Gli ultimi anni del governo
mediceo a Marradi
ricerca di Claudio Mercatali
Giangastone
de’ Medici (1671 – 1737), ultimo granduca di questo casato, regnò per
quattordici anni, oppresso da una corte bigotta e intollerante, depresso fin
dall' infanzia dalla madre egoista e dal padre esagitato.
Dissoluto, depravato
e vizioso, ma anche colto e raffinato, fu messo per forza sul trono, e reagì
standosene sempre a letto, in una camera in cui venivano sparsi mucchi di fiori
profumati per coprire i cattivi odori, tra cortigiani dediti alla crapula,
senza amore da parte della città.
Un “re” da dimenticare. Fu sepolto alle
Cappelle Medicee ma la sua cripta subì una specie di damnatio memoriae e se ne
persero le tracce. Solo di recente è stata ritrovata sotto un tombino dietro
l'altare maggiore.
In questa situazione
l’amministrazione del Granducato andò in malora e i comuni furono abbandonati a
se stessi, soprattutto quelli poveri e poco importanti come Marradi. In questi
anni si toccò uno dei punti più bassi della storia del Comune. Il degrado era
già evidente anche qualche anno prima del governo di Giangastone.
Non c'erano i soldi nemmeno per
pagare le guardie di confine che, avendo fame, visti alcuni buoi al pascolo
nelle vicine terre dello Stato Pontificio, secondo lo storico Antonio
Metelli si arrangiarono così:
“Nel 1716 errando a Marignano per avventura in prossimità dei confini
alcuni buoi al pascolo, scortivi dai soldati del Duca, tanto fecero che sbrancatovi
maliziosamente un bove, e cacciatolo oltre confine, lo fulminarono con gli
archibugi e scorticatolo in cospetto di molti se lo mangiarono …”
Dal 1731 al 1736 fu Cancelliere del
Capitanato di Marradi un certo Giovan Michele Nuti, che si barcamenava fra
problemi più grandi di lui scrivendo continuamente a Firenze per sapere come si
doveva regolare.
Messer Nuti era preciso nelle sue
cose e ci ha lasciato una filza di documenti ben ordinati, con una bella
copertina a colori. In quegli anni non avvennero dei fatti importanti, però di
"negozzi" e grattacapi ne capitarono parecchi. Non mancarono nemmeno
gli imprevisti.
La filza delle lettere
di messer Giovan Michele Nuti
Cancelliere del Capitanato di Marradi
dal 1731 al 1736
Nel 1732, a causa di una piena,
crollò il ponte di S.Eufemia. Il Magistrato di Brisighella (= il comune) fece
sapere che una parte della spesa sarebbe toccata ai marradesi, perché anche
loro usavano quel ponte. Il Capitano Nuti fece fare una stima da un ingegnere e
risultò un preventivo doppio di quello che in un primo tempo si era previsto.
Il Comune non aveva soldi e quindi tassò i possidenti del paese, come chiedevano
le autorità pontificie.
Non fu semplicissimo dire
tutto questo ai signori di Marradi,
come si legge in questa lettera:
"Si trasmette a questo eminentissimo Priore la perizia al ponte di
S.Eufemia, che quant'unque sia assai maggiore dell'altra già inviata, non credo
possa apportare alcuna ombra se si riflette che la prima fu fatta da un
semplice muratore che non può avere alcuna esperienza di tali fabbriche e la
seconda è stata fatta da un architetto ben noto alla reverenda Camera
Apostolica (= all' amministrazione pontificia). Intanto gliene mando la
notifica acciocché possa cooperare per il buon esito, mentre io non mancherò.
Perciò che concerne le collette possedute dai signori marradesi, ho stimato
bene di non parlarne alla conferenza Magistrale (= al Consiglio comunale)
tenuto questa mattina, per non esacerbare gli animi ...". Data
incerta, lettera del 1732 o del
1733
Nel 1732 uno sconosciuto rimosse
le pietre confinarie nella zona di Beccugiano, allargando un po' lo Stato della
Chiesa a scapito del Granducato e del comune di Marradi.
La villa di Beccugiano oggi (è quasi in cima al passo per Lutirano).
Si rischiava un incidente
diplomatico e messer Nuti pensò bene di chiedere consiglio a Firenze prima di
prendere delle iniziative. Dalla capitale gli risposero così:
"Magistrato Vostro, si è veduto dalla vostra lettera riguardo ai
confini del Granducato con quello della Santa Sede, che si sono ritrovati i
Termini rotti a Luiano, al Poggiolo delle Lame e a Beccugiano, e paga bene che
li abbiate serbati, ammassati nella villa e datomene conto, ma adesso manco di
ordinarvi altro intorno alla questione, perché si va trattando a Roma sulla
questione e perciò bisogna aspettare la futura primavera a restaurare questi
Termini, lasciandoli ora costì".
E che il Signore vi guardi,
Firenze 11
dicembre 1732
Le suore Domenicane di Marradi
erano proprietarie di Sambruceto, dove c'era la sorgente dell' acquedotto
principale del paese. Per un antico accordo esse ne concedevano l'uso pubblico
in cambio dell'uso gratuito dell'acqua per il monastero. In quegli anni
avanzarono delle pretese verso il Comune, forse per ottenere un po' di soldi, e
il Capitano Nuti scrisse di nuovo a Firenze, perché anche questa era una
questione delicata.
Questa volta il Governo
granducale si fece sentire con decisione, e rispose così al Capitano di
Marradi:
"Circa il rifacimento della pila di codesta fonte per il
mantenimento dell'acqua per servizio di codeste Monache, sopra di che
ultimamente Vossia mi riferisce, ho presentemente da dirgli che dette Monache
non vogliono più l'acqua capta a tenore della concessione fattali dal Pubblico,
ma d'alzare in modo la loro vasca che non possa più alcuno aver uso dell'acqua,
come dicono aver sempre avuto da tempo memorabile in qua, sopra di che non
manchi di informarmi se si vada operando fuori dal solito e in pregiudizio del
Pubblico, nel qual caso farà anco sospendere quel lavoro che stanno
facendo".
Saluto cordialmente, Firenze 13 dicembre 1735
Il Granduca Giangastone morì nel
1737 ma negli anni precedenti erano già cominciate le lotte per la sua
successione, visto che non aveva eredi. I due contendenti erano il Re di Spagna
e l'Imperatore d'Austria, che alla fine ebbe la meglio. Nel 1735 il Re di
Spagna mandò un esercito in Toscana e un certo numero di Spagnoli rimase per un
po’ a Marradi. Il loro comandante pretese che il Comune pagasse la pigione della
casa occupata dai suoi soldati e volle anche i soldi per comprare il fieno del
suo cavallo, anche se non ce l'aveva.
Il Cancelliere Nuti scrisse a
Firenze e gli risposero così:
"In risposta al contenuto del suo messaggio del 6 febbraio
riguardo alla pigione della casa in cui furono aqquartierati i soldati
spagnoli, non è del tutto solito che si paghi in alcun luogo e da chicchessia,
però ella non faccia sopra di ciò alcun passo e lasci correre. Sta bene che
abbia fatto pagare da detta Comunità le piccole spese occorse per l'esercizio
dei medesimi soldati e circa la pretesa del comandante di avere la porzione di
fieno per il cavallo benché non l'abbia e non lo tenga, potrà cercare di
prenderlo con buona maniera di desistere dalla medesima, ma quando non gli
riesca e se insiste nella sua opinione bisognerà avere pazienza e
somministrargli quella porzione che ha prevista".
E resto, Firenze 16 febbraio 1735
Anche l’imperatore d’Austria
mandò in Italia un esercito e nel 1735 una banda di Ungari si aqquartierò a
Brisighella, a riscontro degli Spagnoli che erano a Marradi.
Stava per scoppiare una guerra ma
le diplomazie si misero al lavoro e il peggio fu evitato. Il comandante degli
Ungari era il nobile Nadasti, un tipaccio che si comportava più o meno come il
suo collega di Marradi. Il copione era sempre lo stesso: si avanzava una
pretesa assurda, che non poteva essere soddisfatta e poi seguiva una richiesta
di soldi per chiudere la questione.
Ecco come racconta il fatto lo storico Antonio Metelli:
“ … distesisi alle vernali stanze in grandissimo numero gli Alemanni,
co' fieri ceffi, con soldateschi pigli, con le continue e importune richieste i
pacifici abitatori spaventarono e molestarono. Capo di questa gente era un
generale ungherese, Nadasti di casato e di stirpe nobilissima ma bestione
quanto altri mai. I Governatori lo avevano alloggiato nel palazzo dei Fregnani
e si studiavano di mantenerlo ben edificato verso di loro, e veniva pasciuto a
tutte spese della Comunità.
Un giorno che il Magistrato aveva fatto venire
apposta dei bellissimi pesci da Rimini, esclamò di volere aringa fresca e diede
nelle furie e minacciava se subito non la portassero. Più si ingegnavano di
persuadergli che quella sorta di pesce si pescava solo ne' mari di Germania e
più si imbestialiva. Mancava quindi il modo alla Comunità di soddisfare al suo
desiderio. Pregarono perciò con molta umiltà di accettare il denaro necessario
per farne procaccio da se stesso per mezzo dei suoi, in modo da mettergli in
mano alcune monete d'oro ...".
Il Capitanato di Marradi
comprendeva anche Palazzuolo e pagava lo stipendio dei maestri elementari.
Anche in questo si lesinava, date le ristrettezze di bilancio, ma il capitano
Nuti probabilmente non poté ignorare questa
lettera:
"Carlo Fabbrini, maestro di scuola pubblica in Palazzuolo,
gl'espone come avendo esercitato tale impegno per lo spazio di ventotto anni e
perché desidera sempre più che resti servito il Pubblico, ritrovandosi
settantenne supplica un suo decreto concedergli per aiuto il reverendo chierico
Guido Bertini di venticinque anni, di buoni costumi, che da dieci anni ha
frequentato le Scuole Pie di Firenze"
Palazzuolo,
primavera del 1735
Quasi certamente il capitano
Nuti avrà detto di no a quest'altra lettera, dalla quale apprendiamo che
davanti alla chiesa arcipretale, dove ora ci sono i giardini
pubblici, c'era un cimitero malandato:
"Davanti al Gonfaloniere e ai Rappresentanti il Capitanato di
Marradi e al sig. Cancelliere comparisce l'arciprete di Marradi, e brevemente
espone e gli rappresenta come ritrovandosi in pessimo stato il cimitero e la
piazzetta che esiste davanti alla Pieve di S.Lorenzo di detto luogo, con
esserci molte buche e consumato il lastrico, si rende impraticabile e
specialmente nell'inverno a cagione del fango e dello stagnamento delle acque,
domandò e domanda, fece e fa reverente istanza di far restaurare detto cimitero
e piazzetta e facciata di detta pieve con quella spesa che sarà giudicata
necessaria dal signor ingegnere Bettini ...
... et servatis servandis ...
anno 1735 o 1736
Fonti Archivio storico del
Comune di Marradi, filza dei rescritti degli anni 1731 - 1736
al tempo del
capitano Giovan Michele Nuti.