino Campana

Olimpia, il Rio Salto
e il carrettino del prete
ricerca di Claudio Mercatali


Via Fabbrini
all'inizio del '900



Uno degli ultimi scritti di Dino Campana è una prosa poetica dal titolo Arabesco Olimpia.
Abbiamo già visto in una ricerca precedente che con ogni probabilità Olimpia era una ragazzina di Marradi figlia del droghiere Matteuzzi, che a fine Ottocento teneva bottega in Piazza Scalelle.
Allora era tredicenne e non seppe mai di essere stata osservata e apprezzata da Dino Campana, perché il poeta era un ragazzino della stessa età e non si fece avanti.
Quando aveva quattordici anni (1899) la sua famiglia se ne andò da Marradi, ma lei tornò nel 1924, sposata. Dino era al manicomio già da sei anni. Arabesco Olimpia non c'è nei Canti Orfici perché fu pubblicata nel 1915 - 1916 in giornali per letterati non in vendita a Marradi.




La drogheria di Salvatorie Matteuzzi è nel registro 
degli esercenti di Marradi
del 1889

Questa prosa ebbe una gestazione complicata.
Il medico Carlo Pariani, che intervistò Campana al manicomio di Castelpulci riferisce di avergli sentito dire:

“Cercavo di armonizzare dei colori, delle forme. Nel paesaggio italiano collocavo dei ricordi. E’ una delle mie più belle. Mi ricordo la mandai alla Riviera Ligure e mi mandarono 25 lire. Ma a me costava molto di più. Ci avevo messo un mese a farla.”


Clicca sull'immagine
se la vuoi ingrandire



Nel Taccuino di Franco Matacotta (1949) ci sono abbozzi e frammenti di Arabesco Olimpia e anche una prima versione, che è qui accanto. E' molto bella, merita ingrandire l'immagine con un clic e leggerla.
Costui negli anni Trenta fu amante di Sibilla Aleramo; quando si lasciarono le prese una parte delle sue carte personali con gli appunti di Campana e nacque una polemica ...

Dunque il poeta ci dà due versioni di questa prosa poetica e ci lascia scegliere?

No, questa senza titolo è solo una prima scrittura inedita e quella pubblicata è intitolata Arabesco Olimpia. Però ora usiamo l'inedito, che ha dei dettagli più precisi e chiari per capire quello che segue.
Il poeta si prende gioco di noi e si nasconde, ma già nel titolo ci avverte: l'arabesco è un disegno complicato, un ghirigoro o un discorso difficile che si capisce dopo aver analizzato i suoi vari elementi ...



Dall' anagrafe di Marradi sappiamo che in via Fabbrini al n°11 abitava Salvatore Matteuzzi, un droghiere che aveva una figlia di nome Olimpia, coetanea del poeta .


Questa via nello stradario ottocentesco è segnata da Palazzo Fabroni al Ponte degli Archiroli, come oggi.
I numeri civici sono cambiati da allora, ma di poco. La via è lunga solo un centinaio di metri e il n°11 è comunque circa a metà, dalla parte che dà sul fosso. Cerchiamo di definire le circostanze e fantastichiamo un po' frugando fra gli appunti del poeta scritti nel Taccuino:




... in riva il torrione nano ... tramonto di torricelle rosse ... fiori del cardo ... dei fiori bianchi e rossi son fioriti ...  acqua cola per conche verdi ...







L'ambiente sembra proprio quello attorno alle case di via Fabbrini che dànno sul Rio Salto, viste dal Ponte degli Archiroli o dalla Fonte della Vasca, specialmente "il torrione nano", parola che sembra misteriosa e invece dà un indizio chiaro, come si può leggere qui accanto.


 Il poeta si ricorda di quando da ragazzino girellava attorno alle finestre di lei cercando di vederla? Sarà stato veramente così?

Non lo sapremo mai di sicuro, ma se il poeta dice:
"... nel paesaggio italiano collocavo dei ricordi ..."

Il suo ricordo da ragazzino è a Marradi, perché il grande girovagare non era ancora cominciato. Dunque in Arabesco Olimpia e negli inediti preparatòri c'è la descrizione di uno scorcio caratteristico del centro di Marradi, che è ancora come allora. Dino descrive le persone e gli ambienti con molta logica e per questo forse era meno matto di quello che si pensa. Infatti il dr. Carlo Pariani, che lo intervistò al manicomio di Castelpulci, scrisse:

"... Forse qualche lettore meraviglierà ... ma logica e critica non sono il forte e nemmeno il debole dei matti, perché ne rimasero privi; invece per i sani vengono e vanno".
...........................

Nel Taccuino c'è un' altra poesia di Campana, nota come "Sdraiata nel carrettino" in cui pare che la descrizione di Olimpia riprenda. Il fatto fu notato dal critico Silvio Ramat, che nell' edizione degli Inediti del 1973 scrisse quello che si può leggere qui accanto ....


























Era un' osservazione intelligente, e anche un teorema che rimase senza dimostrazione. Però ora, avendo individuato con una certa sicurezza Olimpia Matteuzzi, sorge di nuovo la domanda: si parla di lei?

Una traccia precisa da seguire ce la forniscono le nipoti, Irene, Lucia, Marcella, Mirella e il nipote Giorgio che nello scritto del poeta riconoscono la nonna Olimpia soprattutto per gli occhi, il colorito pallido e la fronte alta, che probabilmente da giovane era coperta da una fratina, come dice il poeta:

La fronte scritta sotto la fratina
Che hai gli occhi pallidi come una bambina
Il viso è muscoloso seta pallida
Nel riso della prima gioventù ...

Un'altra traccia, debole, è nei primi versi:

Sdraiata sul carrettino
con lo zio prete vicino
bellezza ecclesiastica
eletto giardino...

Olimpia aveva un zio prete?

No, il droghiere Matteuzzi di Pontassieve non aveva parenti qui da noi e sua moglie Angela Nati, mamma di Olimpia, non aveva fratelli preti a Marradi. Però come dice Ramat il termine "zio prete"  può avere un significato più ampio. I legami della famiglia Matteuzzi con Casaglia erano forti, e per i discendenti lo sono anche ora ...

Olimpia era nata a Casaglia nel 1885, e fece la postina di quel paesino per tanti anni. Il postino era un mestiere ereditario e lei a un certo punto sostituì sua sorella Maria, che aveva otto anni di più. La casa di famiglia era al numero 48, proprio a ridosso della chiesa vecchia, che ora è una casa privata all' inizio del paese dalla parte della strada per Marradi, che non c'era.

Anche se non ci sono prove su quello che state per leggere, si può fare qualche ipotesi su chi fosse questo parroco:
 
Don Enrico Braschi è una figura notevole, di cui diremo di più un' altra volta.
Fu parroco a Casaglia dal 1900 al 1947 e condivise tutto con la gente di qui: i lutti nella Prima Guerra Mondiale, il terremoto del 1919 e lo sfollamento del 1944 a S.Giovanni in Persiceto (BO) perché Casaglia era sulla Linea Gotica.


La figura dello "zio prete" gli calza abbastanza. E' possibile che Olimpia e sua sorella Maria siano andate al mercato di Marradi e siano tornate a Casaglia con lui. Don Enrico era un iperattivo: nel 1912 costruì di sana pianta la chiesa attuale. 
Poi comprò le campane prima di aver costruito il campanile e le sistemò in un traliccio di legno come si vede qui sopra. E' proprio il caso di dire che metteva il carro davanti ai buoi ... ... e forse anche il cavallo davanti al carrettino ...

Fonti:
Dino Campana ricorda la sua prima gioventù, archivio del blog 26 novembre 2015.
I nomi delle vie del paese. 'archivio del blog 19 ottobre 2013.
Il Taccuino di Franco Mattacotta
Gli Inediti di Enrico Falqui



giovedì 26 novembre 2015

Dino Campana ricorda la sua prima gioventù

Olimpia, "la figlia del droghiere svizzero
che stava a Marradi"
ricerca di Claudio Mercatali
e Mario Catani



Dino Campana dopo i Canti Orfici (settembre 1914) non pubblicò più quasi niente.
Ormai la stagione della poesia alta per lui era passata e rapidamente la malattia stava prendendo  il sopravvento. 
Ci sono giunti frammenti, appunti e abbozzi del 1915 e 1916 in cui si nota chiaramente il suo degrado. Però da questi a volte emerge ancora qualche lampo di genio. E' il caso di Arabesco Olimpia, una prosa pubblicata nel 1915 dal periodico La Tempra e nel 1916 dalla rivista La Riviera Ligure, un foglio letterario voluto da Mario Novaro, l'industriale dell' Olio Sasso, estimatore di Dino Campana. Lo psichiatra Carlo Pariani riferisce di aver sentito dire al poeta:

“Cercavo di armonizzare dei colori, delle forme. Nel paesaggio italiano collocavo dei ricordi. E’ una delle mie più belle. Mi ricordo la mandai alla Riviera Ligure e mi mandarono 25 lire. Ma a me costava molto di più. Ci avevo messo un mese a farla.”


 




Arabesco Olimpia
da: La Riviera Ligure 1916

Oro, farfalla dorata polverosa perché sono spuntati i fiori del cardo? In un tramonto di torricelle rosse perché pensavo ad Olimpia che aveva i denti di perla la prima volta che la vidi nella prima gioventù? Dei fiori bianchi e rossi sul muro sono fioriti. Perché si rivela un viso, c’è come un peso sconosciuto sull’acqua corrente la cicala che canta.
Se esiste la capanna di Cèzanne pensai quando sui prati verdi tra i tronchi d’alberi una baccante rossa mi chiese un fiore quando a Berna guerriera munita di statue di legno sul ponte che passa l’Aar una signora si innamorò dei miei occhi di fauno e a Berna colando l’acqua, lucente come un secondo cadavere, il bello straniero non poté più a lungo sostare? Fanfara inclinata, rabesco allo spazio dei prati, Berna.
Come la quercia all’ombra i suoi ciuffi per conche verdi l’acqua colando dei fiori bianchi e rossi sul muro sono spuntati come tra i fiori del cardo i vostri occhi blu fiordaliso in un tramonto di torricelle rosse perché io pensavo ad Olimpia che aveva i denti di perla la prima volta che la vidi nella prima gioventù.

  
Chi era Olimpia?
E' un ricordo che riemerge, di quando il poeta era ragazzino. Al manicomio di Castelpulci disse al dr. Carlo Pariani che Olimpia "era una ragazza di dodici o tredici anni. Un ricordo d'infanzia, la figlia di un droghiere svizzero che stava a Marradi". Un droghiere "svizzero" a Marradi sembrava facile da trovare, ma non è stato così perché non c'è nessun droghiere marradese che avesse una figlia di nome Olimpia o avesse qualche nesso con la Svizzera.

Però la traccia si è trovata considerando che "stava" (stéva a Maré) significa che abitava a Marradi ma non è detto che fosse di qui, altrimenti l'influsso dialettale sarebbe stato l'ìra ed Maré.

Salvatore Matteuzzi, nativo di Pontassieve, venne a Marradi nel 1889 dopo aver sposato la marradese Angela Nati. 
Era droghiere e negoziante di coloniali, vini e liquori. Per alcuni anni ebbe anche l'appalto dei tabacchi della rivendita dei Monopoli di piazza Scalelle n°3, che non c'è più.

Aveva tre figlie: Edna, Maria e Olimpia, che era del 1885, come Dino Campana, il che è importante perché il ricordo del poeta ragazzino si riferisce per forza a una coetanea, e a Marradi non ce n'è un' altra che si chiami così. La famiglia si trasferì a Firenze nel 1899.




Perché Dino Campana chiama "svizzero" il droghiere?

Salvatore era analfabeta, firmava con una croce, da convalidare: "Il segno ... X ... è di .. ". Ecco qui accanto due quietanze di pagamento sue.






Vengono dall' Archivio storico dell' Ospedale S.Francesco di Marradi, di cui il droghiere era fornitore.
Si noterà che un testimone è Sebastiano Arquint, di una nota famiglia di droghieri svizzeri originari del cantone dei Grigioni, immigrati a Borgo S.Lorenzo nell' Ottocento. Tenevano bottega in centro e avevano fondato una società commerciale in nome collettivo, per la vendita al dettaglio e all'ingrosso. Dall'anagrafe di Borgo S.L. risulta che prima di venire a Marradi Salvatore faceva il bottegaio in quel paese.
Evidentemente rimase loro cliente anche dopo essersi trasferito qui da noi. Gli Arquint non avevano figlie di nome Olimpia perché all' anagrafe di Borgo S.L. non risulta nessuna Olimpia Arquint.


Dino Campana parte quasi sempre dalle cose o dalle persone, poi magari "prende il volo" ma in origine c'è un fatto.

Scheda anagrafica
di Olimpia Matteuzzi
(Comune di Marradi)

Olimpia tredicenne non sapeva di essere stata osservata e apprezzata dal poeta suo coetaneo e forse non lo seppe mai. Nel 1899 seguì il padre, ma tornò a Marradi con il marito ferroviere e dal 1924 al 1929 abitò alla Dogana di Popolano, poi partì per Borgo S.Lorenzo (... si trasferì a Casaglia, il paese natale, perché si separò dal marito).


Ritornò ancora dal 1953 al 1956, vedova, al podere Val dei Castellani, un chilometro o due oltre Biforco, nella valle di Campigno, dove abitava sua figlia Anna Maria. Poi assieme a lei si trasferì a Dicomano e nel 1959 a Borgo S.Lorenzo. Seguendo questi movimenti è stato possibile rintracciare le nipoti e avere due fotografie di lei, gentilmente concesse da Marcella Tronconi e dalle sue sorelle.

... dunque questa era Olimpia, figlia del droghiere Matteuzzi ... nata a Casaglia nel 1885, postina di quel paesino per tanti anni. La sua casa natale era al n° 48, proprio di fianco alla vecchia chiesa (che non è quella di ora).
Però c'è un dubbio, perché dal ricordo delle nipoti e dalla carta di identità risulta che Olimpia Matteuzzi aveva gli occhi castano chiari e non blu fiordaliso ...
  
Olimpia a 30 anni circa

Dino trentenne non ricorda certi dettagli dei suoi primi amori?
Se avete più di trent'anni forse nemmeno voi ricordate il colore degli occhi delle ragazzine/i che vi piacevano ai vostri tempi. Però di certo questo aggiunge un po' di incertezza.

Agatha Christie diceva: “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.
Che a Marradi ci fosse la bottega del droghiere Matteuzzi, che aveva una figlia di nome Olimpia, coetanea del poeta sono tre indizi, e un quarto, un po' lungo da spiegare adesso, lo vedremo la prossima volta.

 




Olimpia a 65 anni


Ma è importante sapere chi fosse l'Olimpia della poesia?
Perché ci dobbiamo interessare di lei? Anche questo lo vedremo prossimamente.



Fonti: Archivio storico del Comune e dell'Ospedale S.Francesco di Marradi. Uffici anagrafe dei Comuni di Marradi, Dicomano e Borgo S.Lorenzo. Schede della Camera di Commercio di Firenze. Ricordi e documenti della famiglia Tronconi. Immagini e informazioni di don Bruno, parroco di Crespino e Casaglia.