Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

giovedì 28 aprile 2016

1915 Il lastricato di via Talenti

L'ennesimo rifacimento 
del lastrico 
nel centro del paese
da una ricerca documentaria di Mario Catani




L'arenaria è una bella pietra, però è geliva e poco resistente all' usura. Per esperienza noi a Marradi sappiamo che una pavimentazione in lastre della nostra pietra dopo circa sessanta anni va rifatta.
Questo documentato qui di seguito è il rifacimento di via Talenti del 1915, che infatti durò fino alla metà degli anni Settanta e poi dovette essere rifatto, assieme alle fogne sottostanti. Da allora sono passati quaranta anni e dunque comincia a vedersi la necessità di ...






Fonte: Archivio storico del Comune di Marradi. Elaborazione grafica di Claudio Mercatali



L'ingresso al centro
del paese davanti all'ospedale.









Clicca sulle immagini
se le vuoi ingrandire


















Marradi, 17 settembre 1915
La liquidazione per i lavori svolti
dalla Cooperativa Muratori
e scalpellini di Biforco
















I lavori di rifacimento delle fogne 
e del lastrico di via Talenti 
negli anni Settanta.
(foto Meucci)










venerdì 22 aprile 2016

Un trekking a Casaglia


Quattro passi nella piccola
“terra nova” fondata dai fiorentini
ricerca di Claudio Mercatali



Casaglia, un tempo Pietrasanta, è antica.
Lo storico Emanuele Repetti (1833) dice:

… A questo Villaggio e non al Casaglia di Calenzano, nè della Futa fu dato il nomignolo di Pietrasanta molto prima del 1288. II fonte di Pietrasanta, ora detto rio di Casaglia, uno dei più alti tributarj del fiume Lamone, è rammentato sino dall'anno 1160 in un diploma del 12 ottobre concesso da Federigo I alla badia di Crespino, cui confermò in feudo un esteso territorio esentando quei Vallombrosani dalla giurisdizione de' Fiorentini, de' Conti Guidi e degli Ubaldini, coll' assegnarle i limiti dal fonte di Viliano sino alla fonte di Pietrasanta...






Dopo di che nel 1284 Firenze acquistò Casaglia dai monaci vallombrosani e “lottizzò” i terreni perché si insediassero 50 fiorentini (un gruppo, una "massa" come si diceva allora). Lo sappiamo dagli storici Scipione Ammirato e Giovanni Villani che ci dicono:

Codesta Massa, fu acquistata il 3 agosto del 1284 per ordine della Repubblica fiorentina dai Monaci Vallombrosani di S. Paolo a Razzuolo, per assicurare la strada dai ladroneggi degli Ubaldini; cosicché i Signori commisero, dice l'Ammirato (Stor. fior. Lib. X), a 50 cittadini fiorentini di comprar quei terreni e casolari e fabbricarvi case; formandone così un villaggio…

E’ l’atto di fondazione di una “terra nova”, secondo l’uso dei fiorentini dell’epoca, come per Vicchio, Scarperia e Firenzuola. Però i conti Guidi e gli Ubaldini erano feudatari aggressivi e la fondazione fu contrastata duramente. Sempre da Repetti apprendiamo che:

… la torre che vi fece uno di quei cittadini, Sinibaldo Donati, fu guastata dalle masnade del Conte Simone da Battifolle de' Conti Guidi, nel 1322… dopo la costruzione del castel di Firenzuola fatta per tenere a freno gli Ubaldini del Mugello e i loro sgherri, avvenne che molti fedeli di quei dinasti eransi ritirati nell'Appennino di Casaglia, cosicché quella strada essendosi ridotta pericolosa, la Signoria di Firenze deliberò che si sfrattassero di là quei fuorusciti, e che non vi potessero più stare né comperare in maniera veruna. (Ammirato. Stor. Fior. Lib. X).

Alla fine Firenze si impose. Nel Cinquecento, la Badia di Crespino fu “declassata” a parrocchia, e  Casaglia divenne autonoma. Il limite fra le due parrocchie è il confine fra Marradi e Borgo S.Lorenzo, e corre lungo la cosiddetta Balza dei Frati. Il nome forse era “Balza delle Fratte” “Fratto”, diviso, frazionato (lì vicino c’è un podere che si chiama così).


Come si viveva a Casaglia? Diciamo che, secondo gli “standard” dei secoli passati, chi viveva qui se la passava meglio di chi abitava nei monti attorno. Infatti nel sottosuolo ci sono le argille scagliose, senza arenaria, che formano ampi prati pascolo. Però le argille sono soggette a soliflusso, ossia scivolano lentamente verso il fiume Lamone.
Le argille scagliose hanno un chimismo inadatto al castagno e sono a solame. Perciò a Casaglia non ci sono castagneti.
Gli abitanti di Casaglia avevano i castagneti nel versante di Gattaia, che si può raggiungere con una vecchia strada campestre, che parte dal podere Camera dei bovi. Sono i castagneti che si vedono dal treno quando si passa dalla ex stazione di Fornello. Sono marronete secolari, a bacino, come d’uso per la cultivar del marron buono di Marradi, usato per innestare i castagni selvatici.
Dunque la pratica agricola più tipica del contadino casagliese prevedeva l’allevamento a pascolo libero nel semestre caldo e la raccolta delle castagne a Gattaia in ottobre. Si ricavava poco grano, perché qui siamo a 700 – 800m di quota, troppo in alto per il frumento. Le argille scagliose sono poco fertili e siccitose, impermeabili. I terreni in cui si poteva ottenere qualcosa erano soprattutto quelli in basso, vicino al Lamone. Dal paese un bel sentiero massicciato scende al fiume e anche oggi in fondo ci sono diversi orti. Si chiama vicolo dei Marretti, ossia di quelli che lavoravano con la marra, la zappa, e passa­vano di lì per andare e venire dai campi al paese.

Basta con queste notizie storiche, anche se ce ne sarebbero altre. Ora ci importa un trekking particolare, lungo il tracciato della Vecchia Faentina, una strada che non esiste più. Infatti all'inizio dell' Ottocento il granduca Laopoldo I fece costruire la strada attuale e i suoi ingegneri, per evitare le fangose argille scagliose la progettarono più in alto, dov'è ora e dove ricominciano gli strati della solida arenaria.



La vecchia Faentina si imbocca vicino alla sorgente dell'acqua sulfurea, dove i primi strati d'arenaria sembrano disegnare nella pendice il profilo di un uomo. Qui il tracciato attuale si snoda a stella nei pascoli, invece quello vecchio sale diritto.

  
Un questo punto nella roccia sulla strada sembra che ci sia il profilo di un uomo, curiosamente formato dall'erosione della pendice.



Dopo una ripida salita lungo la vecchia via scavata dall' acqua si sbocca di nuovo nella strada asfaltata, proprio di fronte al cartello che indica il podere Camera dei bovi.








In realtà i bovi non c'entrano e il nome viene da Vitale Giuseppe de Buoi, un predicatore che nel '700 girava per le campagne, e si fermava lì a dormire.





Lo sviluppo attuale della Faentina nei campi di Casaglia, come si vede dal crinale di fronte. La vecchia Faentina non faceva questo percorso a stella ma saliva diritta, all' erta.









Si prende la campestre che va al podere senza scendere alla stalla, come mostrato qui accanto.

   
Il tracciato è ancora riconoscibile, e sale diritto, senza tornanti. La parte topica del trekking comincia nella piccola sella al centro di questa fotografia, in cima alla pietraia qui sotto, che è quanto rimane della vecchia massicciata.




Siamo sicuri di questo? Si, perché i pezzi d'arenaria sono di quattro o cinque tipi diversi e quindi furono portati qui per fare un po' di fondo stradale e cercare un rimedio al fango appiccicoso delle argille fradice.

E poi nelle argille scagliose l'arenaria non c'è, fidatevi del geologo.
Ecco il punto: da qui in poi il dilavamento ha cancellato il tracciato quasi del tutto e i lavori di rimboschimento e l'ENEL hanno modificato lo stato dei luoghi quanto basta per far sorgere i dubbi.









La cosa migliore è tenersi un po' in quota e ... 
un momento, se ve la racconto tutta io che gusto c'è?
Vi lascio la cartina del Catasto granducale del 1833 ... arrangiatevi.





sabato 16 aprile 2016

La tomba di Dino


I tentativi 
per riportare
i resti a Marradi
dai documenti 
del prof. Antonio Cassigoli


La traslazione della salma di una persona famosa non è semplice per niente.
Spesso i personaggi più noti trovano la loro definitiva sistemazione nel luogo in cui sono morti perché la loro tomba nobilita il luogo, lo rende più importante oppure costituisce un ricordo per chi abita lì. Spesso il luogo del decesso non è particolarmente significativo per la biografia della persona, però è un fatto importante dal punto di vista burocratico, e questo conta.




E' successo così anche per Dino Campana.
Già alla fine degli anni Cinquanta il Comune di Marradi manifestò l' intenzione di riportare il poeta a Marradi e il prof. Antonio Cassigoli, che allora era sindaco, mosse i primi passi, che non sortirono il risultato voluto.








La richiesta venne ripetuta in maniera più o meno discreta negli anni seguenti finché, nel 1972 parve che la conclusione positiva fosse a portata di mano.
Non era vero e la salma rimase a Badia di Ripoli.





Nel febbraio 1972 in paese si fece un gran parlare delle varie sistemazioni possibili per l'illustre compaesano di ritorno e, a seconda delle sensibilità di ognuno, le soluzioni prospettate furono queste:

... alla chiesetta di Santa Maria 
delle Grazie (la cosiddetta
Cappellina) ...



Però i resti del poeta non vennero trasportati qui da noi. E allora quale fu il seguito della vicenda?
Quando uno ti dice spesso ... si, si, si .. vuol dire che cerca il modo per dirti di no. E infatti dopo un certo numero di intoppi, contrattempi e imprevisti i resti del poeta rimasero là dove sono tuttora.
E allora l'Amministrazione di Marradi fece allestire nel cimitero comunale un cenotafio cioè una tomba senza la salma, dove il poeta idealmente riposa in mezzo ai suoi compaesani.


Fonte: Archivio del prof. Antonio Cassigoli, per gentile concessione delle figlie.


domenica 10 aprile 2016

Un corredo di età Romana

Nella necropoli 
di S.Martino
 in Gattara
da un articolo di Giovanna Montanari Bermond (1993)



Panoramica del sito







Nei primi anni Settanta la Sovrintendenza di Bologna iniziò una nuova campagna di scavo nel sepolcreto celtico di S.Martino. Gli scavi erano condotti dall' archeologa Giovanna Montanari Bermond. Ad un certo punto venne scoperta anche una tomba romana di età imperiale, che a rigor di logica non avrebbe dovuto esserci.


Oggi la necropoli di S.Martino si individua solo da questo punto, circondato da una ringhiera di ferro.




L'archeologa la descrisse così, in questo articolo praticamente inedito, perché pubblicato solo nel periodico 
di archeologia OCNUS:



La tomba

"Nell'ottobre del 1970, a est del sepolcreto dell' Età del Ferro, alla distanza di poco più di un metro dallo stesso, si metteva in luce una tomba a cassa (n°42), costruita con mattoni di reimpiego. La cassa era formata da due corsi di mattoni, era alta 0,64m e lunga 1,30m. La chiusura superiore era costituita da una fila di cinque mattoni interi. All'interno furono raccolti pochi frammenti di ossa dello scheletro e alcuni denti che appartenevano a una bambina.
  


Il corredo era composto da un bicchiere di vetro deposto sul lato destro vicino ai piedi e all' altezza del bacino c'era uno spillone d'osso e un cammeo in castone aureo. 

... un bicchiere di vetro ...






Facevano ancora parte del corredo: una collanina di piccole perle di pasta vitrea gialla e blu, un balsamario di vetro, di cui resta solo il collo e una lucernetta a canale aperto. L'oggetto più importante del corredo è un cammeo in castone aureo.

... una collanina di piccole perle ...






ll castone aureo misura 3cm per 2cm ed è formato da una lamina d'oro che riveste tutta la parte posteriore ed è saldata ai lati del cammeo ... è verosimile che il cammeo e i suoi pezzi formassero un braccialetto.
Il cammeo è in calcedonio zonato e vi è scolpito un busto femminile con il volto di profilo a sinistra ... il tipo di pettinatura si trova nei ritratti femminili di età severiana e in particolare ha confronti con le acconciature portate da Iulia Cornelia e Aquilia Severa, mogli dell' imperatore Eliogabalo, la prima fatta assassinare nel 220d.C e la seconda in auge nei suoi ultimi anni di dominio. Il tipo di castone con la cornice di fiori di loto era diffuso nel III secolo d.C e perciò questa è di certo l'età del gioiello.

Gli altri oggetti del corredo funerario sono meno preziosi ma interessanti:

... uno spillone d'osso con la testa a disco bombato, decorato a cerchi concentrici incisi, una collanina a piccoli vaghi di pasta vitrea azzurri e giallognoli. La lucerna a canale aperto anepigrafe è un tipo prodotto alla fine del I secolo dal ceramista Fortis, un modello in produzione fino al III secolo, Per la qualità dell'argilla rossastra usata e il tipo di cottura si può datare il pezzo alla metà del III secolo.
Del balsamario di vetro ci è giunto solo il collo. Completa il corredo un bicchiere di vetro soffiato di forma cilindrica decorato con bolli blu e verdi.


  
Non c'è spiegazione per questi reperti, di età romana, in un cimitero gallico
di diversi secoli prima:

... Resta difficile spiegare la presenza a S.Martino in Gattara, dove mancano notizie di reperti archeologici di età romana, salvo un'iscrizione trovata nei pressi della chiesa e ivi conservata. La presenza di una sepoltura di questo tipo e il castone aureo con un cammeo di particolare raffinatezza ed elementi di ebano, che era un legno di gran pregio, sono indici di un ambente sociale e spirituale di un certo livello di prosperità, che ha consentito la composizione del corredo che avrebbe accompagnato il defunto nell'aldilà, a testimoniare la pietas dei superstiti.


Fonte: Corredo di età romana dalla necropoli di S.Martino in Gattara di Giovanna Bermond Montanari. Dal periodico OCNUS (Bologna) vol.1, 1993

  

lunedì 4 aprile 2016

Nella costellazione del Leone

 Il transito di Giove
 in moto retrogrado
Ricerca di Claudio Mercatali

  

Il Leone è una costellazione dello Zodiaco abbastanza facile da trovare.
Basta tracciare due segmenti dall' Orsa Maggiore nel modo indicato qui sotto e il loro incrocio indica dove dobbiamo arrivare. 
La costellazione rappresenta il leone di Nemèa, una delle tante vittime di Ercole durante le sue dodici fatiche e in effetti  l'insieme di queste stelle in qualche modo disegna la figura di un animale accucciato.

Però la parte anteriore assomiglia anche a una falce o a un punto interrogativo. La stella più brillante è Regolo, o Cor Leonis perché si trova nel petto del leone. Era una stella cara agli antichi: i Persiani la consideravano uno dei quattro guardiani del cielo, assieme ad Aldebaràn del Toro, Fomalhault del Pesce Australe e Antàres dello Scorpione.

Per gli astrologi inglesi era una delle stelle portatrici di fortuna e secondo loro chi nasceva sotto di lei era di stirpe nobile. Che cosa vuol dire nascere sotto una buona stella? Significa nascere quando questa è alta nel cielo, il che per Regolo avviene in aprile. La scienza moderna è più fredda ma anche più precisa: stiamo parlando di una stella bianco – blu, molto calda, 130 volte più luminosa del Sole e 5 volte più grande. Altri due astri meritano qualche attenzione:



1 Denebola, o beta del Leone ha il nome derivato dall’arabo Deneb al asad ossia coda del Leone e infatti si trova dietro.
2  Algieba o Gamma del Leone è una stella doppia gigante. Il nome Al  Jabbah significa la fronte e infatti si trova nella parte anteriore della costellazione e ha una magnitudine apparente di 0,98 cioè è una stella di media luminosità. Dista dalla Terra circa 126 anni luce.

Nel Leone ci sono anche le galassie M65, M66 e NGC 3628 che formano il cosiddetto tripletto. Oggi sono separate ma fra loro c’è un alone di idrogeno che forse è il residuo di uno scontro avvenuto qualche milione di anni fa.

Il Leone è proprio sull’ eclittica, cioè sul percorso dei pianeti e della luna, quindi spesso si vede un pianeta davanti alle sue stelle. Ecco, questo è il punto che ora ci interessa di più, perché nell’ aprile 2016 davanti a questa costellazione sta passando Giove.

Questo pianeta è sempre molto più luminoso delle stelle e quindi non sarà difficile notarlo, anche perché la sua presenza è evidentemente estranea al disegno della costellazione. Giove è in moto retrogrado dai primi di gennaio, e ancora per qualche settimana non procederà nella sua orbita e rimarrà più o meno lì, fisso come una stella. Dal 9 maggio prossimo Giove riprenderà la sua strada, allontanandosi dal Leone.

Il moto retrogrado è un fenomeno che incuriosisce gli appassionati di astronomia. Non siete fra questi? Allora lasciamo perdere le spiegazioni e affidiamoci all'osservazione del cielo:
1) trovate Giove in queste notti di inizio aprile, verso le undici, e vedrete che si sposta poco.
2) ricordatevi di guardare il Leone alla stessa ora ai primi di luglio: le stelle saranno ancora lì ma Giove non ci sarà più.

Secondo gli astrologi il moto retrogrado dei pianeti influisce in negativo sul bioritmo e sull’umore delle persone. In questi ultimi tre mesi vi siete sentiti stanchi e abbacchiati? Se migliorate a partire dal 9 maggio prossimo forse l’astrologia non è una favola.