mercoledì 3 agosto 2011

Storia di un dipinto del Trecento

La madonna della chiesa 
di Crespino
di Livietta Galeotti Pedulli


La Madonna di Crespino 
e l'interno della chiesa

Questo scritto contiene il testo della conferenza tenuta a Crespino, nella chiesa abbaziale di S.Maria Nascente, sabato 11 settembre 2010, festa patronale della Natività della Beata Vergine Maria ... e vuole essere un suggerimento di lettura della Madonna crespinese, in omaggio ai suoi fedeli e al loro parroco, don Bruno Malavolti il quale, sotto l'alto patronato della Fede, protegge e assicura per il tempo a venire il patrimonio artistico che la Storia gli ha affidato.

Vi sono luoghi creati dagli uomini che nel trascorrere dei secoli, e nonostante le trasformazioni e le ferite inferte dal tempo e dagli eventi, riescono sorprendentemente a conservare qualcosa del primitivo incanto: una luce, un silenzio, un'armonia nascosta che non vanno mai perdute del tutto. Uno di questi luoghi è la piccola chiesa di Santa Maria Nascente a Crespino. Appena defilata dalla strada statale per Firenze, accerchiata dai segni e dai rumori della modernità, si offre allo sguardo del visitatore sul lato destro di una piazzetta, tra modeste case del secolo scorso; di fronte, la canonica col suo balcone sempre fiorito e lo stemma vallombrosano sopra la porta laterale; sullo sfondo il bel verde boscoso dei monti vicinissimi. L'interno, semplice, raccolto, (soffitto a capriate e rustica pavimentazione a lastre di pietra grigia) denuncia in certe incongruenze architettoniche una storia di adattamenti e rifacimenti legati alle vicende della comunità per la quale questa chiesa era il centro privilegiato dello spirito.

Nella modesta dimensione dell'insieme, al termine dei muri perimetrali di destra e di sinistra, quasi inaspettatamente si aprono gli spazi ove ora sono collocati due grandi altari, del tutto simili fra loro, in pietra forte scolpita: imponenti per altezza, eleganti e severi, con pilastri che sorreggono un' architrave sormontata da un timpano spezzato.
Sull'altare di sinistra si può leggere l'iscrizione MDIIIIC (1596), che permette di assegnarli all'epoca in cui l'antico monastero di Crespino, esistente già dall'undicesimo secolo, godette di un fecondo periodo di rinascita.






Questo è uno dei " due grandi altari ... eleganti e severi, con pilastri che sorreggono un' architrave sormontata da un timpano spezzato ..."

Ma è sull'altare laterale di destra che vogliamo concentrare la nostra attenzione. Qui infatti, al di sopra della mensa, ci appare una tavola pittorica cuspidata di grandi dimensioni, alta più di due metri e larga più di uno; la maggior parte di essa, però, è ricoperta da una superficie piatta e vuota, ricavata nelle fredde linee della geometria: è il colore grigio del restauro, che ricopre la parte mancante della Trecentesca Madonna in trono col Bambino e due angeli. Straordinariamente vivi nella loro brillante policromia, i personaggi sopravvivono fino al busto; ai lati, scendono due fasce strettissime di pittura raffigurante la prosecuzione del trono; in basso resta il frammento con la base, il pavimento e l'iscrizione sullo zoccolo:

Anno dni MCCCXLII Dominus johs Ghetti de Rambrinis de Florentia abbas con. Sce Marie de Crespino fieri fecit hanc tabulam Restau (rata) vero anno dni MDIII (Nell'anno del Signore 1342 Giovanni Ghetti dei Rambrini, fiorentino, abate del convento di S.Maria di Crespino, fece fare questa tavola. Restaurata nell'anno del Signore 1503).


 Lo zoccolo con l'iscrizione


Conosciamo dunque l'anno di esecuzione del quadro, il nome dell' abate del monastero di Crespino che lo commissionò e finanche la data del primo restauro: notizie, tutte, di eccezionale importanza per la storia di un quadro. Manca, però, il nome di chi lo dipinse, come accade spesso per le opere giunte a noi dai secoli passati. A suggerire quel nome hanno pensato gli studiosi, che nel secolo scorso lo hanno esaminato, analizzato, confrontato, giungendo infine a sicura conclusione: si tratta di Jacopo del Casentino, pittore attivo in Toscana e principalmente a Firenze tra il 1320 e il 1350, secondo l'attribuzione suggerita prima verbalmente da Umberto Baldini a Clara Steinweg e poi pervenuta a Richard Offner, redattore del primo catalogo di Jacopo nel 1923 - 24 e infine universalmente accettata.


Ma chi, come e quando è avvenuto lo scempio che ci ha privato per sempre della visione completa di quest' opera? E dove sono finiti i resti, se sono sopravvissuti alla stolta amputazione del taglio? E' ragionevole supporre, infatti, che la tavola fosse la parte centrale di un grande polittico destinato all'altare maggiore: al centro la Madonna in trono, ai lati, presumibilmente, due pannelli con figure di santi. In un inventario datato 1591 conservato nell'Archivio di Stato di Firenze sono indicate a Crespino"tre tavole con pitture vecchie sopra la credenza" forse della sacrestia. Erano quelle i pannelli laterali? Non siamo in grado di rispondere a questa domanda. Nessun documento fa luce sulla storia di quest' opera fino all'anno 1908, quando la vide e la descrisse dettagliatamente il funzionario della Sovrintendenza Guido Carocci, persona molto scrupolosa e perspicace. Dopo aver affermato che il quadro è "posto sopra l'altare laterale detto della Madonna del Rosario", aggiunge: "vi è memoria che il detto quadro era sul medesimo altare anche nel 1718. In epoca antecedente a questa data è stato nel lato superiore e nei due laterali coperto da una striscia di tela sulla quale sono dipinti in distinti specchietti i 15 Misteri del Rosario ... tra il 1718 e il 1731 è stato tagliato nella parte inferiore facendovi un vacuo a forma di tabernacolino ... ad epoca assai meno remota il vacuo è stato ingrandito per incollarvi una nicchia di legno che vi si trova tuttora".


Il dipinto tagliato


Nel 1962 divenne parroco di Crespino don Bruno Malavolti, che tuttora regge la parrocchia. Secondo la sua testimonianza, al momento del suo arrivo il quadro non era più sull'altare laterale destro, ma si trovava in sacrestia. Forse vi era stato riposto per proteggerlo dai rischi della guerra. Nessuna traccia dei pannelli laterali né della striscia con i 15 Misteri del Rosario, né della nicchia di legno osservati dal Carocci. Il quadro, nelle parti sopravvissute al taglio, si presentava gravemente danneggiato, segnato da numerose perdite di colore e alterato dalla sporcizia accumulata nel tempo.

Fu cura di don Bruno farlo uscire da quell' abbandono insistendo con ogni mezzo per ottenere il restauro dalla Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici di Firenze.


Un particolare dell'elegante vestito della Madonna e un particolare del Bambino



Fonte La tavola frammentaria di Jacopo del Casentino, Chiesa abbaziale di Santa Maria Nascente, Crespino del Lamone, Marradi (FI) edito dalla tipografia Fabbri a cura del Comitato pro Crespino.

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