giovedì 20 settembre 2012

Due poesie di Dino Campana


L'invetriata e La Chimera 
in francese,
spagnolo e portoghese





Il Ponte Grande, a Marradi, visto dalla casa del maestro Torquato Campana, zio del poeta.



  • L'invetriata

La sera fumosa d’estate
Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra
E mi lascia nel cuore un suggello ardente.
Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha
A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada? c’è
Nella stanza un odor di putredine: c’è
Nella stanza una piaga rossa languente.
Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:
E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c’è
Nel cuore della sera c’è,
Sempre una piaga rossa languente.


  • La baie vitrée

Le soir fumeux d’été
De la haute baie vitrée verse des lueurs dans l’ombre
Et dans le cœur me laisse une brûlure scellée.
Mais qui a (sur la terrasse sur le fleuve s’allume une lampe) qui a
A la petite Madone du Pont qui c’est qui c’est qui a allumé la Lampe? - y’a
Dans la chambre une odeur de putridité : y’a
Dans la chambre une plaie rouge languissante
Les étoiles sont des boutons de nacre et le soir se vêt de velours :
Et tremble le soir fat : il est fat le soir et il tremble mais y’a
Dans le cœur du soir y’a,
Toujours une plaie rouge languissante.

Da: Chants Orphiques, traduzione di C. Mileschi, 
edizione bilingue, Lausanne-Paris,
L'Âge d'Homme, 1998   www.campanadino.it


  • La vidriera

La humosa noche de verano
Desde la alta vidriera vieste resplandores en la sombra
Y me deja en el corazòn un sello ardiente
? Pero quién ha (an la terraza sobre el rìo se enciende una làmpara) quien le ha
A la Virgencilla del Puente quién es el que le ha encendido la làmpara? - hay
En la habitacion un olor a podredumbre: hay
En la habitacion una roya llarga lànguida
Las estrellas son botones de nàcar y la noche se viste de terciopelo:
Y tiembla la noche efìmera: es efìmera la noche y tiembla pero hay
En al corazòn de la noche hay,
Siempre una roja llarga lànguida

Cantos orficos, Universidade de Murcia, Espana







  • A Quimera

Não sei se entre as rochas o teu pálido
Rosto me apareceu, ou sorriso
De distâncias ignotas
Foste, a pendente ebúrnea
Fronte fulgente ó jovem
Sóror da Gioconda:
Ó das primaveras
Apagadas, por teus míticos palores
Ó Rainha ó Rainha adolescente:
Mas por teu ignoto poema
De volúpia e de dor
Música menina exangue,
Marcado por uma linha de sangue
No círculo dos lábios sinuosos,
Rainha da melodia:
Mas pela virgem cabeça
Reclinada, eu poeta noturno
Velei as estrelas vívidas nos pélagos do céu,
Eu por teu doce mistério
Eu por teu devir taciturno.
Não sei se a chama pálida
Foi dos cabelos o vivente
Sinal do seu palor,
Não sei se foi um doce vapor,
Doce sobre a minha dor,
Sorriso de um rosto noturno:
Olho as brancas rochas as mudas fontes dos ventos                                La chimera di Arezzo, scultura etrusca
E a imobilidade dos firmamentos
E os túmidos riachos que vão em lamentos
E as sombras do lavor humano curvas lá nas colinas algentes
E ainda por tenros céus distantes claras sombras correntes
E ainda te chamo te chamo Quimera.

Cantos Órficos/Canti Orfici. Tradução de Gleiton Lentz. 
Desterro: Edições Nephelibata, 2004


  • La Chimera
Non so se tra roccie il tuo pallido
Viso m'apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina O Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l'immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.


NOTA: La Chimera, mostro di origine divina, aveva la testa di leone, il petto da capra, e la coda di un drago. Dalla bocca vomitava fuoco. L'eroe Bellerofonte la uccise con un lancia dalla punta di piombo, che la chimera stessa aveva fuso con le sue fiammate. In senso lato una chimera è una cosa impossibile, un'illusione.

giovedì 13 settembre 2012

In cima al Lavane



Un trekking sul monte più alto
di Claudio Mercatali



Qui da noi la frase "fino in cima al Lavane" significa "molto lontano e in alto", perché questo monte, con i suoi 1241m è il più elevato della zona.
Però il modo di dire non corrisponde del tutto alla realtà, perché il Lavane non è la montagna più lontana dal capoluogo e nemmeno la più difficile da risalire. Le sue pendici sono ripide ma abbordabili e la vetta, anzi le vette, perché sono tre o quattro, non hanno una morfologia aspra e sono coperte da belle faggete.
Questo trekking si è svolto il nove settembre, approfittando del fatto che in cima c'era il raduno degli escursionisti dello UOEI, che festeggiavano il centenario della fondazione del loro sodalizio.
La sigla, che sembra un esercizio di vocalizzazione, significa Unione Operai Escursionisti Italiani e lascia intendere che nel 1912 i fondatori intesero costituire un gruppo di svago popolare.
Per il Lavane non c'è un punto di partenza unico, perché si può arrivare alla vetta in almeno tre modi: da Farfareta, da Magliabecco oppure dalle Case Nuove dell'Eremo di Gamogna.
Il gruppetto di cui faccio parte sale da Farfareta, e precisamente dalla località La Noce, dove è stata aperta di recente una strada che nessuno di noi ha ancora percorso e che quindi ci incuriosisce. Non conosco i miei sei compagni di viaggio, né loro si conoscono fra sé, perché ci siamo incontrati per caso.


Il punto di partenza,
dalla località La noce.


Dopo un chilometro noto che siamo assortiti proprio bene: c'è quello che non va, quello con i bastoni da fondo, la coppia stagionata, quello che non sta mai zitto e quello che si attarda a fare le fotografie (io).
La prima tappa è al podere Le Crognole, che è quasi un piccolo borgo di tre o quattro edifici, come d'uso per le case isolate dei pastori. Quando si arriva qui è passato un terzo della salita.

Benvenuti alle Crognole!

La strada campestre sale e il paesaggio si apre: là di fronte di vede Val di Rovino, Valdervé come la chiama Dino Campana, che la cita nei Canti Orfici, nel racconto del Viaggio a La Verna.
Si vede anche la Riva Bianca, una frattura concava del monte, che i geologi chiamano "nicchia di distacco" che per la sua curvatura ha la caratteristica di rimanere sempre asciutta e biancastra, anche quando piove.

La salita si sente e qui anche una persona allenata comincia "a farsi acqua" (a sudare) per dirla come Dino Campana. Il gruppetto si è sfilacciato un po': il faentino con i bastoni da fondo è in fuga, il chiacchierone si è zittito, marito e moglie gemono, e io ho daffare con la luce radente del sole che è sorto da poco e mi costringe a scattare tante foto per averne una buona.


 Valdervé (Val di Rovino), dalle Crognole.

 
Arriviamo così al rifugio del Lavane e con ciò siamo ai due terzi della salita. Questo edificio, bruttissimo, è però indispensabile e ben attrezzato. Negli anni Ottanta fu oggetto di polemiche e rancori, perché i cacciatori non lo volevano, temendo l'arrivo degli odiati escursionisti anticaccia. Intanto il gruppetto si è rinserrato e così assieme affrontiamo l'ultimo tratto.

 



 Il rifugio è esattamente 
a mille metri di quota.


 Prato Giuliano

Dai pascoli alti il panorama è da favola. Da Prato Giuliano si vede l'appennino da Ronchi di Berna (cioè dal monte Carzolano) fino a Monte Romano.



Gli alpini in azione

Ecco, siamo alla Capanna del Partigiano. Sono quasi le dieci e il gruppo degli alpini di Marradi è già all'opera per allestire le panche per il pranzo e per la messa di mezzogiorno. L'uomo dei bastoni da fondo non è ancora soddisfatto e cerca un'altra meta. Mi viene da dire: "Andiamo nel punto più alto del Lavane, che è più avanti, dove c'è la colonnina del punto trigonometrico".
Poi penso ... certo che lui è molto più veloce di me ... forse era meglio se stavo zitto .... Quello che parla sempre mi ha letto nel pensiero e mi ha puntato il dito subito: "E sas tiré e la paròla déda innartùrna endrì ... ".
E allora andiamo. Si tratta di scendere e di risalire nel cocuzzolo qui di fronte, lungo un sentierino poco faticoso che ci porta proprio in cima, in un posto come tanti altri, dentro la faggeta, che però ha la caratteristica di essere a 1241m. Un pilastrino di lamiera marca il fatto (a fianco).

Cento metri più avanti si esce per un attimo dalla faggeta e si vede un panorama particolare per un marradese e cioè il Castellone e Biforco.

Ora il gruppetto si disfa: i miei soci si rimboccano le maniche per preparare il pranzo ma il mio scopo sono le fotografie e quindi riparto da solo per tornare indietro passando da Magliabecco, lungo un percorso tutto diverso da quello dell'andata. Mi piace passare da Magliabecco, perché si percorre sempre un crinale e si vedono tante cose. Poi si va quasi sempre verso nord o nord ovest e quindi si fotografa bene. Dalla cima del Lavane il panorama è meglio di una carta geografica: si deve scendere fino a Prato Cavallo e poi giù lungo i pascoli.

 


Dalla vetta del Lavane si vede Biforco.
... prima meta, Prato Cavallo, seconda meta Magliabecco ...




Questo versante è completamente diverso da quello delle Crognole. Qui non c'è macchia e nemmeno castagneti, solo pascoli, con poca terra e pietra spesso in affioramento. In compenso gli spazi sono ampi. Magliabecco è un borgo di pastori citato nei contratti di compravendita del Trecento. I pastori naturalmente non ci sono più e le case sono diventate residenze estive.

Ecco Prato Cavallo, che in realtà è un lastrone di pietra coperta da un dito di terra. Al bordo superiore un dirupo forma l'orlo superiore della vallata di Albero e sullo sfondo di vedono anche Testiati e Val della Meda.






Ormai sono all'arrivo e là in fondo vedo Farfareta e le Crognole, cioè la direttrice che ho percorso all'andata.


Forse Magliabecco è il più tipico dei tre paesini che formano Campigno (gli altri sono Le Pille e Farfareta). Ha la struttura tipica del borgo di pastori, con case ammucchiate una a ridosso dell'altra, perché qui ogni fetta di terra risparmiata corrispondeva ad una fetta di pane in più.
Tutto attorno grandi pascoli, perché ogni famiglia doveva tenere vicino a casa il proprio gregge. Per risparmiare terreno il più possibile la strada sale ripidissima e si fa fatica anche se è asfaltata.

I tempi? Per salire al Lavane dalle Crognole servono due ore, per scendere dalla vetta a Magliabecco e poi alla chiesa di Campigno altrettanto. Campigno è a una quota media di 620m, la capanna del partigiano è a 1220, dunque il dislivello è di 600m, sempre in salita. Questo significa lo sforzo è costante ed elevato. La temperatura cala di un grado ogni 100m. Regolatevi.

Il rifugio di Prato Giuliano e la Capanna del Partigiano sono strutture aperte al publbico e gestite dalla associazione ANUU, Associazione dei migratoristi italiani per la conservazione dell'ambiente naturale, sezione di Marradi.








giovedì 6 settembre 2012

La "stralunata" di settembre



Un trekking notturno 
sopra a Marradi



La luna, al teleobiettivo, sorge
sopra la pineta di Pian dei Preti
(dalla Sassogna, la sera prima)


I percorsi classici dei trekking notturni qui da noi sono per Trebbana, Lozzole o Gamogna, a Natale o a Pasqua, per la messa di mezzanotte. Però quest' anno è venuta la passione anche per altri percorsi. Oggi è il 1 settembre e questa che stiamo per compiere è una scarpinata lungo un crinale sopra a Marradi, dal quale si vede il paese illuminato e un bel tratto della valle.

C'è tanta gente, più del previsto:

Francesca Alpi, Alberto Baldassarri. Gabriella Baldini, Francesco Barzagli, Stefano Bentivogli, Katia Berretti, Davide Billi, Valentina Billi, Pierluigi Calamini, Elmo Camporesi, Romana Cattani, Ermanno Cavina, Milva Fabbri, Nada Francioli, Aldo Fregnani, Tommaso Gentilini, Stefania Ghetti, Massimo Giannotti, Caterina Graziani, Maura Lelli, Raffaella Marolli, Claudio Mercatali, Fabrizio Montaguti, Giuseppe Naldoni, Riccardo Naldoni, Rita Neri, Gianluca Parodi, Gianni Perfetti, Vittorio Pieli, Patrizia Pifferi, Paola Pizzinato, Gian Maria Randi, Roberto Randi, Marianna Rossi, Selene Salomone, Cinzia Samorì, Marco Sartoni, Ivan Sbarzaglia, Donatella Scalini, Liliana Senzani, Marco Solaroli, Flavia Tondini, Marco Visani, Andrea Zambelli.


 
La vecchia strada per la Badia 
del Borgo all'imbrunire



Perché proprio il primo giorno di settembre? E' semplice: è sabato e c'è la luna piena. Il chiarore della luna è importante nei trekking notturni, perché permette di vedere il profilo dei monti e le luci del fondovalle. 


Si parte da piazza Scalelle all'imbrunire e si imbocca il Voltone di Casa della Volpe, per andare nella vecchia strada per la Badia del Borgo.
Oggi potrà sembrare incredibile ma fino agli anni Trenta, questa stradina era l'unico percorso carrettabile per andare alla Badia.
A Val Bigoncio si imbocca la strada comunale per Gamogna, che sale ripida subito. Ad un certo punto c'è un bivio al quale si deve andare a sinistra. Si arriva così al crinale e la Badia del Borgo fa un bell' effetto là in basso. E' quasi notte e ormai servono le luci frontali.
                   
La Badia e il Castellone al crepuscolo


Il peggio è passato e non c'è più salita. Il sentiero percorre il crinale, passa da Castelnuovo e dolcemente arriva al podere di Monte Gianni. Qui la visuale verso nord è ampia e si vede la vallata fino a S.Martino in Gattara.


E' buio. 
Sopra a Castelnuovo la Luna è uscita dalle nuvole. 
E' una fortuna perché c'è riflesso e si può fotografare 
in lontananza.



Popolano e S.Martino
da Monte Gianni



Ora il sentiero si infila in una pineta e diventa pietroso e malagevole. Però a tratti si vedono le luci di Marradi sulla destra e l'effetto, con la luna piena, è notevole. E siamo così giunti a Pian dei Preti. In paese non c'è nessun ricordo di qualcosa che riguardi i preti in questa località. In realtà secondo gli anziani che vivevano qui vicino il nome prima del rimboschimento sarebbe stato Pià di Pré (Pian dei Prati) poi deformato in Pià di Prit. Da qui in poi scendere verso il paese è un piacere.


 
 
 
  
Marradi da Casa 
della Volpe
e il Voltone.







Il percorso è stato di otto chilometri, compiuto in due ore e mezzo, senza fatica eccessiva, alla fine tutti a tavola alla sede dell' Associazione Il Solengo. La passeggiata è stata organizzata dall'ANUU Migratori, Gruppo di Marradi.



sabato 1 settembre 2012

Enrico Visani 50 anni dopo


Una bella mostra 
a Palazzuolo sul Senio



Nell'Oratorio dei Santi Carlo e Antonio di Palazzuolo sul Senio, si è conclusa il 25 agosto la mostra di pittura "Enrico Visani 50 anni dopo".

Enrico Visani è nato a Marradi il 6 febbraio 1938. La sua infanzia si è svolta negli anni più drammatici della guerra ed è stata segnata da fughe, precipitosi trasferimenti, pericoli di vita. La sua formazione artistica è stata da autodidatta. Il primo importante pittore cui ha chiesto un incontro è stato Gastone Breddo, che gli ha dato alcuni utili consigli.




Panoramica della mostra 
verso l'altare maggiore
e verso i due altari laterali

Si è aperto all’arte attraverso un sofferto percorso interiore, che lo ha portato a studiare l’opera di grandi maestri contemporanei, come Burri, Fontana, Moore, De Kooning, Afro, Fautrier, in un contesto problematico sensibile alle discussioni sulla cibernetica e sull’intelligenza artificiale. 
Con questa sua cultura viva e pulsante, modellata su un carattere fiero, Visani ha iniziato a presentarsi al pubblico. La sua prima mostra di rilievo è stata alla galleria “Le Nuove Muse” di Bologna, con presentazione in catalogo di Bruno Saetti. In questa occasione Francesco Arcangeli riconosce che il lavoro di Visani è in linea con il Naturalismo Padano da lui teorizzato.


 



 Clicca sulle immagini 
se le vuoi ingrandire













Il 1975 è l’anno di un’importante personale a Salonicco con testi in catalogo di Franco Solmi e Marilena Pasquali. Oltre all’attività pittorica, svolge una mansione che gli dà modo di affinare la propria sensibilità artistica e di farsi “sul campo” una cultura museale di riguardo, occupandosi dell’allestimento della galleria d’Arte Moderna di Bologna. Entra in contatto con alcuni indiscussi protagonisti del ’900 artistico italiano, come De Chirico, Manzù, Guttuso, Annigoni, Conti.

 









 Visani è un artista 
di fama internazionale

 
 
Fondamentale per la sua formazione è poi l’incontro con Xanti Schawinsky, uno degli ultimi esponenti della Bauhaus, da cui apprende la grande lezione dell’arte e della cultura mitteleuropa.
Alla fine degli anni ’70, si avverte nel lavoro di Visani l’esigenza di una svolta. Il naturalismo lirico e gestuale che gli è proprio, lascia il passo ad un bisogno di drammatica interiorizzazione sul modello ideale di Bacon e De Kooning. Grazie a Minguzzi presenta i primi risultati di questa sua svolta, in una mostra alla Galleria Forni di Bologna.


Seguono una mostra alla Galleria Comunale di Rivoli e, nel 1981, un’altra alla Galleria Cochlias a Salonicco. In Grecia, Visani continua a trovare consensi e amicizie nell’ambito di importanti personalità dell’arte e della cultura, quali Yannis Ritsos e Mikis Theodorakis.






Nel 1997 ha fondato il Sindacato Artisti dell’Emilia Romagna, diventandone segretario. Sotto tale veste ha allestito la prima Biennale e la Triennale di Bologna. La mostra al Museo Marino Marini di Firenze completa un’attività espositiva sempre di alto livello.



 


Due quadri 
molto apprezzati dal pubblico



 A sinistra: 11 settembre, sotto: 
I percorsi della Memoria







 





Fonti: Le notizie sulla vita del pittore 
sono di Tebaldo Lorini