Gli scavi di
S.Martino in Gattara
condotti dalla dr.ssa
Giovanna Montanari Bermond
Negli anni Sessanta la scoperta
di una necropoli molto antica a S.Martino in Gattara fece notizia in tutta la
vallata. Nei campi dietro l'attuale cimitero furono eseguite due campagne di
scavo che diedero un buon esito. Questa che segue è la descrizione delle
scoperte del 1963, tratta dal testo in bibliografia. Si parla di
"necropoli gallica" perché questa è la prima interpretazione che si
diede ai reperti, ma secondo gli scavi successivi (1968, 1969, 1972 1978) le
tombe potrebbero essere di popolazioni umbre o addirittura etrusche.
- Gli scavi del 1963 e del 1968
Da qualche decennio gli abitanti di S.Martino in Gattara erano a conoscenza
dell'esistenza di reperti archeologici nei dintorni. Nel 1951 le autorità
competenti procedettero anche ad alcuni sequestri di materiale, che fu
consegnato alla Sovrintendenza alle Antichità di Bologna. La prima esplorazione
sistematica fu effettuata nell'estate
del 1963 dalla dr.ssa Bermond. Si scavò nel podere Ospedale, a poche
centinaia di metri dal centro abitato. Dallo stesso podere proveniva il
materiale sequestrato nel 1951 e classificato dalla Sovrintendenza come
appartenente ad una necropoli gallica. Lo scavo del 1963 mise in luce due muri
costruiti con ciottoli di fiume, senza alcun legante, disposti abbastanza
irregolarmente. I muri formavano un angolo acuto con due lati rispettivamente
verso ovest e nord ovest per 40m e per32,5m (vedi qui accanto).
A circa 11m in direzione est
apparve un recinto circolare, delimitato da lastre d'arenaria alte 60 - 80cm e
larghe 30 - 36cm, disposte in coltello, con un diametro di 35m.
All'interno di questo recinto il
terreno era leggermente sopraelevato al centro, tanto da suggerire l'idea di un
tumulo, però al centro non c'era nessuna sepoltura, e le tombe erano disposte
lungo la circonferenza.
Nel 1963 furono scavate 14 tombe
e altre 10 vennero alla luce durante gli scavi del 1968. Sono state anche trovate
le fondazioni di due edifici rettangolari, fatti di ciottoli di fiume,
sicuramente costruiti per scopi funerari che non ci sono noti.
- La necropoli
Gli scavi hanno messo in luce che
gran parte delle tombe erano già state saccheggiate in tempi antichi e che le
sepolture coprirono un lasso di tempo di circa un secolo. In una tomba venuta
alla luce nel 1969 è stata trovata una Kylix attica (un calice di ceramica) a figure nere, manifattura tipica degli
ultimi decenni del secolo Sesto avanti Cristo. Nelle tombe n° 10 e 12 è stata
trovata della ceramica attica a figure rosse databile al 440 - 420 a.C.
A destra: la kylix a figure nere,
usata per la datazione delle tombe
A sinistra: il vaso di ceramica a figure rosse (440 - 420 a.C.)
I resti scheletrici erano tutti
mal ridotti, dato il gran tempo trascorso dalla sepoltura e il metodo
usato. Il morto era disteso supino,
coperto con lastre d'arenaria, orientato da ovest a est, con il corredo funerario
ai lati della testa. Le armi erano poste sopra le spalle, così come d'uso al di
là delle Alpi. Questi dettagli fanno supporre che queste popolazioni non
fossero autoctone, ma discese in Italia dalla Gallia. A partire dalla fine del
Quinto secolo pare che le sepolture cessino, come se la popolazione si fosse
trasferita.
- La descrizione delle tombe scoperte nel 1963
Tomba 1 Vi era sepolto un uomo. Si trovarono delle punte di lancia
e un coltello posto all'altezza della spalla destra, oltre a otto vasi di
terracotta di forma varia.
Tombe 2, 3, 4 Sono tombe depredate. Sono emersi pochi resti
scheletrici e cocci di ceramica.
Tomba 5 Era la sepoltura d una donna. La parte più pregevole del
suo corredo funerario è una collana d'ambra formata da 40 elementi.
Tombe 6 e 7 Sono due sepolture maschili, con coppe e fibule di bronzo.
Tombe 8 e 9 Nella n°8 era sepolto un ragazzo di 10 - 12 anni, nella
n°9 un maschio adulto, con il solito corredo di coppe di ceramica e fibule di
bronzo.
Tomba 10 C'è un ricco
corredo funerario, con un elmo, ma anche oggetti che farebbero pensare a una
donna. I resti ossei esili sembrano femminili ed è possibile che qui siano
stati deposti due individui in tempi successivi.
Clicca sulle immagini se le vuoi ingrandire
Accanto a sinistra:
il calderone di lamina martellinata.
Qui sotto a sinistra: un elmo,
Accanto a destra: la kylix attica
a vernica
nera.
Qui sotto a destra: un askos,
forse un lume
a olio.
La tomba 10 è la più ricca. C'è
un grande calderone di lamina martellinata, formato da due calotte, un elmo,
una brocca di terracotta di pregevole fattura e altro ancora.
Soprattutto è stata trovata la kylix
attica a vernice nera che ha permesso di datare la necropoli, come abbiamo
detto prima e un askos, forse una oliera o un lume a olio, con due civette.
Tombe 11, 12, 13 14 Sono sepolture già depredate, che però hanno
fornito dei buoni reperti, come si vede qui accanto.
Chi era l'archeologa
che condusse gli scavi
di S.Martino in Gattara?
Giovanna Montanari Bermond (Lugo
1924 - 2011) laureata in Lettere e diplomata alla Scuola Archeologica di Roma, per
molti anni fu ispettore della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell' Emilia
Romagna.
Specializzata in preistoria, condusse
molti scavi: nella Grotta del Farneto, alla Fornace Cappuccini a Faenza, nell'area
dell’età del bronzo di Valle Felici (RA), a S. Martino in Gattara, a Misano e a
Riccione; diresse anche gli scavi della città romana di Mevaniola, a Galeata,
della villa romana di Fiumana e di quella di Meldola.
Fonte: Collana
"Brisighella ieri e oggi" n°1, edito da So.Gra.Ro, 1970 per conto del
Comune di Brisighella (Il libro è disponibile presso le Biblioteche comunali di Brisighella e di Marradi).
Nessun commento:
Posta un commento