lunedì 26 giugno 2017

L'economo dell'Ospedale di Marradi

Le spese per il vitto del 1832 
ricerca di Claudio Mercatali

   

Giuseppe Pescetti economo e contabile dell' Ospedale S.Francesco (1832) era responsabile degli approvvigionamenti. Preciso nel suo mestiere, annotava in bella calligrafia tutte le spese, facendo firmare ogni volta i fornitori per presa visione.
Così sappiamo che Piero Solaini era il macellaio di fiducia, Filippo Bandini fornì sale, pane, vino e olio per le lampade e Luigi Bianchi vendeva uova al mercato.
Dal riepilogo delle forniture di macelleria apprendiamo che Pietro Solaini fornì 650 libbre di manzo, che corrispondono a 220,35 Kg perché una libbra toscana era 0,339 Kg.

Un consumo di 4,2 chili di manzo alla settimana non è poco e basta per dare una fettina di ciccia a 50 persone una volta ogni sette giorni.

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Filippo Bandini fornì 78 libbre di sale (26,44 Kg) e 910 di pane (308 kg) che è pochissimo per un anno, e quindi di certo lui non era l'unico fornitore.

  
Bandini il droghiere fornì anche 69 fiaschi e 2/8 di vino.
Il fiasco era una unità di misura pari a 2,28 litri e i suoi sottomultipli erano in ottavi, come si vede dalla figura qui accanto.
4/8 era una mezzina, 2/8  un quarto e 1/8 un quartino. Insomma "un quartino di vino" era circa un quarto di litro.

69 fiaschi = 157,32 litri all'anno bastavano per dare un quartino di vino, una volta alla settimana,
a dieci persone.

  
Il bravo economo comprò molte uova al mercato, da Luigi Bianchi, che evidentemente era un altro fornitore di fiducia, perché questo era un acquisto delicato.

Quell' anno ne comprò 56,6 libbre, cioè 19,18 Kg e quindi circa 320 se un uovo pesa in media 60g.


Quanto costarono le uova? Ecco una domanda difficile, perché le monete di allora non erano decimali come le nostre e per giunta qui da noi erano in uso le monete pontificie e quelle granducali. Per questo nei prospetti dell'economo ci sono due colonne, una con la Moneta Romana (del Papa) e una con la Moneta Toscana (del Granduca). Perché Giuseppe Pescetti si complicava la vita così?
Il fatto è che i bilanci dell'Ospedale dovevano essere approvati e vidimati dal Comune e poi dai funzionari granducali e non si poteva mandare a Firenze un bilancio con i conteggi fatti con le monete in uso in un altro stato.

Dunque la spesa annua effettiva per le uova fu di  3 ducati  14 paoli  9 baiocchi, e "ridotta" in moneta toscana fu di 19 lire 19 soldi  20 quattrini (1 ducato pontificio valeva circa 6 lire toscane).


Era indispensabile anche l'olio per le lampade e quell'anno se ne comprarono 87 libbre equivalenti a 29,49 Kg perché una libbra toscana era 339 g.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: Archivio storico dell' Ospedale S.Francesco di Marradi.
 
 
 

martedì 20 giugno 2017

L'Acquedotto degli Allocchi

Di chi fu la prima idea?
ricerca di Claudio Mercatali


Crespino 
alla fine dell' Ottocento


Durante gli scavi della Galleria degli Allocchi, quella di valico nella Ferrovia Faentina, venne scoperta una sorgente d'acqua abbondante che rallentò non poco i lavori. La qualità della risorsa era notevole, tanto che ancora oggi si dice "... Hai bevuto l'acqua degli Allocchi ..." per dire a un forestiero prima o poi tornerà da noi.

Era evidente che tutto questo ben di Dio non poteva essere scaricato semplicemente nel Lamone e si poteva costruire un acquedotto per servire la vallata. Chi ebbe per primo l'dea?

24 marzo 1887

Il periodico faentino Il Lamone pubblica questo articolo dell'ing. Fortunato Camerani, del Comune di Brisighella, che spiega di essere stato lui il primo a pensare che ...



17 aprile 1887

L'ing. faentino Zannoni risponde prontamente a Camerani e lo contesta, dicendo che in realtà l'idea primigenia è stata sua ...






La polemica è aspra, però ci fa comodo, perché l'ing. Zannoni, impegnato a sostenere le sue tesi, ci dà tanti particolari che permettono di ricostruire con cura l'origine di questo storico acquedotto.








Dunque anche le polemiche hanno una loro utilità ...








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1 maggio 1887


La redazione del giornale pubblica un'ultima nota di precisazione ma dice chiaramente che quello che interessa è il progetto in sé e non chi l'abbia pensato per primo ...




7 agosto 1887

Il progetto prende forma e l'entusiasmo è tanto,troppo. Qui l'articolista immagina una biforcazione a Faenza per servire anche Bagnara di Romagna e Massalombarda ...





30 ottobre 1887

Si costituisce la Società Italiana per Condotte d'acqua, con lo scopo di costruire l'Acquedotto Romagnolo (L'Acquedotto degli Allocchi).

Però la storia non finisce così e in successivi passaggi l'acquedotto verrà gestito dalle Ferrovie dello Stato.


Fonte: Emeroteca della Biblioteca Comunale di Faenza per gentile concessione.


mercoledì 14 giugno 2017

1840 L'Imparziale

Un periodico di scienze
lettere, arte e varietà
ricerca di Clauduo Mercatali



Il 30 gennaio del 1840 nasceva a Faenza “L'Imparziale, foglio periodico di scienze lettere arte e varietà” che, come dichiarava il sottotitolo, si stampava “nel centro della Romagna”. Uscì il 10, 20 e 30 di ogni mese, fino al 31 dicembre 1843, poi cessò ma riprese le pubblicazioni, dal 15 maggio 1844 con una cadenza differente: “si pubblica di otto pagine ogni 15 giorni o di quattro ogni settimana”. Il formato era 29 x 20 cm.



La copertina aveva un fregio che rappresentava Minerva con la fiaccola. Le pagine erano numerate anno per anno e in totale furono 1556. 




In qualche fascicolo era inserito un supplemento non numerato. Il costo dell' abbonamento annuo era, per lo Stato Pontificio, di 1,50 scudi. 




Tranne qualche interruzione fra il 1843 ed il 1844 ed ancora fra il 1845 ed il 1846 il giornale si pubblicò fino al 31 marzo del 1847. 
Fu stampato dalla tipografia Conti, dal 1° al 17° fascicolo (30 giugno 1840) dell’anno I. 
Poi al Conti successe la stamperia Montanari e Marabini e poi la stampa passò a Vincenzo Marabini con il figlio. La direzione fu sempre di Vincenzo Rossi, che era anche il proprietario.

Queste dettagliate notizie ci vengono da Alberto Fuschini.




Alcuni articoli dell' Imparziale riguardano Marradi e ci interessano. Ora parleremo della strada Faentina, che allora era una modernissima via di collegamento fra la Romagna e la Toscana.







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Fonte: Emeroteca della
biblioteca comunale di
Faenza.







giovedì 8 giugno 2017

A cena con l'abate Azzo e il romito Teuzzone

Le eulogie dei monaci   
della Badia del Borgo
Ricerca di Claudio Mercatali

  

Che cos’è un’eulogia? “Eu” in greco significa “bene” e “logos” è “il discorso”. Dunque l’eulogia è una benedizione, un augurio accompagnato da un dono.
Lasciamo dire a Diego de Franchi, frate vallombrosano e abate della Badia di Ripoli nel 1640 e fidiamoci di don Ascanio Tamburini, di Marradi,  generale dei Vallombrosani in quello stesso periodo, che firmò l’imprimatur, cioè il permesso di stampa per quello che stiamo per leggere.


   
In faucibus Romandiolae est Monasteri Santae Reparatae  nihil admodum admenitatis habes; in quo Abbatem Azzonem virum sane innocentium, atque piissimus creavit …




Noi diciamo: all’ imbocco della Romagna c’è il Monastero di Santa Reparata che non ha nessuna comodità; nel quale (il fondatore San Gualberto) nominò  abate Azzo, uomo puro e molto pio …



Chi era costui? Secondo i documenti che stiamo leggendo fu il primo abate della Badia del Borgo, designato da San Gualberto,  patriarca dei Vallombrosani, poco dopo l’anno Mille. Prima, quando era un semplice frate, fu inviato in missione presso il romito Teuzzone, della Badia Fiorentina:




… ove con gli esempi di penitenza, e con sana dottrina illuminava le tenebre di quei Cittadini
(... i Fiorentini).

Non sappiamo  come si ingegnarono  Azzo e Teuzzone per liberare i Fiorentini dal Peccato, però sappiamo che Azzo si presentò con un dono di “herbette” cioè:  “leguminibus vel oleribus  vel pomis”  (con dei legumi, o delle verdure o dei pomi). Era normale, perché:

… Monachi vel  solis leguminibus, vel oleribus tantum, vel pomis vitam, iugiter transficiebant … vel fichis…”. (I Monaci solo con i legumi o verdure o  pomi trascorrevano la  vita
 … o con dei fichi …).


Una tris da frati: fagioli, ceci e lenticchie

Insomma nell’ anno Mille (circa) a cena con Azzo e Teuzzone che cosa avremmo trovato in tavola?

I “pomis” non sono i pomodori, che vennero dall’ America dopo  il 1492 e qui siamo quattro secoli prima. In botanica, il pomo (dal latino pōmum) è il frutto di piante della famiglia delle Rosacee, fra cui il melo, il pero, il cotogno e le nespole. Dunque avremmo finito la cena con una mela, una pera cotta o un fico, dopo un primo di leguminose a scelta: lenticchie e fagioli, oppure ceci, piselli, fave o qualche altra mistura di questi a scelta vostra, con un po’ d’olio. 

Siete abituati a zuccherare le mele cotte?
A quei tempi non avreste potuto farlo perché anche lo zucchero da cucina è arrivato dall’ America.
I frati del Medioevo zucchereravano con il miele. Preferite il miele d’acacia? Non avreste potuto usare nemmeno quello, perché la Robinia Pseudoacacia si è diffusa in Europa nel Settecento, prima come pianta ornamentale e poi come essenza spontanea e invasiva.
Azzo era della Badia del Borgo e forse vi avrebbe dato il miele di castagno, che i monaci avevano in abbondanza perché gli enormi castagneti di Pian della Quercia e Monte Rotondo (due poderi sopra al monastero) erano i loro.

Non vi piace? 
Allora avreste potuto usare un miele fatto dai fiori nostrani, come il corbezzolo e la lupinella, oppure una melata ...  Che cos'è la melata? ... Chiedete ai negozi di miele di Marradi e sapranno spiegarvi meglio di quanto si possa fare ora qui e di certo rimarrete sorpresi. . E poi consolatevi pensando che i frati antichi erano dei penitenti,  e di rado mangiavano carne di porco e cibi ricchi.

I frati erano contenti ?
Questa era la Regola, però ogni tanto qualcuno si lamentava, come ci dice il frate Serafino Razzi nel suo libro Giardino d’essempi, overo fiori della vite de’ Santi

 “Essendosi fatto religioso un certo nobile giovane, dove prima nel secolo era pallido e scolorito, per la sacra astinenza e la vita regolata che si effettuava il quel monasterio, divenne in poco tempo di buon colore, fresco e giocondo ed essendo venuto a visitarlo il Vescovo e vedendolo con così buona  cera, gli domandò come aveva fatto a divenire così colorito e bello.







A cui il giovane rispose la causa di ciò essere stata peroché nel monasterio  egli viveva uniformemente e decentemente. Onde dalla uniformità del cibo egli aveva la sanità e dalla decenza la bellezza.

Addimandando il Vescovo la qualità del cibo che aveva mangiato, il giovane rispose che quel dì aveva mangiato piselli e herbe e il dì avanti herbe e piselli e l'altro? Herbe, disse, con piselli: "Pisa cum olèribus, òlera cum pisis, pisa et òlera, òlera et pisa". Il Vescovo riconobbe i proverbi essere veri, i quali dicono la varietà dei cibi essere pestilenziale e la natura di poco cibo e uniforme più si contenta e si mantiene”.
 
Io Serafino Razzi
da Fiesole il dì 6 giugno 1595, della mia negligentemente impiegata età, sessagesimoterzo anno.

Dunque per rimanere sani e belli potreste seguire il consiglio del Vescovo, però tenete conto che i dietologi consigliano il contrario, cioè una dieta variata il più possibile.

sabato 3 giugno 2017

Il Campionato Italiano Trial Indoor 2017

 Un prova in notturna
nella Piazza di Marradi



  

La Notte degli Dei è l’evento conclusivo della Festa dello Sport 2017, una manifestazione che si è svolta a Marradi per sette giorni, da giovedì 25 maggio a venerdì 2 giugno.

Gli Dei sarebbero i motociclisti che si cimentano in Piazza Scalelle in una prova del Campionato italiano Trial Indoor, spettacolare disciplina fatta di acrobazie su ostacoli di ogni genere, difficili da sormontare anche a piedi. E’ difficile credere che tutti siano tornati a casa con le ossa a posto, eppure è così.






La scenografia è fatta di tubi di cemento e blocchi di pietra di cava, pitturati in modo da sembrare delle rovine di templi greci, come si conviene per gli Dei, e l’effetto è notevole. I ragazzi del paese hanno lavorato duramente per mettere e posto i blocchi e i manufatti di cemento, con i carrelli elevatori e i camion gru, visto che ogni pezzo pesa diversi quintali.


 



Non manca nemmeno la citazione filosofica e una pietra scolpita ci ricorda che “non dalle ricchezze ma dalle virtù nasce la bellezza” (Socrate).






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Gli ostacoli sono veramente impegnativi















Il tutto si anima al calare della sera, in una bella cornice di pubblico …






Com’è fatta una moto da Trial? E’ uno strano veicolo, senza sella, perché si guida in piedi. E’ lenta e ha una trazione dolce. Le gomme sono quasi sgonfie, per essere più morbide sugli ostacoli e attutire i colpi nei salti.









I motori hanno un solo cilindro da 125 a 250 cc. Tutto è in funzione della leggerezza e della fluidità di guida.











 L’abbigliamento è fatto di capi appositi, con gusci di plastica ai gomiti, alle spalle e alle ginocchia. Sono indispensabili gli stivali alti e un casco da cross, leggero, meglio se con una griglia per non battere la faccia a terra nelle cadute.








Le moto da trial sono molto desiderate dai ragazzi qui in paese, e anche dagli adulti che girano per i monti. Vanno dappertutto (a saper fare) e ci sono tanti  modelli meno estremi di quelli da competizione, con un abbozzo di sella per gli spostamenti sull’asfalto. Però in ogni caso nelle strade obbligano ad una posizione scomoda e sono sgradevoli da guidare.