lunedì 21 febbraio 2011

Dal testamento di monsignor Angelo Fabbroni

di Luisa Calderoni

La prima pagina

Il Testamento di Monsignor Angelo Fabbroni è custodito nell’Archivio Storico del Comune di Marradi ed è un corposo manoscritto di 68 pagine di cui, purtroppo, la prima fortemente danneggiata (come si vede qui accanto). Non sono noti quindi né il nome del notaio, né la data in cui fu rogato l’atto. Monsignor Angelo Fabbroni morì a Pisa il 22 Settembre 1803, il suo testamento fu aperto e letto davanti ai testimoni, come si legge nell’ultima pagina dello stesso, in data 14 ottobre 1803. Spicca il fatto che nonostante Angelo avesse undici fratelli, nes­suno di loro è nominato erede universale. Sono citate solo due so­relle: Rosa e Caterina. Rosa viene definita erede usufruttuaria universale di tutti i beni di Angelo. Il vero erede Universale Proprietario risulta essere Alessandro di Felice Fabbroni, suo cugino, seguendo le volontà testamentarie di Giacinta Fabbroni, coniugata con Alessandro Fabbroni e madre di Angelo, che entrerà nel pieno possesso delle proprietà solo dopo la morte dell’erede usufruttuaria Rosa!!

La casa natale di Angelo Fabbroni a Marradi

Non sono note le ragioni per cui Giacinta avrebbe nominato suo erede universale un nipote, es­sendo madre di ben 11 figli. Un’ipotesi probabile potrebbe essere che nessun maschio sia sopravvissuto a lei o abbia avuto eredi maschi, come nel caso di Angelo, uomo di Chiesa. Le prime pa­role leggibili, con riferimento alla Casa Regnante in Toscana all’epoca della stesura del testamento, sono le seguenti:

“….Ferdinando Principe Reale di Ungheria e di Boemia, Duca d’Austria, Decimo Gran Duca di Toscana felicemente regnante. Fatto in Firenze nel Convento di Santa Maria Novella e nel Quar­tiere del Padre Priore ivi presenti il Molto Rev.do Padre Priore … (segue una lista illeggibile di testimoni), il Molto Reverendo Padre F. Vincenzio Sasselli, tutti i Religiosi Professi di detto Convento. Testimoni avuti, chiamati e pregati dall’infrascritto Signor Testa­tore ad udire le cose tutte contenute nel presente suo Testamento ...”

Il busto di Angelo Fabbroni

“Essendo che non vi sia al mondo cosa più sicura della Morte e che all’incontro non si dia maggior incertezza dell’ora il cui ella sia per sopraggiungere, ed essendo cosa da persona saggia e prudente quella di pensare e disporre in tempo opportuno delle proprie sostanze ad oggetto di rimuovere ed impedire le questioni, che potrebbero di poi essere promosse, quindi è che tali cose rivolgendo nell’Animo Suo l’Illustrissimo e Reveren­dissimo Monsignore Cavaliere Angelo del fu Illustrissimo Sig.r Alessandro Fabbroni di Marradi Nobile Patrizio Pistoiese, Attuale Priore della Chiesa Conventuale dei Cavalieri di Santo Stefano Papa e Martire della Città di Pisa, e Provveditore della Università di detta Città, ora che è sano di corpo, mente, senso, vista, udito, loquela ed intelletto, ha risoluto di fare conforme e fece e fa il pre­sente suo ultimo nuncupativo (sic) testamento, che si dice sine scriptis, nel modo e forma che segue cioè ... Qui seguono invocazioni a Dio e disposizioni per il funerale e per le messe da dirsi ...

  • “Per ragione poi di Legato, e per la validità del presente suo testamento lasciò e lascia all’Opera di Santa Maria del Fiore la solita Tassa di Lire Tre, e soldi Dieci piccioli secondo gli Or­dini ...".
  • Interrogato detto Sig. Testatore secondo gli Ordini da me No­taro infrascritto per debito di mio Uffizio, se sia disposto a lasciare cosa alcuna alla Congregazione dei Poveri di San Gio. Battista della Città di Firenze, rispose di non sentirsi disposto di lasciargli cosa al­cuna ...“.
  • “ In Jure legati et omnis detto Signor Testatore lasciò e lascia al suo Cameriere, servitori e Cocchiere che nel giorno della sua morte si troveranno al Suo attuale servizio, Trenta Scudi per una sol volta a ciascheduno di loro che lo avrà servito per dieci anni intieri e scudi dieci parimenti per ciascheduno e per una sol volta a quello o quelli di loro che sarà meno di dieci anni finiti che si troverà al detto suo servizio da pagarsi dette rispettivamente somme dagli infrascritti suoi Signori esecutori testamentari (Jacopo e Giovanni figli di France­sco Domenico Fabbroni, suo cugino, come si legge più avanti nel testamento stesso ), con li De­nari contanti che si troveranno nella sua eredità o in mancanza di detti contanti con li denari da rica­varsi dall’infrascritta vendita de’ sui mobili …“.

Il testamento prosegue con la supplica di Angelo al Granduca di Toscana di poter erigere e fon­dare una Commenda nella religione dei Cavalieri di Santo Stefano, Papa e Martire:

  • “con fondo di dote di scudi Settemila circa e di poter nominare all’Investitura e Successione nella medesima con ordine di primogenitura regolare in primo luogo li figli e descendenti maschi di maschio per linea retta masculina dell’Ill.mo Signor Francesco Domenico del fu Sig.r Iacopo Giu­seppe Fabbroni di Marradi, nobili patrizi pistoiesi, suoi cugini in infinito per infinchè esisterà la li­nea masculina….
  • In secondo luogo e dopo estinta la linea mascolina come sopra del ridetto Signore Francesco Domenico Fabbroni, li figli e descendenti maschi di maschio per linea masculina in infinito dell’Ill.mo Signore Alessandro del Sig.r Felice Fabbroni parimente di Marradi e Nobili Patrizi Pi­stoiesi…
  • Ed in terzo luogo e per dopo estinta la detta linea masculina del detto Signor Alessandro del Signor Felice Fabbroni, li figli e descendenti maschi di maschio per linea retta masculina in infinito del fu Ill.mo Signor Jacopo Filippo Fabbroni parimente di Marradi e Nobili Patrizii Pistoiesi”.

Monsignor Angelo si premunisce anche contro l’eventualità che la sua morte sopravvenga prima dell’effettiva costituzione del fondo dotale della sopracitata Commenda e:

“ ordina e vuole che dagli Infrascritti suoi Signori Esecutori Testamentari sia data piena esecuzione all’erezione e fondazione di detta Commenda dando agli stessi tutte le opportune e ampie facoltà di fare ed operare tutto quello e quanto sarà necessario al detto intento, e di costituire specialmente per fondo dotale della detta Commenda il Podere Luogo detto La Strada di piena proprietà e pertinenza di detto Signor Testatore e situato nel Vicariato di Marradi con tutte le sue giacenze e pertinenze e anco di terre e boschi livellari entro li suoi noti confini, e conforme si trova descritto e vegliante in suo Conto all’Estimo o Catasto di Marradi. Ed eretta e fondata che sia la detta Commenda al pos­sesso e successione nella medesima per dover avere il suo principio subito dopo la morte dell’Infrascritta Sua Signoria Erede usufruttuaria. (… trattasi della sorella) alla quale riserva e ri­servò l’usufrutto ancora di detto Podere della Strada la di lei vita natural durante…”.

“In iure legati et omnis detto Signor Testatore lasciò e lascia all’Illustrissima Signora Aurelia del fu Illustrissimo Signor Cavaliere Benedetto Leonori al presente moglie del sopradetto Signore France­sco Domenico Fabbroni ed ai di lei signori figli maschi, tutti li quadri e tutte le stampe di sua perti­nenza che al tempo di esso Signor Testatore si troveranno nelle due case di sua abitazione nelle città di Pisa e di Firenze , eccettuato il quadro rappresentante S.Giuseppe e la Beatissima Vergine che sta nella stanza da letto nella casa di sua abitazione in Pisa, quale ordina e vuole che sia consegnato al Convento e Monache della Santissima Nunziata di Marradi per doversi decentemente collocare nella loro Chiesa , eccettuato ancora il quadro rappresentante San Girolamo che medita la morte, esistente nella stanza da Cammino nella casa di sua abitazione in Pisa , quale lasciò e lascia al Si­gnor Conte Senatore Orlando Del Benino nel caso che detto Signor Testatore premora a lui ed ec­cettuati altresì due altri quadri a piacimento degli infrascritti Esecutori Testamentari …“.

Monsignor Fabbroni ordina poi che alla sua morte gli esecutori testamentari facciano un inven­tario di tutti i suoi mobili ed utensili di qualunque genere, degli ori e degli argenti, gioie e pietre preziose presenti nelle due case di Pisa e Firenze, come dei cavalli, carrozze e scuderia, di tutti i libri eccettuati i libri legali, e che tutto sia venduto e:

“dal ritratto di esse unitamente con li denari contanti e crediti che si troverà avere detto Signor Te­statore dopo detratto l’importare del legato fatto come sopra al suo cameriere e servitori, si formi uno o più reinvestimenti cauti e sicuri ….”.

Con le rendite di tali investimenti e altri avanzi derivanti da altri suoi averi personali indipen­dentemente dai beni derivanti dal patrimonio paterno posseduto in Romagna, Monsignor Fab­broni ordina le seguenti erogazioni:

  • "Scudi dieci di Paoli dieci per scudo si eroghino ogni anno in perpetuo nella celebrazione di un Uffizio di Messe nella Chiesa delle Reverende Monache di Marradi in suffragio dell’anima sua e dei suoi defunti”. Le pubblicazioni di Angelo Fabbroni erano molto eleganti. Questa è un'illustrazione della Dissertazione sulle statue appartenenti alla favola di Niobe. Stamperia Moucke, Firenze, 1789.

I libri di Angelo Fabbroni erano eleganti. Questa è un' illustrazione della Dissertazione sulle statue appartenenti alla favola di Niobe, stamperia Moucke, Firenze 1789

"Altri scudi sei simili di Paoli dieci per scudo si diano parimente ogni anno in perpetuo alle dette reverende Monache di Marradi per doversi dalle medesime erogare nelle spese occorrenti per l’esposizione del Santissimo Sacramento nella santa funzione delle Quarantore”. “Altri scudi centoventi di lire sette per scudo ogni anno per l’educazione in qualche con­vento di Religiose esistente in Toscana di tre ragazze delle famiglie del Signor Alessandro di Felice Fabbroni, dei Signori fratelli Dottor Cesare ed Avvocato Raffaello del fu Signore Auditore Ludo­vico Fabbrini e del Signor Francesco Domenico Fabbroni e dei loro rispettivi descendenti ... dagli anni dieci fino all’età di anni ventuno finiti per dar luogo ad altre ragazze delle dette famiglie a po­ter conseguire e godere di detto sussidio…”.

“E dopo il mantenimento di dette tre ragazze nella detta somma in tutto di centoventi scudi si eroghino di dette annue entrate altri scudi centocinquanta di lire sette per scudo nel mantenimento in qualche Seminario, Collegio, Università o Studio Pubblico di tre giovani delle sopraddette tre famiglie (…) che siino di età non minore di anni dodici compiuti fino agli anni ventuno finiti e non più oltre per dare luogo ad altri giovani di poter conseguire e profittare di detto annuo sussidio...”.

Seguono dettagliate istruzioni per l’utilizzazione di questo sussidio anche nel caso in cui si estin­guessero tutte e tre le soprascritte famiglie. Il Fabbroni auspica che dai reinvestimenti scaturisca anche la cifra di scudi milleduecento di lire sette da pagarsi per una sol volta ai fratelli Cesare e Raffaello Fabbrini suoi nipoti, essendo figli della sorella Caterina coniugata con Ludovico Fab­brini. Se poi avanzasse ancora qualcosa, il Fabbroni ordina di far un reivestimento sicuro i cui frutti vengano distribuiti:

“in tante doti da conferirsi ogni anno alle fanciulle nubili delle dette tre famiglie del Signor Ales­sandro del Signor Felice Fabbroni, dei detti Signori Fratelli Fabbrini e del Signor Francesco Dome­nico Fabbroni, e in mancanza parimente di queste, vuole che si diano a delle povere e miserabili zittelle delle due Cure di San Lorenzo di Marradi e di Santa Maria a Popolano, che siano in età nu­bile ( …) e stabilisce che la dote per le fanciulle nobili sia di scudi cinquanta di lire sette e quella per le fanciulle povere di scudi trenta sia nel caso di matrimonio Spirituale quanto nel caso di ma­trimonio temporale”.

Il testamento affronta ora gli aspetti più corposi dell’eredità. Non son chiare le ragioni per cui Monsignor Angiolo parli:

“dell’infrascritta sua Signora Erede Usufruttuaria “ dalla cui rendita usufruttuaria, finché vive, è te­nuta a pagare ogni anno scudi Sessanta di lire sette per scudo alla sorella Caterina Fabbroni vedova di Ludovico Fabbrini” .

Il podere La Strada

Nel caso in cui tale signora erede usufruttuaria deceda, cessa anche il legato di sessanta scudi a favore di Caterina, ma Angelo:

  • “Vuole, ordina e grava l’infrascritto suo erede Universale Proprietario di cedere e far cedere alla medesima Signora Caterina a di lei vita naturale durante solamente l’abitazione e l’uso di tutta la sua casa paterna che di presente abita in Marradi col suo Signor Padre, e con gli altri di sua fami­glia …“.
  • In Jure legati et omnis detto Signor testatore ordina e vuole che dall’infrascritto suo signore erede Proprietario quando verrà il caso che …possa entrare nel libero e intero possesso della sua eredità , siano pagati per una sola volta scudi mille e dugento alli signori fratelli Dottor Cesare ed Avvocato Raffaello Fabbrini qualora però li medesimi non avessero già conseguita detta somma…”

E qui Angelo fa riferimento al testamento della defunta madre Giacinta Fabbroni, cioè nonna dei fratelli Fabbrini in quanto madre di Caterina, pretendendo dai fratelli Fabbrini la rinuncia ad ogni pretensione sul testamento della nonna in cambio del lascito di mille e duecento scudi, come da disposizioni testamentarie della nonna stessa.

“In tutti poi gli altri suoi beni stabili, mobili, semoventi, azioni e ra­gioni, che il detto Signor Testatore ha e possiede in Romagna perve­nutili dall’eredità paterna, materna, fraterna o da altre eredità e che son nel Vicariato di Marradi e nella Potesteria di Palazzuolo ed in ogni altra cosa che al medesimo spetti, ed appartenga, Sua Erede Usufruttuaria Universale fece, instituì, e colla propria bocca nominò e nomina l’Illustrissima Signora Rosa Fabbroni, sua amatissima so­rella Germana a di lei vita naturale durante solamente e non più oltre, comprese in detto usufrutto ancora l’entrata annua del sopraddetto Podere della Strada finché detta Signora erede usufruttuaria natural­mente vivrà, con obbligo però alla medesima espressamente ingiunto di soddisfare col detto usu­frutto annualmente e infin che vivrà all’annuo legato dei scudi settanta lasciato come sopra alla Si­gnora Caterina Fabbroni vedova Fabbrini, loro comune sorella, assolvendola dalla confezione di qualunque inventario e dal dover render conto in alcuna maniera all’infrascritto suo Erede Proprie­tario, e specialmente delle grasce di qualunque sorte, biancheria, altri utensili e mobili di qualunque sorte esistenti in detta sua eredità …“.

La copertina del testamento conservato nell'archivio storico di Marradi

“E fermi stanti tutti e singoli li soprascritti legati, disposizioni, dichiarazioni ed usufrutto Suo Erede Universale Proprietario dei detti beni, escluso solamente il Podere della Strada destinato già Fondo Dotale della sopraddetta commenda , fece, fa e istituì ed istituisce e colla propria bocca nominò e nomina l’Illustrissimo Signore Alessandro del Signore Felice Fabbroni, suo cugino con obbligo al medesimo subito che dopo riconsolidato l’usufrutto alla proprietà sarà entrato nel pieno e assoluto possesso di detta sua eredità di cedere alla sopraddetta Signora Caterina Fabbroni, vedova Fabbrini, e sorella di esso Signor Testatore, e per in finchè la medesima naturalmente vivrà l’abitazione e l’uso di tutta la sopraddetta sua casa paterna che di presente abita, posta in Marradi, e contigua alla casa del Signor Carlo Antonio Torriani, e di soddisfare al soprascritto legato dei scudi mille e du­gento di lire sette per scudo moneta fiorentina fatto a favore dei sopradetti Signori Fratelli Fabbrini … perchè è precisa volontà ed intenzione di esso Signor Testatore che tutti e singoli legati siano interamente e scrupolosamente eseguiti nel modo e forma da esso ordinata ...”.

Monsignor Fabbroni precisa poi che l’erede universale Alessandro di Felice Fabbroni nel caso in cui dovesse avanzare pretese diverse, verrebbe diseredato il favore di Jacopo e Giovanni, fra­telli e figli di Francesco Domenico Fabbroni di Marradi, esecutori testamentari. Inoltre vuole che il Cavalier Luca del fu Signor Alessandro Fabbroni di Marradi ed Avvocato Gaetano Luigi del fu Jacopo Giuseppe Fabbroni di Marradi implorino Sua Altezza Reale affinchè tutte le sue volontà testamentarie siano eseguite e lascia agli esecutori testamentari un quadro ciascuno da scegliersi tra quelli presenti nella sua casa di Pisa. Lascia inoltre al Cavalier Luca Fabbroni venti once d’argento e all’avvocato Gaetano Luigi Fabbroni tutti i libri legali, tutti i manoscritti e una copia di tutte le opere da lui scritte.

“ E questa detto Signor Testatore disse e asserì esser stata e voler che sia la sua ultima disposizione e Testamento (…) cassando e annullando ogni altra disposizione che fino ad ora avesse fatta, e spe­cialmente il testamento fatto da esso in Firenze e rogato per mano di Ser Arcangelo Cappucci No­taro Pubblico Fiorentino, sotto suo vero giorno, ed anno…”.

Seguono le firme dei testimoni presenti all’apertura:

Ragazzi Giovanni . Ego hoc subscripsi

Ego Franciscus Philippe filius Predellini I.V.D Civis …

in fide subscripsi pro laude Dei

Joannis Joseph de … in die 14 ottobris 1803

BIbliografia: Documenti dell'Archivio storico del Comune di Marradi

S.Maria ad nives


La chiesa di Albero,

un antico borgo di pastori
nel comune di Marradi
di Claudio Mercatali

La chiesa e la canonica

S.Maria ad nives (alle nevi) è il nome delicato della chiesina di Albero, piccolo borgo nel comune di Marradi. Per chi non lo sapesse siamo nella valletta del fosso di Scheta di Voltàlto, laterale della valle di Campigno, che già di per sé è abbastanza isolata. Dunque ci troviamo nel cuore dell’ appennino, in un posto in cui si arriva se ci si va apposta, perché la strada finisce qui, proprio di fronte alla chiesa. Il sito è antico, in mezzo a vasti prati nei quali un tempo pascolavano le greggi. Da qui i pastori transumavano verso Borgo Montone, alle porte di Ravenna, al contrario dei pastori di Campigno che in prevalenza andavano a Roccastrada, in Maremma.
Santa Maria ad Nives quindici anni fa venne sconsacrata, perché Albero è un paesino che ha quattro residenti e si rianima un po’ solo d’estate. La chiesa non è artistica ed è bruttina, però ispira simpatia.

Il paesino di Albero nel 1833
(carta del catasto

del granduca Leopoldo).
Oggi è ancora così.


La Curia faentina ha intenzione di venderla e lo farà quando saranno deceduti gli ultimi che qui ricevettero i Sacramenti, secondo l’uso che la Chiesa segue in questi casi. Questo dal punto di vista ecclesiastico è giusto, perché una chiesa muore quando non ha più fedeli, però dal punto di vista umano è abbastanza triste e speriamo che non succeda.
L’ultimo parroco che abitò nella canonica di Albero fu don Domenico Neri, don Mengone per i suoi parrocchiani. Personaggio assai insolito, era una specie di don Abbondio di cui è rimasto un ricordo fatto di episodi gustosi:

  • ... Alle prediche diceva spesso che “… il Signore è come l’allocco, lui vi vede e voi no” (l’allocco è un uccellino, non molto vispo, che si nasconde nella chioma degli alberi e si mimetizza bene).
  • ... Fumava la pipa e un giorno, mentre sonnecchiava in groppa al mulo che lo portava a casa, gli cadde dalla bocca e andò a finire fra la sella e la pelle dell’animale. La povera bestia, scottata, prese la rincorsa con il prete in groppa e i contadini del podere di Guiàttola lo videro passare dall’aia che urlava: “… e gévle, e gévle …” (il diavolo … il diavolo).
  • ... Don Domenico, nei festivi saliva a Val della Meda per dire messa. I contadini di quel sito e soprattutto il marchese Matteucci, proprietario della fattoria, non scendevano ad Albero, perché era troppo lontano. A volte partiva il sabato e pernottava alla fattoria, per giocare a carte con il marchese a veglia. Una domenica, avendo alzato il gomito un po’ troppo la sera prima, durante la predica fece confusione e parlò anche della cricca di coppe e il marchese non mancò poi di prenderlo in giro, con un certo numero di battute sul chianti, il sangiovese e il vin santo.

La parrocchia nel 1833 contava 216 anime e più o meno è rimasta uguale per un secolo. Poi è cominciato lo spopolamento, lento negli anni Trenta e rapidissimo negli anni Cinquanta.
Qui durante la Prima guerra mondiale ci fu almeno un lutto in ogni famiglia. Questi poveri pastori contavano poco ed era la gente giusta da mandare al macello nelle trincee. Nella lapide sulla facciata della chiesa si legge che partirono in sessanta e tornarono in quarantotto, per metà invalidi o menomati.

L’inverno è una buona stagione per girare in questi posti, specialmente se c’è la neve e in una bella giornata di sole, però bisogna essere ben allenati. Un trekking può essere piacevole anche in primavera, se si ha voglia di fare una dozzina di chilometri a piedi. Si parte da Marradi e si va a Biforco (2 km), si prende per Campigno e dopo tre chilometri si incontra il bivio per Albero. La strada è asfaltata e comoda (1,5 km). Poi si può salire fino a Trebbo di Val dla Méda (altri 2 km) come faceva don Mengone, lungo un sentiero in cui c’è da sudare un po’ e da qui scendere a Marradi (5 km) lungo la strada asfaltata che passa dalla Badia del Borgo, una chiesa antica, che fu dei frati vallombrosani, con un bel campanile romanico, tutto il contrario di S.Maria.




La strada d'accesso al paese

LÒM a MERZ 2011 a POPOLANO

211



Marradi febbraio 2011
LÒM a MERZ 2011
A POPOLANO LA SERA DEL 28 FEBBRAIO TUTTI ASPETTANO TRE EVENTI:
clemenza del tempo, un’ottima polenta e l’estrazione della grande LOTTERIA.
Programma: all’imbrunire (18 – 18.30): accensione del falò, segue polenta ed estrazione

“Natura deficit, fortuna mutatur, Deus omnia cernit”: questa bella frase che si ritiene fosse incisa dentro un anello dell’imperatore Adriano, sintetizza la lettera e lo spirito del “LÒM a MERZ” di quest’anno. Infatti la natura, nel senso della meteorologia, potrebbe ma non deve tradirci, la fortuna è volubile, ma ognuno di noi spera che ci sia amica e su tutto c’è Chi guarda e giudica.
L’ultima sera di febbraio, lunedì prossimo per intenderci, a Popolano il tradizionale falò del lume a marzo sarà seguito da una buona (ma non cara) polenta e dall’attesissima estrazione della grande lotteria, organizzata dalla diocesi per raccogliere fondi necessari a continuare i lavori di ristrutturazione della canonica parrocchiale.
Ecco spiegato l’incipit dell’articolo e, in questo caso, una frase solenne e antica non guasta: i riti propiziatori per tempo bello e buona sorte, se scritti in latino, sono più efficaci.
Tutta la vallata del Lamone ormai conosce questa ricca lotteria perché molti volonterosi attivisti hanno battuto il territorio per piazzare migliaia di biglietti e l’azione continuerà fino alla sera dell’estrazione per tentare di raggiungere il “totale venduto”. Sarà una gara dura ma stimolante e divertente perché le risposte di chi si vede offrire i biglietti sono sempre più fantasiose e restrittive: -me li ha già dati Carlo-; -proprio ieri è passata Maria e ne ho comprati 10-; -ne ho già 40!-; -ne ho 2 dal mese scorso-, -ma 2 sono pochi-, -saranno pure pochi, però se tutti ne comprassero 2 a testa si fa presto a venderne 10.000-.
In questa gara di ruspanti battitori liberi si sono distinti i grandi venditori con mezzo migliaio di biglietti piazzati da Faenza a Firenze e da Verghereto a Castiglion dei Pepoli, i medi e i piccoli venditori, da 400 a 100 biglietti, per finire ai non-venditori che, pur di non riportare i blocchetti interi ne hanno comprati una buona parte per loro stessi ed ora sperano vivamente di essere baciati dalla fortuna per tanto generoso masochismo.
Chi spera nella fortuna sogna già un bel viaggio a Praga per respirare l’aria romantica e multiculturale della città di Keplero, Dvorak, Kafka e Zatopek o di riposarsi per sette giorni sul Garda o a Palinuro. È facile capire che i premi sono sostanziosi e numerosi, quindi chi acquista gli ultimi biglietti ha il vantaggio di attendere la fortuna solo pochi giorni o, addirittura un paio d’ore; come è noto l’attesa logora più del potere.
Chi ha organizzato la festa, da vari giorni visita i siti meteo, legge le previsioni tradizional-astronomiche di Frate Indovino e trova sempre dei responsi favorevoli. Chi scrive percorre la strada probabilistico-scaramantica: da almeno tre anni abbiamo avuto inverni come quelli di una volta e, in particolare, negli ultimi 4 mesi abbiamo avuto solo pioggia, neve, freddo, nebbia e galaverna quindi il 28 prossimo deve essere bello e mite.
È chiaro che il veggente meteorologico scruta il futuro ma ha l’animus del politico che, secondo Churchill, è colui che fa previsioni e poi riesce a spiegare sempre perché non si sono avverate.
Ovviamente stiamo giocando sul tempo e col tempo, sulla fortuna e con la fortuna, ma sappiamo bene che lo spirito del “lòm a merz” è quello di ritrovarci per il bene della parrocchia (quest’anno ancor di più), per mantenere viva una bella e significativa tradizione e far gustare a tutti i convenuti, che speriamo siano tantissimi, la blasonata polenta di Popolano, di sapore intenso ed a prezzo modico e così, in conclusione, abbiamo giocato anche sulla polenta e per la polenta.
Antonio Moffa

PS:Quest'articolo è stato scritto per "il Piccolo" di Faenza n.7 di venerdì 25 febbraio 2011