ricerca di Claudio
Mercatali
Il Passaggio,
romanzo di Sibilla Aleramo
Nel settembre 1917 Dino Campana
era un'anima in pena, in piena crisi perché la malattia nervosa di cui soffriva
stava prendendo rapidamente il sopravvento. A Novara fu arrestato, vagabondo e privo di
documenti. Disperato scrisse a Sibilla questo telegramma.
Anche oggi è l'11 settembre e sono passati
cento anni esatti da allora:
cento anni esatti da allora:
11 settembre 1917
A Sibilla Aleramo, Hotel Manin, Milano
Arrestato a Novara vieni a vedermi.
Campana
Sibilla, che ormai l'aveva
lasciato, colse il grido disperato e si rivolse all'avvocato Enrico Gonzales,
un noto professionista che poi nel 1946 sarà anche eletto deputato nel Partito
Socialdemocratico. Costui scrisse una lettera per il Procuratore del Re di Novara,
in cui dava assicurazioni su Campana e chiedeva il suo rilascio. La Aleramo con
questa ottenne un colloquio con Dino in carcere.
Lei stessa ci racconta come andò in un capitolo del libro Il Passaggio, pubblicato nel 1919 quando i ricordi erano ancora vivi:
... Uscii un giorno da un carcere, dove tra le sbarre un viso sciagurato m'invocava, sovrano viso che mi chiedeva perdono, caro ahi caro viso ritrovato e per sempre riperduto.
Il carcere di Novara
Più tremenda la mia solitudine mi parve di
quella stessa prigione dove si gemeva e dove almeno qualche carceriere
assisteva. L'aria lucida, il bel settembre, la gloria candida d'una montagna
all'orizzonte, ed io sullo spiazzo, tra il frusciare dei platani, al limitare
della cittaduzza ignota, io con nessuno, libera di morire, libera di vivere,
nel vento, il vento buono su le ciglia ancora umide.
Novara
... la gloria candida
di una montagna all'orizzonte ...... la gloria candida
Era l'acquisto di tutta la mia esistenza o il sigillo improvviso?
Non
in mio potere il rifiutarlo.
Dall'invisibile, in un tempo remoto, m'aveva ben detto una voce:
«Ricordati d'aver ascoltato la tua legge». Sì. Tremenda intorno al capo la
vastità ariosa popolata di parole ch'io sola sento.
Pure, così sbalzata fuori
d'ogni strada dopo tanta strada percorsa, sbalzata dall'umanità se umanità è
legame e soccorso tangibile, il mio sconfinamento ebbe lo sfolgorante aspetto
della pace.
Ho visto una sola volta, nella piega profonda
attorno alla bocca d'una grande morta, qualcosa d'altrettanto ricco e strano.
La montagna all' orizzonte fu inondata di rosa, poi ch'era il tramonto; sospeso
il vento, il giorno senza avvenire oscillò, solo, per non so quale lunga ora
ancora. Alle mie spalle stava la mole della fortezza, il segno di quanto si
tenta quaggiù in malvagità e mai realmente si compie.
... alle mie spalle stava la mole della
fortezza ...
Il fratello condannato si raccoglieva certo in un'irreale soavità, come ancora baciandomi le mani traverso le sbarre. La notte sarebbe scesa su lui racconsolato, s'anche fosse l'ultima della sua espiazione. Ed io seppi quel che non sa il suicida. Il queto annegare delle stelle nelle notti estive può solo darne imagine. Rigano il firmamento, s'avventa dalla terra sulla loro molle scìa il desiderio d'infinite costellazioni di occhi il desiderio, il voto... Nulla di più vivente.
S.A. Istituto francese, via Manin 2, Firenze
Se credi che abbia sofferto abbastanza, sono pronto a darti quel che
resta della mia vita.
Vieni a vedermi, ti prego tuo
Dino
La poetessa non poteva fare
niente per lui e non rispose. Dopo pochi giorni si aprirono per Dino le porte
del manicomio di Castelpulci, dal quale non uscì più. Aveva 32 anni.
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