lunedì 21 gennaio 2013

La ricerca dei documenti su Dino Campana


Ricordo del mio “incontro” 
con Dino Campana
di Francesco Cappelli


Dino Campana e, sullo sfondo
 il manicomio di Castelpulci 
(del pittore Graziano Martino)




 In una lettera datata 11 Aprile 1985 Francesco Cappelli, al tempo impiegato dello Stato Civile e responsabile dell’Archivio Storico del Comune di Marradi,  racconta del suo “incontro” con Dino Campana e di come abbia scoperto i numerosi documenti riguardanti il poeta  che erano  custoditi nell’Archivio Storico. Quella che segue è la trascrizione della sua lettera.

“ Ricordate che se Marradi è conosciuto oltre i confini d’Italia, questo lo si deve al suo grande ed infelice figlio, Dino Campana !” Così dicendo sembrava che l’Ufficiale dello Stato Civile, Giovanni Buccivini Capecchi volesse ammonire tutti noi dipendenti del Comune di Marradi. Egli spesso ripeteva con enfasi questa frase scrittagli negli anni 1946-47 dal Professor Federico Ravagli.
Io allora ragazzino, avrò avuto 14, 15 anni, interessato più alle vicende del grande “Torino” appassionato ai duelli ciclistici di Coppi e Bartali, fui incuriosito da questa frase. Chi era mai questo personaggio marradese famoso? Che cosa aveva fatto di importante per essere ricordato?
La mia curiosità fu ben presto appagata, il suo nome era Dino Campana, uno scrittore che aveva fatto stampare a Marradi un libro intitolato “ Canti Orfici”, una raccolta di poesie e di brevi racconti.

A quell’epoca in Comune c’erano contrasti per dedicargli o meno una strada. (Marradi ha, a mio avviso, una bellissima tradizione, quella di titolare le sue vie a personaggi locali). Ricordo che il Buccivini raccontava le sfuriate di Dino nel suo ufficio, quando dettava i suoi versi ad un certo Gino Mughini. Il fatto di aver permesso al Poeta di recarsi nel proprio Ufficio a dettare i suoi versi lo inorgogliva. Chissà, forse si sentiva un protettore, un precursore, qualcuno che aveva dato credito al talento di Dino, mentre altri cercavano di schivarlo. Narrava aneddoti curiosi. Il personaggio in questione suscitava in me tanta curiosità ed una simpatica tenerezza. Volevo conoscerlo meglio, con chi aveva vissuto il suo periodo, leggere il suo libro.

Quest’ultimo desiderio fu appagato da mia nonna Florinda, che costudiva gelosamente un’edizione dei “Canti” stampati dalla locale Tipografia Ravagli. Quando nel 1979 ho avuto la possibilità di mettere piede in Archivio per poterlo riordinare, non nascondo che avevo già in mente di ricercare qualcosa che parlasse di Dino. Quando dalla montagna di carte ammassate in malo modo estraevo fascicoli legati alla meno peggio con lo spago, ho sempre sperato di trovare qualcosa su di lui. La mia idea era quella di trovare un passaporto ritirato o magari riconsegnato con foto inedita, oppure qualche ritaglio di una poesia.

La cosa non era semplice come pensavo, ma un giorno mentre rassettavo una cartella intitolata “Assistenza-Beneficenza 1909”, scoprii una comunicazione di ricovero degli “Ospedali Riuniti di Livorno” riguardante il “Pittore” Dino Campana, così era indicata la professione del malato. (Stranezza di poeta oppure l’impiegato capì male




Il ricovero fu di sette giorni e la causa: “taglio ad un piede”. Una volta trovata la prima traccia, mi sono accanito nella ricerca al fine di scoprire qualcosa di più ed ecco che man mano vengono alla luce i moduli di ricovero negli ospedali psichiatrici: Imola 1906 e San Salvi 1909, un referto dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, fogli di via obbligatori dai quali si deducono i vari passaggi del poeta. Ma molto interessante a mio avviso rimane la prima grande fuga (1906) che indica qualche passaggio, anche se Dino ne aveva rivelato a grandi linee l’itinerario
Alla fine ho rinvenuto un passaporto per l’interno con firma autografa con inchiostro verde, assieme ad un foglio di Leva, maltenuto. Dino personaggio emblematico, a cui diversi hanno dato le più varie definizioni.
Una cosa è certa, che amava il suo paese, i suoi monti, i suoi fiumi e qui dove ha trascorso parte della sua vita, qui ha lasciato nell’archivio comunale tracce della sua vita, del suo girovagare, e qui spero che siano conservate gelosamente queste carte che parlano di lui.


Marradi, 11 aprile 1985




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