mercoledì 18 agosto 2021

Gli esiliati della Congiura de' Pazzi

Il Podestà di Firenze espelle
i nemici dei Medici
Ricerca di Claudio Mercatali



Bertoldo di Giovanni, 
la medaglia della Congiura


La Congiura de' Pazzi, fu ordita dalla famiglia di banchieri fiorentini Pazzi per stroncare l'egemonia dei Medici. Aveva l'appoggio del papa e di altri, tra cui la Repubblica di Siena, il Regno di Napoli e il Ducato di Urbino. Il 26 aprile 1478 durante una messa solenne in Duomo il prete Stefano da Bagnone e il vicario apostolico Antonio Maffei da Volterra cercarono di pugnalare Lorenzo il Magnifico ma riuscirono solo a ferirlo di striscio. Bernardo Bandini pugnalò a morte Giuliano, fratello del Magnifico.


Andrea del Verrocchio,
busto di Giuliano de' Medici


Jacopo de’ Pazzi cavalcò con i suoi fino a Piazza della Signoria gridando "Libertà!", ma la folla lo assalì e si scatenò la caccia ai congiurati in tutta la città. Appostate attorno a Firenze c’erano le truppe del papa e dei suoi alleati, che dovevano entrare in città a cose fatte. Però le campane suonarono a distesa e così capirono che la congiura era fallita e si ritirano senza farsi notare troppo.



La vendetta popolare fu feroce: Francesco de' Pazzi
 e l'arcivescovo di Pisa Francesco Salviati furono impiccati alle finestre del Palazzo della Signoria. Molti seguaci dei Pazzi furono giustiziati per strada e gettati in Arno. Anche i due preti sicari furono impiccati. Bernardo Bandini riuscì a fuggire a Costantinopoli, ma gli ambasciatori fiorentini ottennero dal sultano la sua consegna e fu impiccato il 29 dicembre 1479. Leonardo da Vinci che era presente disegnò il suo cadavere, ancora vestito con la tunica turca. L’intera famiglia Pazzi fu esiliata e condannata alla damnatio memoriae, cioè ad essere cancellata da ogni documento per essere dimenticata.




Subito cominciarono i processi, i bandi e le espulsioni dalla Città. Dove furono spedite le famiglie amiche dei Pazzi e i sospetti fiancheggiatori? Lo storico Scipione Ammirato vissuto un centinaio di anni dopo il fatto, dice nelle Istorie Fiorentine che una parte di loro fu confinata nella valle Acerreta, nei dintorni di Lutirano.

Può darsi. Il territorio è isolato, ai limiti della Signoria, facile da controllare e vicino alle terre del papa nelle quali eventualmente gli esuli potevano rifugiarsi in caso di minacce. Nello stesso tempo il papa Sisto IV poteva aiutare i suoi ex seguaci senza manifestarsi apertamente.

Se si escludono il Mugello e l’appennino dove si potevano mandare gli esiliati per tenerli lontano ma sotto controllo? A sud di Firenze c’era la Repubblica di Siena, a ovest Pisa, a est Urbino e Perugia, tutte città che avevano complottato contro i Medici in questa vicenda. Invece i territori del Mugello e dell’ appennino furono usati altre volte dai Fiorentini per liberarsi degli indesiderati, per esempio quando c’era bisogno di vuotare le carceri o gli orfanatrofi. Ne sono testimonianza i cognomi Malavolti, Malenotti, Bigalli, Galeotti, Innocenti, Degli Innocenti, Nocentini, Degli Esposti, Donatini.



Le sentenze emesse dal Podestà di Firenze per la Congiura stabilivano la distanza minima e massima da Firenze che gli esiliati dovevano rispettare. Le raccolse Angelo Poliziano, un artista molto amico di Lorenzo il Magnifico, presente quel giorno in chiesa e autore di una raccolta documentaria notevole alla quale ora ci affideremo. Una parte è qui accanto.


La vendetta dei Medici fu dura: ottanta condanne a morte per impiccagione, molte espulsioni e residenze obbligatorie attorno alla Città, per qualche anno o per sempre, a distanze variabili comprese fra cinque e quaranta miglia, ossia 8 – 66 chilometri perché il quel secolo il Comune non si estendeva oltre.

Dunque l’affermazione di Scipione Ammirato è credibile. Però la semplice citazione di uno storico illustre, anche se esplicita, non può bastare per sostenere una ipotesi. Vediamo se si trova qualche altra informazione.

Gli espulsi erano benestanti, con proprietà terriere, con un residuo potere nell’ambito del proprio clan fatto di soci in affari e di consorti vari. Le condanne di espulsione non indicavano un sito preciso di residenza obbligatoria. Venne lasciata loro una certa libertà di movimento nel contado per curare i propri interessi. E’ evidente infatti che queste famiglie, una volta sottomesse alla Signoria e per così dire “rieducate politicamente” erano una risorsa economica, perché alimentavano dei giri di denaro con i loro commerci e le loro attività finanziarie e di impresa. Dunque fuggirono dal territorio di Firenze solo i  ribelli che non accettarono la sconfitta. E’ il ripetersi di una storia già vista a Marradi: una parte dei Fabroni fuggì da Pistoia nel Medioevo dopo le lotte cittadine e si stabilirono qui da noi e i Torriani  in fuga dalla Lombardia per gli stessi motivi nel Cinquecento giunsero a Marradi, comprarono dai Razzi e completarono il loro attuale palazzo.

Dunque qualche notizia si può ricavare dai cognomi dei condannati. I Corsi ai quali era stato vietato il transito da Sesto a Barberino del Mugello come si legge in una sentenza qui sopra, si stabilirono quasi certamente in quella parte del Mugello, dove il cognome e la sua variante Corsini è presente anche oggi. Così è possibile che siano arrivate a Marradi alcune famiglie Pazzi, cognome che nelle filze del Settecento dell’archivio storico del Comune compare in tanti documenti. Spesso si tratta di prelati e parroci, anche perché la Chiesa non aveva applicato a questa famiglia la damnatio memoriae come aveva fatto Firenze nei secoli precedenti. Questo cognome era frequente anche a Tredozio, che allora faceva parte della Signoria di Firenze come Marradi.






Ma il cognome che più si presta a questi discorsi è Bandini, presente anche oggi a Marradi e in tutta la valle Acerreta fino a Modigliana compresa. 
Lorenzo il Magnifico mandò degli ambasciatori fino a Costantinopoli per far estradare e poi impiccare Bernardo Bandini e di certo avrà messo al confino anche tutto il resto della famiglia e tutti i parenti, prossimi o remoti, più o meno coinvolti nella congiura.

Dai documenti del Cinquecento dell' Archivio Storico del Comune di Marradi si sa che i Bandini a Lutirano erano già residenti e benestanti quanto basta per essere nominati consiglieri comunali (la carica spettava a chi aveva un certo censo).


Nel Seicento le cose andarono meglio ancora e nei verbali dei Consigli comunali se ne trovano molti.

Le notizie su di loro abbondano anche nei secoli successivi. Antonio Bandini di Pian di Sotto, una fattoria vicino a Bulbana, nel primo Ottocento gestiva là una filanda di seta, come Giovanni Bandini di Modigliana. A quel tempo Filippo Bandini era proprietario della fattoria di Veriolo, a Lutirano, il cav. Alessandro Bandini era proprietario di Cignano e un’altra famiglia aveva residenza storica in un palazzo vicino al ponte per Tredozio, dove nacque il generale Domenico Bandini. Tutti costoro, variamente imparentati, avevano per tradizione di famiglia uno spirito di impresa, commerciale e padronale che difficilmente avrebbe potuto nascere ed essere tramandato in un ambiente agreste come quello senza un input esterno.


Per tutti questi motivi forse diverse famiglie Bandini giunsero a seguito delle vicende di cui stiamo parlando e si stabilirono nella valle Acerreta e non solo lì. Però la sicurezza non c'è, perché non tutte le cose logiche sono vere e non tutte le cose vere sono logiche.

Come si vede nella cartina qui accanto la attuale diffusione del cognome, localizzato fra Toscana e Romagna, è compatibile con i ragionamenti fatti prima.



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