La strage degli Italiani
ricerca di Claudio
Mercatali
Negli anni 1885 - 1886 cominciò
la nostra avventura in Eritrea, alla conquista di una colonia.
Su quell' angolo
d' Africa regnava il Negus Giovanni IV d' Etiopia che ben presto si rese conto di essere
minacciato dagli Italiani e reagì.
Il 25 gennaio 1887 25.000
abissini guidati da Ras Alula assalirono il forte italiano di Saati difeso da 700 uomini e 2
cannoni.
Il presidio riuscì a respingere il nemico ed ebbe 5 morti. Il
comandante Boretti capì che non poteva resistere ad un altro attacco e chiese
rinforzi al forte di Monkullo. Il 26 partì una colonna di 548 soldati,
comandata dal colonnello Tommaso De Cristoforis.
La colonna fu però
avvistata da alcuni guerrieri etiopici vicino a Dogali e Ras Alula, signore di Asmara,
la assaltò con 7000 guerrieri abissini. Dopo quattro ore di combattimenti la
colonna fu travolta e De Cristoforis ucciso.
La
strage destò viva impressione e sdegno in Italia ma per consuetudine gli etiopi
uccidevano senza pietà i nemici sconfitti e noi stavamo invadendo i loro
territori. Ecco i fatti secondo Alfredo Oriani, che li descrisse nel libro Fino a Dogali:
... Una battaglia era dunque scoppiata, nella
quale tutti gli italiani erano periti. Un nugolo di abissini, impetuoso come il
vento dei loro deserti, aveva sorvolato le aride montagne del nostro confine
militare, travolgendo, rovesciando una delle nostre colonne, spiccata da
Monkullo a difesa di Saati, avamposto assalito il giorno prima da Ras Alula. La
guidava il tenente colonnello De Cristoforis , e si componeva di tre compagnie
distaccate da varii reggimenti; in tutto forse un cinquecento uomini.
Non
avendo potuto trovare i cammelli necessarii al trasporto delle munizioni
chieste dal comandante di Saati, non era potuta partire che alle 5
antimeridiane. Per unica artiglieria scortava due mitragliere. La marcia era
rapida. I soldati, consapevoli dell'attacco di Saati, camminavano fieri e
guardinghi; erano tutti giovani di venti anni, usciti ieri dalle case paterne,
che non avevano mai provato il fuoco. Il silenzio solenne del pericolo, la
prima emozione dell'eroismo stringevano le loro coscienze. Avevano lasciato
Monkullo; sarebbero giunti a Saati?
Le due compagnie rimaste a
Monkullo attendevano: un eguale pericolo le minacciava. Ras Alula dov'era? Dove
sarebbe piombato dopo la ritirata di Saati? Le sue forze erano relativamente
immense, i suoi soldati feroci. Tutti sapevano che il maggiore generale Genè,
da molti mesi chiedeva invano rinforzi al Ministero impigliato entro un
ignobile dibattito parlamentare.
Alle 11 antimeridiane il capitano
Tanturi riceveva due biglietti dal colonnello De Cristoforis, il primo, datato
ore 8,30, diceva: che giunto presso Dogali aveva cominciato il fuoco contro il
nemico immensamente superiore di numero, e che le mitragliatrici si erano
spezzate; il secondo, datato ore 9,30,
dichiarava: che senza un aiuto di uomini e di cannoni non poteva più muoversi.
Il colonnello De Cristoforis
Dalle nove alle undici la
tragedia doveva essersi compita. Il capitano prese una mitragliatrice, una
compagnia, e partì. A che scopo? Con quale idea?
Se Ras Alula aveva attaccato
la colonna De Cristoforis, a quell' ora doveva già averla distrutta. Una
compagnia e una mitragliatrice non potevano certo ristorare le sorti della
battaglia. Partì: Mohamed Nur, che doveva seguirlo coi basci - buzuc, vi si
ricusò naturalmente; otto soli fra essi s'accompagnarono coll' interprete
Raduc. Era una marcia verso la morte. Lasciamola raccontare a lui.
Ras Alula
«..... Poco dopo le tombe di
Dogali vidi una cassa di mitraglia senza polvere e spolette, e quasi nel
medesimo tempo i basci-buzuc, che erano in esplorazione, segnalavano la
presenza del nemico. L'interprete, interrogati due indigeni, mi disse che tutti
i nostri erano stati massacrati, e che gli abissini erano ancora numerosissimi
ed in posizione. «Ciò mi sembrò esagerato, come di fatto (essendo l'interprete
poco dopo fuggito pieno di paura), e proseguii la marcia. Giunto là dove la
valle si allarga di un poco, gli esploratori tornarono di corsa avvisandomi che
si avanzavano cavalieri abissini. Presi immediatamente posizione facendo
staccare la mitragliera e formando la compagnia inquadrato. Nello stesso tempo
mandai tre soldati nella direzione ove era stato segnalato il nemico. In questo
mentre l'interprete e parte dei basci-buzuc scomparvero.
La battaglia
I soldati tornarono presto
dicendomi che non avevano visto altro che tre o quattro cavalieri abissini
correre velocemente verso Saati. Per essere più sicuro mandai il tenente
Sartoro con una piccola pattuglia sulla mia destra, e questi ritornò
riferendomi che non vi erano nemici, ma che aveva visto basti da cammello, un
cammello morto, casse di cartucce vuote, scatolette di carne, ecc. Nello stesso
tempo feci arrestare un pastore Saortino che si trovava ivi presso nascosto.
«Questi, interrogato, alla meglio mi fece capire che gli abissini avevano
attaccato i nostri, indicandomi anche la posizione da questi occupata.
Immediatamente feci riattaccare la mitragliera e mi diressi a quella volta.
Nessun segno lungo il cammino oltre quelli citati di uno scontro: solo cinque o
sei tombe scavate di fresco indicatemi dal Saortino come quelle di abissini
morti poche ore innanzi. Sul primo monticello, prima posizione occupata dai
nostri, vidi un soldato ferito che mi disse trovarsi i nostri poco più su e
tutti morti.
Non credei alla funesta notizia e corsi con la compagnia sul sito
indicatomi. Dietro la cresta del monticello superiore vidi l'immensa
catastrofe. Tutti giacevano in ordine come fossero allineati!»
A Marradi il dramma venne vissuto con emozione e sdegno, anche perché a
Dogali c'erano due marradesi: il soldato Giuseppe Ferri morì e il trombettiere
Angelo Barzagli fu ferito.
Una
fotografia del caporale trombettiere Angelo Barzagli ferito comparve sull' Illustrazione Italiana, un
elegante periodico di quell' epoca, ed è
questa qui accanto.
Dagli atti del Consiglio Comunale
risulta che il Comune stanziò una somma come sussidio per le due famiglie.
Leggiamo la delibera:
Processo verbale dell'adunanza straordinaria
del 17 marzo 1887
OGGETTO
Sussidio per le famiglie dei
morti e dei feriti nel combattimento d'Affrica:
Il Sindaco comunica agli adunati una nota officiale del 26 febbraio 187
colla quale il Prefetto di Napoli gli ha consegnato perché sia consegnata alla
famiglia Barzagli una lettera della signora contessa Sanseverino la quale
recatasi a visitare il Caporale trombettiere Angelo Barzagli ferito nel fatto
di Dogali in Affrica dava notizie di lui alla famiglia assicurandola del suo
miglioramento. La Giunta Municipale invita il Sindaco ad esternare al sig. Prefetto
di Napoli e alla di lui Signora e a nome anche dell'intera cittadinanza
marradese i sensi della sua riconoscenza per l'interessamento da essi provato
per il povero ferito.
Delibera poi di proporre al Consiglio nella sua prossima adunanza lo
stanziamento di una adeguata somma per venire in soccorso dei feriti e delle
famiglie dei morti nel combattimento d'Affrica e in special modo del ferito
Barzagli e della famiglia dell'altro soldato del nostro Comune Ferri Giuseppe
morto nel campo di battaglia.
Il Consiglio rendendo tributo d'onore agli eroi di Saati e Dogali sulla
proposta del Presidente deliberà all'unanimità di voti per alzata e seduta:
1 di stanziare nel bilancio 1887 lire 150 per sussidio alla famiglia
povera di Ferri Giuseppe morto nel combattimento di Dogali il 26 gennaio 1887.
2 di stanziare come sopra una uguale somma per sussidio al caporale
trombettiere Barzagli Angelo ferito nel suddetto combattimento.
Il processo verbale (= il verbale della delibera) del 17 marzo 1887.
Centocinquanta lire erano una
grossa somma?
Nelle stesse sedute il Consiglio
deliberò il nuovo stipendio del dr. Paolo Visani Scozzi, un chirurgo
dell' Ospedale, e lo fissò a 250 lire al mese.
Dunque per il trombettiere che
era coscritto, cioè era stato sorteggiato per andare soldato in Africa, si
stabilì un risarcimento pari circa a metà di un buon stipendio mensile.
Dopo qualche tempo i suoi
genitori andarono all' ospedale di Napoli per riportarlo a casa. Forse il padre
Antonio Barzagli e la madre Dorotea Montevecchi un viaggio così lungo non
l' avevano mai fatto e non avevano nemmeno i soldi per farlo.
Perciò il Comune diede loro 50 lire e Antonio firmò la ricevuta con una croce perché era analfabeta.
Perciò il Comune diede loro 50 lire e Antonio firmò la ricevuta con una croce perché era analfabeta.
Il sussidio
per il viaggio a Napoli
Fonte: Archivio storico del Comune di Marradi.
Ricerca dei documenti fatta con
il bibliotecario
Mario Catani.
per me, molto interessante, chissà se sarà stato un mio avo?
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