Una moglie che chiede
i danni al marito
ricerca di Claudio Mercatali
Nel primo Ottocento l’avvocato
Alessandro Antonio Fabroni era proprietario dei poderi di Villanova, La Ponara
e Valconti (La Poderina). Nel decennio
1820 -1830 le cose non erano andate bene per lui ed era pieno di debiti tanto
che il primo maggio 1834 i suoi creditori lo citarono in giudizio al Tribunale
di Marradi per essere pagati.
I poderi di Alessandro Fabroni furono messi all'asta, con il bando pubblicato nella Gazzetta di Firenze.
Anche la signora Rosa Lacchini, sua moglie, si iscrisse sollecita nel gruppo dei creditori chiedendo di essere rimborsata:
1)
Per l’ammontare della dote che aveva
portato al marito quando si sposarono.
2)
Per i mancati frutti sulla dote, 5% dal 3 luglio 1816 data del
matrimonio.
All'epoca non era tanto frequente che una donna citasse in giudizio il marito per danno patrimoniale e quindi gli atti di questo processo furono pubblicati nel Tesoro del Foro Toscano, ossia nella raccolta di sentenze significative, di cui tener conto in casi analoghi. Dunque non volendo Rosa Lacchini con le sue ragioni entrò nella giurisprudenza.
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La signora senza mezzi
termini accusava il marito di inòpia (ossia di non provvedere al necessario per
vivere) di incapacità nell’ amministrazione dei poderi e non voleva rimetterci
i suoi soldi. Il suo avvocato nell’ arringa sostenne che:
…
la donna per le sue doti e adempimento delle stipulate condizioni matrimoniali
ha l’ipoteca legale contro i beni del di lei marito, e prende vita dal dì del
contratto matrimonio …
Il giudice le diede
ragione in pieno e dunque dai beni del marito reclamati dai creditori si dovette
togliere un certo importo, per pagare i danni alla moglie che aveva subìto un
danno patrimoniale. In più Rosa chiese che:
4)
Si continuasse a versargli lo spillatico,
cioè il mensile per le spese
personali
delle mogli dei benestanti.
5)
Le fosse assicurato il
vedovile, ossia una eredità di 537
lire
in caso di premorienza di lui.
Anche in questo ottenne
soddisfazione e dunque i creditori di Alessandro Fabroni si dovettero rivalere
solo sul rimanente.
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