Le pitture murali di una elegante dimora
al Ponte di Camurano
ricerca di Claudio
Mercatali
Ponte di Camurano
La Villa Zacchini è la parte
centrale di un agglomerato di case che formano il borgo di Ponte di Camurano.
Gli edifici furono costruiti in tempi diversi in secoli ormai remoti, e poi rimaneggiati,
ristrutturati, riedificati chissà quante volte, fino ad assumere l'aspetto
attuale. E' probabile che qui ci fosse una
dogana, perché il sito è un punto di passaggio obbligato sulla via per
Firenze.
Nel 1822 Ponte di Camurano venne
disegnato così nel Catasto Leopoldino, con il vecchio ponte in bella evidenza.
Catasto del Granduca
Leopoldo di Toscana
Poi negli anni successivi il
Granduca fece costruire il ponte attuale, per avere un transito più agevole e
quindi ora i ponti sono due, come si vede in questa fotografia scattata dalla
vetta del monte di fronte.
Nel Settecento gli Zacchini, così
come le famiglie Maiani, Matulli, Mercatali, Piani, erano commercianti o allevatori o proprietari
terrieri.
Si affermarono in conseguenza dei grandi cambiamenti civili promossi dal granduca Leopoldo. Insomma questa era una delle famiglie dell' allora "ceto emergente" marradese contrapposto ai signori tradizionali come i Ceroni, i Fabroni, e i Torriani.
Si affermarono in conseguenza dei grandi cambiamenti civili promossi dal granduca Leopoldo. Insomma questa era una delle famiglie dell' allora "ceto emergente" marradese contrapposto ai signori tradizionali come i Ceroni, i Fabroni, e i Torriani.
La famiglia alla fine del
Settecento era già così importante da marcare con il proprio nome questo sito e
infatti nel bilancio del Comune di Marradi del 1796 si legge che: " ... si stanziano 1100 lire per il nuovo
ponte sul fosso di Casa Zacchini" che in realtà si chiamerebbe Fosso
di Frassineta.
Bilancio del 1796 Il soldi
per il nuovo ponte
di Camurano
Veniamo ai primi del Novecento,
che è l'epoca che ora ci interessa di più. Il proprietario della villa a quei
tempi era l'avvocato Filippo Zacchini, padre di Fulvio, per tanti anni medico
condotto qui in paese.
L'avvocato Filippo Zacchini
Il patrimonio di famiglia in quei
tempi fu diviso fra lui, il fratello Domenico e la sorella Dina, moglie del
colonnello Altini, alla quale toccò la fattoria di Grisigliano. In casa di
Domenico, in piazza Scalelle, ci siamo già stati, benevolmente accolti dalla
prof.ssa Riccarda Rossi, attuale proprietaria, e abbiamo potuto ammirare degli
eleganti affreschi.
Ora andremo in casa di Filippo,
dove la nipote Lucia ha permesso di fare le fotografie qui di seguito. Filippo
Zacchini fu un personaggio interessante per la vita di Marradi ai primi del
Novecento. Ottimo oratore era, come si diceva allora, un "libero
pensatore" e quindi in perenne e aspra polemica con i maggiorenti del
paese, che erano prevalentemente cattolici. Fu più volte consigliere comunale e
assessore. Prossimamente avremo modo di parlare di nuovo di lui.
Era anche un appassionato
cacciatore e allevatore di cani da lepre, passione trasmessa al figlio Fulvio, che
infatti mantenne il rinomato allevamento di Segugi dell'appennino. Tuttora l'
Ente Nazionale Cinofilia Italiana riconosce come meritevoli di pedigree i
segugi che rispettano le caratteristiche fissate da Filippo nel 1932.
Il segugio dell'appennino
è questo cane, con
lo sguardo
vispo e le orecchie in giù.
La famiglia Zacchini curava con
passione la residenza di Ponte di Camurano, come del resto fa la nipote Lucia,
che ha affrontato spese rilevanti per ristrutturare tutto il complesso e
metterlo a norma secondo i canoni odierni.
E appunto durante questi lavori,
scrostando dei muri, sono emersi degli affreschi, sotto una imbiancatura fatta
in anni ormai lontani. La restauratrice Barbara Briccolani li ha riportati alla
luce e si sono rivelati come opera sicura di Galileo Chini, non della sua
bottega, ma proprio di lui.
E ora andiamo. ... E' permesso?
Si, salga pure.
Un bel camino d'arenaria fa bella
mostra
di sé nella sala.
Nell' architrave una frase perentoria:
"Alere flammam"
(Mantenere la fiamma
accesa).
Su una parete un antico lavabo per
le mani dei commensali, in una cornice di arenaria scolpita da Bruno Chiarini,
uno scalpellino ben noto qui nella zona.
Ed eccoci nella camera da letto,
di fronte ai dipinti di Galileo Chini.
Deve essere una bella soddisfazione grattare il bianco del muro e trovare un affresco del genere ai piedi del letto. E poi trovarne un altro dall' altra parte e altri ancora ai lati.
Come si fa a dire che l'autore è proprio Galileo Chini? Gli esperti non hanno dubbi e ci dobbiamo fidare, ma anche in carenza di fiducia balza all' occhio una caratteristica di questo pittore e cioè il gioco di prospettiva che moltiplica lo spazio e l'azzurro.
Qui sembra di essere in un gazebo
di fronte a una baia e non in una stanza.
La pittura si sviluppa sulle
quattro pareti, con tanti dettagli agli angoli.
Nelle altre stanze ancora
pitture. In particolare spicca un elegante soffitto a cassettone, dipinto con
un decoro ripetuto che aumenta il senso di profondità.
Anche qui gioca la mano dell' artista:
chi avrebbe detto che un decoro a riquadri apparentemente banali dà un senso di
profondità così spiccato?
E poi un'altra stanza con le
pareti dipinte a simulare la carta da parati, con ognuno dei decori leggermente
diverso dall'altro e un contorno di rose disegnate una per una.
Un gioco di abilità, di pazienza
e d'effetto, che non si sarebbe potuto avere usando uno stampo.
Anche questa è una traccia della
bottega del Chini, che raramente ripeteva un decoro senza aggiungere ogni volta
qualche pennellata diversa. E' anche una traccia dell'abilità della
restauratrice Barbara Briccolani, che ha ripreso ogni disegno facendolo tornare
proprio com'era.
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