Nei ricordi delle figlie Ede e Giovanna.
di Luisa Calderoni
L’osteria di Angiolo Cappelli, prima della guerra che la distrusse in gran parte, si trovava in Via Celestino Bianchi, proprio sotto la dimora familiare. Angiolo lavorava in Ferrovia, in Romagna, come " Guardia merci", ma nel 1933, utilizzando l'esborso di fine lavoro e parte della dote della moglie, decise aprire un'osteria.
Angiolo Cappelli (il secondo da sinistra) davanti alla sua osteria in via C.Bianchi.
La licenza concessa a Maria Antonia Bassetti in Cappelli permetteva, secondo i ricordi di Ede e Giovanna, la mescita di Vin Santo, Vermouth, China Martini e vino rosso. Angiolo continuò ad esercitare questa attività in via Celestino Bianchi anche dopo la precoce morte della moglie.
L’osteria, composta da due stanze, una sul davanti e l’altra dietro, era decorosa ed elegante. Scarsi sono i ricordi delle due sorelle circa l’aspetto della prima stanza, ma ricordano con accuratezza la seconda sala.
Un quartino e un quintino salvati tra le macerie
Una sedia e un panchetto salvati dalle distruzioni
Le pareti della stanza sul retro erano ornate da 4 grandi quadri, elegantemente incorniciati, rappresentanti scene d’opera: Carmen, Cavalleria Rusticana, Tosca…
Le 4 cornici e il dipinto con la scena della "Carmen" sono stati recuperati tra le macerie della casa che fu minata quando i tedeschi si ritirarono dal paese di fronte all'avanzata degli Alleati.
La sala conteneva alcuni tavolini da gioco, piccoli e di forma quadrata, a disposizione degli avventori ed era scaldata da una stufa di cotto a 2 piani su cui i clienti, in inverno, mettevano a scaldare i bicchieri di vino.
La domenica pomeriggio sei notabili del paese, accompagnati da un poveretto del paese, tal Fiorentino, che era da loro aiutato, si recavano regolarmente all’osteria che era sempre piena e venivano ospitati in una stanza privata dell’abitazione di Angiolo.
Qui, lontano, da occhi indiscreti, trascorrevano il pomeriggio bevendo un fiasco di vino e giocando a carte, forse a soldi…
Poiché erano in sei e mentre quattro giocavano, gli altri due facevano gli "angolisti" stringendosi scomodamente intorno al piccolo tavolo da gioco, uno dei notabili decise di far trasportare nella stanza di Angiolo un bel tavolo di noce della fine del '700-inizio '800, di forma ellittica e munito di tiri, decisamente più comodo. Dopo il primo bombardamento di Marradi, il tavolo fu portato via e si salvò dalla distruzione. Quando Angiolo riaprì l'osteria in Piazza Scalelle volle restituire il tavolo al legittimo proprietario che però non lo volle indietro. Così il tavolo rimase nell'osteria fin quando Angiolo continuò questa attività e oggi fa bella mostra di sè nel salotto di Giovanna e Ede Cappelli.
Dopo la guerra infatti Angiolo riprese la sua attività di oste in un locale sito in via Fabbrini. Niente a che vedere con la precedente osteria di via Celestino Bianchi: questa era una semplice mescita in cui il vino veniva direttamente spillato dalla damigiana ai bicchieri degli avventori.
Dopo pochi mesi Angiolo si trasferì in Piazza Scalelle, dove fino a pochi anni fa si apriva la bottega di telerie di Dante Miniati.
Dopo pochi mesi Angiolo si trasferì in Piazza Scalelle, dove fino a pochi anni fa si apriva la bottega di telerie di Dante Miniati.
Qui Angiolo Cappelli rimase fino all’apertura della bottega di stoffa e poi si trasferì nei locali dell’ex latteria.
Nel 1953 Angiolo, all’età di 72 anni, cessò definitivamente l’attività e nel locale fu aperta una latteria che poi passò alla famiglia Lombardi.
Que bel ricordo, e pure tanto triste! ci sono nata in quella casa, e il destino volse che in quel bombardamento non fossi in cantina con mia mamma e nonno Angiolo, come al solito si era.
RispondiEliminaNonno ce la fece, si salvo; ma disse che, se c`eravamo la mamma ed io, non si sarebbe riuscite a salvarci.