venerdì 29 luglio 2016

Dogali

La strage degli Italiani
ricerca di Claudio Mercatali



Negli anni 1885 - 1886 cominciò la nostra avventura in Eritrea, alla conquista di una colonia.
Su quell' angolo d' Africa regnava il Negus Giovanni IV d' Etiopia che ben presto si rese conto di essere minacciato dagli Italiani e reagì.
Il 25 gennaio 1887 25.000 abissini guidati da Ras Alula assalirono il forte italiano di Saati difeso da 700 uomini e 2 cannoni. 
Il presidio riuscì a respingere il nemico ed ebbe 5 morti. Il comandante Boretti capì che non poteva resistere ad un altro attacco e chiese rinforzi al forte di Monkullo. Il 26 partì una colonna di 548 soldati, comandata dal colonnello Tommaso De Cristoforis. 

La colonna fu però avvistata da alcuni guerrieri etiopici vicino a Dogali e Ras Alula, signore di Asmara, la assaltò con 7000 guerrieri abissini. Dopo quattro ore di combattimenti la colonna fu travolta e De Cristoforis ucciso.



 Il Negus Giovanni IV
re d'Etiopia..
 



La strage destò viva impressione e sdegno in Italia ma per consuetudine gli etiopi uccidevano senza pietà i nemici sconfitti e noi stavamo invadendo i loro territori. Ecco i fatti secondo Alfredo Oriani, che li descrisse nel libro Fino a Dogali:


... Una battaglia era dunque scoppiata, nella quale tutti gli italiani erano periti. Un nugolo di abissini, impetuoso come il vento dei loro deserti, aveva sorvolato le aride montagne del nostro confine militare, travolgendo, rovesciando una delle nostre colonne, spiccata da Monkullo a difesa di Saati, avamposto assalito il giorno prima da Ras Alula. La guidava il tenente colonnello De Cristoforis , e si componeva di tre compagnie distaccate da varii reggimenti; in tutto forse un cinquecento uomini. 
Non avendo potuto trovare i cammelli necessarii al trasporto delle munizioni chieste dal comandante di Saati, non era potuta partire che alle 5 antimeridiane. Per unica artiglieria scortava due mitragliere. La marcia era rapida. I soldati, consapevoli dell'attacco di Saati, camminavano fieri e guardinghi; erano tutti giovani di venti anni, usciti ieri dalle case paterne, che non avevano mai provato il fuoco. Il silenzio solenne del pericolo, la prima emozione dell'eroismo stringevano le loro coscienze. Avevano lasciato Monkullo; sarebbero giunti a Saati?
Le due compagnie rimaste a Monkullo attendevano: un eguale pericolo le minacciava. Ras Alula dov'era? Dove sarebbe piombato dopo la ritirata di Saati? Le sue forze erano relativamente immense, i suoi soldati feroci. Tutti sapevano che il maggiore generale Genè, da molti mesi chiedeva invano rinforzi al Ministero impigliato entro un ignobile dibattito parlamentare.
Alle 11 antimeridiane il capitano Tanturi riceveva due biglietti dal colonnello De Cristoforis, il primo, datato ore 8,30, diceva: che giunto presso Dogali aveva cominciato il fuoco contro il nemico immensamente superiore di numero, e che le mitragliatrici si erano spezzate; il  secondo, datato ore 9,30, dichiarava: che senza un aiuto di uomini e di cannoni non poteva più muoversi.

Il colonnello De Cristoforis





Dalle nove alle undici la tragedia doveva essersi compita. Il capitano prese una mitragliatrice, una compagnia, e partì. A che scopo? Con quale idea? 
Se Ras Alula aveva attaccato la colonna De Cristoforis, a quell' ora doveva già averla distrutta. Una compagnia e una mitragliatrice non potevano certo ristorare le sorti della battaglia. Partì: Mohamed Nur, che doveva seguirlo coi basci - buzuc, vi si ricusò naturalmente; otto soli fra essi s'accompagnarono coll' interprete Raduc. Era una marcia verso la morte. Lasciamola raccontare a lui.


Ras Alula


«..... Poco dopo le tombe di Dogali vidi una cassa di mitraglia senza polvere e spolette, e quasi nel medesimo tempo i basci-buzuc, che erano in esplorazione, segnalavano la presenza del nemico. L'interprete, interrogati due indigeni, mi disse che tutti i nostri erano stati massacrati, e che gli abissini erano ancora numerosissimi ed in posizione. «Ciò mi sembrò esagerato, come di fatto (essendo l'interprete poco dopo fuggito pieno di paura), e proseguii la marcia. Giunto là dove la valle si allarga di un poco, gli esploratori tornarono di corsa avvisandomi che si avanzavano cavalieri abissini. Presi immediatamente posizione facendo staccare la mitragliera e formando la compagnia inquadrato. Nello stesso tempo mandai tre soldati nella direzione ove era stato segnalato il nemico. In questo mentre l'interprete e parte dei basci-buzuc scomparvero.





La battaglia


I soldati tornarono presto dicendomi che non avevano visto altro che tre o quattro cavalieri abissini correre velocemente verso Saati. Per essere più sicuro mandai il tenente Sartoro con una piccola pattuglia sulla mia destra, e questi ritornò riferendomi che non vi erano nemici, ma che aveva visto basti da cammello, un cammello morto, casse di cartucce vuote, scatolette di carne, ecc. Nello stesso tempo feci arrestare un pastore Saortino che si trovava ivi presso nascosto. 





«Questi, interrogato, alla meglio mi fece capire che gli abissini avevano attaccato i nostri, indicandomi anche la posizione da questi occupata. 
Immediatamente feci riattaccare la mitragliera e mi diressi a quella volta. Nessun segno lungo il cammino oltre quelli citati di uno scontro: solo cinque o sei tombe scavate di fresco indicatemi dal Saortino come quelle di abissini morti poche ore innanzi. Sul primo monticello, prima posizione occupata dai nostri, vidi un soldato ferito che mi disse trovarsi i nostri poco più su e tutti morti. 
Non credei alla funesta notizia e corsi con la compagnia sul sito indicatomi. Dietro la cresta del monticello superiore vidi l'immensa catastrofe. Tutti giacevano in ordine come fossero allineati!»


A Marradi il dramma venne vissuto con emozione e sdegno, anche perché a Dogali c'erano due marradesi: il soldato Giuseppe Ferri morì e il trombettiere Angelo Barzagli fu ferito.

  

 
Una fotografia del caporale trombettiere Angelo Barzagli ferito comparve sull' Illustrazione Italiana, un elegante periodico di quell' epoca,  ed è questa qui accanto.
  
Dagli atti del Consiglio Comunale risulta che il Comune stanziò una somma come sussidio per le due famiglie. Leggiamo la delibera:


Processo verbale dell'adunanza straordinaria
del 17 marzo 1887

OGGETTO
Sussidio per le famiglie dei morti e dei feriti nel combattimento d'Affrica:

Il Sindaco comunica agli adunati una nota officiale del 26 febbraio 187 colla quale il Prefetto di Napoli gli ha consegnato perché sia consegnata alla famiglia Barzagli una lettera della signora contessa Sanseverino la quale recatasi a visitare il Caporale trombettiere Angelo Barzagli ferito nel fatto di Dogali in Affrica dava notizie di lui alla famiglia assicurandola del suo miglioramento. La Giunta Municipale invita il Sindaco ad esternare al sig. Prefetto di Napoli e alla di lui Signora e a nome anche dell'intera cittadinanza marradese i sensi della sua riconoscenza per l'interessamento da essi provato per il povero ferito.

Delibera poi di proporre al Consiglio nella sua prossima adunanza lo stanziamento di una adeguata somma per venire in soccorso dei feriti e delle famiglie dei morti nel combattimento d'Affrica e in special modo del ferito Barzagli e della famiglia dell'altro soldato del nostro Comune Ferri Giuseppe morto nel campo di battaglia.
Il Consiglio rendendo tributo d'onore agli eroi di Saati e Dogali sulla proposta del Presidente deliberà all'unanimità di voti per alzata e seduta:

1 di stanziare nel bilancio 1887 lire 150 per sussidio alla famiglia povera di Ferri Giuseppe morto nel combattimento di Dogali il 26 gennaio 1887.

2 di stanziare come sopra una uguale somma per sussidio al caporale trombettiere Barzagli Angelo ferito nel suddetto combattimento.

Il processo verbale (= il verbale della delibera) del 17 marzo 1887.


Centocinquanta lire erano una grossa somma?
Nelle stesse sedute il Consiglio deliberò il nuovo stipendio del dr. Paolo Visani Scozzi, un chirurgo dell' Ospedale, e lo fissò a 250 lire al mese.
Dunque per il trombettiere che era coscritto, cioè era stato sorteggiato per andare soldato in Africa, si stabilì un risarcimento pari circa a metà di un buon stipendio mensile.

 
Dopo qualche tempo i suoi genitori andarono all' ospedale di Napoli per riportarlo a casa. Forse il padre Antonio Barzagli e la madre Dorotea Montevecchi un viaggio così lungo non l' avevano mai fatto e non avevano nemmeno i soldi per farlo.
Perciò il Comune diede loro 50 lire e Antonio firmò la ricevuta con una croce perché era analfabeta.


Il sussidio
per il viaggio a Napoli


Fonte: Archivio storico del Comune di Marradi.
Ricerca dei documenti fatta con il bibliotecario
Mario Catani.




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