l’appennino romagnolo
ricerca di Claudio Mercatali
ricerca di Claudio Mercatali
Nell’aprile e nel luglio 1781
la valle del Lamone fu scossa dal terremoto. Un sisma violento devastò
Brisighella, Modigliana e anche Marradi.
Leggiamo dallo storico Antonio
Metelli come andarono le cose a Brisighella:
“… Il quattro di Aprile, sull’ora terza della notte (=
fra le 10 e le 11 di sera), mentre tutti erano immersi nel sonno, si udì un
rombo e, a detta di alcuni, una funesta luce. Avvenne un orribile sommovimento
di suolo, con tanto scroscio di muri, con tanto rovinio di travi e di sassi,
che ad ognuno parve che l’ultima ora ne soprastasse. Spaventate e mezzo ignude
sbalzarono precipitosamente le genti sulle vie con urli e miserabili lamenti.
In men che non si dica tutti si trovarono sulla piazza (di Brisighella) davanti alla chiesa a gridare pietà e misericordia
e i preti credendo che a quelle sacrate mura per supplicare la Madonna
accorressero, con improvvido consiglio dischiusero le porte del tempio. Molti
vi trassero, ma viste le mura screpolate e la chiesa sparsa di rottami non
ardirono entrarvi e passati alla chiesa dell’Osservanza vi furono dai Padri con
la sacra pìsside benedetti…”.
Questo è anche oggi un classico dei
terremoti. La gente nel panico corre verso un edificio pubblico che spesso è
più a rischio della propria casa, e in genere è una Chiesa, o il Comune o la
sede della Misericordia.
Quanti danni ci furono a Brisighella?
“ … Stettero tutta la notte aspettando il giorno e all’ alba videro la facciata della chiesa Collegiata quasi in rovina, la chiesa del Rosario per metà eguagliata al suolo, e il centro di Brisighella ridotto a un mucchio di ruine. Sebbene di morti non s’avesse a dolere molti furono coloro che uscirono pesti di sotto le ruine e fra i quali mosse a pietà il caso di una monaca alla quale cadde addosso la volta della cella, e fu liberata dal peso dei rottami e portata in salvo su un materasso…”.
Quanti danni ci furono a Brisighella?
“ … Stettero tutta la notte aspettando il giorno e all’ alba videro la facciata della chiesa Collegiata quasi in rovina, la chiesa del Rosario per metà eguagliata al suolo, e il centro di Brisighella ridotto a un mucchio di ruine. Sebbene di morti non s’avesse a dolere molti furono coloro che uscirono pesti di sotto le ruine e fra i quali mosse a pietà il caso di una monaca alla quale cadde addosso la volta della cella, e fu liberata dal peso dei rottami e portata in salvo su un materasso…”.
E nelle campagne? I danni
furono notevoli, soprattutto verso Faenza, perché il terremoto aveva
l’epicentro nella collina romagnola. A modo suo anche lo storico Metelli coglie
questo fatto e non essendo un esperto lo descrive così:
“… Non uniformemente aveva
spaziato il flagello o fosse che la vena del gesso (= la roccia sotto
Brisighella) temprasse il movimento o avesse la sua sede più lontano, accadde
che l’occulta forza con maggior forza percosse a S.Rufillo e a Quartolo…”.
La chiesa di San Rufillo è vicina
all'ultimo passaggio a livello
prima di Faenza
Allora, come nei terremoti odierni, ci fu chi scampò per miracolo:
“… Narrano che a Montecchio un
monte si spaccò e i muri delle case si aprirono fino a vedere le stelle e poi
si rinserrarono. Domenico Bandini di S.Rufillo ebbe la casa distrutta. Restati
illesi lui e la moglie corsero dove i bambini dormivano e videro il luogo in
ruina. Disperate grida gettarono, ma dall’aia venne risposta, perché il
lettuccio ivi era sbalzato e sani e salvi li trovarono. La famigliola di
Antonio Dardi rimase sepolta nelle macerie e fu liberata tranne una bambina che
trovare non si potè. Dopo alcune ore di scavo si giunse al punto in cui il
tenero corpicello giaceva, e la rinvenirono sotto un travicello che dolcemente
se ne dormiva. Giuseppe Giacometti di Pideura uscito dalle ruine andò in cerca
della figlia che aveva messo a dormire in una cesta. Ma il luogo era crollato
ed egli la credette morta. Solo al mattino, convinto di scoprire il cadavere,
rimosse gli ammontati sassi, girò la cesta che si era rovesciata e la bambina
sotto gli sorrise. Don Stefano Collina, parroco di S.Giorgio a Vezzano rimase
per tutta la notte sepolto sotto le macerie, protetto da una tenda che gli parò
la grandine dei cadenti sassi…”.
Non andò così bene a tutti,
perché le cronache ci dicono che i morti nel contado furono venti. Nei giorni
seguenti si svolse un triduo di suppliche e preghiere:
“…I Governatori stabilirono che
per tre giorni la Vergine si supplicasse e il Pontefice si pregasse affinché
con l’erario venisse a sussidio del danno. I moti però continuarono e i
Governatori chiamarono l’abate Anquissola, che per tre dì orasse e i nostri a
penitenza chiamasse e finalmente per qualche tempo il tremito della terra
cessò. Però il diciassette luglio la terra con tanto impeto trabalzò che parve
dissolvere si volesse. Così vissesi ancora per molti mesi e poi venutisi
assicurandosi gli animi e cominciati i freddi a mordere a poco a poco tutti
tornarono alle usate abitazioni…”.
Come andarono le cose a Marradi? La Gazzetta Toscana
descrisse il sisma così:
“Mercoledì sera, 4 aprile 1781, alle ore 10 e 20 minuti
circa, s’intese una scossa di terremoto alquanto sensibile con qualche sorta di
romba, proveniente da Settentrione. Nella notte replicò un’altra scossa alle
ore 4 circa, e durò non meno di due minuti. Si sente (dire) che abbia
recati non pochi danni verso Brisighella e Faenza, nella Romagna Papale”.
Gazzetta Toscana n°
14 del 7 aprile 1781
La scossa provocò diversi danni:
“A Modigliana durò non meno di
due minuti e fu si forte che rovinarono la metà dei camini, alcuni pavimenti e
si fecero fessure in quasi tutte le case. Vengono appresso dappoco gli stessi tristissimi
dettagli anche dagli altri paesi. Verso Rocca S.Cassiano si è spaccato un monte
in due parti con grande spavento dei popoli circonvicini”.
Gazzetta Toscana n° 15 del 14 aprile 1781
Sempre nella Gazzetta Toscana, nell’agosto 1781 si legge
che:
“La clemenzia Regnante essendo informata dei danni cagionati dai recenti terremoti nelle comunità di Rocca S.Cassiano, Marradi, Tredozio, Portico, Premilcore, Sorbano e Badia Tedalda e volendo oltre agli altrj provvedimenti già presi per riparare alle urgenze degli abitanti dei Luoghi che in dette località sono stati più danneggiati sollevare generalmente nelle attuali circostanze tutte le Comunità predette e i loro Comunisti e Individui con estendere ancora in favore delle medesime le esenzioni ultimamente accordate ad altre Comunità state similmente danneggiate dai terremoti, comanda che le predominate Comunità restino assolte da un’intera annata della Tassa di Redenzione. La S.A.R. (Sua Altezza Reale) inoltre assolve e libera dalla Tassa del Macinato per il tempo sopradescritto tutte le bocche di dette Comunità. Dato in Firenze il 31 luglio 1781
“La clemenzia Regnante essendo informata dei danni cagionati dai recenti terremoti nelle comunità di Rocca S.Cassiano, Marradi, Tredozio, Portico, Premilcore, Sorbano e Badia Tedalda e volendo oltre agli altrj provvedimenti già presi per riparare alle urgenze degli abitanti dei Luoghi che in dette località sono stati più danneggiati sollevare generalmente nelle attuali circostanze tutte le Comunità predette e i loro Comunisti e Individui con estendere ancora in favore delle medesime le esenzioni ultimamente accordate ad altre Comunità state similmente danneggiate dai terremoti, comanda che le predominate Comunità restino assolte da un’intera annata della Tassa di Redenzione. La S.A.R. (Sua Altezza Reale) inoltre assolve e libera dalla Tassa del Macinato per il tempo sopradescritto tutte le bocche di dette Comunità. Dato in Firenze il 31 luglio 1781
La Tassa di
Redenzione era una specie di IRPEF
dell’epoca. I piccoli proprietari la pagavano in misura fissa, i più ricchi in percentuale variabile.
dell’epoca. I piccoli proprietari la pagavano in misura fissa, i più ricchi in percentuale variabile.
La Tassa sul macinato si pagava al molino, un tanto per ogni chilo di farina. Era la tassa più odiata.
Anche a Marradi ci furono delle funzioni religiose
benaugurati, per il Granduca, che aveva sospeso il pagamento delle tasse:
“Essendosi degnato Sua Altezza Reale (= il
Granduca di Toscana), nostro clementissimo sovrano, di esentare questo pubblico
dall’annuale pagamento della Tassa di Redenzione e del Macinato, per i danni
sofferti dal violento terremoto del 4 aprile e 17 luglio dell’anno corrente, fu
deliberato di farsi un devoto triduo, per impetrare all’Altissimo ogni bene e
prosperità ai nostri Reali Sovrani, che fu eseguito nei giorni 12,13,14 agosto
nella Chiesa delle Monache, apparata e illuminata con copiose quantità di cere
e torce e con invito generale di sacerdoti tanto focolari che regolari”.
Gazzetta Toscana del 17 agosto
1781
Le funzioni religiose non si
svolsero nella chiesa arcipretale perché era in costruzione e non
aveva ancora il tetto. Non fu danneggiata e il Comune non perse i 3500 scudi che stava spendendo per costruirla (era
molto).
Bibliografia Antonio
Metelli Storia di Brisighella e della Val di Lamone, La Gazzetta Toscana. Altre
notizie si trovano in Matulli La via del grano e del sale.
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