sulla via del poeta (seconda parte)
Claudio Mercatali
Questa è la seconda tappa del
viaggio a La Verna in bicicletta. La partenza è da Bibbiena e si tratta di
salire fino a Chiusi della Verna percorrendo il valico dello Spino. Sono 26 chilometri
di salita continua, non eccessiva ma costante. Come descrive questi posti Dino
Campana?
21 Settembre (presso la Verna)
Io vidi dalle solitudini mistiche
staccarsi una tortora e volare distesa verso le valli immensamente aperte. Il
paesaggio cristiano segnato di croci inclinate dal vento ne fu vivificato
misteriosamente. Volava senza fine sull'ali distese, leggera come una barca sul
mare. Addio colomba, addio! Le altissime colonne di roccia della Verna si
levavano a picco grigie nel crepuscolo, tutt'intorno rinchiuse dalla foresta
cupa.
Incantevolmente cristiana fu l'ospitalità dei contadini là presso. Sudato mi offersero acqua. «In un'ora arriverete alla Verna, se Dio vole». Una ragazzina mi guardava cogli occhi neri un po' tristi, attonita sotto l'ampio cappello di paglia. In tutti un raccoglimento inconscio, una serenità conventuale addolciva a tutti i tratti del volto. Ricorderò per molto tempo ancora la ragazzina e i suoi occhi conscii e tranquilli sotto il cappellone monacale.
Sulle stoppie interminabili
sempre più alte si alzavano le torri naturali di roccia che regge vano la
casetta conventuale rilucente di dardi di luce nei vetri occidui.
Si levava la fortezza dello
spirito, le enormi rocce gettate in cataste da una legge violenta verso il
cielo, pacificate dalla natura prima che le aveva coperte di verdi selve,
purificate poi da uno spirito d'amore infinito: la meta che aveva pacificato
gli urti dell'ideale che avevano fatto strazio, a cui erano sacre pure supreme
commozioni della mia vita.
22 Settembre (La Verna)
«Francesca B. O divino santo
Francesco pregate per me peccatrice. 20 Agosto 189...» Me ne sono andato per la
foresta con un ricordo risentendo la prima ansia. Ricordavo gli occhi
vittoriosi, la linea delle ciglia: forse mai non aveva saputo: ed ora la
ritrovavo al termine del mio pellegrinaggio che rompeva in una confessione così
dolce, lassù lontano da tutto. Era scritta a metà del corridoio dove si svolge
la Via Crucis della vita di S. Francesco: (dalle inferriate sale l'alito gelido
degli antri). A metà, davanti alle semplici figure d'amore il suo cuore si era
aperto ad un grido ad una lacrima di passione, così il destino era consumato!
... Era scritta a metà del corridoio
dove si svolge la Via Crucis ...
... Era scritta a metà del corridoio
dove si svolge la Via Crucis ...
Antri profondi, fessure rocciose dove una scaletta di pietra si sprofonda in un'ombra senza memoria, ripidi colossali bassorilievi di colonne nel vivo sasso: e nella chiesa l'angiolo, purità dolce che il giglio divide e la Vergine eletta, e un cirro azzurreggia nel cielo e un'anfora classica rinchiude la terra ed i gigli: che appare nello scorcio giusto in cui appare il sogno, e nella nuvola bianca della sua bellezza che posa un istante il ginocchio a terra, lassù così presso al cielo:
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stradine solitarie tra gli alti
colonnarii d'alberi contente di una lieve stria di sole
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finché io là giunsi indove avanti
a una vastità velata di paesaggio una divina dolcezza notturna mi si discoprì nel mattino, tutto
velato di chiarìe il verde, sfumato e digradante all'infinito: e pieno delle
potenze delle sue profilate catene notturne. Caprese, Michelangiolo, colei che
tu piegasti sulle sue ginocchia stanche di cammino, che piega che piega e non
posa, nella sua posa arcana come le antiche sorelle, le barbare regine antiche
sbattute nel turbine del canto di Dante, regina barbara sotto il peso di tutto
il sogno umano
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Il corridoio, alitato dal gelo
degli antri, si veste tutto della leggenda Francescana. Il santo appare come
l'ombra di Cristo, rassegnata, nata in terra d'umanesimo, che accetta il suo
destino nel la solitudine. La sua rinuncia è semplice e dolce: dalla sua
solitudine intona il canto alla natura con fede: Frate Sole, Suor Acqua, Frate
Lupo. Un caro santo italiano.
Ora hanno rivestito la sua cappella scavata nella viva roccia. Corre tutt'intorno un tavolato di noce dove con malinconia potente un frate .......... da Bibbiena intarsiò mezze figure di santi monaci. La semplicità bizzarra del disegno bianco risalta quando l'oro del tramonto tenta versarsi dall'invetriata prossima nella penombra della cappella. Acquistano allora quei sommarii disegni un fascino bizzarro e nostalgico. Bianchi sul tono ricco del noce sembrano rilevarsi i profili ieratici dal breve paesaggio claustrale da cui sorgono decollati, figure di una santità fatta spirito, linee rigide enigmatiche di grandi anime ignote. Un frate decrepito nella tarda ora si trascina nella penombra dell'altare, silenzioso nel saio villoso, e prega le preghiere d'ottanta anni d'amore. Fuori il tramonto s'intorbida. Strie minacciose di ferro si gravano sui monti prospicenti lontane. Il sogno è al termine e
l'anima improvvisamente sola cerca un appoggio una fede nella triste ora. Lontano si vedono lentamente sommergersi le vedette mistiche e guerriere dei castelli del Casentino. Intorno è un grande silenzio un grande vuoto nella luce falsa dai freddi bagliori che ancora guizza sotto le strette della penombra. E corre la memoria ancora alle signore gentili dalle bianche braccia ai balconi laggiù: come in un sogno: come in un sogno cavalleresco!
Ora hanno rivestito la sua cappella scavata nella viva roccia. Corre tutt'intorno un tavolato di noce dove con malinconia potente un frate .......... da Bibbiena intarsiò mezze figure di santi monaci. La semplicità bizzarra del disegno bianco risalta quando l'oro del tramonto tenta versarsi dall'invetriata prossima nella penombra della cappella. Acquistano allora quei sommarii disegni un fascino bizzarro e nostalgico. Bianchi sul tono ricco del noce sembrano rilevarsi i profili ieratici dal breve paesaggio claustrale da cui sorgono decollati, figure di una santità fatta spirito, linee rigide enigmatiche di grandi anime ignote. Un frate decrepito nella tarda ora si trascina nella penombra dell'altare, silenzioso nel saio villoso, e prega le preghiere d'ottanta anni d'amore. Fuori il tramonto s'intorbida. Strie minacciose di ferro si gravano sui monti prospicenti lontane. Il sogno è al termine e
l'anima improvvisamente sola cerca un appoggio una fede nella triste ora. Lontano si vedono lentamente sommergersi le vedette mistiche e guerriere dei castelli del Casentino. Intorno è un grande silenzio un grande vuoto nella luce falsa dai freddi bagliori che ancora guizza sotto le strette della penombra. E corre la memoria ancora alle signore gentili dalle bianche braccia ai balconi laggiù: come in un sogno: come in un sogno cavalleresco!
Esco: il piazzale è deserto.
Seggo sul muricciolo. Figure vagano, facelle vagano e si spengono: i frati si
congedano dai pellegrini. Un alito continuo e leggero soffia dalla selva in
alto, ma non si ode né il frusciare della massa oscura né il suo fluire per gli
antri. Una campana dalla chiesetta francescana tintinna nella tristezza del
chiostro: e pare il giorno dall'ombra, il giorno piagner che si muore.
Il poeta disse al medico Carlo
Pariani, che lo visitò al manicomio di Castelpulci: "Ci andai alla Verna,
quando avevo venticinque anni. Partii da Marradi. Ci vogliono due o tre giorni
per andare alla Verna". Per un bravo cicloturista basta un giorno solo, da
mattina a sera, ma per me ne sono serviti due.
Bisogna superare i quattro valichi qui accanto, per un totale di circa 120 km. La tappa descritta qui sopra ha avuto inizio a Bibbiena, dove comincia la salita che porta al valico dello Spino.
Curiosamente, proprio al chilometro 1 la segnaletica verso una stradina laterale indica che Biforco dista 11 km e per la stessa via si arriva a Val della Meta ...
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