Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 29 marzo 2016

La strada per Badia della Valle

1895 Il Comune costruisce una strada moderna nell'alta valle dell' Acerreta
ricerca documentaria di Mario Catani



Badia  della Valle, o di Valle Acerreta, è un sito dell' anno Mille, cenobio di frati secondo la Regola di San Pier Damiano. Gamogna era il suo eremo, perché i monaci alternavano un periodo di vita cenobitica a uno di vita eremitica. Nel Cinquecento il convento chiuse e la chiesa divenne una semplice parrocchia di fondovalle. E anche Gamogna ebbe la medesima sorte.


 
I frati non avevano bisogno di comode vie d' accesso, perché si spostavano soprattutto a piedi e poi in fondo erano dei penitenti. 
Così Badia della Valle a fine '800 si poteva raggiungere solo con un sentiero che saliva da Lutirano lungo l'alveo del torrente Acerreta.
Il tracciato si vede nella planimetria qui sotto.




Essendo cambiati i tempi, nel 1895 il Comune di Marradi commissionò all' ing. Lorenzo Fabbri un progetto per costruire una comoda strada comunale, che è quella odierna.


Qui accanto: 7 novembre 1895
il Sindaco commissiona 
il progetto all'ing. Fabbri



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Fabbri era preciso nelle sue cose e dopo un sopralluogo a Lutirano stimò che le cose da fare fossero queste ...













L'ingegnere, che negli stessi anni aveva costruito la centrale elettrica di Marradi, fece un progetto accurato, con due ponti ad arco di 4m di luce, e due ponticelli da 2m, in pietre squadrate.




... Le opere d'arte di maggiori dimensioni sono i ponti sui fossi di Maggio e Badia che hanno 4m di luce ...


e concluse ... Ci si astiene da ulteriori descrizioni perché dal qui annesso profilo longitudinale possono dedursi tutti gli altri particolari che si omettono per brevità ...

 
5 agosto 1897
Pietro Fabbri, fideiussore,
(omonimo dell'ing Lorenzo)
 consegna i disegni
con i lavori da fare
al capomastro Antonio Filipponi
(che li esegue)


Dunque questa è la planimetria della strada con i disegni dei ponti, che allora erano di bella fattura e oggi sono abbastanza malmessi.







 


Fonte: Archivio storico 
del Comune di Marradi,
impaginazione
di C.Mercatali
















































sabato 26 marzo 2016

L'ora legale

 I commenti nelle 
cronache locali del 1916


                       Salvador Dalì (1915)
                La persistenza della memoria



Nella notte fra sabato e domenica 27 marzo 2016 scatta l’ora legale in tutta la Comunità europea. In Italia fu introdotta il 3 giugno del 1916 e durò fino al 1920. Poi venne abolita e ripristinata diverse volte con modalità differenti.
Fino al 1980 durava dalla fine di maggio alla fine di settembre (4 mesi).
Dal 1981 al 1995, dall'ultima domenica di marzo all'ultima domenica di settembre (6 mesi)
Dal 1996 dall'ultima domenica di marzo all'ultima domenica di ottobre (7 mesi).
Per noi ormai è una consuetudine che non fa più notizia, però qualcuno ne risente per qualche giorno come se fosse cambiato il fuso orario. Fu così anche nel 1916 per i nostri bisnonni?


Ecco i commenti dei primi di giugno 1916 nei giornali in vendita qui in paese cento anni fa. 



Secondo il Messaggero del Mugello l'ora legale era un bene, perché portava benefici economici e anche igienici e della vita sociale (?).








Il Corriere Mugellano, socialista, fu molto polemico e se la prese anche con il senatore Luigi Luiggi, promotore dell'ora legale, che oltre tutto era del Partito Nazionalista e quindi anche avversario politico dei Socialisti.




Secondo Il Lamone, settimanale dei repubblicani di Faenza, l'ora legale non avrebbe portato nessun inconveniente alle persone. 






Il settimanale faentino Il Socialista sembra un po' scettico su tutta la faccenda.



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Il Piccolo era il giornale della Curia faentina e si preoccupò soprattutto delle conseguenze sugli orari ecclesiastici. Il vescovo giunse alla conclusione che le campane potevano suonare il mezzogiorno secondo l'ora legale ma l'ora dell' Ave Maria doveva rimanere al momento del tramonto del sole.


Fonte: Biblioteca Manfrediana di Faenza per gentile concessione.
Biblioteca di Borgo San Lorenzo (FI) per Il Messaggero el Mugello e il Corriere Mugellano.




giovedì 24 marzo 2016

Il mitico monastero di Biforco

Alla ricerca 
di un eremo perduto
ricerca di Claudio Mercatali



L'Alpe di S.Benedetto è un tratto dell' appennino che comprende anche la fascia più elevata del comune di Marradi. La cartina a fianco chiarirà più delle parole. 
Il nome venne dato perché qui nell' Alto Medioevo, vicino all' anno Mille, furono fondati eremi e monasteri.
Gamogna, Badia della Valle e la Badia di S.Reparata al Salto sono fra i più noti e sono disposti a triangolo proprio in mezzo al comune di Marradi. C'è poi il Monastero di S.Benedetto in Alpe, che addirittura dà nome al paese in cui sorge. C'era anche una leggendaria comunità a Biforco, di riferimento per gli eremiti che vivevano in spelonche sparse nelle alte valli del Campigno e del Lamone.

Ora ci interessa proprio questa, di cui si è persa ogni traccia. L'indagine sui documenti antichi non è facile perché il nome Biforco si ritrova in località diverse. C'è via del Biforco anche a S.Benedetto in Alpe che appunto è alla biforcazione del fiume Montone nei rii Troncalosso e Acquacheta, proprio come Biforco di Marradi rispetto alle valli di Campigno e del Lamone. Per giunta ambedue erano sedi di comunità benedettine che seguivano la Regola di San Romualdo.


Lo schedario Rossini della Biblioteca di Faenza è un vasto archivio di notizie storiche.



Dunque il nome di per sé non permette di distinguere l'uno dall' altro se non c'è qualche altra indicazione. Così nello Schedario Rossini della Biblioteca di Faenza sono citati entrambi i "Biforchi" e il geografo Emanuele Repetti nel suo Dizionario del 1833 cita perentorio solo il monastero di S.Benedetto in Alpe, ma con date di fondazione che sono forse più attinenti alla comunità dei monaci di Biforco di Marradi.




Il Dizionario di Emanuele Repetti è la fonte più importante per la storia e la geografia dei comuni che fecero parte del Granducato di Toscana. Però in questo caso è di poco aiuto.





In più c'è da considerare anche il paesino di Corezzo di Biforco del Casentino, vicino a La  Verna, dove c'era un antico monastero.


Per venire a capo della questione conviene fare riferimento ai settecenteschi Annali Camaldolesi di  Giovanni Benedetto Mittarelli. Forse anche l'abate Mittarelli aveva dei dubbi, perché nei suoi Annales si pone la domanda: Ubi Bifurci locus? (Dov'è Biforco?) e lo identifica così:




 
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"Biforco è nei monti del Dominio Fiorentino verso Faenza, posto tra il castello di Marradi e l'abbazia di S.Maria di Crespino, dove c'è un monastero dedicato a S.Benedetto, chiamato anche di S.Benedetto in Alpe, da non confondere assolutamente con un altro monastero della Santissima Trinità o di S.Benedetto in Alpe, perché si trova in vetta ai monti del Casentino, non lontano dal Pratomagno …"

" ... In Biforco Romualdo fondò il monastero o l'eremo nel 986 (Grandius nelle sue tavole cronologiche stima 987) al tempo dell'edificazione di S.Michele in Verghereto".


E quindi ci siamo: 
... prima dell'anno Mille a Biforco di Marradi fu fondato un eremo secondo la regola di San Romualdo, che è in sostanza quella dei frati camaldolesi. 
L'abate Mittarelli annota anche che un certo eremita Pietro da Biforco ospitò San Romualdo presso di sé:

"... Adnotabimus infra Petrum Bifurcensem eremitam appellari a Damiano Romualdi discipulum, statim ac Romualdus Bifurcum se recepit. Sed de hoc monasterio plura in annis subsequentibus dicemus.

(Annotiamo da San Damiano fra le altre cose un eremita chiamato Pietro di Biforco, discepolo di Romualdo, ospitò senza indugio a Biforco presso di sé Romualdo. Ma di questo monastero diremo più cose negli anni a venire ..").

Chi era Petrus Bifurcenses? 
Per sapere qualcos' altro di lui bisogna seguire il consiglio del Mittarelli, che ci rimanda agli scritti del suo contemporaneo Romualdo Maria Magnani, prete faentino, che descrive l'eremita Pietro così:

" ... era questi, come dissi, nativo di quel contorno; e fabbricossi in Biforco una piccola celletta larga quattro braccia ad imitazione di quella antica di S.Ilarione. 



Quivi menando una vita eremitica e solitaria era da tutti tenuto e stimato per uomo grave e da bene. 
Era d'un incredibile astinenza facendosi soltanto di pochi legumi tramontato il sole ..."



Don Magnani scriveva in italiano ed è piacevole da leggere, al contrario dell' erudito Mittarelli e chi vuole può approfondire leggendo qui sopra.

Questo eremita Pietro, che viveva in una celletta larga quattro braccia (0,58 metri x 4 = 2,32 metri) e mangiava solo un pugno di fagioli dopo il tramonto ha un non so che di simpatico e potrebbe essere quello della Grotta del Romito.



domenica 20 marzo 2016

1955 -57 La diga dell'Annunziata


Il Comune di Marradi commissiona al
Consorzio dei Bacini Montani
la costruzione dell'invaso

dai documenti di Francesco Cappelli



Il lago ghiacciato (2012)



20.05. 1955 
L'assessore prof. Ludovico 
Bernabei (Preside 
delle Scuole Medie 
di Marradi per tanti anni)
scrive all'on. Vedovato 
e spiega le necessità del paese ...







22.07.1957 
Passano due anni e i lavori partono. In corso d'opera il sindaco prof. Antonio Cassigoli si rende conto che la diga prevista, alta 6m è troppo bassa e chiede di alzarla fino a 9m.








30.07.1957
Il Sindaco si lamenta con l'on. Vedovato perché non riesce ad ottenere i permessi per aprire un albergo vicino alla nuova diga ...







... ogni volta che tento di fare un po' di pubblicità per il turismo mi sento ripetere le solite frasi ...



09.08.1957
L'Ing. Bubani, responsabile tecnico del Consorzio dei Bacini Montani ha preparato il progetto per innalzare lo sbarramento fino a 9m e costruire sopra una passerella larga 1,2m.
Il Sindaco prende atto ...





16 - 18.08.1957
La richiesta di fare la diga più alta provoca una momentanea interruzione dei lavori e la Camera del Lavoro lamenta la perdita di giornate lavorative a danno degli operai ...







05.09.1957
Servono altri soldi e il Sindaco scrive al Sottosegretario Salizzoni, che risponde assicurando il suo interessamento












12.09.1957
Il progetto si amplia ancora e la diga arriva a 10m di altezza. La passerella diventa un vero ponte largo 2,5m.




Fonte: Archivio storico del Comune di Marradi

lunedì 14 marzo 2016

Ascanio Tamburini

Giurista e Generale
dei frati di Vallombrosa
ricerca di Claudio Mercatali



La Badia di S.Bartolomeo a Ripoli,
dov’ è sepolto Ascanio Tamburini



Ascanio Tamburini nacque a Marradi nel 1580 e morì nella Badia di S. Bartolomeo a Ripoli nel 1666. Com’è noto qui in paese gli abbiamo intitolato la strada che va dal Teatro degli Animosi a palazzo Torriani. Era un frate coltissimo, teologo e giurista eletto per due volte Generale dell’ Ordine Vallombrosano, carica massima per quei religiosi. Scrisse il De jure et privilegis Abbatum Prelatorum, che significa “Riguardo al diritto e alle prerogative degli abati e dei prelati”, una raccolta di leggi ad uso dei frati.
Scriveva in latino e non si rivolgeva al pubblico ma ai confratelli e voleva che i suoi libri fossero conservati nelle biblioteche dei conventi e le leggi prescritte rispettate. Insomma era uno che dettava la Regola e gli si doveva obbedienza.

Com’è fatto il De jure abbatum?

L’edizione tedesca del 1698 che useremo ora è un elegante volume a stampa, di 584 pagine, pieno zeppo di leggi, disposizioni, ordinanze, bolle papali, circolari, prescrizioni e raccomandazioni. Un vero e proprio Codice Civile e Penale dei frati. Già allora era difficile da leggere e quindi Ascanio, per essere più chiaro, inserì tanti esempi di processi e condanne, di modo che i vari abati sapessero come comportarsi se fosse capitato qualcosa di simile nel loro monastero.

Qui di seguito ci sono tre verbali abbastanza piacevoli da leggere. Gli interrogatori sono un po’ surreali, perché il giudice, dotto e autorevole, rivolge la domanda in latino e il povero frate imputato risponde in italiano, cioè in lingua volgare, come allora si diceva:


De iure et privilegis Abbatum
Tip. Joannis Philippi Andrea 1698



Formula (= processo) LXI  (n° 61)   pg 466
Le percosse al buio

Mentre Don Maledìci va a letto viene aggredito e duramente bastonato da qualcuno nel corridoio del convento e denuncia il fatto all’abate:

Quomodo ira vulneratus reperiatur? (Con quale atto violento è stato prodotto il ferimento?
Don Maledici prout tacto pectore iuravit et respondit (Don Maledici toccato il petto giurò e rispose):
“Mentre tornavo alla mia camera quella notte sono stato ferito nell’entrata della porta del dormitorio, dove sta la mia camera, in questo modo che vostra signoria vede”.

Interrogatus quis eum ita vulneravit et admonitus ut dicat, respondit (Interrogato su chi lo ferì così, e ammonito perché lo dica, risponde):
“Non lo so, perché ero senza lume e colui che mi ferì mi diede standomi di dietro e subito fuggì via di maniera che io non lo potei vedere, essendosi anche smorzata la lampada”.

Interrogatus quem credit fuisse, respondit (Interrogato su chi crede che fosse, risponde):
“Credo che sia stato don Vindice degli Inflessibili, perché ieri avessimo parole insieme, ed egli si partì minacciandomi. Erano presenti don Venanzio e don Feliciano. L’ho nominato perché credo che così sia la verità”.

La sentenza L’abate dichiara il “non luogo a procedere per insufficienza di prove” e:…
Ad patienter ferendum et ad veniam percussori tribuendam Pater Abbas illum dimisit  (Il Padre Abate lo congedò invitandolo a portare pazienza e perdono per il suo feritore).




Il  ritratto di Ascanio, 
lo stemma di famiglia
e una breve storia del casato.



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Formula LXVIII   (N° 68)    pg 468 
Il frate che bestemmia

Turpilio è un frate che quando si arrabbia bestemmia. Un suo superiore, don Inquieto, lo sente e lo denuncia all’Abate. Un frate presente al fatto fa la sua testimonianza:

Domanda: An cognoscerat Turpilius de Improbis de tali Civitate (se conosca Turpilio degli Improbi, di tale convento).
Risposta: Io lo conosco benissimo e hora sta qui in questa stanza.
Dom: Cuius famae sit don Turpilius apud aliis (Che reputazione ha Turpilio presso gli altri?)
Risposta: Io non so in che conto lo tengano gli altri, perché bado a casi miei.
Dom: Cuius opinionis sit apud illum? (Che opinione ha di lui?)
Risposta: Io per me lo tengo per buon compagno, è vero che qualche volta va in collera e si lascia uscire di bocca qualche bestemmia.
Dom: Quo loco at tempore illum blasphemia proferentem audierit? (Dove e quando l’avrebbe sentito bestemmiare?)
Risposta: In molti luoghi e tempi l’ho udito e in diverse occasioni.
Dom: An unquam illum in Claustrum et in refectorium blasphemiantem audierit, et quo tempore (se mai l’avesse sentito bestemmiare nel convento o in refettorio e quando)
Risposta: Padre, io mi ricordo particolarmente che il giorno di S.Lorenzo nel Claustro bestemmiò assai il nome di Dio.
Dom: Quas blasphemias dixerit? (Che bestemmie avrebbe detto?)
Risposta: Egli disse al corpo, al sangue e altre simili, essendo saltato in collera per non so che.
Dom: An alii essent praesentes quando talis blasphemias protulit (Se altri fossero presenti quando proferì tali bestemmie).
Risposta: Vi erano don Inquieto de Malitioso e D.G.

La sentenza: … ut recto itinere iret ad propriam cellam, necinde descenderet, neque con aliquo loquerentur sub pena carceris ad arbitrium dd.PP. visit illumque dimisit. (… che andasse diritto alla propria cella, e non uscisse, né parlasse con un altro, sotto pena del carcere, per suo volere l’Abate lo giudicò e congedò).

Formula LXXVI    (N° 76)     
pg 470  Una dura condanna

Ascanio Tamburini non scherzava quando si trasgrediva la Regola:
“Nos, Spiritus Sancti nomine implorato, in causa contra P.N. Procuratorem huius Monasterii, pronunciamus sententia grave peccato contra votu paupertatis tam in convivis pro monachis quam in aliis donationibus, nempe trium anulorum aureorum donatorum uni consaguineae … Preacipimus in carcere per tres annos includendum ibi jejunius pani et acqua in poena tantis sceleris …
(Noi, implorato il nome dello Spirito Santo nella causa contro P.N. amministratore del suo monastero, pronunciamo la sentenza per un grave peccato contro il voto di povertà tanto nei convivi in favore dei monaci quanto per altre donazioni, appunto tre anelli d’oro regalati a una parente … Prescriviamo il carcere per tre anni includendovi il digiuno a pane e acqua in pena per tante scellerataggini …).

Ascanio scrisse anche il De jure Abatissarum et Monialium (Riguardo al diritto delle Abbadesse e delle Monache) che era un codice simile a questo. Nel Seicento, come dice anche il Manzoni nei Promessi Sposi, le ragazze delle famiglie ricche spesso venivano messe in convento per non dividere il patrimonio. Qualcuna aveva o maturava una vocazione ma altre no e si comportavano come se il convento fosse una specie di collegio femminile dal quale uscire, almeno qualche volta.
Da quanto stiamo per leggere si capisce che non era semplice mantenere la disciplina. Data la fama di Ascanio da molti monasteri si chiedeva un suo parere sui vari casi che capitavano e lui rispondeva pazientemente anche alle richieste più strane. Leggiamo:


De casibus, in quibus dubitari potest, Moniales egressu clausuram violare (Dei casi nei quali si può dubitare che l’uscita delle Monache violi la clausura)

pg 123 Disputatio XIX   (n° 19)



Caso 1 Infrange la clausura la monaca che con ambedue i piedi (ambobus pedibus) oltrepassa la porta del convento? Risposta: non è una trasgressione, se è avvenuta per pochi palmi e poco tempo.
Caso 2 La monaca che per giusta causa è uscita dal Monastero, senza il permesso della Superiora, è soggetta a punizione? Risposta: no, se finita la giusta causa è rientrata.
Caso 3 La monaca che entra in case contigue al monastero ha trasgredito? Risposta: Alle monache è vietato l’accesso ai luoghi dove possono entrare dei laici.
Caso 4 La monaca che sale sul tetto (super tegulas tecti) è uscita dalla clausura? Risposta: no, perché il tetto è una pertinenza del monastero.




Caso 5 Se una monaca entra nella ruota e la fa girare ha oltrepassato il limite del convento? Risposta: Se gira la ruota verso gli estranei e non esce non c’è violazione, ma l’atto è disdicevole.
Caso 6 Le monache autorizzate a stare in case vicine al convento per raccogliere le elemosine se escono da quelle per altri motivi violano la clausura? Risposta: no, perché queste case non fanno parte della clausura.
Caso 7 La monaca che, come un maschio, siede a cavallo (quasi equitans) del muro del monastero infrange la clausura? Risposta: se sta seduta sul muro che chiude l’orto non infrange la clausura.
Caso 8 La monaca che ha subito delle gravi molestie infrange la clausura se esce per andarle a denunciare a un Superiore? Risposta: Poterit exire si evidens periculum vitae fuisset.
Caso 9 Quando una monaca autorizzata esce dal monastero e si trattiene in altre case, rompe la clausura se esce da quelle?
Risposta: no, perché sono tutte case esterne al monastero.
Caso 10 Una monaca che sta sulla porta aperta (in ostio aperto) del Monastero, infrange la clausura se per gioco rivolge la parola a compagni esterni (socis extra illud)?
Risposta: Non infrange la clausura se non esce.
Caso 11 Una monaca impazzita (phraenetica) se esce dal monastero è soggetta a sanzione?
Risposta: La pazza che esce dal monastero non è punibile.
Caso 12 Una monaca che assiste un parto, se esce per portar fuori il neonato è punibile?
Risposta: no, se è per evitare un pericolo alla vita (lex umana non tollit jus naturale servandae vitae).

Cioè “la legge umana non prende il posto del diritto naturale di conservare la vita”.

E con questa bellissima motivazione lasciamo Ascanio alle sue questioni di diritto, perché a volerle leggere tutte si andrebbe avanti per diverse centinaia di pagine.



NOTA: Non so se interessa a qualcuno ma delle tante questa è la ricerca
che mi ha dato più soddisfazione.


martedì 8 marzo 2016

1930 La Casa del Fascio

Viene inaugurata
 la nuova sede
 del partito in via Roma

dai documenti 
di Francesco Cappelli












Finalmente nel 1930 fu completata la Casa del Fascio di Marradi. Il lavoro era durato diverso tempo, un po' con il volontariato e un po' con le collette in paese, ma anche con i contributi dello stato. Sono gli anni di massima popolarità del Fascismo e non deve meravigliare che la gente qui in paese tutto sommato fosse favorevole. La storia è nota: quasi tutte le dittature attraversano un periodo di favore popolare, e quasi tutte dopo qualche anno vanno a finire male.

Questo edificio era nello stesso tempo la sede della sezione locale, il luogo degli incontri, del circolo e della polisportiva, perché i fascisti avevano comprato anche il terreno retrostante per costruire il campo sportivo.

Stiamo parlando della attuale via Dino Campana, poco prima del ponte di Villanceto, esattamente dell'area dove oggi c'è un supermercato. Il campo sportivo degli anni Trenta nel 1971 divenne il parco piscina, e chi osserva l'area con occhio critico noterà che è rettangolare. Nella foto qui sopra si vede la via prima della Guerra.



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La Casa del Fascio 
bombardata (1944)
(foto di Ottorino Randi)


Nel 1944 la Casa del Fascio venne centrata da una bomba d'aereo e rimasero solo pochi mozziconi di muri anneriti, tanto che dovette essere demolita del tutto.









Leggiamo come andarono le cose e come i Fascisti descrivono il paese in questo libricino pubblicato per l'occasione:



Marradi: il terzo comune della Provincia
di Firenze per vastità di territorio, 
alle falde dell' Appennino 
conta ora 9600 abitanti ...



... Marradi è comune eminentemente 
montano e a economia prevalentemente 
agricola che ha i suoi maggiori cespiti ... nell'allevamento del bestiame, nei marroni di ottima qualità ricercatissimi all'estero ...




... Il Fascio di Marradi si costituì 
ufficialmente il 27 aprile 1921
 con un piccolo gruppo di audaci, 
di cui alcuni già iscritti 
a Bologna e Firenze ...


... Casa del Fascio: in uno spirito 
di concordia e ardore si sono strette 
le fila: si sono moltiplicate le attività: 
finché oggi a compimento 
di un insieme di lavoro non trascurabile ...



... Ha ben 48 ambienti fra sale 
e stanze comuni. Vi sono riuniti gli Uffici ciascuno indipendente, di tutte 
le organizzazioni, associazioni 
e istituzioni del Regime  ...




... Di pari passo con il Fascio maschile 
è sorto con carattere di beneficienza
 e assistenza il Fascio femminile 
marradese ...






Marradi ha offerto il suo contributo 
di ardore e di sacrificio dei migliori 
suoi figli: 
252 i caduti nelle Guerra ... 






...  La Sezione Ferrovieri Fascisti: 
si estende da Fornello a Faenza, 
per un percorso di 50 km: fondata 
fra le prime in Italia nell'anno 1922 
conta atualmente 103 iscritti 
su 121 ferrovieri esistenti ... 


Delegazione fascista commercianti: 
... provvida e indovinata fu l'iniziativa 
della Delegazione presa nel 1927 
in accordo col Fascio: e cioè 
la istituzione di un concorso 
per la migliore "mostra" dei negozi 
di qualsiasi genere
nell' occasione del Venerdì Santo ...



Fin dalle prime enunciazioni sindacali 
del Fascismo i lavoratori marradesi 
hanno  disposto "presente" e si sono 
inquadrati nelle sue incipienti 
organizzazioni ...







 ... Troppo lungo sarebbe elencare 
i lavori provocati 
e le sistemazioni fatte ...



 ... A tutte le manifestazioni 
patriottiche: alle varie adunate 
comunali e provinciali 
del Partito i lavoratori marradesi 
hanno partecipato in massa 
incuranti di disagi e sacrifici, 
superando anche 16 e 20 km 
di viottoli montani in piena notte ...





Così il Fascismo opera: 
senza vane promesse. 




 
Fonte: Archivio personale di Francesco Cappelli, per gentile concessione.