venerdì 12 settembre 2025

Dino Campana in cammino per La Verna

Un confronto fra Castagno d’Andrea e Campigno

Ricerca di Claudio Mercatali


… e così il giorno 16 settembre 1910 Dino Campana cominciò il pellegrinaggio a La Verna partendo da Campigno, dove era arrivato il giorno prima, come ci dice nei Canti Orfici:
  


15 Settembre (per la strada di Campigno) Tre ragazze e un ciuco per la strada mulattiera che scendono. I complimenti vivaci degli stradini che riparano la via. Il ciuco che si voltola in terra. Le risa. Le imprecazioni montanine. Le rocce e il fiume.

Era pieno di pensieri e di ricordi amari. Due guardie della Questura di Firenze lo avevano accompagnato a Marradi il 14 giugno, espulso dal Belgio, dove era stato ricoverato per un mese nel manicomio di Tournai e detenuto per qualche tempo nel carcere di Saint Gilles. Forse in famiglia gli diedero qualche soldo volentieri quando partì per questa mèta e sperarono che con questo pellegrinaggio ritrovasse un po’ di serenità e di equilibrio. In effetti dal diario del viaggio a La Verna emergono più volte scorci di riflessione e osservazione serena descritti in una prosa di altissima qualità letteraria.






Il giorno 16 settembre cominciò l’instancabile cammino, fino al paese di Castagno d’Andrea, che è sul monte Falterona e dista quasi trenta chilometri da Campigno. Dal racconto si capisce che pernottò là e al mattino descrisse la gente e il paesaggio: era stata una notte di pioggia ma nella mattina il cielo si stava rasserenando. Sono ricordi dal vivo, autentici, che corrispondono esattamente ai Bollettini meteo dell’ Osservatorio Ximeniano di Firenze.


Castagno, 17 Settembre La Falterona è ancora avvolta di nebbie. Vedo solo canali rocciosi che le venano i fianchi e si perdono nel cielo di nebbie che le onde alterne del sole non riescono a diradare. La pioggia à reso cupo il grigio delle montagne. Davanti alla fonte hanno stazionato a lungo i Castagnini attendendo il sole, aduggiati da una notte di pioggia nelle loro stamberghe allagate. Una ragazza in ciabatte passa che dice rimessamente: un giorno la piena ci porterà tutti. Il torrente gonfio nel suo rumore cupo commenta tutta questa miseria.

Guardo oppresso le rocce ripide della Falterona: dovrò salire, salire. Nel presbiterio trovo una lapide ad Andrea del Castagno. Mi colpisce il tipo delle ragazze: viso legnoso, occhi cupi incavati, toni bruni su toni giallognoli: contrasta con una così semplice antica grazia toscana del profilo e del collo che riesce a renderle piacevoli! forse.



Il suo pensiero intreccia i ricordi e imbastisce i confronti  con Campigno, che aveva lasciato la mattina del giorno prima:

 Come differente la sera di Campigno: come mistico il paesaggio, come bella la povertà delle sue casupole! Come incantate erano sorte per me le stelle nel cielo dallo sfondo lontano dei dolci avvallamenti dove sfumava la valle barbarica, donde veniva il torrente inquieto e cupo di profondità! Io sentivo le stelle sorgere e collocarsi luminose su quel mistero.


Alzando gli occhi alla roccia a picco altissima che si intagliava in un semicerchio dentato contro il violetto crepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza di catastrofe sotto gli ammucchiamenti inquieti di rocce all’agguato dell’infinito, io non ero non ero rapito di scoprire nel cielo luci ancora luci. E, mentre il tempo fuggiva invano per me, un canto, le lunghe onde di un triplice coro salienti a lanci la roccia, trattenute ai confini dorati della notte dall’eco che nel seno petroso le rifondeva allungate, perdute. Il canto fu breve: una pausa, un commento improvviso e misterioso e la montagna riprese il suo sogno catastrofico.

 Il canto breve: le tre fanciulle avevano espresso disperatamente nella cadenza millenaria la loro pena breve ed oscura e si erano taciute nella notte! Tutte le finestre nella valle erano accese. Ero solo.

Dal ricordo di Campigno il Poeta torna al presente e supera la malinconia descrivendo Castagno d’Andrea:

 Le nebbie sono scomparse: esco. Mi rallegra il buon odore casalingo di spigo e di lavanda dei paesetti toscani.

 La chiesa ha un portico a colonnette quadrate di sasso intero, nudo ed elegante, semplice e austero, veramente toscano.






Tra i cipressi scorgo altri portici. Su una costa una croce apre le braccia ai vastissimi fianchi della Falterona, spoglia di macchie, che scopre la sua costruttura sassosa. Con una fiamma pallida e fulva bruciano le erbe del camposanto.







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