martedì 23 dicembre 2014

Il Natale del 1916

L'ultimo incontro d'amore
fra Sibilla Aleramo e Dino Campana
 ricerca di Claudio Mercatali



La storia fra Sibilla e Dino cominciò ai primi d'agosto del 1916 a Casetta di Tiara, dove vissero alcune settimane d'amore appassionato. In ottobre il rapporto era già instabile e cominciarono le incomprensioni e le liti, sempre più frequenti.

Anstrid Anhfelt era una giornalista svedese amica di Sibilla Aleramo. Per arrotondare affittava camere a Settignano (vicino a Firenze) e alla vigilia del Natale 1916 ne diede una a Sibilla e Dino. La storia fra i due volgeva al termine e le liti furibonde si alternavano alle pacificazioni provvisorie.


Anstrid Anhfelt a Leonetta Cecchi Pieraccini

Settignano 22 dicembre 1916

Egregia Signora,
La Sibilla mi prega di impostare l'acclusa. Se Ella ha qualche influenza sulla Sibilla la prego di venirmi (a me!) in aiuto.
Tutta la notte si sono battuti e graffiati. Si ammazzano senz'altro, se qualcuno non interviene. Egli ha detto che non tornerà più, ma chi mi assicura, ch'ella non gli vada in cerca.
La mia pace è distrutta. Non avevo mai cercato la Sibilla. Ha voluto venire per forza. Certo che non sarò crudele con lei. Sebbene il nostro Natale sarà rovinato, non le dirò di andare via. Ma voglio sperare che qualcuno dei suoi connazionali cercherà di farla tornare in sé. Sarà meglio che vada a stare a Firenze. Io non ne posso più!
Tutta la notte a temere qualche grave fatto. Tutto quanto è così disgustevole. Mi vengono in aiuto.

Anstrid Anhfelt
  




  

L'affittacamere disperata aveva avuto la buona idea di scrivere a Leonetta Pieraccini, moglie di Emilio Cecchi perché sapeva che i coniugi Cecchi erano amici di Dino e Sibilla. L'intermediazione non fu necessaria perché la tempesta passò e Dino invitò l'amata a Marradi, per il Natale ...










Sullo sfondo l'albergo Lamone
di Marradi, dove forse Dino e Sibilla soggiornarono
la notte di Natale 1916






Sibilla Aleramo a Dino Campana

24 dicembre 1916
Un letto profondo, la notte di Natale, nel tuo paese dove non sono mai stata — dove soltanto da bimbo hai riso di gioia. Stanotte. T’aspetto per partire — son sola nel mondo, oh letto profondo anche questo, se tu non venissi. Tu che tanta gioia devi avere — e ami il mio dolore, dolore d’aver già tanto guardato l’acqua fluire. Ma il tuo fiume, lo vedrò? Questo strazio, d’amarti, di volerti felice, e di non poter tramutarmi in una cosa di freschezza, rosa per la tua fronte, amore, amore. Non poter che consumarmi, sempre più. Non ho più voce per parlarti. Soltanto le mani sono ancora dolci.
Stanotte, ti daranno il sonno? Nel tuo paese. E poi addormentarmi — e svegliarmi il mattino di Natale, bimba. C’è un bimbo, un fratellino vicino a Rina — oh Dino, Dino, che cosa si scioglie nel cuore di Rina? Silenzio, tienmi le mani. Nessuno m’ha detto mai, da bimba, una favola bella. Guardavo le stelle, come te. Stanotte non ci saranno. Ci saremo noi, favole, stelle, cose lontane, irraggiungibili. Nessuno mai più ci coglierà, anche se crederà vederci, sentirci. Stelle. Tienmi le mani, prendine tutta la dolcezza, toglimi tutto, sono tanto felice di morire, ma tu ma tu… Tremo, mi guardo intorno, non vieni ancora, l’acqua scorreva…
Sibilla Aleramo


Il Lamone a Marradi
... Ma il tuo fiume, lo vedro? ...




Fonte: Gabriel Cacho Millet Le mie lettere sono fatte per essere bruciate,

All'Insegna del pesce d'oro, Milano, 1978

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