Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 12 aprile 2017

L'incontro di Regolo


Dino Campana  
incontra un amico
ricerca di Claudio Mercatali

  

Regolo, chi era costui? Dino Campana ne parla nei Canti Orfici in una prosa bellissima.
E' l'amico incontrato in Argentina, emigrante, e poi nel lungomare di Genova, paralizzato e derelitto. Lasciamo che sia il poeta a dire e leggiamo come lo descrisse al dr. Pariani, un medico che fece visita a Campana diverse volte nel manicomio di Castelpulci. Stiamo per entrare in un punto alto e profondo dei Canti Orfici:



"Regolo è uno che andò in Argentina. Si chiamava Regolo Orlandelli, era di Mantova. Lo incontrai in Argentina, a Bahia Blanca. Prima lo avevo conosciuto presso Milano. Viaggiava il mondo. In America aveva un'agenzia di collocamento: a Milano faceva il commercio ambulante.  A Genova lo incontrai per caso, dopo essere stato in Argentina. Credo sia morto; deve essere morto certamente". 




Dai Canti Orfici:

Ci incontrammo nella circonvallazione a mare. La strada era deserta nel calore pomeridiano.  Guardava con occhio abbagliato il mare. Quella faccia, l'occhio strabico!
Si volse: ci riconoscemmo immediatamente. Ci abbracciammo. Come va? Come va?




Pavia, Piazza Grande
ai primi del Novecento
... per la strada di Pavia,
lui scalcagnato, col collettone
alle orecchie!


A braccetto lui voleva condurmi in campagna: poi io lo decisi invece a calare sulla riva del mare. Stesi sui ciottoli della spiaggia seguitavamo le nostre confidenze calmi.
Era tornato d'  America. Tutto pareva naturale e atteso. Ricordavamo l'incontro di quattro anni fa laggiù in America: e il primo, per la strada di Pavia, lui scalcagnato, col collettone alle orecchie!
Ancora il diavolo ci aveva riuniti: per quale perché? Cuori leggeri noi non pensammo a chiedercelo. Parlammo, parlammo, finché sentimmo chiaramente il rumore delle onde che si frangevano sui ciottoli della spiaggia. Alzammo la faccia alla luce cruda del sole. La superficie del mare era tutta abbagliante. Bisognava mangiare. Andiamo!






Genova, la circonvallazione
a mare nel 1913.


... la strada era deserta
nel calore pomeridiano ...



... Stesi sui ciottoli della spiaggia
seguitavamo le nostre
confidenze calmi ...


***
Avevo accettato di partire. Andiamo! Senza entusiasmo e senza esitazione. Andiamo. L'uomo o il viaggio, il resto o l'incidente. Ci sentiamo puri. Mai ci eravamo piegati a sacrificare alla mostruosa assurda ragione.
Il paese natale: quattro giorni di sguattero, pasto di rifiuti tra i miasmi della lavatura grassa. Andiamo!

***
Impestato a più riprese, sifilitico alla fine, bevitore, scialacquatore, con in cuore il demone della novità che lo gettava a colpi di fortuna che gli riuscivano sempre, quella mattina i suoi nervi saturi l'avevano tradito ed era restato per un quarto d'ora paralizzato dalla parte destra, l'occhio strabico fisso sul fenomeno, toccando con mano irritata la parte immota. Si era riavuto, era venuto da me e voleva partire.

***
Ma come partire? La mia pazzia tranquilla quel giorno lo irritava. La paralisi lo aveva esacerbato. Lo osservavo.  Aveva ancora la faccia a destra atona e contratta e sulla guancia destra il solco di una lacrima ma di una lagrima sola, involontaria, caduta dall' occhio restato fisso: voleva partire.

***

Camminavo, camminavo nell' amorfismo della gente. Ogni tanto rivedevo il suo sguardo strabico e fisso sul fenomeno, sulla parte immota che sembrava attrarlo irresistibilmente: vedevo la mano irritata che toccava la parte immota. Ogni fenomeno è di per sé sereno.
  


Genova,
circonvallazione  a mare.

... Camminavo, camminavo
nell'amorfismo della gente.


***
Voleva partire. Mai ci eravamo piegati a sacrificare alla mostruosa assurda ragione e ci lasciammo stringendoci semplicemente la mano: in quel breve gesto noi ci lasciammo, senza accorgercene ci lasciammo: così puri come due iddii noi liberi liberamente ci abbandonammo all' irreparabile.

  
Piazza Corvetto

... ci lasciammo stringendoci semplicemente la mano ...

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