giovedì 8 giugno 2017

A cena con l'abate Azzo e il romito Teuzzone

Le eulogie dei monaci   
della Badia del Borgo
Ricerca di Claudio Mercatali

  

Che cos’è un’eulogia? “Eu” in greco significa “bene” e “logos” è “il discorso”. Dunque l’eulogia è una benedizione, un augurio accompagnato da un dono.
Lasciamo dire a Diego de Franchi, frate vallombrosano e abate della Badia di Ripoli nel 1640 e fidiamoci di don Ascanio Tamburini, di Marradi,  generale dei Vallombrosani in quello stesso periodo, che firmò l’imprimatur, cioè il permesso di stampa per quello che stiamo per leggere.


   
In faucibus Romandiolae est Monasteri Santae Reparatae  nihil admodum admenitatis habes; in quo Abbatem Azzonem virum sane innocentium, atque piissimus creavit …




Noi diciamo: all’ imbocco della Romagna c’è il Monastero di Santa Reparata che non ha nessuna comodità; nel quale (il fondatore San Gualberto) nominò  abate Azzo, uomo puro e molto pio …



Chi era costui? Secondo i documenti che stiamo leggendo fu il primo abate della Badia del Borgo, designato da San Gualberto,  patriarca dei Vallombrosani, poco dopo l’anno Mille. Prima, quando era un semplice frate, fu inviato in missione presso il romito Teuzzone, della Badia Fiorentina:




… ove con gli esempi di penitenza, e con sana dottrina illuminava le tenebre di quei Cittadini
(... i Fiorentini).

Non sappiamo  come si ingegnarono  Azzo e Teuzzone per liberare i Fiorentini dal Peccato, però sappiamo che Azzo si presentò con un dono di “herbette” cioè:  “leguminibus vel oleribus  vel pomis”  (con dei legumi, o delle verdure o dei pomi). Era normale, perché:

… Monachi vel  solis leguminibus, vel oleribus tantum, vel pomis vitam, iugiter transficiebant … vel fichis…”. (I Monaci solo con i legumi o verdure o  pomi trascorrevano la  vita
 … o con dei fichi …).


Una tris da frati: fagioli, ceci e lenticchie

Insomma nell’ anno Mille (circa) a cena con Azzo e Teuzzone che cosa avremmo trovato in tavola?

I “pomis” non sono i pomodori, che vennero dall’ America dopo  il 1492 e qui siamo quattro secoli prima. In botanica, il pomo (dal latino pōmum) è il frutto di piante della famiglia delle Rosacee, fra cui il melo, il pero, il cotogno e le nespole. Dunque avremmo finito la cena con una mela, una pera cotta o un fico, dopo un primo di leguminose a scelta: lenticchie e fagioli, oppure ceci, piselli, fave o qualche altra mistura di questi a scelta vostra, con un po’ d’olio. 

Siete abituati a zuccherare le mele cotte?
A quei tempi non avreste potuto farlo perché anche lo zucchero da cucina è arrivato dall’ America.
I frati del Medioevo zucchereravano con il miele. Preferite il miele d’acacia? Non avreste potuto usare nemmeno quello, perché la Robinia Pseudoacacia si è diffusa in Europa nel Settecento, prima come pianta ornamentale e poi come essenza spontanea e invasiva.
Azzo era della Badia del Borgo e forse vi avrebbe dato il miele di castagno, che i monaci avevano in abbondanza perché gli enormi castagneti di Pian della Quercia e Monte Rotondo (due poderi sopra al monastero) erano i loro.

Non vi piace? 
Allora avreste potuto usare un miele fatto dai fiori nostrani, come il corbezzolo e la lupinella, oppure una melata ...  Che cos'è la melata? ... Chiedete ai negozi di miele di Marradi e sapranno spiegarvi meglio di quanto si possa fare ora qui e di certo rimarrete sorpresi. . E poi consolatevi pensando che i frati antichi erano dei penitenti,  e di rado mangiavano carne di porco e cibi ricchi.

I frati erano contenti ?
Questa era la Regola, però ogni tanto qualcuno si lamentava, come ci dice il frate Serafino Razzi nel suo libro Giardino d’essempi, overo fiori della vite de’ Santi

 “Essendosi fatto religioso un certo nobile giovane, dove prima nel secolo era pallido e scolorito, per la sacra astinenza e la vita regolata che si effettuava il quel monasterio, divenne in poco tempo di buon colore, fresco e giocondo ed essendo venuto a visitarlo il Vescovo e vedendolo con così buona  cera, gli domandò come aveva fatto a divenire così colorito e bello.







A cui il giovane rispose la causa di ciò essere stata peroché nel monasterio  egli viveva uniformemente e decentemente. Onde dalla uniformità del cibo egli aveva la sanità e dalla decenza la bellezza.

Addimandando il Vescovo la qualità del cibo che aveva mangiato, il giovane rispose che quel dì aveva mangiato piselli e herbe e il dì avanti herbe e piselli e l'altro? Herbe, disse, con piselli: "Pisa cum olèribus, òlera cum pisis, pisa et òlera, òlera et pisa". Il Vescovo riconobbe i proverbi essere veri, i quali dicono la varietà dei cibi essere pestilenziale e la natura di poco cibo e uniforme più si contenta e si mantiene”.
 
Io Serafino Razzi
da Fiesole il dì 6 giugno 1595, della mia negligentemente impiegata età, sessagesimoterzo anno.

Dunque per rimanere sani e belli potreste seguire il consiglio del Vescovo, però tenete conto che i dietologi consigliano il contrario, cioè una dieta variata il più possibile.

Nessun commento:

Posta un commento