Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

sabato 18 dicembre 2021

La Valle Acerreta prima dell'anno Mille

Il popolamento 
nei secoli più remoti 
Ricerca di Claudio Mercatali

Lutirano visto 
da Pian di Lazzaro
(confine con Tredozio)


Questa valle isolata o un po’ in disparte ha una storia antica. Le vicende sono più o meno le stesse avvenute nelle valli vicine, ma qui per una fortunata serie di circostanze i fatti sono documentabili. Non ci credete? Vediamo che cosa successe prima dell’anno Mille.

 I Galli

L’ottima resa agraria favorì l’insediamento dei Galli già due o tre secoli avanti Cristo. Lo sappiamo perché sono rimasti i nomi di Galliata o Galligata e Galliana, due fattorie ancora oggi attive che si estendono sul Monte Budrialto, fino al crinale con la valle del Lamone e oltre. Budrio o botro è una parola celtica, presente in diversi siti della Romagna, che significa con molti fossi o scoli d’acqua. La pendice comincia dalla fattoria di Bedronico. Anche questa è una parola celtica di sicura origine, derivata dalla radice bedo, canale. Infatti sotto Bedronico c’è il Molino Bedronico, che aveva un canale di adduzione molto lungo.

La stessa radice c'è nel nome Abeto, Abìd in romagnolo, che difficilmente può essere il nome della pianta, perché di abeti qui non ce ne sono (siamo a 300m slm e queste piante proliferano molto più in alto).  Però c’è il molino di Cà d’zò (Casa di sotto) che aveva un doppio canale, dalla Acerreta e dal fosso laterale di Stagnana. Al confine con Modigliana, nei pressi della chiesa di Santa Reparata nel 200 a.C. forse fu combattuta una feroce battaglia fra i Galli e i Romani. La descrive lo storico romano Tito Livio, nel Libro XXI della sua Ab Urbe còndita (storia di Roma dalla sua fondazione). Leggiamo che cosa dice:

Il destino dei Galli era la sottomissione a Roma ma sempre Tito Livio nel Libro XXXIII scrive che nel 195 a.C. una coorte romana, giunta a Modigliana dal Passo del Trebbio, bloccata dai Galli all’inizio della valledo dovette tornare indietro. Dunque anche qui come a San Martino in Gattara è documentata la presenza di questa popolazione celtica.


 

I Romani

Dopo la sottomissione dei Galli arrivarono i coloni Romani e i due popoli si assimilarono. Ai tempi di Augusto la valle era un ricco comprensorio agricolo della regione Aemilia. L’imperatore assegnò, come altrove, molte terre ai suoi legionari reduci dalle battaglie, secondo il motto Vir bonus colendi peritus (l’uomo valido è esperto di coltivazioni). 




I poderi Taverna, Pruneta, Senzano di sotto, Vello, Bovignana, Vossemole, vicini a Lutirano, erano coltivati anche allora, perché durante gli scavi del metanodotto detto algerino dai campi affiorarono i resti di case coloniche di quei secoli, e i reperti sono conservati al Museo delle Genti della montagna di Palazzuolo.

 


I Longobardi

Tutto passa e dopo la fine dell’ Impero nel territorio di Marradi arrivarono i Longobardi. Questi germani, rudi guerrieri, cacciatori e allevatori di pecore e maiali non vennero per predare ma per risiedere. Abitarono la valle Acerreta dal 600 al 900 d.C. prima in posizione dominante e poi in assimilazione con gli indigeni.  Di loro non rimane quasi niente, perché non avevano una lingua scritta e una cultura da tramandare. Però qualche eco si sente nella radice germanica di certe parole: il nome del podere Pizzafrù si spiega solo con spitz, vetta, e così Linsetola da linse, lenticchia, Le ghialde da Gli Aldi, i vecchi, Borgo di sopra e di sotto, da burg, posto sorvegliato, Rè ed corniόla da korn, grano, Rio Faggeto da Cafaggio, ossia riserva di caccia. Anche i nomi di certi monti danno una traccia: Poggio Dorneta, da dorn, spina, Il Viglio, da wild, selvatico, e forse il Monte Solistra da hirsch, cervo. Poi ci sono due dei sette Gattoleti del comune di Marradi, da watha, posto di osservazione e le chiese di Abeto e Trebbana dedicate a san Michele, l’ arcangelo con la spada caro ai Longobardi. Altre tre sono alla Maestà di Piaiano, a Grisigliano e a Tredozio, che sono qui vicino.

Dunque è probabile che alcuni clan di Longobardi dopo la fine disastrosa del loro regno in Italia siano rimasti autonomi in questa valle per un paio di generazioni in più rispetto ad altri posti. Se le cose andarono così si venne a ripetere nel Medioevo quello che era successo al tempo dei Galli, ossia l’isolamento del sito consentì il permanere di certe identità un po’ più a lungo rispetto a quelle ormai prevalenti.



Nel nono secolo l’assimilazione era compiuta e la valle era quasi tutta sotto il controllo dell’ episcopo (il vescovo) di Faenza. Lo sappiamo da lui stesso, che nell’ anno 823 si lamentò con il futuro imperatore Lotario, in transito verso Roma, dove fu incoronato. Era successo che Tigrimo di Modigliana, uno dei primi conti Guidi, di probabile discendenza tedesca, si era appropriato delle terre di Lutirano e Valle Acerreta (oggi Badia della valle). 






Lo storico faentino Agostino Tolosano, nel suo Chronicon del XIII secolo ci dice che Lotario emise un bando e restituì le terre al vescovo. E’ possibile che da questo fatto derivi il nome di Lutirano, inteso come sito Lotariano, ossia regolato da Lotario. Però non ci sono altri elementi a conferma di questa ipotesi.


I frati eremiti

Nell’anno Mille l’alta valle era sede di diverse comunità di monaci. In particolare San Pier Damiani nel 1056 fondò l’Eremo di Gamogna e il cenobio di Badia della Valle. Infatti secondo la sua Regola la vita spirituale del monaco era compiuta se ad un periodo di vita comunitaria, cenobitica, si alternava un periodo di vita eremitica.

Così siamo arrivati al nostro traguardo, però nei secoli seguenti sono successe altre cose: nel Trecento forse al Passo della Collina nacque il beato Giovanni da Vespignano, nel Quattrocento forse arrivarono i fiorentini  della fallita Congiura dei Pazzi, in fuga da Firenze dopo l’attentato a Lorenzo il Magnifico, nel Cinquecento forse alla fattoria di Pian di Sotto aprì una delle prime filande di seta del Comune di Marradi e forse ci sarà una prossima ricerca per tutto questo.


Per ampliare


I Galli Boi qui da noi
25 gennaio 2019   Un trekking indietro nel tempo
21 gennaio 2020   Da Rugginara a Modigliana per una via antica 
29 agosto 2020   Un trekking con i Longobardi
30 ottobre 2020   Un sito dove forse nacque un santo

Nel Tematico del Blog alla voce Comunità di Lutirano ci sono diversi altri articoli 



domenica 12 dicembre 2021

La chiesa dov'è sepolto Rocco Guerrini

Dai documenti di Sabine Müller
Sintesi di Claudio Mercatali



Rocco Guerrini (Marradi 1525 – Spandau 1596) fu un noto architetto progettista di fortezze a pianta stellata, tipiche del Cinquecento. Le vicende della sua vita lo portarono in Francia e poi in Germania, dove si stabilì a Spandau, vicino a Berlino e non tornò più in Italia. Fu conte e capostipite del ramo tedesco dei Guerrini, con il titolo Graf zu Lynar. La sua vita è stata descritta diverse volte qui sul Blog ed è negli articoli dell' archivio tematico alla voce I Marradesi del Cinquecento.

Perché parlarne ancora? Il fatto è che di recente ha scritto alla Biblioteca di Marradi Sabine Müller che cura l'organizzazione della chiesa evangelica di San Nicola, a Spandau dov'è sepolto Rocco e lavora allo Spandovia Museum. Ci ha ricordato che quest' anno ricorre il 425° anniversario della morte e ha scritto questo articolo nel Periodico della sua parrocchia:


Daniel Friedrich Schulze (1739-1811) parroco della chiesa San Nicola e cronista di Spandau riporta: „Verso la metá dell’anno 1596 la salute del conte Rochus, di solito molto solida, cominció a vacillare; il suo stomaco diventó molto debole; gli venne un catarro molto forte e stati di soffocamento frequenti, di notte non aveva pace. Queste debolezze aumentarono nelle ultime sette settimane e ricevette la Comunione (per i Cattolici l’estrema unzione) con molta adorazione poco prima della sua morte. Si addormentó di mattina alle 8:00 il 22 dicembre 1596, solo tre giorni prima del suo 71° compleanno.“

Rocco Guerrini, questo il nome del famoso costruttore (fra l’altro della cittadella di Spandau) fu sepolto il 4 gennaio 1597 sotto l’altare donato da lui e sua moglie nella chiesa di San Nicola vicino a Spandau. Fra le persone presenti alla cerimonia funebre si trovava anche il conte Johann Sigismund cosí come tutte le nobili donne del Brandenburgo. Per Spandau fu una delle piú importanti cerimonie della fine del XVI° Secolo. Quante volte ho raccontato durante le visite della chiesa la vita movimentata di quest’uomo! Questo non sará ripetuto in questa occasione. Nel 425° Anniversario della sua morte preferisco parlare del suo paese di nascita.

Rocco Guerrini é nato il 24 dicembre 1525 a Marradi (Toscana). I suoi genitori erano Lucrezia di Banderelli e Gianbattista Guerrini, generale agli ordini dell’imperatore Carlo V. La famiglia ha abitato nel castello Linari al limite fra Toscana e Romagna fino alla sua distruzione a metá del XIV° Secolo. I suoi abitanti erano i conti di Linari. Sulla proprietá, che ancora porta il nome Linato, fu poi costuita una casa moderna. Quando nel 1360 fu distrutto il castello la famiglia si trasferí a Marradi. Agli inizi del XV° Secolo per ragioni non note la famiglia rinunció al titolo di conte usando il cognome Guerrini. Solo Rocco (o Rochus) riprese il titolo.




In breve, Marradi é ben degna di una visita! Attualmente ha 3000 abitanti. Si trova nella valle romantica del Lamone, sul tratto della leggendaria linea ferroviaria faentina che unisce Firenze a Faenza e attraversa 47 tunnel e 167 ponti. I ripidi monti intorno invitano a fare gite: a piedi, con la bici o a cavallo. Una specialitá culinaria della zona sono le castagne del Mugello, dalle quali si produce farina da pane. 




Nonostante la posizione fra i monti il posto é molto urbano: strade larghe, grandi chiese, palazzi signorili e perfino un teatro. Una piccola piazza con una fontana ricorda la famiglia Guerrini.

Contrariamente a Rocco che lasció da giovane la regione, suo fratello Gabriello e i suoi discendenti rimasero in Toscana. La famiglia Guerrini nel 1621 comprò il castello di Lübbenau nella foresta dello Spree. Esattamente 425 anni dopo, oggi, è un hotel. Ma questa é un’altra storia.

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Sabine dice queste cose perché nel 2018 in occasione di un viaggio in Italia è stata a Marradi, per vedere il paese natale di Rocco Guerrini e ha fatto un tour nel Comune fino a Linari (oggi Linato) podere della valle Acerreta d'origine della famiglia, accompagnata dalla maestra Annamaria Scheda, presso la quale alloggiava a Popolano.





Sabine ci dice che la chiesa di San Nicola in Spandau ha una tomba di famiglia in una cripta dietro all' altare maggiore, dov'è sepolto il Nostro. 
Sull' altare che fu un dono suo ci sono delle tavole a stucco in cui compare lui medesimo con i figli e anche la moglie con le figlie. Lasciamo che sia ancora Sabine a dire:





Historisches


Unser Altar entstand zur Zeit der Renaissance auf Grund einer Stiftung des Grafen Rochus Guerini zu Lynar (1525–1596). Lynar war ursprünglich italienischer Katholik. Seine Vorfahren lassen sich bis ins 9. Jh. zurückverfolgen. Der Vater, Nachkomme der Reichsgrafen Guerini und Herr der Grafschaft Lynari in Oberitalien, war aus Blutrache vergiftet worden. 

Der Sohn war daraufhin geflohen und in Frankreich Festungsbaumeister geworden und dabei bis zum Generalinspekteur sämtlicher französischer Festungen aufgestiegen. Weil er inzwischen Protestant geworden war, musste er zur Zeit der Hugenottenverfolgungen (Bartholomäusnacht 1572) aus Frankreich fliehen. Er kam in verschiedene deutsche Territorialfürstentümer: In der Pfalz baute er das Heidelberger Schloss, für den Kurfürsten von Sachsen befestigte er die Residenzstadt Dresden und baute das Jagdschloss Augustusburg bei Chemnitz.
Auf Grund dieser Leistungen wurde er vom Kurfürsten Johann Georg von Brandenburg vor allem für die Planung und den Bau der Spandauer Zitadelle verpflichtet. Später wirkte er auch bei der Errichtung des Berliner Stadtschlosses mit. Von dem reichlichen Lohn kaufte Lynar in Spandau eine Reihe von Grundstücken, auf denen er sich ein eigenes „Stadtschloss“ errichtete.
In dieser Zeit stiftete der Graf St. Nikolai einen Altar mit einer darunter eingerichteten Begräbnisstätte für sich und seine Familie. Beides ist bis heute erhalten. Zu katholischer Zeit (vor 1539) hatte St. Nikolai 12 Altäre. Der Lynar-Altar wurde am 22. Oktober 1582 geweiht. Während des 2. Weltkrieges war er zum Schutz eingemauert.

La storia (traduzione)

Il nostro altare fu costruito durante il Rinascimento con una donazione del conte Rochus Guerrini zu Lynar. Il padre, discendente del conte Guerrini e signore della contea di Lynari nell' Italia settentrionale, era stato avvelenato per vendetta di sangue. Il figlio fuggì e divenne un costruttore di fortezze in Francia, ispettore generale di tutte le fortezze francesi. Poiché nel frattempo era diventato protestante, dovette fuggire dalla Francia al tempo della persecuzione degli Ugonotti (Notte di Bartolomeo 1572). Lavorò in vari principati tedeschi: costruì il castello di Heidelberg nel Palatinato, fortificò la sede reale di Dresda per l'Elettore di Sassonia e costruì il casino di caccia di Augustusburg vicino a Chemnitz. Per questi risultati fu assunto dall' elettore Johann Georg von Brandenburg soprattutto per progettare e costruire la cittadella di Spandau. In seguito lavorò anche alla costruzione del Palazzo della Città di Berlino. Con il generoso salario, Lynar acquistò una serie di proprietà a Spandau, sulle quali costruì il suo palazzo cittadino.
Durante questo periodo, il conte donò alla chiesa di San Nicola un altare con sepoltura sottostante per sé e la sua famiglia. Entrambi sono stati conservati fino ad oggi. Durante il periodo cattolico (prima del 1539) la chiesa di San Nicola aveva 12 altari. L'altare di Lynar fu consacrato il 22 ottobre 1582. Fu murato per protezione durante la seconda guerra mondiale.

L'altare è ricco di immagini bibliche e raffigura la famiglia Guerrini. Le pale d'altare sono dei trittici con le parti laterali larghe la metà di quella centrale e orientate in avanti. Attorno ai bassorilievi ci sono delle decorazioni d'oro con teste umane e leonine (22-25).





Il terzo livello è diviso in tre piani. Nel primo ci sono due putti (n°6, 7) seduti accanto al globo tra lo scheletro e il drago, cioè la morte e il diavolo (n°5). Sopra c'è l'Arca dell' Alleanza (n°4) con il bastone di Aronne, una verga dotata di poteri miracolosi (n°3). In cima c'è Cristo in croce (n°2) sotto una colomba (Spirito Santo). Una corona rende chiaro che Cristo in croce è il re del mondo (n°1). Questa successione simboleggia tre fasi della storia del mondo: il tempo pagano con il dominio della morte e del diavolo (n°5), poi l'ebraismo (n°3, 4) e infine il trionfo della fede cristiana (n°1,2).

Al secondo livello, ci sono le figure Fides (n°9) e Caritas (n°10) e due putti reggono gli stemmi dei coniugi Lynar (n°11, 12). Al centro c'è il Giudizio Universale (n°8) con la separazione dei beati dai dannati. L'angelo dell' Apocalisse dice con l'indice alzato che d'ora in poi non ci sarà più il tempo (è l'alba dell' eternità). A sinistra il Grim Reaper (la morte con la falce) spinge i dannati verso il fuoco infernale. Quattro angeli volano sulla scena e due suonano le trombe del Giudizio. Cristo sull' arcobaleno ha alzato la mano destra.

Al primo livello c'è l'immagine dell' Ultima Cena (n°13): Gesù e i dodici discepoli sono seduti. Il discepolo alla sua destra ha il volto di Martin Lutero, quello alla sua sinistra di Melantone (era un teologo tedesco). Di fronte siede Giuda, che con la mano sinistra alzata giura fedeltà a Gesù anche se lo ha già tradito e nasconde dietro la schiena la borsa con i 30 denari che ha ricevuto.





L'immagine dell' Ultima Cena è fra due immagini della famiglia Lynar. Il Conte sapeva che la dottrina calvinista rifiutava le immagini in chiesa e consentiva solo una mensa d'altare con una Bibbia, ma qui non rispettò la Regola. Nel bassorilievo a sinistra (n°14) il Conte († 1596) è in ginocchio e dietro di lui ci sono i figli Johann Casimir († 1619) e Augustus († 1602). 

Nel bassorilievo a destra (n°15) sua moglie, la contessa Anne de Montot († 1585) e le figlie Anna († 1595), Elisabetta († 1576) e Anna Sabina († 1623). Elisabetta morì sei anni prima che l'altare fosse completato, ma è mostrata come se fosse ancora viva. Tutte le persone guardano all' Ultima Cena come se vi partecipassero. Sopra i due bassorilievi della famiglia ci sono delle scritte in latino (n°17, 18). Sotto l'immagine dell' Ultima Cena c'è la data di costruzione dell'altare (n°19). Ci sono anche tre citazioni bibliche in tedesco (n°16, 20, 21). La traduzione della Bibbia in tedesco è frutto della Riforma di Martin Lutero.

Le traduzioni delle iscrizioni latine sull'altare sono queste:

Sopra l'immagine del conte e dei suoi figli: Il generoso, nobile e famoso signore Rochus Graf zu Lynar, che l'illustre elettore della Contea del Brandeburgo e il duca di Sassonia considerano il primo consigliere in tutte le questioni intraprese per la libertà e l'integrità dei territori loro e dei limitrofi, ha offerto i suoi beni e ottenuto che questo altare fosse eretto a gloria e lode del Dio più alto e più grande. (n°17)

Sopra l'immagine della contessa e delle sue figlie: La nobile, generosa e pia signora Anna, nata von Montot e contessa zu Lynar, moglie del
 conte von Lynar, famoso signore generoso e nobile, con le sue carissime figlie. (n°18)

Sotto la Cena del Signore: Questo altare fu eretto e completato con tutte le sue decorazioni il 17 luglio 1582 dalla nascita di nostro Signore Gesù Cristo per opera della Vergine, alla quale si devono onore lode e gloria per tutta l'eternità. (n°19)




Testo: Hannelore Lietzke, Peter Lietzke, Sabine Müller, Rainer Paasch 2006/2020
Testo e immagini sono soggetti a copyright.
Fonte: Ev. Kirchengemeinde St. Nikolai Berlin-Spandau.
Spandovia Sacra - Museum von St. Nikolai Reformationsplatz 12 13597 Berlin



lunedì 6 dicembre 2021

Il Cardo

Un ortaggio per l'inverno
ricerca di Claudio Mercatali




Dafni era un giovane pastore e Pan il dio delle selve e dei pascoli gli insegnò a suonare il flauto. La ninfa Achernais innamorata gli fece giurare di non tradirla mai. 


Pan e Dafni

Però la ninfa Chimera lo fece ubriacare ed ebbe un rapporto con lui. Per questo Achernais lo accecò e Dafni passò la vita suonando con il flauto i canti pastorali dei quali è considerato l'inventore. Quando morì Diana fece nascere dalla terra una pianta bella ma spinosa, tanto che non si può toccare, il cardo appunto.






La presenza delle spine è una caratteristica comune alla ventina di specie spontanee in Italia e in particolare alle quattro o cinque che sono qui da noi. L'altra caratteristica tipica è il fiore bombato e quasi sempre violetto. Per il resto i cardi non si assomigliano per niente. 



I botanici spiegano che alcune specie sono biennali, ossia il primo anno nasce una rosetta basale che passa inosservata e quasi sempre scampa al taglio del rasa erba perché è troppo bassa. Il secondo anno i cardi selvatici crescono, fioriscono e si manifestano per quello che sono, cioè essenze bellissime.


Non hanno un habitat preciso: sono lungo i fossi, nei pascoli, nei prati incolti, nelle valli e in quota. Si incontrano anche durante i trekking nei nostri monti.


Sto ben attento a non tagliarli durante la rasatura del prato nella casa di campagna e mi piace vederli crescere fino a due metri di altezza. Non hanno bisogno di niente, per fortuna perché sono veramente pungenti. A settembre sfioriscono, come i carciofi, che sono loro parenti e vanno tagliati rasoterra. Però spargono nel terreno delle gemme e l'anno dopo rispuntano. Nel giardino si può piantare anche il Gigante di Romagna, un cardo non spontaneo dall'aspetto incredibile, come si vede qui accanto.



In cucina

I cardi coltivati, non i selvatici, sono ingredienti indispensabili per la Bagna Cauda piemontese, un sugo fatto di tante verdure. Qui da noi sono tipici ortaggi invernali dei quali si usano i gambi, bolliti a lungo, cotti al forno coperti di besciamella, gratinati o impanati e fritti.

Il cardo Gigante di Romagna si può cuocere assieme alla salsiccia. Si usa la parte più consistente del gambo, che è pronto per essere cucinato quando è bianco. C'è una tecnica precisa per coltivare queste piante e dunque è meglio comprare i cardi dal fruttivendolo.


Per coltivare il cardo si fa "l' imbianchimento", una pratica che serve per renderlo meno amarognolo. La procedura è laboriosa, consiste nel legare le piante a ciuffo e avvolgerle con dei fogli di plastica nera (quelli usati nella pacciamatura) in modo che solo le foglie più alte siano scoperte. Questa operazione dopo qualche settimana provoca l’imbianchimento delle parti coperte, che non possono fare la fotosintesi e le rende più tenere. Al momento della raccolta si taglia la pianta al colletto, privandola delle foglie esterne e questo è quanto troviamo dai fruttivendoli.