mercoledì 24 gennaio 2018

1931 Fascismo e Azione Cattolica

Un duro contrasto
a Marradi
ricerca di Claudio Mercatali

 
 
Il Partito Popolare (pipì per i denigratori) fondato da Don Sturzo nel 1919 segnò l'ingresso dei cattolici in politica con un partito fatto per questo preciso scopo, al quale poi seguì la Democrazia Cristiana.
Fu sciolto nel 1924 ma i Popolari continuarono in certi casi a fare una opposizione strisciante, soprattutto con l'Azione Cattolica.

Mussolini il 9 aprile 1928 sciolse tutte le associazioni non fasciste ma per questioni di opportunità in vista del Concordato dovette accettare l'Azione Cattolica. Era una situazione ambigua e ciascuno faceva a modo suo: il fascismo con l'Opera Nazionale Balilla, allevava le nuove generazioni come succede in tutte le dittature e la Chiesa insegnava ai giovani la sua dottrina sociale.

L'Azione Cattolica, con cinquemila sedi sparse in tutta Italia, svolgeva la sua attività anche con iniziative implicitamente politiche. L'Opera Balilla dal canto suo era ormai diventata un grande apparato del regime e contava più di un milione e mezzo di iscritti divisi in balilla, avanguardisti, piccole italiane e giovani italiane.

Il 3 agosto 1930 l'Avvenire d'Italia incitò l'Azione Cattolica «ad invadere tutti i settori della vita sociale». Il contrasto era insanabile e il regime la dichiarò disciolta con il decreto del 29 maggio 1931.
 
Eccoci al punto che ci interessa. Come venne vissuto lo scioglimento dell' Azione cattolica qui in paese, dove il Partito Popolare aveva avuto larghissimo seguito prima del fascismo e sotto sotto anche dopo?

Leggiamo l'articolo qui accanto dove si parla, senza dirne mai il nome, di don Mario Valentini parroco di Lutirano, che insisteva con il suo circolo dell' Azione Cattolica nonostante il decreto di scioglimento.

 Don Mario era nato a Rocca San Cassiano (1900) e nel 1925 era Mansionario nella cattedrale di Modigliana. Attivissimo nell' Azione Cattolica aveva fondato il Reparto Esploratori Cattolici, nome curioso di un gruppo di scout. Era quindi in contrasto netto con i fascisti dell' Opera Balilla di Modigliana, che cercavano di aggregare i ragazzi nelle organizzazioni del partito.

  Don Valentini in una foto dei primi anni Settanta.
 
 
 
 
Per questo fu nominato parroco di San Pietro in Lutirano (1929 - 1936) con la speranza che in quel paesino si mettesse tranquillo.

Dall' articolo de La Stampa sappiamo che non fu così e nel 1936 il vescovo lo nominò arciprete di San Domenico, la chiesa vescovile di Modigliana, per i suoi meriti e forse anche per tenerlo meglio sott' occhio. Nel 1960 era pievano a Rocca San Cassiano e fu colpito da ictus. Rimase paralizzato e tornò a vivere come privato, fino al 1972, a Lutirano, dove c'erano i ricordi dei suoi trent'anni. Morì a Ravenna nel 1978 ed è sepolto a Modigliana.

 Mario Montefiori

 Nell' articolo si parla anche di Montefiori " ... sturziano popolare accanito ... ". La descrizione corrisponde bene a Giuseppe, attivista del PPI, ex assessore e ancora meglio a suo fratello Mario, materassaio, sacrestano della chiesa arcipretale di Marradi, detto "fiorett".
Mario, consigliere comunale del Partito Popolare nei primi anni Venti, fu uno degli otto consiglieri (su venti) che ebbero l'ardire di presentarsi al consiglio comunale dell' 8 gennaio 1923 l'ultimo prima del fascismo. La Marcia su Roma era avvenuta due mesi prima e gli oppositori rischiavano l'olio di ricino e la bastonatura.

Il sacrestano probabilmente aveva l' appoggio implicito dell' arciprete don Luigi Montuschi, che agiva indirettamente. L'azione di disturbo era però fastidiosa e, come racconta il maestro Giuseppe Biagi nel suo libretto intitolato "E mi arziprit" ad un certo punto il segretario del fascio marradese, un certo Ugo Grossi, fece venire degli squadristi da fuori, perché non era opportuno coinvolgere i fascisti locali in una lite con il prete. E così un gruppo di loro si presentò ad una festa all' asilo in cui c'era don Montuschi e la cosa si risolse all' ultimo momento quando il prete aveva una sedia in mano.
Però nei primi anni Trenta ogni forma di dissenso cessò e il clero locale in generale non fu apertamente avverso al Fascismo. L'articolo qui sopra dice infatti: " ... su venti sacerdoti in tutto il comune, due giovanissimi e zelanti, con precedenti di rilievo a loro carico si sono gettati in una attività extra religiosa con la solita tinta antifascista; comunque arrecanti intralcio alle nostre organizzazioni e istituzioni fasciste". Chi erano? Uno era don Valentini, e l'altro? Il ricordo si è perso e forse non lo sapremo mai.

 
Fonti: Don Anselmo Fabbri, per la vita di don Valentini. Archivio storico del quotidiano La Stampa. Pino Bartoli, Fuochi sulle colline.

 

Nessun commento:

Posta un commento