Una difficile mediazione in una rivolta cittadina
Ricerca di Claudio Mercatali
Le Banche degli Spini, dei Frescobaldi, dei Bardi, dei Peruzzi, dei Mozzi, degli Acciaiuoli e dei Bonaccorsi prestavano denaro ad alto tasso (e ad alto rischio) ai papi di Avignone ed ai sovrani di tutta Europa, soprattutto ai re di Francia e di Inghilterra. Andava benissimo anche la manifattura della lana: si stima che quasi il 10% dei panni di lana prodotti in Italia fosse tessuto a Firenze, con grande richiesta di tinture pregiate, di porpora, di allume di rocca (un fissante per i colori) e di manodopera. Il commercio, le attività bancarie e manifatturiere si sostenevano a vicenda generando un circolo virtuoso che creava straordinarie ricchezze per alcune famiglie e reddito per il popolo minuto della città e del contado. Firenze stava diventando guida di uno Stato regionale con un territorio di influenza che andava dal Chianti e la Valdelsa fino al Valdarno e l'Appennino, con influenza su Prato, Pistoia e Arezzo.
Il crack
finanziario
Dopo qualche anno dall’inizio della Guerra dei Cento Anni il Re Edoardo III d'Inghilterra, al quale molti banchieri fiorentini avevano prestato ingenti somme di denaro dichiarò l’insolvenza. Questo innescò una serie di fallimenti a catena disastrosi per l'economia cittadina. Nel 1311 fallirono i Mozzi e nel 1326 gli Scali. Poi tra il 1342 e il 1346 toccò a catena ai Bardi, ai Peruzzi, agli Acciaiuoli e ai Bonaccorsi. Queste famiglie cercarono di mantenere il potere che avevano e si inasprirono le contese reciproche, con il coinvolgimento della gente legata ai loro clan per interesse o per lavoro.
Leggiamo come raccontano i fatti lo storico Emanuele Repetti (1841) e altri.
Questa qui sotto è una digitalizzazione fatta a spese dell’Università di Harvard. Gli Americani hanno memoria della loro storia solo fino al Settecento e sono affascinati dalle vicende dei secoli precedenti, specialmente quelle delle città italiane come Firenze.
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