Le rocce evaporitiche
nella Valle
del Lamone
Studio del prof.
Franco Ricci Lucchi
La Vena vicino
a Casola Valsenio
Che cos'è una roccia evaporitica?
Per un geologo è chiaro ma per gli altri occorre dire che è una roccia che si forma quando l'acqua di un mare evapora e deposita i sali.
E' quello che avvenne qualche milione di anni fa qui da noi, quando si formarono le colline di gesso della bassa valle del Lamone. La formazione Gessoso Solfifera o
Vena del Gesso è un complesso roccioso dell' appennino romagnolo.
Nella valle del Lamone è all' altezza di Brisighella, Casola e Borgo Rivola, ma Modigliana non c'è.
A Brisighella, la Rocca, la Torre
dell'Orologio e la Chiesa del Monticino sono appunto su tre speroni di gesso. Il
gesso è fatto solo di solfato di calcio, presente anche nelle saline. E' un
sale che si deposita prima del cloruro di calcio (il sale da cucina) quando
l'acqua evapora. Si può allora immaginare che l'ambiente di origine fosse una
salina naturale, in un mare caldo a forte evaporazione. L'origine
della Vena del Gesso romagnola venne descritta benissimo dal geologo Franco
Ricci Lucchi e non rimane che seguire la sua spiegazione:
Il gesso geminato
"a forma di
lancia"
Come sono fatti i banchi di gesso?
Se osserviamo gli strati di gesso
notiamo già da lontano il loro diverso spessore; alla base della formazione
sono imponenti (uno solo può raggiungere i 30 m) e verso l'alto diventano più
sottili (ma sono sempre di qualche metro). A prima vista, sono tutti simili, e
in effetti sono composti dallo stesso minerale cristallino, nella varietà detta
selenìte.
Guardando meglio, ci accorgiamo
che alcuni cristalli di selenite hanno una forma detta a ferro di lancia o a
coda di rondine mentre altri sono irregolari. Inoltre quelli meglio sagomati e
a punta mostrano spesso le punte volte in basso. Infine vi sono cristalli
limpidi e cristalli torbidi, con un nucleo scuro, opaco, e un alone
trasparente.
Queste differenze hanno un
significato per il nostro problema, che è quello di capire l'origine del gesso.
Nella Vena del Gesso ci sono anche altri tipi di roccia?
I banchi non sono fatti solo di
gesso; vi si trova anche del calcare e della marna, soprattutto come pellicola
attorno i cristalli di gesso.
Più raramente, si ritrovano anche resti di legno
carbonizzato. Se percuotiamo poi uno dei cristalli opachi, sentiamo odore di
catrame, segno che il gesso contiene sostanza organica trasformata in
idrocarburi.
Un cristallo limpido
di gesso
Questo è un indicatore importante, come vedremo tra poco. Lo
stesso odore lo fanno le marne scure, facilmente sgretolabili in foglietti e
lastrine, che separano i banchi di gesso.
Normalmente nei sedimenti marini si
accumulano resti di alghe, batteri, meduse, plancton e pesci. Guarda caso, le
marne scure tra i gessi contengono resti fossili di pesci, insieme a resti e
larve di insetti, foglie e piante varie.
Le marne al contatto fra due banchi di gesso
La mancanza di ossigeno nelle acque
profonde del bacino ne ha permesso la conservazione. Infatti, in presenza di
ossigeno i resti organici si decompongono rapidamente, come vediamo fare alle
foglie d'autunno.
Le stromatoliti
Tra lo strato di marna scura e
quello di gesso sovrastante vi è talora una roccia calcarea sottilmente
stratificata; si tratta di una stromatolite, derivante dalla cementazione di
Tappeti algali (o batterici). Questi sono fatti di filamenti appiccicosi di
alghe o batteri, che possono trattenere particelle di sedimento con cui vengono a
contatto. I resti delle alghe non si sono conservati, indicando che l'ossigeno
era presente in questa fase; quelli che restano nella roccia sono gli
straterelli di particelle catturate. Queste strutture indicano anche presenza di
luce, senza la quale le alghe non possono svolgere la fotosintesi. Ciò vuol
dire che la profondità dell'acqua dove si impostavano i tappeti era scarsa. Ma
quando si depositavano i gessi, le condizioni restavano le stesse?
Come "nascono" i cristalli di gesso?
La risposta a questa domanda è
nei primi cristalli di gesso che poggiano sulle stromatoliti calcaree;
guardandoli con una lente o al microscopio, si vede che la zona centrale, più
scura e opaca, non contiene solo impurità argillose e organiche, ma un feltro
finissimo di filamenti, simili a quelli di un tappeto. Sono i rivestimenti
calcarei dei famosi filamenti algali, che dunque sono stati inglobati e
conservati nel gesso man mano che il cristallo cresceva.
Ne deriva che il gesso
"è nato" e si è sviluppato entro i tappeti algali, quindi non
nell'oscurità di un bacino profondo, ma ai margini di esso, in una laguna con
poca acqua. Con l'evaporazione il livello dell' acqua calò e la laguna divenne
una salina evaporitica. Quando il livello calava troppo, la salina andava a
secco; i sedimenti e i cristalli, oltre a ossidarsi, subivano l' erosione dei
fiumi o delle mareggiate ed erano trasportati come detrito. Per questo negli
strati di gesso si trovano sia cristalli normali, nella loro posizione di
crescita (con le punte rivolte in basso), sia cristalli frammentati e
accumulati meccanicamente come succede alla ghiaia o alla sabbia.
Un possibile scenario
della "crisi idrica
del Mediterraneo" avvenuta
nel Messiniano
(epoca geologica
di 5 - 7 milioni
di anni fa)
In che ambiente è avvenuto l'atto finale della deposizione?
Il Mediterraneo, nel Miocene
superiore, era in condizioni un po' particolari. Anche oggi vediamo che il suo
equilibrio idrologico è precario. Ciò perché è un mare interno, non chiuso ma
quasi; la sua comunicazione con l'Oceano Atlantico, a Gibilterra è un passaggio
stretto.
Basterebbe chiudere un po' di più il "rubinetto" di
Gibilterra, lasciando affluire meno acqua dall'Atlantico e diventerebbe una
gran salina, suddivisa in "vasche" minori (i suoi vari bacini), e
potrebbe giungere fino al disseccamento completo. Ed è proprio questo che i
geologi hanno immaginato, non senza contrasti e manifestazioni di incredulità:
che le comunicazioni tra Atlantico e Mediterraneo si siano interrotte nel
Messiniano, provocando la deposizione evaporitíca in tutto o quasi il
Mediterraneo.
Un altro scenario delle conseguenze
di una chiusura dello stretto
di Gibilterra e di una successiva
riapertura.
Si potrebbe obiettare che,
facendo evaporare tutta l'acqua del mare, otterremmo una crosta di sali spessa
qualche metro soltanto; come mai allora abbiamo decine di metri di gesso?
Questo
non è un grosso problema: basta ammettere che la chiusura non fosse totale, e
che il Mediterraneo ricevesse acqua, e quindi sali, dall'oceano. Anche in una
salina occorre garantire un afflusso continuo dal mare per avere una quantità
di sale; quindi non si deve isolare completamente il bacino basta mantenere il
bilancio in spareggio.
Quante volte si è chiuso il "rubinetto" di Gibilterra?
Se torniamo a osservare la
stratigrafia della Vena del Gesso ci rendiamo conto che il modello del
Mediterraneo ridotto a salina forse non è pura fantasia. Esso ci aiuta a
spiegare non solo il grande spessore dei banchi, ma anche la ritmicità della
stratificazione. Infatti gessi, marne bituminose e calcari stromatolitici (i
tre tipi base di roccia che abbiamo descritto più sopra) si alternano e si
ripetono in un ordine fisso. Tale ordine corrisponde a un ciclo ripetuto di
eventi; ed essendo registrato da sedimenti, si chiama appunto ciclo
sedimentario.
Il gesso è solubile
(nei millenni) e quindi
la Vena del Gesso
è ricca di caverne,
Foto di Fabio Liverani
Ora proviamo a riassumere le fasi
della formazione degli strati di gesso.
1 Si parte dalle marne scure
"fetide" e bituminose. Esse indicano un ambiente stagnante e poco
profondo; ci segnalano che la circolazione e la comunicazione con l'oceano erano
ridotte, ma la salinità non era abbastanza alta e i sali non precipitavano.
2 Con una ulteriore riduzione
dello stretto di Gibilterra aumentò la concentrazione dei sali disciolti e il
livello marino cala, fino a permettere alla luce di arrivare ai fondali. Così
si formano i tappeti algali e dentro si formarono i primi cristalli isolati di gesso.
3 La crescita del gesso diventò
sempre più massiccia e si formarono i grossi banchi. La forma a coda di rondine
dei cristalli è perché sono "geminati" (come dei gemelli siamesi che
crescono insieme). L'orientamento delle punte verso il basso riflette la
posizione naturale di crescita.
Col calare del livello marino e
il contemporaneo accumulo di gesso, la salina o laguna si colmò e il gesso emerse
dall'acqua durante le basse maree e venne attaccato dalle onde durante le
mareggiate.
Il ciclo si ripete
Se, a questo punto, immaginiamo
che si riapra il "rubinetto" di comunicazione con l'Atlantico,
entrerà nel Mediterraneo nuova acqua col suo carico di sali. Risalirà il
livello e le aree disseccate saranno di nuove sommerse; l'evaporazione tornerà
a concentrare i sali nell'acqua, ma, prima che possa riprendere la
precipitazione di gesso, si accumulerà del fango ricco di sostanza organica e
resti di pesci, che formerà il "partimento" o interstrato di marna
scura. E così parte un altro ciclo.
Quanti cicli ci sono stati?
Si rilevano più di una dozzina di cicli solo che, dopo i primi 4 5, la quantità di gesso cristallizzata è sempre minore, e prevale via via il gesso detritico eroso e
trasportato da tempeste e piene fluviali.
Poiché diminuisce anche lo spessore
dei banchi, possiamo ritenere che nei cicli più recenti si sia formato meno
gesso e che la durata dei cicli stessi sia stata inferiore a quella dei primi.
Le cave di gesso in caverna
a Borgo Rivola
Fonte: Sintesi da una relazione del prof. Franco Ricci Lucchi,
ordinario di Sedimentologia all' Università di Bologna e relatore per la tesi di
Claudio Mercatali nel 1978.