lunedì 16 maggio 2011

UN COMPLEANNO A TUTTO TONDO (ricordi di un popolanese adottivo)

(Questo brano è inserito nell'opuscolo redatto dalla C.O.M.E.S. per festeggiare l'ottantesimo compleanno di don Nilo)

In occasione del 2° compleanno a tutto tondo (80°) di don Nilo, anche per me ricorre una data importante: lo conosco da 50 anni.

I SUOI PRIMI 40 ANNI (gli anni ’60 in particolare).

Non posso portare testimonianze anteriori agli anni ’60, poiché ho conosciuto don Nilo all’inizio di quel decennio.
Ero uscito dal seminario da pochi mesi e mi sentivo spaesato. In quattro anni di studi e formazione religiosa, interrotta per mancanza di vocazione, avevo visto il mondo esterno solo dal recinto dell’orto e dalle finestre del collegio.
A febbraio del 1961 andai nella biblioteca di Marradi, che era sistemata in piazza Scalelle, e chiesi in prestito il “Conte di Montecristo” perché mi piacevano i libri d’avventura. Mi fu risposto che quel romanzo non era adatto alla mia età (avevo 15 anni). La bibliotecaria aggiunse: - parlerò comunque con don Nilo della tua richiesta -. Quando lo incontrai, capii dal suo sorriso che la mia scelta era comprensibile e la bibliotecaria era stata un po’ eccessiva nello zelo da indice inquisitorio.
Non tornai in biblioteca per molto tempo, anche perché una copia del capolavoro di Dumas era fra i libri di mio nonno.
Negli anni successivi don Nilo, dopo aver inquadrato i miei fervori giovanili, mi rifilò dalla sua biblioteca personale mattoni che avrebbero abbattuto un toro, come “Il concetto dell’angoscia” e “La malattia mortale” di Kierkegaard, “Esistenzialismo o marxismo?” di Lukács ed alcuni lavori di Maritain e Merton. Grazie a quelle letture conobbi l’esistenzialismo in generale e quello cristiano in particolare. Quei “mattoni” mi servirono anche come alternativa all’aridità degli studi economico-statistici e come riparo dalla deformazione professionale della mia futura attività lavorativa. Nel nostro ambiente si diceva: - per lavorare in banca non bisogna essere cretini, però aiuta molto! –
Lungo tutti gli anni ’60 la frequentazione con don Nilo fu assidua, fruttuosa e ricca di confronti culturali, politici e operativi. Intorno al 1965 egli coinvolse buona parte di ragazzi marradesi nel movimento “Gioventù studentesca”. Ogni sabato ci ritrovavamo nella vecchia sede dell’Acli, Cinto introduceva le riunioni suonando “Al chiaro di luna” o “Per Elisa”, poi ci mettevamo a discutere di tutto, dai “massimi sistemi”, troppo grandi per la nostra cultura provinciale, alla liceità dello strip-tease, dal cineforum alla programmazione dei campeggi estivi: quelli di Vallombrosa e dell’Abetone sono rimasti scolpiti nella nostra memoria come eventi mitici. La penuria di soldi, di tende e mezzi di locomozione ci faceva affrontare con incoscienza e fantasia gli imprevisti e i pericoli. È andata sempre bene, anche se a Pratesi una volta rubarono la miglior tenda che avevamo in dotazione.
Quelli furono anche gli anni delle opere. Don Nilo avviò i lavori di ampliamento della sede Acli, la costruzione del campo da tennis su terreno di sua proprietà, organizzò e guidò le spedizioni di volontari a Firenze dopo l’alluvione del 4 novembre 1966, stimolò molte iniziative che divennero in seguito lavori pubblici.
A metà decennio il Mondo cominciò ad accelerare: gli effetti del concilio vaticano II, il pacifismo di Giorgio La Pira, il crescente peso del Comunismo, il Movimento Studentesco, le elezioni del ’68, i preti operai, i fermenti nelle Acli, don Milani, padre Balducci ed una nuova etica laica causarono fratture e lotte di idee e di prospettiva nelle tradizionali associazioni giovanili. Ne soffrimmo tutti.
Nel ‘67 don Nilo mi spedì da solo al convegno estivo delle Acli a Vallombrosa e potei assistere ai primi segnali di frattura fra l’ala religiosa e quella politica dell’associazione, che sarebbe avvenuta nel 1970.
Nel ’68 a Marradi eravamo una decina di universitari e volevamo creare una nostra associazione con l’obiettivo (e la presunzione) di interpretare i tempi nuovi e sprovincializzare l’ambiente culturale del paese. Non se ne fece nulla perché don Nilo non era d’accordo: mi è rimasta ancora la voglia di chiedergli, dopo quasi mezzo secolo, i motivi reali di quell’opposizione.
Intanto io stavo completando gli studi a Firenze. A fine settimana tornavo a Marradi, il sabato e la domenica pomeriggio andavo da don Nilo a Cardeto, nella sua sede parrocchiale. Egli trovava sempre il modo di intrattenermi per discutere dei fermenti studenteschi metropolitani e il dialogo si accendeva quasi sempre sugli eventi più recenti.
All’inizio degli anni ’70 i miei ritorni a Marradi diventarono sempre più radi ma potei rendermi conto che il prete dei giovani, l’ispiratore delle idee marradesi più stimolanti, il padre spirituale di una certa generazione politica locale era sempre più impegnato nella sua mansione e missione di parroco.
I primi quaranta anni non manifestano soluzione di continuità con quelli successivi. Penso che proprio negli anni ’70 don Nilo, attraverso la sua missione pastorale e parrocchiale permanente, scoprisse la vocazione della sua maturità. A mio avviso, per il carattere evangelicamente irrequieto e per l’animo generoso di carità paolina, la vita tradizionale di parroco gli stava stretta e proprio in quel decennio iniziò a seminare nuovi granelli di senape, uno dei quali diventerà una pianta su cui si sono posati tanti giovani che avevano perso il senso della vita.




I SUOI SECONDI 40 ANNI (con postilla non conclusiva)

Quanti granelli di senape ha seminato don Nilo nella sua vita che ci auguriamo tutti lunga ed ancora operosa? Tanti: alcuni hanno prodotto arbusti, altri piante grandicelle, qualcuno non è nato o ha generato un bonsai, ma uno è divenuto un grande albero, che sta crescendo ancora, e l’ultimo è spuntato nell’autunno del 2007, anno in cui don Nilo è divenuto “amministratore parrocchiale” di Popolano, in sostanza il nostro parroco.
Sul grande albero di Sasso tante persone possono parlare e scrivere meglio di me per cui mi limito a raccontare solo qualche episodio.
Per 3 anni consecutivi (1985 e ss.) i sassaioli della prima ora aiutarono il rione di Povlo’ ad allestire i carri per la sfilata della graticola d’oro.
Negli anni successivi la comunità di Sasso s’ingrandì vertiginosamente e alcune volte don Nilo, a casa mia per cena, parlava dei problemi di gestione e di nuovi locali.
Il conflitto fra società marradese e popolanese e la comunità di Sasso, vissuto a metà degli anni ’90 a seguito di episodi criticati da molti concittadini, fu sanato dal buon senso, dallo spirito di verifica reciproca e dal riordino delle attività di recupero e reinserimento dei ragazzi.
Forse quelli furono gli anni più duri e sofferti della vita di don Nilo. Il tempo ha calmato gli animi e lo spirito di pace e di concordia, che ha sempre animato il fondatore di Sasso, alla fine ha vinto ma, soprattutto, hanno vinto le virtù cristiane che più distinguono il nostro attuale parroco.
Anche la decisione di accettare l’incarico a Popolano è stata sofferta, perché la nostra comunità non era coesa su questa scelta diocesana, mentre il primo dovere del parroco è quello di riunire le coscienze e superare le divisioni.
Don Nilo è arrivato a Popolano durante una fase di propria rigenerazione giovanile. Appariva a tutti noi pieno di nuove energie, di buone idee per la parrocchia ed in ottimo stato di salute; tutto ciò spiega come egli possa sostenere tours de force quotidiani e soprattutto festivi sempre sorridente e disponibile.
La parrocchia ha ripreso le proprie funzioni organizzative ed operative, la chiesa è di nuovo aperta per tutta la giornata, grazie anche all’impegno di suor Roberta, il cui arrivo a Popolano è stato per noi e per don Nilo un dono inatteso.
Dal 2007 molti popolanesi hanno ripreso la strada della loro chiesa per la S. Messa festiva e la messa di don Nilo non è una “missa brevis”. Però quell’oretta di sacra celebrazione serve per riprenderci dalle distrazioni e divagazioni della settimana passata e ci prepara ad affrontare con rinnovato spirito cristiano quella che ci attende. Spesso la chiesa è piena perché arrivano fedeli da Marradi e gruppi di giovani da altre località.
A Popolano don Nilo ha riaperto anche la sua stagione delle opere, varando un programma di recupero edilizio dei locali adiacenti alla chiesa (canonica e abitazioni) che fa tremare i polsi per l’impegno finanziario, ma c’è una spiegazione a tutto. Al termine dei lavori in corso, i locali potranno essere utilizzati da associazioni e gruppi di altre parrocchie per trascorrere periodi di ritiro spirituale e di vacanza estiva. L’associazione consacrata laicale “Piccola Fraternità” garantirà la presenza continua nella rinnovata struttura e l’assistenza agli ospiti. Anche i popolanesi riavranno una stanza tutta loro per riunirsi e trascorrere qualche ora in allegria. Nel frattempo il “lòm a merz” di quest’anno ha sfidato intemperie, fortuna ed altri rischi. Grazie al cielo il fuoco ha resistito sotto la pioggia, la lotteria ha portato qualche goccia di denaro per i lavori in corso e 200 polente sono state distribuite dai popolanesi sotto i tendoni dello stand.

Nel ripensare alla vita cristiana di don Nilo, al suo impegno verso gli ultimi, alla sua attività pratica ed alla sua missione pastorale, vengono in mente due passi della liturgia ed un episodio del poverello di Assisi: la parabola della pecora smarrita del Vangelo di Luca, una frase della lettera di s. Giacomo (la fede senza le opere è morta) e il sogno di s. Francesco (Francesco va’ a riparare la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina). Tanti altri passi liturgici della Parola si attagliano bene alla vita di don Nilo, ma non è opportuno fare dell’agiografia, se non altro, per non precorrere i tempi… Comunque, fu proprio don Nilo a dirmi tanti anni fa: - i santi sono le persone più equilibrate -.
Una considerazione finale è “doverosa”: nelle parole di don Nilo mancano di solito gli imperativi dogmatici, le formalità giuridiche ed i richiami disciplinari rivolti ai singoli. A questa francescana carenza sopperisce una formella incastonata nel muro fuori dall’ingresso della chiesa di Popolano che riporta una frase in latino tardo medievale: “BANNA DECRETA MONITA”, il cui significato intuitivo potrebbe essere: “il bando stabilisce gli ammonimenti” ma che, probabilmente, riguardava un albo pretorio in cui venivano riportati dalle autorità “bandi, decreti, ammonimenti”. Noi popolanesi sapevamo che prima o poi don Nilo sarebbe arrivato nella nostra comunità, perché i doveri sono titolati su quella pietra serena, per tutto il resto possiamo ascoltare con attenzione e beneficio il nostro parroco.
Grazie caro don Nilo e i nostri auguri valgono anche per il tuo prossimo compleanno a “tutto tondo” (l’88°), ma vogliamo contare fino a 100.

Antonio Moffa

Nessun commento:

Posta un commento