domenica 30 agosto 2015

Da Gamberaldi nell'ultimo plenilunio d'estate

Un trekking di notte a Giugòla



Il giogo è un passo a sella, dove si scende e si risale prima di scavalcare. Proprio questo succede a chi va da Gamberaldi a Spianamonte e poi  a Giugòla. Il nome è antico, viene dal dialetto medioevale e "ola" è un diminutivo che vuol dire "piccolo". Al piccolo giogo si fa poca fatica e una strada campestre porterà al ristorante Il Castellare.









Andiamo ...
Siamo  120 qui alla madonnina di Gamberaldi, da dove siamo partiti anche l'anno scorso per andare all' osservatorio di Monte Romano.









Il tabernacolo di Gamberaldi segnava l'inizio della Processione delle Rogazioni, appuntamento sacro nel giorno dell'Ascensione per chi abitava qui nell' Ottocento. La gente andava fino a Pianello, un podere che è dalla parte opposta rispetto al tragitto che faremo questa sera e lì un'altra madonnina come questa segnava il punto del ritorno.

Eccoci alla Perdolina, una casa ristrutturata che oggi è un elegante agriturismo ma un tempo era un posto di dogana fra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio. Qui siamo al crinale di Valnera, e scendendo nel breve volgere di un chilometro o due si arriverebbe nello Stato della Chiesa, se ancora ci fosse.

I campi della Perdolina sono piacevoli da percorrere, ben esposti, panoramici e in piano.
Il vento d'autunno li spazzerà e infatti qui c'è una pala per l'energia eolica.
Lo spirare del vento d'autunno lo conosceva bene anche Dino Campana, che più volte soggiornò a Orticaia, un podere che si vede più in alto, e nei Canti Orfici descrisse il sito in questo modo:

La pala dell'eolico della Perdolina 
e la luna di questa sera.


8bre E' la fine del pellegrinaggio (... a La Verna)
Sono capitato in mezzo a buona gente. La finestra della mia stanza che affronta i venti e una vedova già serva padrona di un nobile romagnolo, il figlio povero uccellino dai tratti dolci e dall' anima indecisa, povero uccellino che trascina una gamba rotta e il vento che batte alla finestra dall' orizzonte annuvolato, i monti lontani ed alti, il rombo monotono del vento. Lontano è caduta la neve. La serva padrona zitta mi rifà il letto e l'aiuta la fanticella. Monotona dolcezza della vita patriarcale.


Ora la strada campestre scende e senza fatica arriviamo a Spianamonte, un podere in un prato pascolo in piano che ne giustifica il nome come meglio non si potrebbe. In fondo ai campi il sentiero si impenna e nel giro di qualche centinaio di metri si arriva alla Bocchetta di Giugòla.

La comitiva sale 
alla bocchetta di Giugòla,




Qui a Spianamonte confluisce anche la campestre che sale da Valnera, una chiesa in fondo alla valle del Rio di Campodosio, affluente del Lamone a S.Martino in Gattara, che sarebbe un'ottima meta per un altro trekking.
Questo è un tratto del cosiddetto Sentiero di Garibaldi, ossia del percorso che il patriota fece nel 1849 accompagnato da don Giovanni Verità per fuggire ai gendarmi austriaci che lo cercavano dopo l'infelice esito della Prima Guerra di Indipendenza.
Ne riparleremo un'altra volta.
Il percorso di Garibaldi è quello segnato a tratto giallo pieno qui sopra e invece il puntinato bianco marca il tragitto che stiamo facendo questa sera.

La luna di settembre sorge sopra Monte Gianni e poi come sempre percorrerà il cielo fino al Castellone, e tramonterà dietro a Monte Colombo. Nella foto qui accanto si vede il suo chiarore. Ma perché sono tutti fermi?

A Marradi questa notte c'è la Festa di fine estate e laggiù in fondo si vedono i fuochi artificiali sparati sopra al paese.

Il 28 settembre la luna ripercorrerà la stessa orbita ma dalle quattro alle cinque di mattina sarà in eclisse. Se le condizioni meteo saranno favorevoli ne riparleremo.



Eccoci al ristorante Il Casolare.
Facendo questi trekking di notte abbiamo preso il "vizio" di finirli a tavola ... e ce lo teniamo volentieri ...

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mercoledì 26 agosto 2015

Gli oggetti del cielo profondo

Un viaggio al Delfino 
e alla Volpetta
ricerca di Claudio Mercatali




L'Aquila, la Freccia
e il Delfino
secondo il geografo
Gerardo Mercatore




In cielo oltre alle stelle c'è una quantità incredibile di corpi reali e di fantasia. Si possono cercare le nebulose, le galassie, gli ammassi stellari e le figure delle 88 costellazioni ufficiali. Oltre a queste c'è una ricca serie di figure immaginarie, dette asterismi, che soddisfano tutte le fantasie.
Questa notte il nostro obiettivo sono alcuni oggetti del cielo profondo vicino alla stella Altair: con il binocolo cercheremo tre costellazioni deboli, in una delle quali c'è un asterismo dalla forma particolare.



Il Delfino è una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo duemila anni fa. E' piccola e si fa fatica a vederla, però la sua forma si ricorda bene perché è la sagoma di un delfino che salta.

La Freccia è una costellazione che ha solo quattro stelle e giace sulla via Lattea. Deve il nome alla sua forma e ad essa è collegato questo famoso mito: il Titano Prometeo rubò il fuoco agli Dei e lo portò ai mortali. Per questo Zeus lo incatenò ad una roccia nel Caucaso, dove un' aquila gli rodeva il fegato. Prometeo era immortale, il suo fegato ricresceva, e l'aquila tornava ogni giorno per mangiarlo di nuovo.Ercole lo liberò durante la sua Undicesima Fatica dopo aver ucciso l'aquila con una freccia.



La Volpecula, in italiano Volpetta, è una costellazione debole formata da diverse stelle appena visibili ad occhio nudo. Qui nel 1967 fu scoperta la prima pulsar, ossia una stella ormai spenta che manda dei segnali radio come ultimo segno della sua vitalità. Le pulsazioni arrivano anche oggi, al ritmo di uno ogni 1,33 secondi (le pulsar sono molto regolari). Il nuovo oggetto si chiama PSR 1919 -21 (Pulsar ad ascensione retta 19h 19m e declinazione +21°).

 




















Ai margini della Volpecula c'è la Gruccia, un gruppo di circa 40 stelle scoperto dall'astronomo arabo Al Sufi nel 964 d.C. e riscoperto in maniera indipendente dall'astronomo siciliano Hodierna. E' noto anche come Ammasso del Brocchi, dal nome dell' astronomo americano che lo studiò negli anni Venti e forse gli diede il nome Coathanger, Gruccia appunto. Si ritiene che non sia un ammasso, perché sembra che le stelle non siano tutte alla stessa distanza e quindi più esattamente andrebbe definito come un asterismo, una figura.


venerdì 21 agosto 2015

Anno 1900 I rumori della banda


 I marradesi protestano
ricerca di Luisa Calderoni



Nell'inverno 1900 la banda di Marradi faceva troppo rumore. durante le prove, e qualcuno andò dai Carabinieri. 
Allora il maresciallo scrisse al Sindaco, usando la carta ufficiale listata a lutto, perché da pochi mesi era morto il Re Umberto I.





  
Legione Territoriale
dei Carabinieri Reali di Firenze
Stazione di Marradi       Marradi 19 dicembre 1900

OGGETTO: Si danno nozioni

All' Illmo Sig. Sindaco del Comune di Marradi

 Ho l'onore di informare la S.V. Illma che fra i componenti del corpo musicale di questo paese esiste rumori tali da prevedere turbato l'ordine pubblico, siccome ho dovuto verificare che una parte del suddetto corpo si riunisce di quando in quando a far delle sortite, suonando i loro strumenti e a capo vi è il capo musica Miniati Giuseppe senza che questi abbia ottemperato a quanto prescrive la legge di Pubblica Sicurezza per cui pregola a voler richiamare chi è a capo di detta musica perché quest'arma trovandoli a suonare è costretta a domandargli se son premuniti di regolare permesso dall'autorità locale di Pubblica Sicurezza.








Se poi la S.V. Illa in base all'articolo 8 delle legge di Pubblica Sicurezza glielo rifiutasse, sarei a pregarla di un cenno al riguardo; così pure quando la prefatta S.V. Illma  rilascerà regolare permesso.

Il maresciallo Comandante la Stazione
Zecchini
















La banda dei Marradi nel 1918 circa. Giuseppe Miniati è il primo a sinistra, in piedi.




Fonti: Documenti dell'archivio storico del Comune di Marradi.
La foto è presa da Tarabusi, Marradi com'era.

domenica 16 agosto 2015

Casaglia, le lamentele del 1912

Dalle rubriche 
del primo Novecento
ricerca di Claudio Mercatali



In questo articolo del 5 maggio 1912 gli abitanti di Casaglia si lamentano. Manca un po' di tutto, anche l'acqua potabile.

" ... qui c'è rimasto solo il prete, i vecchi e qualche bambinuccio, il resto se n'è ito ..."

dice il casagliese che protesta scrivendo questa lettera al Corriere Mugellano. 
A suo dire il comune di Borgo S.Lorenzo negli ultimi cinquant'anni non avrebbe speso nemmeno un soldo per migliorare la vita nel villaggio.

... Vorrei essere un tafano per poter trafiggere col mio pungiglione le parti più sensibili dei nostri padri della patria, affinché una buona volta si ricordassero dei pochi e miseri abitanti di questa bicocca montana lasciata in balia della provvidenza e del caso ...























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martedì 11 agosto 2015

1925 La strada per S.Benedetto in Alpe

Una strada per tre comuni
da una ricerca di Mario Catani 
e Claudio Mercatali



Prima del 1925 la Valle del Rio Salto, più nota come Valle della Badia del Borgo, era accessibile solo con una mulattiera sgangherata, che saliva fino a Val della Meda e poi diventava un sentiero con il quale si poteva arrivare A San Benedetto in Alpe (non senza peripezie).

La viabilità odierna è assicurata da una comoda strada asfaltata, la Provinciale n° 74, che a un certo punto ha una deviazione per Tredozio. 
La Provinciale è lunga 21 km e percorre quasi tutta l'Alpe di S.Benedetto, zona di monasteri medioevali. Lungo questa via si incontra la Badia del Borgo e si arriva al Passo dell'Eremo, da dove con un trekking di 2 ore circa si può raggiungere l'eremo di Gamogna. Invece proseguendo si arriva a S.Benedetto in Alpe, dove c'è un altro monastero.


Per costruire la strada i tre comuni di Marradi, S.Benedetto in Alpe e Tredozio si costituirono in consorzio, in modo da accedere ai finanziamenti che lo Stato concedeva negli anni Venti per realizzare queste viabilità.



Il progetto venne preparato dall' ing. Enrico Vallini, di Roma, e i lavori furono appaltati nel 1924 alla Società Anonima per Costruzioni di Pilade Di Giacomo, anche lui di Roma.

L'inizio dalla parte di Marradi era già un problema, perché si trattava di abbandonare il vecchio tracciato, da Casa della Volpe alla Presìa, per spostarlo dalla parte opposta del torrente, dov'è oggi.




Fu costruito in Ponte della Presìa, per ritornare nel versante
 a solame,
dove c'era la vecchia via.













L'ing. Enrico Vallini era un bravo disegnatore e quindi da qui in poi parleranno soprattutto le immagini.










L'Alpe di S.Benedetto è un sito appenninico aspro. Il valico è a giogo, con una sommità al Passo dell'Eremo e un'altra al Passo della Peschiera, ambedue a più di 900m.

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La nuova strada era importane per Marradi, perché tagliava a metà il territorio comunale e rendeva accessibili dei territori fino ad allora remoti. Perciò i lavori vennero fatti con cura e con opere moderne, come il Ponte di Camperia.








Il tratto a maggiore pendenza comincia dal podere Sambuco e arriva al podere Trebbo.
Lo sanno bene i ciclisti che scavalcano l'appennino dal Passo dell'Eremo.















Il tracciato odierno in prossimità del Trebbo non è più come questo qui accanto, perché la Provincia negli anni Settanta lo modificò per renderlo agevole al transito delle automobili.





Il progetto dell'ing. Vallini prevedeva una galleria di valico,
che non venne realizzata.








Campo del Fango è il primo podere che si incontra lungo la via, in discesa verso S.Benedetto.


La strada arriva sopra l'abitato di San Benedetto il Alpe e scende in paese con una serie di tornanti strettissimi che sono ancora oggi come allora.

La strada vecchia c'è ancora, adattata a percorso di trekking e scende a rotta di collo dalla località Il Poggio
fino al ponte della statale per il Muraglione.


I lavori per questa strada erano importanti anche per S.Benedetto e Tredozio, che ottenevano un collegamento con la stazione ferroviaria di Marradi.

Perciò il Consorzio dei tre comuni, definito ogni aspetto delle cose da fare, volle celebrare l'inizio dei lavori con una cerimonia.
Era l'8 novembre 1925.









Tutto bene dunque? Non tanto perché ben presto le spese si rivelarono quasi insostenibili.
In questa lettera il commissario del comune di Portico - S.Benedetto scrive al Consorzio che sospende il pagamento della sua quota per mancanza di mezzi.






In compenso i lavori richiesero tanta mano d'opera e furono un mezzo per combattere la drammatica disoccupazione che in quegli anni affliggeva la nostra zona. 









FONTE: Documenti dell'Archivio Storico del Comune di Marradi.



giovedì 6 agosto 2015

Viaggio in montagna


Un giro in moto nel 1954
da documenti di Luisa Calderoni.
Testo di Claudio Mercatali





Le nostre strade sono tortuose e scomode per i collegamenti, ma sono sempre state amate dai ciclisti e dai motociclisti. Le curve della Colla, del Giogo e del Muraglione sono un classico per gli amanti delle due ruote. E' così anche oggi, com'è facile constatare ogni fine settimana.



Questo che segue è il racconto per immagini di un giro motociclistico fatto nel 1954 da tre amici di cui non si sa il nome. Per nostra fortuna uno di loro perse il rullino delle foto che aveva scattato, che è stato ritrovato per caso in un cassetto .



Che mezzi avevano i tre amici? Erano ben attrezzati, almeno secondo gli standard degli anni Cinquanta. Lo sappiamo perché ogni tanto nelle loro fotografie compaiono i loro mezzi.


  
La partenza fu a Borgo S.Lorenzo. Il primo ad arrivare all'appuntamento fu quello con la Lambretta, e nell'attesa fotografò il viale d'accesso alla stazione.




Pontaruscello è un sito a circa 2 Km dopo Madonna dei Tre Fiumi, dalla parte di Razzuolo.
Qui c'era una strettoia tremenda perché la strada girava attorno a uno sperone di roccia. La Provincia di Firenze (1954) tagliò la roccia nel modo che si vede,


  

I tornanti di Pontaruscello erano ancora quelli della vecchia Granducale di Leopoldo di Lorena e gli Alleati fecero largo uso della dinamite per passare con i carri armati nel 1944.






Dopo dieci anni le tracce di queste demolizioni erano ancora evidenti e infatti i nostri tre amici motociclisti rimasero sorpresi e si fermarono a fotografare.





Nei pressi di Razzuolo la strada della Colla ha ancora il tracciato di allora. Sono cambiate solo le protezioni laterali, perché nel 1954 i guard rail non esistevano.







Casaglia non aveva l'accesso 
verso Marradi. Erano in corso
i lavori per farlo.












Il ponte di Valbura, che era di ferro, era ancora distrutto. I genieri tedeschi avevano minato un solo pilastro perché tanto il ponte sarebbe crollato sotto il suo stesso peso.

... Danger ... dice l'avviso verniciato nelle travi di ferro e lo scuterista con la Vespa approfittò per farsi fare una foto ricordo.





La visuale della cascata di Valbura, così com'era in quei giorni dà un senso di desolazione.





   

Anche a Fantino i danni della guerra furono tanti. Era stato minato il ponte vicino alla stazione e sconvolto l'impianto ferroviario, tanto che è stato difficile riconoscere il luogo e il punto di scatto della fotografia.
E' stata decisiva la forma delle pietre nel tratto di muro restato intatto e la presenza della linea elettrica,







Anche il ponte dopo la stazione di Fantino era in ferro e fu minato come quello di Crespino.
Si vede rovesciato nel campo.
   


  
La vista dei bei ponti di ferro della ferrovia Faentina, distrutti dalla furia della guerra, deve aver meravigliato non poco i tre motociclisti. Ecco sullo sfondo il ponte di Villanceto, fotografato dal Campo Sportivo (ora Parco della Piscina), con le rovine del casello.


  
La strada per S.Benedetto in Alpe era invitante anche allora e i tre avventurosi la imboccarono.

  
Alla Badia del Borgo (sullo sfondo si vede appena il ponte per il monastero) c'era questo molino, demolito dopo pochi anni. Le pietre dei suoi muri furono usate per costruire una briglia sul Rio Salto, di poco a valle.








La strada per S.Benedetto era in costruzione. Era aperto il cantiere vicino al podere Trebbo per adattare il percorso già cominciato durante il Ventennio.
Si doveva rendere idonea la strada provinciale alle nuove necessità, cioè al traffico delle auto, che cominciavano a vedersi in giro con una certa frequenza.




I lavori di allora non bastarono assolutamente e la Provincia di Firenze tracciò di nuovo la strada a partire dagli anni Settanta. Quei lavori non sono ancora finiti.



I tre avventurosi rinunciarono a proseguire dopo i tornanti di Trebbo, forse consigliati da questi stradini intenti a prolungare il tracciato fino a Val della Meta. A quel tempo il collegamento fino a S.Benedetto era precario e costringeva a scendere dalle moto per spingerle a mano.

  


Verso Palazzuolo le cose andarono meglio ... si fa per dire ... ecco il ponte di Collecchio appena ricostruito.




  


Il disperato bisogno di legna da ardere costringeva a tagliare i boschi il più possibile.



  


Ecco finalmente il Passo di Sant' Ilario, culmine della strada verso Palazzuolo.
La strada per la villa dei Cancelli era una campestre per noi malagevole ma secondo gli standard dell' epoca il tracciato era abbastanza comodo.



Ecco l'ingresso a Palazzuolo,
vicino ai portici.








Allora il tasso di natalità era alto 
e in ogni casa c'erano diversi figli.








Che cosa fecero i tre motociclisti una volta giunti qui? Non potevano proseguire attraverso il Passo della Sambuca come molti fanno oggi, perché quella strada non era ancora stata aperta del tutto. Forse proseguirono per Firenzuola o forse tornarono verso Marradi. 
Non lo sappiamo perché il rullino delle fotografie finisce qui.


Fonte: Negativi in b/n in formato 8mm, digitalizzati da Claudio Mercatali