domenica 28 agosto 2016

L'idroterapia

La sala "benessere"
dell'Ospedale S.Francesco
Ricerca di di Mario Catani 
e Claudio Mercatali





Alla fine dell'Ottocento l'evoluzione continua dell' arte medica impose all' Ospedale San Francesco degli investimenti impegnativi.
Siccome l'ospedale era sotto il controllo del Comune di Marradi, gran parte dei soldi necessari agli acquisti venivano dal Municipio. Per questo il Direttore Sanitario in carica, ossia il primario chirurgo dr. Bertolucci, nell'agosto 1896 prese carta e penna e scrisse al Sindaco questa lettera. Che cosa chiedeva? Leggiamo:





"L'arte salutare progredendo di momento in momento, impone modificazioni e miglioramenti continui nella cura delle singole malattie, la cui negligenza è necessariamente una colpa.
E' per questo che riconosco in me il dovere di denunziare a chi è preposto alla pubblica salute tutti i mezzi per migliorare la cura delle malattie e di sottoporre alla Vostra considerazione come questo ospedale manchi della più elementare sala idroterapica e come di questa oggi più che mai se ne senta il bisogno da che un tale mezzo di cura si impone ad un numero considerevole di malattie. 
Più volte ho reclamato all' onorevole Congregazione di Carità questo provvedimento ma le ristrettezze del Bilancio dello Spedale non hanno mai permesso di potere sperare neppure in tempi lontani questo benefizio.


D'altra parte vedo ogni giorno come molti debbono eseguire cure incompiute per non avere mezzi di recarsi altrove ad eseguirle esattamente, vedo altri che per piccolo malore devono abbandonare interessi e famiglia per recarsi dove quel mezzo di cura può effettuarsi, una più di tutto mi accuora il vedere per certi malati il bisogno urgente di un bagno immediato, il quale forse può evitarne la morte se eseguito sollecitamente, dover aspettare non meno di due ore prima che il bagno attuale sia pronto e sottoporsi al pericolo di una malattia grave per frigerazione, dovendosi eseguire quel bagno con metodo preadamitico in ambiente diverso da quello dove si posa il malato per non avvelenare l'aria con le emanazioni gassose della combustione.

Non parlo del pubblico fuori dallo Spedale, che a Marradi non ha dove eseguire nell'inverno e convenientemente un semplice bagno di pulizia né ha il modo di curare nessuna malattia d'indole nervosa eruttiva ecc.


Nel passato sebbene si avesse nello Spedale un ristretto e incomodo ambiente da bagno, non ostante il pubblico si adattava e contribuiva con le tasse in media annua di lire 40,00 ciò che dimostra come il denaro speso per una sala da bagno non sia tutto perduto e come il Comune possa economizzare sussidi e spedalità per inviare malati in altri luoghi.


La facciata dell'Ospedale all'epoca. 
Sopra la finestra con la grata, a piano terra, c'è scritto "bagno".


 

Quindi per la reclamata necessità, per il comodo del pubblico e in considerazione che il denaro speso per una sala idroterapica non è del tutto infruttifero faccio preghiera alla S.V. perché si compiaccia sottoporre all'Onorevole Consiglio Comunale l'approvazione della spesa di lire 800.00 nel bilancio preventivo 1899 allo scopo di costruire in questo Spedale due sale con bagno per immersione, doccia semplice e a pioggia, doccia lombare e semicupio per irrigazioni vescicali e vaginali destinando una di queste sale ad uso del pubblico, l'altra ad uso dello Spedale.



La spesa suindicata per questi lavori mi viene assicurata sufficiente da competente persona e le due sale suindicate potrebbero eseguirsi nell'attuale magazzino dei combustibili con accesso separato per il pubblico. Parendo che specialmente a coloro che sono preposti al pubblico interesse sia inutile raccomandare di più il miglioramento del nostro Spedale troppo dimenticato dalla pubblica e privata carità, spero che la mia sollecitazione troverà il favore dell'Onorevole Consiglio Comunale nella sicurezza di rendere un servizio alla scienza e al paese.


Con distinto ossequio della S.V
Il direttore sanitario D.Bertolucci






Per dare maggior forza alla richiesta intervenne anche la Congregazione di Carità, ossia l'ente che amministrava l'ospedale e il Presidente G. Cavina Pratesi scrisse al sindaco la lettera qui accanto per appoggiare la richiesta.



Piacque molto anche l'idea del dottore di aprire al pubblico l'impianto idroterapico, cosicché vi potessero accedere a pagamento anche i marradesi non ricoverati, in modo da contribuire al mantenimento:


" ... una non indifferente entrata proviene da bagnanti 
non poveri e non ricoverati nell'ospedale ...".

Dunque il Comune concesse il finanziamento e nel 1897 partirono i lavori, che furono condotti a termine lo stesso anno. Gli idraulici di Marradi non avevano idea di cosa servisse per una sala idroterapica e quindi furono chiamate da Firenze le ditte di Alessandro Spolveretti e Filippo Tempestini.
Dalle fatture apprendiamo che vennero montate rubinetterie in ottone, acquistata una vasca di graniglia, il massimo per l'epoca, e i muri furono rivestiti di piastrelle. Insomma non si lesinò nelle spese e fu allestito un impianti dignitoso.















Le fatture per gli impianti della sala idroterapica.


I marradesi non ricoverati gradirono abbastanza questa novità e la sala negli anni seguenti divenne un bagno pubblico al quale si poteva accedere a pagamento.

C'erano diverse tariffe, a seconda del servizio: senza biancheria, bagno caldo con biancheria, bagno e doccia ... come si può leggere nell' elenco qui sotto in cui sono elencati i nomi di chi fece il biglietto di entrata nel 1898.









La sala idroterapica era diventata una specie di "area benessere" nella quale passare qualche ora in relax.

Sfogliando le vecchie fatture si trova anche questo conto, spedito dalla ditta G.Martinez Vernetti e C. che comunica alla Congregazione di Carità che finalmente sta per arrivare a Livorno il piroscafo con la merce ordinata, e cioè ...


... clicca per ingrandire la figura
qui accanto e leggi ...



Fonte: Archivio storico dell'Ospedale S.Francesco di Marradi



sabato 20 agosto 2016

A Marradi nella Notte delle streghe


Tra incanto, mito e magia
resoconto di Claudio Mercatali



Nella Notte delle Streghe a Marradi c'era un’ insolita scenografia a cielo aperto. Il tema scelto dal direttore artistico Maurizio Brunetti, era il mondo dell’epica classica con l’opportunità di ripercorrere il viaggio di Ulisse e incontrare i personaggi mitologici dei poemi omerici.

Il 19 agosto tutto è iniziato al tramonto a fianco del Teatro Animosi con il mercatino degli ambulanti. A calare della sera le vie del centro si sono animate con spettacoli, danze e musica.

Davanti al Teatro c'era l’atmosfera magica della leggenda, con il cavallo di Troia, al cospetto del re Priamo che, insieme ad Andromaca, Elena e Paride, osservava i sudditi in festa (cioè tutti noi). Qui si poteva anche diventare per un momento partecipanti attivi e lasciarsi coinvolgere da aedi, ancelle, sacerdotesse e divinità, con foto ricordo della notte marradese.

Sotto il mercato coperto una serie di colonne luminescenti facevano da contorno a uno spettacolo allestito dal gruppo “Circonfuse” adatto ai più giovani: si poteva visitare il luogo dell' incanto e della magia abitato da fate giocose, con bolle incantate, giochi di luci ed ombre, colorate pozioni magiche e spiritosi truccabimbi. 





 
Partiti dalla città festante di Troia, siamo arrivati davanti alla casa dell’eroe, a Itaca, dove i Proci, aspettando che Penelope finisse la tela, stavano dilapidando tutti i beni di corte e facevano letteralmente i loro comodi davanti alla casa di Ulisse che non era ancora tornato.










Penelope e l'ancella sedevano al telaio in un tempio circondato da cariatidi umane, che a intervalli regolari lasciavano la loro postazione, esibendosi in una coreografia.
Per dire di una persona che proprio non si muove si dice "immobile come una cariatide" ma qui c'è una variante del mito ...


Sta arrivando Ulisse con la nave, 
fra un po' per i Proci saranno guai ...



 









Continuando il viaggio abbiamo incontrato Scilla, 
il mostro marino con sei teste, 
che divorava parte dell’equipaggio ...




... e Polifemo, che lanciava macigni 
(di polistirolo) sui passanti.

... qui ha trovato un aiutante ...

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E’ il momento della discesa nell’Ade, 
il mondo degli inferi, popolato da esseri 
misteriosi e dalle anime degli eroi greci. 













Si entrava da questa porticina, 
dove delle strane manine cercavano 
di afferrare i passanti attraverso le pareti.






















Per gli antichi greci l'Ade è l'aldilà, 
che non corrisponde all'Inferno.
Quindi si incontravano anche 
dei personaggi rassicuranti, 
come queste tre signore.






In piazza Scalelle, nel cuore del paese, c'era Ulisse dalla maga Circe, con il Dio dei venti Eolo e Medusa impegnati in una danza.








Ecco di nuovo Ulisse, che passa con la nave spinta dai marinai del suo equipaggio in mezzo alla folla.















L’ultimo, accattivante pericolo per l’eroe, è stato l’incontro con le sirene, in grado di ammaliare i marinai con il loro canto suadente. 




















A questo punto
non poteva mancare Nettuno, 
il dio del mare ... 








... e nemmeno gli Dei dell'Olimpo









A mezzanotte e la gente
si accalcava vicino al Ponte Grande.
In base ai dati delle biglietterie c'erano quasi 4.000 persone.



 

La mostruosa Medusa era stata rapita,
portata in corteo sul fiume Lamone
e messa al rogo.


Così sono finite le rappresentazioni nel centro del paese, ma la festa è continuata al Parco della Piscina Comunale, con musica fino alle ore cinque del mattino. 



lunedì 15 agosto 2016

Un trekking di notte a Coloreto



La Stra' Stellata di Ferragosto
resoconto di Claudio Mercatali
 
 
 
C' è una luna piena ogni 29 giorni, perché questo è il tempo che il nostro satellite impiega per compiere un'orbita e ripresentarsi con lo stesso aspetto. Nell'anno Mille gli Arabi l'avevano capito e su questo fondarono il loro calendario. Invece noi Europei ci regoliamo con il Sole, per cui abbiamo un calendario che non combina con quello lunare e anzi per noi un "lunatico" è uno che non è mai "a tempo" e quindi è anche un po' strambo e invece un "solare" è un individuo con le idee chiare e manifeste.
 

Chi ha ragione, noi o gli Arabi? Non si sa, perché i due riferimenti astronomici si equivalgono e si tratta di intendersi. Sta il fatto nei trekking notturni è importante tener conto delle fasi lunari, perché se c'è il riverbero della Luna si vedono tante cose. Manca qualche giorno al plenilunio e si vedono discretamente anche le stelle e infatti il nostro giro è stato chiamato “Stra' Stellata” .
 

Siamo 380 qui alle Case Nuove dell'Eremo, a 900m di quota, nella fresca serata del 14 agosto, in attesa della partenza. Il trekking si snoda in due anelli, uno di 3,7 km e un altro più lungo di 2 km. E' inevitabile perché "il passo si misura con la gamba" e sarebbe difficile trovare un percorso unico che vada bene per tutta questa gente. E allora andiamo ... 
 

 
Il "giro corto"  dalle Case Nuove del Passo dell' Eremo a Coloreto, sul Passo della Peschiera aveva il tracciato che si vede qui sopra. Il sentiero è quasi tutto a 1000m di quota.
 
Nel sentiero detto "della Pianellona" si va in fila indiana e quindi all'imbocco ci dobbiamo allineare. Si forma un serpentone  lungo diverse centinaia di metri.
 
 
 
 
Dopo un tratto in salita si percorre un crinale piacevole, che si chiama "Il galestrino".
La luna è già alta e la sua posizione è perfetta 
per illuminare la via quando scenderà la notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Siamo alla quota di 1000m e verso ovest la visuale si apre fino al Monte Carzolano, che da qui dista quasi
15 km in linea d'aria.
 
 
 
 
 
 
Al crinale c'è la sosta per ricompattare il gruppo. Ognuno deve decidere: giro lungo o corto?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Chi di qua e chi di là.
 
 
 
 
 
 

 
Dal crinale della Preda si vede il panorama opposto a quello di prima, fino al Monte Falterona, che dista più di 20 km in linea d'aria.
 
 
 
 
 
 
 
 
La sera sta scendendo rapidamente e il cardo selvatico
sta chiudendo il suo fiore buffo.
 
 
 
 
 
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Ormai è notte quando arriviamo di fronte al Monte Pollaio, che è la cima più alta di questa zona, dopo il Monte Lavane, che si intravede sullo sfondo, a sinistra.



Che cosa succede a Coloreto?
C'è un incendio? No, sono le luci del "ristorante" all'aperto, perché questi trekking finiscono sempre a tavola.

 
 
Mentre eravamo in giro è arrivato un altro centinaio di persone e quindi ora siamo quasi cinquecento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

mercoledì 10 agosto 2016

1752 Il ponte della Badia del Borgo

Una lite fra il Comune 
e i monaci 
ricerca di Claudio Mercatali


A chi spetta mantenere un ponte? A chi l'ha costruito? E se un ponte costruito da un privato ha uso pubblico?





Queste domande se le posero nel 1752 gli amministratori del Comune di Marradi e i monaci, quando crollò un muro al ponte della Badia del Borgo. Leggiamo che cosa scrissero i monaci al Comune:




La Badia di Marradi
Alla Comunità di Marradi

Illustrissimi clarissimi signori

Nei dintorni del Borgo di Marradi scorre un torrente assai copioso d’acque, denominato Il Salto, sopra il quale due secoli mezzo orsono fu fabbricato un ponte, accompagnato da una muraglia laterale, che unisce il detto ponte alla strada. Questo ponte fu edificato dai monaci della Badia di S.Reparata nell’anno 1494 come non si controverte tra le parti. Nell’occasione e la muraglia e il ponte hanno avuto bisogno di essere riparati e …









 Il ponte, la Badia e il podere di Pian della Quercia nel 1752 


Le spese erano tante e i monaci chiesero al comune di contribuire.
Però il Gonfaloniere (era l'equivalente dell'odierno sindaco) e i Priori (gli assessori) si rifiutarono.
Così nacque una controversia fra i monaci e il Comune, con il relativo scambio di lettere, le accuse, le ripicche e quant'altro. I monaci seppero farsi valere e il Gonfaloniere un po' preoccupato lesse questa lettera al Consiglio:




Illustrissimi signori

Contro la protensione della Badia di Santa Reparata di Marradi, che pretende che la comunità ripristini a sue spese il ponte posto nelle vicinanze di Marradi di sopra il Rio del Salto, sia per disposizione di ragione sia in vigore dell' osservanza.
Due eccezioni oppone detta Comunità: la prima che essendo detto ponte stato fatto dai monaci di detta Badia ad essi si aspetti il mantenimento del medesimo. La prova che detto ponte sia stato fatto da detta Badia si deduce dall’esserci nel medesimo l’arme (= lo stemma) abbaziale ... 

... Ma negano che siano obbligati al mantenimento perché servendo per uso del pubblico e per poter andare il Popolo alla chiesa di detti monaci, che è parrocchiale. Se nell’ antico per comodo e per benefizio del pubblico vi fu un abate che fece la spesa non si può obbligare la Badia alla conservazione o al mantenimento de’ tempi futuri, sia per difetto di causa sia per difetto di solennità …




Il "difetto di causa" era sostanzialmente il fatto che il ponte aveva uso pubblico, come oggi, e il "difetto di solennità" era il fatto che il convento chiuso non aveva più l'importanza di prima ed era diventato una semplice parrocchia. Gli argomenti erano forti, il Comune perse la causa e dovette spendere.



Fonte:
Archivio storico del comune di Marradi, filza n° 1735.

mercoledì 3 agosto 2016

Sibilla incontra Dino

Dalla Topaia
a Casetta di Tiara
ricerca di Claudio Mercatali


La campestre per S.Giovanni


La Topaia è una casa di campagna vicino a Panicaglia. Si arriva lì prendendo la campestre verso la chiesa di S.Giovanni Maggiore per poi scendere in una valletta. Ora è un agriturismo ben condotto, ma nel primo Novecento era una delle tante case di campagna del Mugello.

Nel luglio 1916 la casa era in affitto a Julien Luchaire, dell' Istituto Francese di Firenze, che l'aveva data a Sibilla Aleramo per un soggiorno. Qui la poetessa lesse i Canti Orfici e scrisse al poeta chiedendo di incontrarlo. Dino gli rispose con una cartolina postale in francese:


Rifredo (Firenzuola)  30 luglio 1916

Jeudis matin je serais a Borgo S.Lorenzo au train des 8,55. Vous me verrez a la fenêtre du vagon, venant de S.Piero a Sieve, e vous me reconnnetrez a ma tête rousse et à une lettre a la main que j'aurai.  Nous irons a Marradi, alors? Comme vous voyez, je dois prendre l'automobile d'ici jusqu'à S.Piero et ensuite le train de Marradi. Ma bonne Sibille, je ne saurais jamais, vous être agréable a Marradi. C'est un pays où j'ai trop souffert et quelque peu de mon sang est resté collé aux roches de là haut. Mais ça ne se vois péut être pas que par moi et vous pouvez voir ça mieux dans les couchants étranges des mes poesies. -


Rocce lungo il Fosso di Campigno (Marradi)

... Mia buona Sibilla, io non so proprio se vi troverete bene a Marradi. E' un paese dove ho troppo sofferto e un po' del mio sangue e rimasto attaccato alle rocce di lassù ...

Alors donc je pense que je m'arreterais à la gare de Borgo si je vous verrai - Ecrivez-moi quelque chose. J'habite ici dans une trattoria quelconque, a Barco. Je ne suis pas trop sauvage et l'on me connait même pur un gentil garçon, jusq'au present. Vous pourriez trouver ici le silence, l'espace, et des pensions convennabbles. C'est année il n'y a personne. Je compte que si vous aurez besoigne encore de la campagne vous viendrez voir ici. La tente c'était pas serieux, mais quelque chose l'on fera si vous voudrez, quelque programma si vous l'aimez. Si vous venez ici je n'oublierais pas, jamais, votre grace. Vous trouverez tout prêt.  L'auto part de S.Piero au matin en vers 7h. et au jour vers 8h. J'attends quelque mots de vous.

 

Votre Cloche


Cloche è il nome  francese
di un particolare cappello da donna
a forma di campana.


Sibilla gli rispose e accettò di andare a Barco, sul Passo del Giogo, così come gli aveva chiesto Dino Campana:


Mio caro Cloche

incomincio a farmi un'idea dei nostri rispettivi eremi. Dal canto vostro avete da sapere che io mi trovo più vicino a Panicaglia che a Borgo. Alla stazione di Panicaglia si va in 15 minuti attraverso i campi, mentre a quella di Borgo ci vuole un'ora buona.
Vi direi di venire voi senz'altro, ma vedo che preferite che venga io costà, e va bene, poiché sperate che il posto mi invogli a tornare.

 

La stazione
di S.Piero a Sieve



Prenderò dunque l'automobile a S.Piero giovedì mattina alle sette e scenderò a Rifredo a meno che il conduttore non mi dica che Barco vien prima, nel qual caso voi mi aspetterete a Barco, sta bene? Non occorre rispondiate, se va bene. E io spero che nulla mi impedisca di venire. Forse resterò anche la sera - siamo poeti notturni, le stelle ci propizieranno l'avvenire - Se foste venuto qui, la prima impressione che vi avrei fatta sarebbe stata forse migliore, senza cappello e tutti gli altri imbarazzi del viaggio ...




... Prenderò dunque l'automobile
(= la corriera) a S.Piero giovedì ...


Ridete? Ma voi mi prospettate la vostra testa rossa e la vostra aria da gentil garçon! ...
Mio caro Campana. Ho un tono scherzoso ma voi sentite quanto in realtà sia profonda la mia tenerezza. Vi ringrazio di avermi scritto quelle parole sul dolore patito a Marradi. Vi saprò dir poco, a voce, sono una silenziosa, ma vedrete che il travagliato nodo della mia anima lascia tuttavia al mio volto e al mio silenzio un poco di chiarità.
                                                                                    Vostra   Sibilla



La stazione di Panicaglia


Sibilla, secondo gli accordi si avviò a piedi alla stazione di Panicaglia e aspettò il treno che scendeva da Marradi. Così cominciò la storia, prima al Barco per qualche giorno e poi a Casetta di Tiara, un paesino sperso fra i monti.

Sibilla a Dino,  ricordo del 3 agosto 1916


FAUNO

Lontane dal mondo,
quercie,
rade nel sole d'agosto,
acque fra i sassi,
lontane dal tempo,
e tu
dorato ridi,
tu alla bianca mia spalla
tu alla verginea sua musica
gioia dagli occhi ridi.

Il fauno era una divinità dei boschi

.............................................



La pensione Il Bagnolo, a Barco,
dove Dino Campana soggiornava.
(foto di Ivo Morini).



E dunque ora non rimane che andare a Barco e fare a piedi il sentiero che forse i due percorsero ai primi d'agosto del 1916 per andare a Casetta di Tiara, che è abbastanza distante da qui.

Si tratta di scendere da Rifredo a Badia Moscheta, che oggi è un attrezzato agriturismo, e poi imboccare il sentiero lungo la Valle dell' Inferno, che finisce sotto Casetta di Tiara.
Non è provato che Dino e Sibilla siano passati proprio di qui, però per questa via campestre si arriva a Casetta dopo circa otto chilometri, invece prendendo la strada per Firenzuola e la valle del Santerno se ne devono percorrere diciannove.


 


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 Il percorso comincia dal Ponte di Moscheta, che si vede qui sopra.

Si imbocca il sentiero di ingresso nella valle passando dietro il Molino del Veccione
 
Nel primo chilometro il percorso
è agevole e ben attrezzato.

 

 Poi diventa più aspro, perché la valle dell'Inferno è stretta e la pendice è solcata da fossi che ora sono secchi ma d'autunno hanno un regime rovinoso.
 



Il bosco è fitto e lo sguardo può
spaziare verso l'esterno solo
in alcuni punti.


  Al centro della valle l'ambiente è suggestivo e selvaggio. Il ghiaccio stacca continuamente i blocchi d'arenaria e la pendice ha un aspetto sconquassato, come se un diavolo l'avesse messa sottosopra.









Dopo circa due chilometri si arriva a Val dell'Inferno, il rudere di una casa poderale dove la vita doveva essere veramente dura.

Nel sentiero ogni tanto si incontra il cartello giallo con il numero di telefono per un eventuale soccorso.





Dopo un'ora si arriva alla fine della valle. Sotto il ponte che si vede qui accanto il torrente Veccione sbocca nel Rovigo.






Ormai siamo vicino alla strada asfaltata che porta a Casetta di Tiara.
Questa casa è la prima del comune di Palazzuolo sul Senio. Infatti Casetta è una frazione di questo comune anche se siamo nella valle del Santerno.










Il paesino dista ancora un chilometro o due. Bisogna salire lungo gli strettissimi tornanti di una stradina sgangherata che finisce nella piazzetta vicino alla chiesa.

E' festa a Casetta in questi giorni.
D'inverno il paese conta una decina di residenti ma d'estate si rianima.






Dove alloggiarono Dino e Sibilla?
L'unica casa che nel 1916 poteva ospitare dei forestieri in modo decente è questa, 
vicino al campanile.
C'è anche un buon indizio in una lettera di Dino Campana, dove descrive il laghetto del Molino della Lastra, che è sul Rovigo, giù in basso da dove siamo saliti e che si vede dal terrazzino.





Ci sono tante foto di Sibilla Aleramo, da giovane e da vecchia. Però quale era il suo aspetto quando Dino  Campana si innamorò di lei? Questa foto è del 1917 un anno dopo i fatti raccontati ora.



Fonte dei documenti: Campana - Aleramo, Lettere.
Ed. Vallecchi 1958, a cura di Niccolò Gallo

Per approfondire, nel tematico del blog ci sono altri articoli:
03/08/2013 Sui passi di Dino.
07/08/2013 Dino Campana legge Omar Kaimar.
19/09/2013 Il ritorno da Casetta di Tiara
22/09/2013 Dino a Casetta di Tiara, il paese del grande amore.




FINO AL 25 AGOSTO PRESSO IL CENTRO STUDI CAMPANIANO E' APERTA LA MOSTRA ICONOGRAFICA IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELL'INCONTRO FRA
DINO CAMPANA E SIBILLA ALERAMO