giovedì 16 aprile 2015

La Filanda Guadagni di MarradI

Memorie di Franca Baschetti.
ricerca di Luisa Calderoni- foto di Lally Ceccherini



Le memorie di Franca Zacchini Baschetti  risalgono  al novembre del 2002. Incontriamo Franca alla Filanda, nella villa padronale dove andò a vivere nel 1944, poco dopo essersi sposata con Giuseppe Baschetti.
Giuseppe era uno dei due figli del Signor Curzio, direttore della Filanda, e di Leda Guadagni, figlia di Gaspare, uno dei tre soci fondatori della "Filanda Guadagni-Nati- Vespignani".
 La facciata della villa è stata da poco restaurata e son stati rimossi quei mattoni faccia a vista che conservavano i segni del terribile bombardamento che distrusse l'opificio della Filanda.



Entriamo nell'atrio della villla che è ancora diviso in due parti da una sontuosa cancellata: nella prima parte  si apre una piccola finestra munita di grata che dava nell'uffico e attraverso la quale le filandaie e gli addetti alla filanda ritiravano la busta paga.
 
 Oltre la cancellata si aprono due appartamenti originariamente destinati ad uso ufficio, con la foresteria e la famosa  "Sala", dove avveniva il controllo  finale  delle matasse di seta prima della spedizione.



Franca abita al secondo piano cui si accede per una scala la cui ringhiera ripete i sinuosi motivi della cancellata.  Mentre saliamo ci sussurra che il vecchio Guadagni spese quasi più in ringhiere e grate che nell'intera opera muraria...



 Entriamo in un salottino in parte arredato con i mobili dell'ufficio della filanda: una scivania, uno schedario a cassetti, un tavolino per la macchina da scrivere.











Franca ci racconta la storia della villa che fu costruita 20 anni dopo l'opificio. Gaspare Guadagni, il fondatore della filanda, inizialmente faceva il pendolare tra tra Marradi e Faenza, sua città di origine,  ma si trasferì definitivamente in paese con tutta la famiglia nel 1908, quando l'opificio entrò in funzione.



La casa risale dunque alla fine degli anni '20 ma prima i Guadagni abitarono per un pò nell'attuale abitazione di Roberto Randi che era stata acquistata da Giuseppe Vespignani, socio del Guadagni, quando la figlia andò sposa al Maestro Ottorino Randi.








All'epoca la proprietà della famiglia Guadagni si estendeva fino a Casa Gondi e comprendeva  anche la casa del contadino. Successivamente parte del terreno fu espropriato dal Comune di Marradi per farne una zona industriale e fu concesso ad Antonietta Masi Baschetti, cognata di Franca, di ricostruire una casa dove originariamente sorgeva il capannone della filanda.
E così iniziano i ricordi della guerra e gli orrori del bombardamento del 30 giugno 1944 che distrusse completamente l'opificio e arrecò  danni alla villa, al magazzino, alla caldaia e alla ciminiera, successivamente minata e fatta crollare perchè pericolante.

" Noi tre eravamo qui quel giorno, io, mio suocero e Beppe. Io stavo facendo il minestrone. loro erano lì fuori: Scappammo...ci siamo salvati per miracolo nel campo del contadino, in un avvallamento tra i solchi. Quando tornammo su, che disastro!!Per la prima volta nella nostra vita vedemmo Curzio piangere.Tutto il tetto, tutte le finestre erano distrutte: ci sono ancora i segni della bomba nella facciata, ormai ci eravamo abituati e ora stanno richiudendo i buchi con dei mattoni che non sono uguali, perché così non si trovano nemmeno a raccomandarsi. 
La bomba aveva preso in pieno la filanda, proprio a metà, e anche la ciminiera era rimasta  lesionata. Sì, la ciminiera era alta 36 metrime lo ricordo bene. La filanda non fu bombardata per sbaglio. I ricognitori girarono sopra di noi tutto  il giorno prima per vedere tutte le mosse e Beppe dise che non era tranquillo.Loro videro questa fabbrica con quella grande ciminiera. Di fronte c'era la ferrovia con un treno merci fermo sui binari. Chissà cosa avranno pensato, forse a qualcosa di militare, che qui si producesse qualcosa per l'esercito, ad un fabbrica d'armi. Solo dopo avranno capito che non avevano buttato giù niente di importante.










La distruzione dell'opificio che aveva dato lavoro a tante donne e a tante famiglie fu certamente un disastro per l'economia locale ma Franca ci fa notare che: 

" forse la filanda non avrebbe lavorato più.  C'era già un gran cambiamento nel lavoro. Mio suocero sfollò a Firenze, poi andò a Cento. Fecero una trafila...ma noi eravamo sempre in contatto con loro. Mio suocero che era una persona d'oroe aveva una vera passione per la Filanda, lasciò le pellicce, l'argenteria, le cose di casa, tutto, per portare via i registri delle donne che avevano lavorato qui. Aveva solo quello nella mente, era fissato da questa cosa, era una persona come non ne nascono più."



Si spiega così il buon ricordo che le vecchie filandaie serbano del Signor Curzio proprio perchè, grazie a lui che aveva messo in salvo i libri paga e i registri della filanda,  hanno poi ottenuto la pensione. " Certo, conferma Franca, e poi hanno avuto una buona pensione perché questa era un'industria e i Guadagni avevano sempre versato i contributi in modo regolare."

Ora Franca inizia aparlarci della famosa "Sala della Seta", il luogo d'eccellenza della Filanda, dedicato al controllo qualità della seta. " La Sala era comunicante con la villa. Lì c'erano le "piegatore", le donne che intrecciavano le matasse di seta e le imballavano prima della spedizione. La "Sala era molto grande ed era il luogo più prestigioso per lavorare."
Le matasse venivano imballate in sacchi di tela bianchi che riportavano le iniziali dei tre soci fondatori della Filanda e cioè Guadagni, Nati, Vespignani e poi caricate sul vagone merci che arrivava direttamente alla Filanda  su un binario privato.



" Ma in seguito, continua Franca, i Guadagni liquidarono tutti e rimasero solo Gaspare con i figli Tina, Leda e Giuseppe.Con gli avanzi delle balle e delle fodere interne delle balle, abbiamo fatto tante tovaglie e tante coperte. Da qualche parte so di avere anche una matassina di seta della Filanda....sembra oro



matassina di seta della Filanda
Qui abbiamo molte cose fatte di bavella (1), tutti coltroni della Filanda son di bavella, il cascame della seta che fa un caldo particolare." A
 Alla fine di questa  interessante chiacchierata, Franca ci fa visitare le cantine e ci mostra la balla stampata con le tre iniziali e delle mascherine di ferro per stampare la sigla della Filanda.
Nelle grandi cantine son conservate 3 grandi bilance per la pesatura dei bozzoli: Una è particolare perchè veniva usata attaccata al muro e presenta un piatto molto ampio e leggermente convavo per accogliere le grandi ceste in cui venivano collocati i bozzoli per il conferimento e la pesatura.





 C'è anche un a bacinella, una specie di paiolo di zinco dal fondo traforato. Forse questa assomiglia alle  centinaia di bacinelle in cui venivano collocati i bozzoli per dipanare il lungo filo di seta in quel'opificio  che è rimasto  nella memoria  collettiva col semplice nome " la Filanda", ma con la F maiuscola, per quello che ha significato per tante donne del paese.


Il pannello di controllo elettrico della Filanda

 1) -  la bavella è un filato di seta di seconda scelta ricavato dalla sbavatura, operazione che consiste nell'eliminazione  della bava esterna che circonda il bozzolo. Questo filo di seta  è il primo secreto dal baco nella fase in cui inizia a cercare un appiglio nel " bosco" di ginestre appositamente predisposto.



Nessun commento:

Posta un commento