domenica 6 giugno 2021

La Civiltà Curtense nell'Alto Medioevo

Vita e vicende 
nel territorio di Marradi
Ricerca di Claudio Mercatali



La Corte medioevale era l'insieme di edifici da dove il Signore del luogo controllava il territorio. L’ economia curtense che si sviluppò in questi insediamenti fu soprattutto agricola, chiusa, di pura sussistenza, con la plebe sottoposta a regole penalizzanti a favore del padrone. La struttura urbanistica aveva dei canoni precisi: in posizione prevalente c’era il castellare e nei pressi le stalle, i granai, i magazzini, le umili case dei servi, un molino e una chiesetta. Di solito vicino al castellare e in posizione sottostante c’era la casa del fattore, spesso fortificata perché questa persona non sempre era amata. 


 

Lui decideva la ripartizione dei raccolti, lo stoccaggio delle derrate, la gestione dei magazzini e a volte anche la definizione delle controversie. Il nome deriva infatti dal verbo latino facio, e significa “colui che fa”. Al Dominus spettava un terzo del raccolto più un certo numero di giornate lavorative gratuite sui suoi territori. C’era anche una parte di terreno incolto, di boschi, torrenti e prati, dove si poteva cacciare e pescare.




LE CORTI A MARRADI

Non è chiaro come fosse ripartito il territorio di Marradi nell’anno Mille o prima e non si sa quante Corti vi fossero. Di certo molte, controllate dalle famiglie Ubaldini, Pagani e Guidi spesso imparentate fra loro con una serie di matrimoni d’amore o di comodo nei quali è difficile orientarsi. In linea di massima gli Ubaldini controllavano il territorio verso le alte valli del Senio e del Lamone, i Pagani signoreggiavano nella zona di Gamberaldi e Badia di Susinana e i Conti Guidi nelle terre della valle Acerreta fino a Modigliana e oltre. Però questi territori cambiarono spesso in estensione, a seconda della fortuna di queste famiglie.



 
LE TRACCE NEI NOMI 

La Corte era divisa in:
1) Pars dominica coltivata dal Dominus, che naturalmente era la migliore. Forse il nome del podere Cà Dominici (al confine con Brisighella dalla parte di Galliana) deriva da questo.

2) Pars massaricia, gestita dai contadini e divisa in mansi, cioè in porzioni di un quarto di ettaro dove il servo aveva l’obbligo di risiedere. 





Manso è infatti una parola derivata dal latino manère, rimanere, e ha dato origine qui da noi ai cognomi Manenti, Manetti, Massari e ai toponimi Prati di Mansalto (oltre Prato all’albero, a Casaglia), Masseto (a Crespino) Mansino (a Lutirano). Il Signore si circondava di amici, protetti e guardie, i cosiddetti drusi o vassi e queste figure hanno lasciato traccia nella toponomastica di Marradi: il Drùdolo (podere a Camurano) era del “piccolo druso”, Boldrùda (Popolano) era il podere della serva e la vigna della Vassanàra (a Cardeto) era di un servo del signore del Castellone.

 

LE CORTI DI SANT’ADRIANO 
E POPOLANO

Questa zona ha molte caratteristiche che ricordano la Corte medioevale. A sant’Adriano ci sono le rovine e la memoria del castellare di Benclaro, in un poggio sovrastante, la casa torre del fattore o del Dominus al podere Casa Cappello, il molino, la chiesetta, un nucleo antico di edifici che si vedono nella cartografia del Cinquecento. 







Anche a Popolano c’era un castellare e sulle sue rovine venne poi costruita la chiesa e il campanile. C’era anche un molino, che nella cartografia del Cinquecento è a ruota, una soluzione insolita qui da noi. Oltre a queste notizie c'è un certo numero di documenti che parlano della vita nelle corti medioevali:




Decimo secolo
Nelle carte Rossini della Biblioteca Comunale di Faenza c’è il rescritto di un contratto del 12 febbraio 909 per la concessione a livello (in affitto) di alcuni terreni alla Badia di Campora, in cambio di un canone e di una prestazione d’opera gratuita a favore dell’Arcivescovado di Ravenna, proprietario della Corte di Sant’Adriano.


 
Undicesimo secolo
Dai contratti antichi dell’archivio Diplomatico di Firenze sappiamo che i monaci della Badia del Borgo controllavano la zona di Marradi fino a Popolano e Sant’Adriano.
Il 6 ottobre 1025 i monaci chiesero al conte Guido di Modigliana di difenderli: "Promessa fatta dal Conte Guido Guerra a Donato abate del Monastero di S.Reparata di difendere il Castello di Marato nelle di cui coste esistevano tre mansi ed una casa del monastero".  Rogato da Gerardo notaro.
Il 6 marzo 1072 i monaci stipularono un altro contratto interessante, trentennale, di enfitéusi: "Conferma di livello (= affitto) per ventinove anni alla volta di un manso di terra posto in luogo detto Rio Cavo (è forse l’attuale podere Valcava, a Popolano) fatto da Guido del fu Corbulo Accio prete monaco ed abate del Monastero di S.Reparata, la quale terra era già stata data a livello dal predetto Corbulo al suddetto Monastero col canone di otto moggia di lino, sette manne, tre brocche di vino, un quarto di grano mondo, un pollo e altro".   Rogato da Adalberto notaro.



Dodicesimo secolo
Il Comune di Faenza faceva parte della Lega di Pontida in quanto alleato di Bologna. Dopo la vittoria di Legnano contro l’imperatore Barbarossa e la conseguente Pace di Costanza nel 1183 i comuni della Lega si affrancarono dai vincoli con il Sacro Romano Impero, ma la cosa non fu gratis. L’imperatore pretese un canone di 2000 lire all’anno che i liberi comuni, volenti o nolenti, si dovettero accollare. Anche a Faenza toccò una parte dell’onere e naturalmente lo caricò sui cittadini e gli abitanti della valle, che si ribellarono. Dal Chronicon di Agostino Tolosano, uno storico faentino dell’epoca, apprendiamo che i cavalieri faentini arrivarono minacciosi a Sant’Adriano e assalirono il podere Montebello, dove però furono sopraffatti dall’ira dei santadrianesi che non volevano pagare. Il fatto è raccontato nel post indicato nella bibliografia qui sotto. Ora interessa notare che fra i padroni della media valle oltre l’Arcivescovado di Ravenna e i monaci della Badia del Borgo compare l’aggressivo Comune di Faenza, visto che era in grado di pretendere i tributi.


Tredicesimo secolo
Nel 1302 morì a Casa Cappello il feudatario Maghinardo Pagani, fondatore di Brisighella, signore pro tempore di Faenza e per tradizione di famiglia feudatario alla Badia di Susinana. Nella seconda metà del ‘200 era stato il principale signore della valle. Per chi ne vuole sapere di più c’è una bibliografia in fondo a questo articolo. Ora interessa notare che il Dominus era cambiato di nuovo e il Comune di Faenza in questo tempo ebbe solo in parte in controllo del territorio.

Quattordicesimo secolo
Nella prima metà del Trecento si instaurano a Marradi i Conti Manfredi, parenti e rivali dei Manfredi di Faenza. Dominavano fino al castello di San Martino in Gattara e controllavano la piana di Sant’Adriano. Giovanni Manfredi, suo figlio Amerigo, e suo nipote Ludovico governarono fino al 1428 con una lunga serie di alti e bassi, com’era di regola in quei tempi.


Il Castellone di Marradi nel primo Novecento
Quindicesimo secolo

Nel 1428 i Fiorentini conquistarono il Castellone di Marradi. Il commissario Averardo de’ Medici assunse il comando delle operazioni e l’assedio si concluse in un mese. Dai suoi diari, che sono conservati all’ Archivio di Stato di Firenze, risulta che non fu semplice convincere gli abitanti di Fiumara e di Scola (Popolano e Sant’Adriano) a prestare giuramento a Firenze abbandonando il tradizionale legame con Faenza.


 

LA CORTE DI SAN MARTINO IN GATTARA

Anche la zona di San Martino ha le caratteristiche di una Corte. In cima al poggio c’era un vero e proprio castello, ancora visibile nella cartografia del ‘500 dell’Archivio di Stato di Roma, una chiesa antica e il Molino di San Zeno. E’ probabile che questa Corte fosse distinta da quella di Sant’Adriano, perché aveva un proprio castello in posizione dominante, di fronte a Benclaro e di solito un Dominus per evidenti ragioni di comando non consentiva che nel suo territorio ci fossero due fortilizi.
Lo storico faentino del ‘200 Agostino Tolosano nel Chronicon dice che il “Castrum Gattariae” ai tempi suoi era della Chiesa, concesso a un certo Amatore, figlio di Ugolino di Teodorico. Nel 1216 i faentini, stanchi dei suoi soprusi, lo assalirono e distrussero le due alte torri. Fu ricostruito e passò a Fantolino di Albertino degli Accarisi. Lo storico Cavina scrive che nel 1289 il castello fu venduto a Maghinardo Pagani che lo lasciò in eredità alla figlia Francesca, che non seppe governarlo e lo vendette ai Manfredi di Faenza. Secondo il censimento del Cardinale Anglic (1371) il Castrum aveva otto Focularia (famiglie) e un castellano. Nel 1376 il fortilizio fu venduto al comune di Firenze che ne diede il comando ai Manfredi del ramo di Marradi. Pessima scelta perché essi, in lotta continua con i cugini Manfredi di Faenza, lo cedettero a loro in occasione di qualche compromesso, scatenando la collera dei Fiorentini. Secondo la corrispondenza di Giovanni Manfredi conservata all’Archivio di Stato di Firenze questa accusa fu la ragione per cui nel 1428 il conte Ludovico Manfredi, ultimo signore di Marradi fu imprigionato nel carcere fiorentino delle Stinche e mai più liberato. Tutti questi passaggi incidevano poco sulla vita e il benessere degli abitanti, perché i contratti servili più o meno erano gli stessi indipendentemente da chi comandava al castellare.

LA CORTE DI SAN CASSIANO

C’era una Corte anche qui, con il castello ancora visibile sopra al paese, il molino, la chiesa e ottimi poderi da grano, come Torricella e Camminatella. Il confine con San Martino all’epoca era circa al podere Loiano, che ancora oggi ha una bella torre tonda che compare un una cartina del ‘600. Il territorio si estendeva nella valletta di Boesimo con un confine torto che poi provocò una disputa secolare fra lo Stato Pontificio e il Granducato, risolta bonariamente solo nel ‘700. Il castrum Sancti Cassiani nel Medioevo fu soggetto alle solite guerriglie: nel 1292 era della famiglia Fantolini ma fu assalito dall’ immancabile Maghinardo Pagani e Alessandro dei Conti Guidi di Roména (una località del Casentino), marito di Caterina Fantolini cercò di difenderlo, però Maghinardo profittò di una siccità e nel giro di poco lo espugnò e lo demolì. Ricostruito nel 1321 da Francesco Manfredi, nel 1368 si arrese alle truppe pontificie condotte dal cardinale Anglic. Nel 1413 l’antipapa Giovanni XXIII lo concesse a Ludovico Manfredi, ma nel 1432 se ne impossessò Galeazzo Manfredi, conte di Faenza e poi rimase sempre sotto lo Stato della Chiesa. (da Rocche e Castelli di Romagna di AA.vv.)

Tutte queste intricate vicende cessarono nel 1428 quando il territorio di San Cassiano e San Martino passò definitivamente alla signoria dei Manfredi di Faenza e i territori di Marradi, Modigliana e Tredozio passarono sotto Firenze.
In questi comuni i castellari e i fortilizi delle Corti furono demoliti. Era un gesto dal preciso significato politico: la Città non governava come facevano i signorotti arroccati sui cocuzzoli ma con i Commissari della Signoria e i Gonfalonieri, che risiedevano nel Palazzo Pretorio sulla piazza centrale dei paesi. Così lentamente qui da noi si superò il Medioevo e finì l’organizzazione curtense durata per tanti secoli.


Per approfondire
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6 luglio 2018 La Badia di Susinana
16 luglio 2017 Campora di sotto
10 giugno 2017 La Pace di Costanza qui da noi
23 luglio 2016 Undici contratti di vendite medioevali fatti a Marradi

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