martedì 8 novembre 2011

Dieci anni

dal consolidamento
della torre del Castellone

di Marco Cappelli


Mi fa piacere, a dieci anni dai lavori di restauro, presentare una sintesi degli studi e degli interventi che hanno arrestato il degrado e, probabilmente, il crollo della torre del “Castellone”, un monumento che da più di un millennio è parte fondamentale del panorama di Marradi e di gran parte dell’alta valle del Lamone.
Al termine dei lavori fu pubblicato, con patrocinio del Comune di Marradi, un libro – Il “Castellone” La storia e il consolidamento statico della Rocca di Castiglionchio - la parte storica fu curata da Fulvia Rivola, il consolidamento statico da Paolo Scalini e Marco Cappelli, presentazione di Giuseppe Matulli. La nota e i disegni che seguono sono tratti da questo libro e dalla tesi di laurea di Enea Nannini e Marco Cappelli.
L’esame della struttura muraria del mastio della fortezza di Marradi, eseguito prima dell’intervento di consolidamento del 2001, ci ha consentito di scoprire una torre che in origine aveva all’interno dei solai in legno poggianti su travi orizzontali. Nel corso dei secoli, probabilmente a seguito di distruzioni causate da eventi sismici o eventi bellici, i solai lignei sono stati sostituiti da volte di pietra.
Queste modifiche però non sono state accompagnate dall’esecuzione di opere capaci di assorbire le spinte orizzontale delle volte. Non furono infatti edificati contrafforti nelle pareti verticali ne inserite catene nella compagine muraria.

Per realizzare le volte furono costruite delle pareti interne di appoggio che hanno ingrossato i muri perimetrali ma questo accorgimento non è stato sufficiente a contrastare le nuove forze, in particolare la spinta della volta maggiore, quella della copertura.   
In termini più tecnici: un sistema statico pesante è stato trasformato in un sistema statico spingente senza la realizzazione delle dovute controspinte orizzontali.
Questa situazione di non equilibrio, tra le forze in gioco nelle strutture, ha causato nel tempo una rotazione rigida dei muri di spalla con conseguente depressione e parziale crollo delle volte. L’evoluzione delle fessure e delle deformazioni evidenziava uno stato di tensioni che in molti punti aveva superato il limite di resistenza delle pietre e, in alcune zone delle pareti si stava verificando l’espulsione di materiale lapideo evento che, normalmente, preannuncia il collasso di tutto l’edificio.  


 












In altre parole le condizioni di fatiscenza del mastio erano talmente avanzate e i margini di resistenza così ridotti che, prima dei lavori di risanamento statico, la torre poteva crollare in qualsiasi momento.
I calcoli statici hanno confermato questo stato di equilibrio estremamente labile con la risultante delle forze R che cadeva al limite esterno della base delle pareti di spalla (vedi schema delle spinte). 

 



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Per salvare il monumento pertanto era necessario, in primo luogo, eliminare la spinta delle volte sulle murature perimetrali, affidando la funzione portante a solai in legno. Con tale operazione si riequilibravano le forze nelle murature e nelle fondazioni e si è ripristinava il sistema strutturale originario della torre.
Importantissima, inoltre, per la salvaguardia delle murature era la costruzione di una copertura con un idoneo sistema di smaltimento delle acque piovane.

Uno dei principali problemi da risolvere, per il consolidamento della torre, è stato quello di portare tutta la struttura nelle condizioni di resistere ai turbamenti dovuti ai lavori di restauro che avrebbero potuto causare il crollo di grosse masse murarie oramai prossime al distacco.
Per contenere cautelativamente le pareti della torre, è stato studiato un sistema di cerchiatura misto costituito da travi di legno e tiranti metallici con interposto un assito di ripartizione. Si è progettato inoltre un solido piano di appoggio in struttura di acciaio, indipendente dai muri della torre, sul quale posare i ponteggi di facciata. Questo piano a fine lavori è stato lasciato in opera e ora costituisce un interessante balcone panoramico su Marradi, Biforco e l’alta valle del Lamone.
Completata, con la centinatura delle volte e i puntellamenti interni, la messa in sicurezza del monumento si poteva procedere ai lavori di sottofondazione, ricostruzione dei basamenti murari e passare alla demolizione e ricostruzione dei paramenti più deteriorati con il metodo cuci e scuci.
In questa operazione si è sempre cercato di rendere riconoscibili le parti aggiunte da quelle antiche in modo che, come insegna la moderna dottrina del restauro, l’osservatore attento non possa essere ingannato.
A questo punto con la costruzione in legno dei due solai interni e della copertura, il sistema statico originario dell’ antica torre veniva ripristinato e i lavori di restauro potevano dirsi conclusi.*
I finanziamenti non furono sufficienti per il consolidamento dello sperone in pietra, alto circa 7 metri, posto a ponente, nella zona d’angolo del recinto più elevato del castello. Questo pezzo di muraglia, ancora visibile al centro della foto (gennaio 2002), da alcuni anni purtroppo è crollato.



* In accordo con l’Amministrazione Comunale che ha finanziato il restauro il gruppo di lavoro era così composto:
Arch. Enea Nannini: capogruppo e progettazione architettonica; Arch. Marco Cappelli referente dell’Amministrazione Comunale e progettazione architettonica; Arch. Paolo Scalini: coordinamento generale dell’opera, progettazione strutturale, Direzione lavori e coordinamento in materia di sicurezza durante l’esecuzione dei lavori; Ing. Roberto Rossi: coordinamento in materia di sicurezza durante la progettazione. I lavori furono eseguiti dall’impresa edile La Serra Costruzioni dei Fratelli Mercatali S.n.c.



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