La liberazione e il ritorno a casa
ricerca di Luisa
Calderoni
Villanceta 1944
“Un pomeriggio di qualche giorno
dopo, la batteria di mortai da 81 mm che i tedeschi avevano piazzato e
mascherato ad un centinaio di metri dalla casa di Montechiarano, cominciò a
sparare a ritmo serrato e ciò ci fece pensare che si stessero avverando i
nostri più reconditi desideri.
Infatti i tedeschi, nella notte,
essendosi fatta la pressione del nemico insostenibile, ed avendo già gli
inglesi, scesi da Gamogna, raggiunto lungo la vallata le case di Vossemole, si
sganciarono per non rischiare di essere presi alle spalle.
... La
batteria di mortai da 81mm che i Tedeschi
avevano piazzato a Montechiarano ...
La villa di Vossemole
(Lutirano)
Dopo che finalmente se ne furono
andati, passammo altre 24 ore sotto il fuoco dell’artiglieria britannica, poi
silenzio di tomba e all’alba, in mezzo alla brina ottobrina, ecco avanzare
verso casa una pattuglia di soldati con ampi impermeabili di incerato e con i
caratteristici elmetti a padella.
La pattuglia era composta da una
decina di elementi di razza bianca muniti anche di radio la cui antenna
risaltava nella nebbia bagnata che si addensava tutt’intorno. Si trattennero
qualche tempo nella cucina scaldandosi al fuoco del camino, offrirono sigarette
a tutti, chiesero da quanto tempo i tedeschi si erano ritirati e se ne
andarono.
... in mezzo alla brina ottobrina ... una
pattuglia
di soldati con ampi impermeabili ...
di soldati con ampi impermeabili ...
Passò altro tempo ed ecco
arrivare un altro contingente di soldati: erano gli scozzesi del battaglione
Argyll & Sutherland Highlanders facente parte della 8a divisione
indiana.
... erano gli Scozzesi ...
... erano gli Scozzesi ...
Rimasero a Sermano una settimana
e noi, dopo tanto pane e castagne, gustammo il corned beef, le home sardines,
l’evaporated milk il cheese in scatola. I grandi poterono fumare le sigarette
navy Cut, Senior service, 333, ecc, e noi ragazzi gustammo l’indimenticabile
Plane Chocolate.
Poi anche loro se ne andarono lasciandoci in casa, per ricordo, 2 bombe a mano, una cassetta di cartucce per fucile e 6 granate da mortaio da 50mm.
Dopo ci fu vera pace (…)
Un giorno decidemmo di andare a
curiosare alla linea delle trincee dove si erano svolti i combattimenti, e
infatti, arrivati al monte Cavallara, trovammo di tutto: cassette di munizioni,
bombe a mano, elmetti, buffetterie, in maggior parte materiale inglese. C’erano
anche i caduti: gli inglesi, una quindicina, velocemente tumulati con relativa
croce e dati anagrafici, accanto alla casa di Vonibbio, uno scozzese sul monte
Cavallara, altri due sul poggio La Grilleta.
Dei tedeschi ne ricordo tre, a
malapena interrati e ricoperti di sassie senza nessuna indicazione. Uno di
questi sventurati giaceva sul crinale oltre il poggio Grilleta, mal coperto di
sassi. Un braccio sporgeva da quella specie di tumulo, spolpato dagli animali,
accanto un porta sigarette tutto ammaccato ed un portafoglio aperto, bagnato e
macchiato dalla pioggia, naturalmente vuoto, con accanto delle foto sbiadite
nelle quali si intravedeva una donna giovane con dei bambini.
Tornammo anche a Marradi per
qualche giorno per vedere di recuperare il vestiario ed altri oggetti che erano
custoditi in bauli sistemati nella cantina della casa dei miei zii, in piazza
Celestino Bianchi, che era crollata dopo l’ultimo bombardamento. La tecnica era
questa: di giorno gli uomini ingaggiati dal babbo scavavano tra le macerie e
nel pomeriggio si riusciva a recuperare qualcosa. Poi col sopraggiungere
delle tenebre, si ricopriva tutto per evitare atti di sciacallaggio durante la
notte. Il giorno dopo si ricominciava da capo.
Il paese era in massima parte
occupato dai soldati dell’VIII Armata britannica, tutti addetti a vari servizi.
All’inizio in prevalenza erano indiani dell’8a Divisione di Fanteria, poi
sudafricani canadesi del Calgary, inglesi della 6a Divisione corazzata,
polacchi, oltre ad un nucleo della Military Police, cui faceva capo il
Governatore Militare, la cui giurisdizione si estendeva sulla popolazione,
nella persona del Capitano Mac Kenzie, cui mio cugino Enzo faceva da
interprete.
Ricordo fango in
quell’autunno-inverno 1944-45, che imperversava dappertutto. Nella strada si
andava a mezza gamba anche a causa del continuo transitare di mezzi da e
per il fronte, tanto che gli inglesi avevano reclutato un contingente di manovalanza
italiana per ovviare il più possibile a questo inconveniente.
... Ricordo fango in quell’autunno inverno
1944 ...
La tecnica era la seguente: i
soldati, con alcuni camion forniti di ribaltabile e cavi d’acciaio, demolivano
quel che restava delle case pericolanti, i manovali caricavano sui camion le
macerie che venivano scaricate sulla strada principale mentre altri manovali
buttavano sul fango i calcinacci ottenendo così, per qualche tempo, una pista
praticabile.
Un altro vezzo dei soldati
alleati era quello di sfondare i muri comunicanti di due o tre case contigue in
modo da evitare, per gli uomini di uno stesso reparto, il fastidio di dover
scendere o risalire le scale e camminare nel fango per le varie necessità.
Alla fine di marzo si presentò
l’opportunità di ritornare a casa, e, ottenuti i relativi permessi di transito
dal Governatore Mac Kenzie, il giorno stabilito caricammo su un camion quanto
eravamo riusciti a salvare delle nostre cose e partimmo da Marradi con altri
sfollati.”
Davanti alla Chiesa di Cardeto: il primo a sinistra è Giancarlo Ballerini |
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