domenica 31 marzo 2013

Il terremoto del 4 marzo a Marradi



I sismogrammi dell'evento
forniti dall'Istituto
Nazionale di Geofisica
ricerca di Claudio Mercatali



Poco prima dell'alba del 4 marzo, alle ore 4 e 53 qui a Marradi è tirato il terremoto. Una vibrazione forte ha fatto tremare i vetri, svegliato i dormienti e sorpreso i più per il rumore cupo di accompagnamento. Quest'ultimo fatto indica che l'epicentro era vicino, perché dai terremoti distanti arrivano le vibrazioni ma non il rumore.
Un evento sismico è sempre composto da diverse scosse, ma si percepiscono solo quelle maggiori. Però gli strumenti della rete dell'Istituto Nazionale di Geofisica le registrano tutte. Nel nostro caso le scosse maggiori, percepite sono state tre, con le caratteristiche mostrate qui accanto.





Localizzazione delle tre scosse principali


In caso di sisma i geofisici per prima cosa cercano l'epicentro, ossia il punto della superficie dove è stato più forte, che in genere è sulla verticale dell'ipocentro, il punto sotterraneo dove il sisma ha avuto origine. 

La distanza dell'osservatorio sismologico dall'epicentro si può ricavare dalla differenza tra il tempo di arrivo delle onde P (le prime ad arrivare o primae undae) le S (secundae undae). Queste onde viaggiano a velocità differente e arrivano tanto più sfalsate quanto più è distante l'epicentro.
In prima approssimazione se il terremoto si è generato a meno di 100 km e vicino alla superficie terrestre, la formula più semplice per trovare la distanza D dall'epicentro, in una formazione rocciosa come la nostra è: D (in km) = (TS -TP) x 5, dove TS -TP è la differenza, in secondi, tra l’istante di arrivo delle onde S e quello delle onde P.
Per esempio se dal sismogramma si rileva che le onde S sono arrivate 10 secondi dopo quelle P l'epicentro è a 10 x 5 = 50 km di distanza. In una carta topografica si disegna un cerchio di 50 km di raggio e se almeno altre due stazioni di rilevamento hanno fatto lo stesso calcolo e disegnato il relativo cerchio l'epicentro sarà all'incrocio dei tre cerchi.

Naturalmente tutto questo è solo un esempio semplificato per non addetti ai lavori, perché in realtà la geofisica è una scienza difficile e per praticarla bisogna essere esperti e appassionati.
Dunque per sapere di più sul nostro sisma abbiamo chiesto informazioni a chi di dovere, con questa lettera:


All'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
via della vigna murata  605   00143   Roma     

OGGETTO: richiesta di informazioni
dalla Biblioteca comunale di Marradi

Questa notte, alle 4.53 qui a Marradi (FI) è tirato il terremoto. I mezzi di informazione ci dicono che l'epicentro è stato fra Marradi e Crespino e che la scossa è stata da Voi rilevata. Vorremmo fare una nota illustrata e divulgativa da inserire nel sito della nostra bilioteca per futura memoria. Per questo vi chiediamo alcune immagini del sismogramma dell'evento.

saluti dr. Claudio Mercatali
geologo iscritto all' O.G. Toscana 
n° 258   dal 01.01.1981


Il dr. Alessandro Amato ha gentilmente risposto:

Salve, le mando tre immagini relative a:
1- Il sismogramma della stazioni di SEI, Sant'Agata al Mugello (qui sopra).
2- Il sismogramma a Asqua, Casentino (qui sotto)
3- Il terremoto registrato da diverse stazioni della Rete Sismica Nazionale (l'ultima figura in basso).

Il terremoto e' quello del 4 marzo alle 4.53. Sui grafici con i sismogrammi c'è l'ora UTC (-1 rispetto alla nostra), per convenzione internazionale.
Le barre verticali sul sismogramma di SEI indicano l'arrivo dell'onda P (barra verticale rossa) e dell'onda S (barra viola). Si vede bene come la Seconda (la S si chiama così proprio perché arriva per seconda) sia più energetica della prima (almeno di un fattore 10). Le oscillazioni che vengono avvertite sono proprio quelle 3 o 4 più ampie che si vedono bene sui sismogrammi, per una durata di alcuni secondi (direi 5 o 6).
Ogni stazione registra le vibrazioni in senso verticale (sussultorie) in direzione nord - sud e est -  ovest.

Un terremoto come questo viene registrato anche molto lontano, dalla rete nazionale dei sismografi e il risultato è questo qui accanto.

Giochiamo a fare i geofisici (per una volta si può fare) perché ci servirà per sdrammatizzare l'evento, che qui in paese ha destato un certo allarme.

Le onde S sono arrivate a S.Agata (SEI) dopo 4,4 secondi e a Rufina (RUFI) dopo 6 secondi. La stazione ASQU, che è vicino a Camaldoli le ha registrate dopo 8 secondi.

Applicando la formula vista prima otteniamo che l'epicentro era a 22 km da S.Agata, 30 km da Rufina e 40 chilometri da Camaldoli.


Tracciando le distanze in una carta com'è stato fatto qui accanto si individua la zona dell'epicentro, che è fra Marradi e Crespino. Però tutto questo è solo un giochino dimostrativo.

Al momento non sono prevedibili altre scosse, però la nostra zona ha un grado sismico medio e altri eventi simili a questo possono capitare. Possiamo fare qualcosa di utile per prepararci? Si, per prevenzione nei giorni prossimi potremmo far caso ai cartelli che indicano il punto di ritrovo per ogni zona del paese in caso di evacuazione. Furono messi a suo tempo, ma molti se ne sono dimenticati.

Un terremoto con epicentro così vicino a Marradi non è frequente, perché in genere i nostri monti sono percorsi da onde sismiche provenienti dal Mugello o da S.Sofia (Forlì) e non danno luogo a fratture profonde. Però in passato qualche caso c'è stato. Il sisma con epicentro più vicino fu quello del terremoto dell' 11 febbraio 1939, che era a Lat 44° 04' 24'' e Long 11° 38' 42'' ossia praticamente sotto i campi della Colombaia vicino alla pineta degli Alberini e venne così descritto:

"a Marradi provocò fenditure e spostamenti di travi, rendendo inabitabili alcuni edifici. L'intensità in una ristretta zona attorno al paese fu del VI o VII grado Mercalli"   


 

Carta delle isosisme del terremoto del febbraio 1939 (da Coccia Attività sismica in Toscana, Ed. del Palazzo)


Fonti: Chi non ne ha avuto abbastanza può navigare in questi siti:
Qualche mappa epicentrale si può trovare su cnt.rm.ingv.it
Gli epicentri dei terremoti che avvengono in Italia e le stazioni sismiche della Rete Nazionale sono su: iside.rm.ingv.it
Le foto dei siti della Rete sono su http://www.flickr.com/photos/ingv/




mercoledì 27 marzo 2013

Il maiale


30 ottobre 1900  
Come pesare un porco 
senza bilancia
 ricerca di Claudio Mercatali




Il Messaggero del Mugello era un giornale che curava molto le rubriche di agricoltura, con consigli di vario genere. A dire il vero questo qui accanto è un po' singolare ...






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mercoledì 20 marzo 2013

Gli affreschi di Palazzo Fabroni



all'interno del " Bar Bianco"
di Claudio Mercatali



Palazzo Fabroni


Palazzo Fabroni, quello in Piazza Scalelle, è un elegante edificio del Cinquecento, modificato nel Seicento e soprelevato nel Settecento, come ci dice Felice Antonio Fabroni nelle sue Memorie:


A dì 10 9bre 1777  "Ricordo come Jacopo e Luca e Francesco, fratelli Fabroni rinnovarono e alzarono la loro casa che hanno in Piazza con farci un altro piano di sopra, tutte le finestre nove di pietra nova con l'arme e di dentro buttarono giù tutti i palchi e fecero tutte volte alla volterrana. Vi principiarono a lavorare il dì 14 marzo 1777 e in un anno la resero abitabile, circa spesero da due milla scudi e perché non li avevano gli trovarono scambio in qua e in là, e di già ne avevano altri tre o 4 milla tolti avanti da' Cantoni di Faenza".

Probabilmente è in questa occasione che vennero dipinti e decorati a stucco i soffitti dei locali dove ora c'è il Bar Bianco.

Il pappagallo pitturato nella saletta più elegante era già un po' scolorito quando il capitano Giacomo Fabroni, nel 1847, fece un infervorato discorso, dal balcone soprastante, per festeggiare la concessione della Guardia Civica, fatta dal Granduca Leopoldo. Probabilmente la pittura era già stata imbiancata quando, nel 1906, i Socialisti fecero, sempre dal terrazzo soprastante, uno dei primi comizi a Marradi.
Nel 1946 quando il prof. Antonio Cassigoli fece il primo comizio dopo la guerra quasi nessuno dava importanza agli affreschi, affumicati dal camino e quasi tutti coperti da mani di calce.



Sopra:
la parete
"del pappagallo".

A destra:
un comizio del Circolo Unione (1906)
(da Tarabusi)




Poi, nel 1995, la famiglia Lombardi trasferì qui il bar latteria che era dalla parte opposta della piazza e con una certa sorpresa, durante i lavori, cominciarono a ricomparire le pitture. Il fatto non fu del tutto inaspettato, perché dai muri scrostati se ne intravedeva la presenza, però l'entità e la finezza dei manufatti stupì.


Servivano mani esperte e i lavori furono condotti da Francesco Graziani e Barbara Briccolani.


 













Da ora in poi parleranno le immagini ...

 


Tre viste della sala bar, che è
una delle due stanze affrescate.

 
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Tre particolari
delle decorazioni
del soffitto


 
Il restauro degli affreschi richiede diverse tecniche di intervento. Se il disegno è ancora abbastanza leggibile si procede al ritocco e soprattutto al ripristino dei colori originali, rimuovendo la patina di polvere e di ossido che lo ricopre.

Le fotografie qui di seguito sono tutte "doppie" e mostrano gli affreschi prima e dopo il restauro.


 

 











Le pareti accanto ai camini sono in genere difficili da restaurare, a causa della fuligine che ricopre e danneggia le pitture.
 In questa sala l'intervento sulle decorazioni è andato avanti praticamente un centimetro quadro alla volta.



 




 














 Nelle pareti lontano dai camini e soprattutto vicino alle finestre e alle porte, dove non era necessario accendere le candele le cose andarono meglio.

Occorre però una tecnica particolare per rimuovere l'imbiancatura senza staccare l'affresco e un'arte nella ripulitura e nel  ritocco.












mercoledì 13 marzo 2013

Via Celestino Bianchi

nella memoria di Ede 
e Giovanna Cappelli
di Luisa Calderoni
                                          



via Celestino Bianchi fotografata
verso Casa Randi (sullo sfondo)


Via Celestino Bianchi, prima della guerra, era una strada stretta, piena di case e fitta di botteghe, che iniziava subito dopo il “Ponte Grande” e terminava alla Chiesa di San Lorenzo. Superato il ponte sul Lamone si incontrava la prima casa sul cui angolo si apriva, con due vetrine, la bottega di alimentari di Fafino, padre di Rosa Benini che avrebbe poi sposato un Tramonti. Seguiva l’ingresso del palazzo in cui risiedeva Velia Miniati, madre di Francesco Cappelli.

Planimetria di Jum Maré nel 
Vecchio Catasto del 1930

Nel palazzo successivo abitavano Linda di “Tità” con il marito Berto Cappelli, genitori di Giuseppe, Fabio e Armando, e Lorenzo Consolini, il macellaio, che aveva la bottega nella “Piazza di sotto” dove è ancora oggi.


Subito dopo c’era il palazzo in cui viveva la famiglia di Angiolo Cappelli, le cui figlie Ede e Giovanna, con la loro testimonianza, ci hanno permesso di ricostruire la vita in questa parte di Marradi ormai scomparsa.


 
In primo piano, le case 
di via Celestino Bianchi
viste dalla parte del fiume, 
negli anni Trenta.


A piano terra, di fianco all’ingresso si apriva lo sporto dell’osteria gestita da Angiolo. Accanto si ergeva il palazzo in cui abitavano la famiglia Solaini, la maestra Lupi e Don Neri, mentre a piano terra si apriva la bottega di un cestaio venditore di scope.


A questo punto la sequenza di case si interrompeva e si apriva una “cavinella”, specie di  disagevole e ripido accesso al sottostante fiume Lamone, le cui acque, allora limpide e correnti, erano un richiamo per pescatori e bambini e soprattutto erano frequentate assiduamente dalle lavandaie. Questa cavinella prendeva il nome di “Inferno”.

                   
La via fotografata verso la chiesa di S.Lorenzo.
Sulla bici Aldo Cappelli.



Ritornando sulla via si incontrava un palazzo abitato da Nardo, Leonardo Consolini, detto “il Cieco” e dalla famiglia Dacci mentre a piano terra c’era la bottega da barbiere di “Chicchi”, Angiolo Bernabei.
Poi la strada si allargava, e qui, un po’ scostata dalla linea degli altri palazzi, si apriva la casa natale di Dino Campana. Di fianco alla casa Campana  c'era l'abitazione del sacrestano, ( nell'odierno ingresso della " Sede" parrocchiale ),e, adiacente ad essa la chiesetta dedicata a Sant’Antonio, con campanile a vela e altare nella parete di fondo, verso il fiume. La chiesa era caratterizzata da un'ampia cancellata che sfiorava la volta e separava la zona delle panche per i fedeli dalla zona dell'altare, contornato da 4 finestrelle sempre piene di fiori freschi. 


La via fotografata 
verso Cà di Vigoli



Sul retro di questa serie di abitazioni, una costruzione lunga e stretta si protendeva verso il fiume: era la cosiddetta “bugatera”, il lavatoio cui si recava una certa Assuntina che abitava nel palazzo di Angiolo  Cappelli. Il lavatoio forse sfruttava l’acqua sorgiva che, dopo essere confluita nel fontanone che si apriva, ora come allora, di fianco alla chiesa, defluiva verso il fiume. Ancora oggi nel muraglione di bozze si apre un grosso scolo d’acqua, forse la stessa acqua che nel passato fluiva nella bugadera.






Il Cardinale Catani


L’altro lato della via, caratterizzato dalla numerazione dispari, era completamente occupato dal Palazzo del Cardinal Catani. Dalla parte del ponte vi abitava Gigliola, sorella di Lorenzo Consolini, il macellaio. Altri abitanti erano la famiglia Mugnai, avendo un Mugnai sposato Maria Cattani nipote del Cardinale. Maria  era  la sorella di Anna, moglie di Antonio Cassigoli. Un'altra abitante della casa era  una certa Domenichina che lavorava alle Poste e che era la sorella della moglie di Lello Campana, cugino di Dino.

Nel palazzo, proprio di fronte all’osteria di Angiolo Cappelli, si apriva la bottega di Sante Cantagalli, ortolano, detto “ Santino”.




Il palazzo, nel lato verso il sagrato,  era racchiuso da un muro di pietra alto e stondato che conteneva il campo della chiesa lavorato da “Baluga”. Il campo saliva verso la strada per Palazzolo occupando l’attuale sede stradale.


                                                                  
                                             La bottega di Angiolo Cappelli, il secondo da sinistra, in via Celestino Bianchi. 
                                            Si riconoscono, a sinistra di Angiolo, "Pirì",  venditore di lupini, e a sinistra Teresa Cantagalli, nonna  di Giuseppe Caldani 
                                            e delle sorelle Solaini. poi Ada Cappelli, figlia di Angiolo con la piccola Graziella.
                                               La foto fu ritrovata da Ebe e Giovanna, figlie di Angiolo, sotto le macerie della casa in cui abitavano, posta   proprio sopra la bottega.

 


Come accennato prima, in questa via abitava un certo Angiolo Cappelli, che appare nella foto successiva, e su di lui ci vogliamo soffermare un po’…



Angiolo detto Anzolò, era nato nel 1881 e benché proveniente da un umile famiglia contadina delle "Casette di Camosciano”, all’età di sei anni fu mandato a scuola a Marradi dal Maestro Torquato Campana, zio di Dino. Il maestro Torquato teneva scuola nella prima parte della sua abitazione che si affacciava direttamente su via Tamburini, che anche allora si chiamava così, avendo come confine il ponte. La casa era un po’ più in basso rispetto al livello della strada stessa e c’erano alcuni scalini che scendevano al livello dell’ingresso. Questa parte dell’abitazione, crollata quando fu minato il “Ponte grande”, era collegata alla seconda parte della casa, quella superstite, da una sequenza di archi sotto cui venivano ricoverate le piante in inverno. Nella parte anteriore della casa, su via Tamburini, aveva il suo laboratorio un marmista, tal Gaetano Neri, al quale era stato commissionata un’acquasantiera per la chiesa di San Jacopo in Cardeto. Nell’acquasantiera doveva essere rappresentato il volto di un angioletto e il marmista prese a modello per la sua scultura il piccolo Angiolo, roseo e paffutello bambino dai capelli rossicci.


 



Oggi questo piccolo capolavoro con un angioletto dal volto di Angiolo Cappelli, (quando si dice un nome, un destino…), fa bella mostra di sé entrando a destra nella chiesa di Cardeto mentre non sappiamo ancora dare un nome al volto femminile che orna l’ acquasantiera di sinistra. Conosciamo il nome dello scultore perchè egli ha apposto il suo nome e la data, 1891, su entrambe le acquesantiere.





 Tutto questo piccolo mondo finì di colpo il 30 giugno 1944, polverizzato dalle bombe delle Fortezze Volanti della RAF, ma questa storia l'abbiamo già raccontata il 1 febbraio 2012 su questo blog.







venerdì 8 marzo 2013



La nascita del “Fascio di Combattimento”  a Marradi
di Francesco Cappelli



Le prime informazioni scritte relative  alla costituzione  di un “Fascio di Combattimento”  a Marradi sono contenute in  una relazione inviata al Segretario Politico del Fascio di Marradi, Camerata Cav. Ugo Grossi, originario di Modigliana.
La lettera porta la data 8 gennaio 1935 Anno XIII° E.F. ed è firmata da Francesco Renzi e Arturo Cappelletti. In essa si fanno presenti le motivazioni che hanno portato alla costituzione della sezione marradese del " Fascio" ed il periodo di nascita dello stesso indicato nel dicembre del 1920.

















un gagliardetto della sezione marradese


domenica 3 marzo 2013

La strada per Fornello

Il Duce ordina di costruire 
l'accesso alla stazione
di Claudio Mercatali



la stazione oggi.
foto di Maurizio Panconesi

Nel 1929 la stazione di Fornello non aveva nessuna strada d'accesso. A dire il vero non ce n'era bisogno, perché gli impianti ferroviari di questa località non servivano ai passeggeri ma agli addetti alla manutenzione della linea e ai cavatori di ghiaia per la massicciata, che arrivavano a Fornello con i treni di servizio. Però ogni tanto qualche passeggero saliva e si lamentava del disagio. Il 29 settembre 1929 passò Mussolini, con il treno presidenziale, e successe che ...

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 La linea ferroviaria 
vista da Pian Bertozzi





















 
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