dei
comuni
della Romagna
Toscana all’ Emilia
Toscana all’ Emilia
ricerca di Claudio Mercatali
Nel 1861 con l' Unità d'Italia la Romagna entrò nella nuova regione detta
Emilia. Ravenna era già
capoluogo di provincia e Forlì lo divenne. Però molti territori romagnoli erano in altre province: Imola qualche anno prima
era stata aggregata a Bologna, i quattordici comuni della
Romagna Toscana rimasero sotto Firenze, i sette comuni dell’alta Val
Marecchia entrarono nella provincia di Pesaro.
Perché
la Romagna subì una penalizzazione così forte?
Secondo una ipotesi un po’
campanilista ma molto logica tutto fu dovuto alla diffidenza di Cavour per l’ambiente romagnolo dell’ epoca, che era parecchio umorale e
di tendenza ribelle. C’è un detto che riassume questo atteggiamento
duro e focoso:
“A vég per la mì stréda, encòntra a la mi guèra, sa casc a casc
par tèra, azidénti a chim tù sò”.
L’andare avanti senza “badare a niente” in
politica paga poco. Visto con gli occhi dei funzionari del Re della nuova Italia
anche il fatto che un prete scomunicato (don Giovanni Verità), un repubblicano
agitato (Giuseppe Garibaldi) e un bandito di strada (Stefano Pelloni, detto il
Passatore) avessero inciso così a fondo nell’ animo e nei ricordi della
gente non era un buon segno.
Perciò si preferì spostare il baricentro della
Regione il più possibile verso l’Emilia, che oltretutto aveva un’ ottima
tradizione amministrativa, perché Modena, Reggio, Parma e Piacenza erano state
per lungo tempo capitali di ducati indipendenti. Questa situazione cambiò nel
1923, quando venne allargata la provincia di Forlì, con l’aggregazione dei
comuni della Romagna Toscana, esclusi Marradi e Palazzuolo sul Senio.
Torniamo
indietro al 1923, e cerchiamo di capire come venne vissuto dalla gente questo
passaggio da una provincia all’ altra, perché un trasferimento in blocco di dodici
comuni non è una cosa che capita tutti i giorni. Il periodico repubblicano Il Pensiero Romagnolo, edito a Forlì, fece una doppia considerazione, negativa dal punto di vista finanziario e
positiva per l'aspetto politico. Il
Comune più danneggiato dal cambiamento fu Rocca San Cassiano, che cessò di essere
capoluogo del Circondario e perse qualche ufficio amministrativo e la sede del
tribunale. Quindi in un primo momento il passaggio non fu tanto gradito in quel
paese.
Qualche
altra polemica sorse a Modigliana e Tredozio, che volevano essere aggregati a
Ravenna, come Faenza. In effetti sarebbe stato logico ma lo scopo primo
di tutta l’operazione era l’allargamento della Provincia di Forlì e i
modiglianesi “obtorto collo” si rassegnarono. Però i due comuni furono
aggregati a Ravenna per il tribunale e a Faenza per la Pretura e questo fu
interpretato come un primo segnale di un ripensamento e calmò i più.
In
fin dei conti il cambio di provincia fu accettato, perché era
conveniente e giusto, ma non ci furono grandi entusiasmi. Se dietro l’operazione non ci
fosse stata la precisa volontà di Mussolini forse le cose sarebbero
rimaste così com’ erano per molti anni ancora. Il fatto è che cinque secoli di
dipendenza da Firenze avevano lasciato il segno, i Medici erano stati bravi
governanti e l’amministrazione laica e un po’ asburgica dei Granduchi di Lorena
era stata nettamente migliore di quella papalina del resto della Romagna. E
nel Mugello? La decisione era penalizzante per la Toscana ma fu accettata perché c'era la precisa volontà di Mussolini, come si capisce leggendo
l' articolo qui sotto.
La Carta della provincia
di Firenze
prima del 1923.
E
Marradi? In sostanza il paese era rimasto fuori da tutto questo, perché la
vallata del Lamone gravita su Faenza e non su Forlì. Per noi il
trasferimento degli altri Comuni della Romagna Toscana fu uno svantaggio,
perché il bacino del Lamone rimase diviso fra Forlì (Modigliana e Tredozio),
Ravenna (Brisighella) e Firenze (Marradi). Quattro comuni in tre province di
due regioni differenti.
La
sensazione di essere rimasti tagliati fuori, staccati dagli altri
comuni della Romagna Toscana era evidente e ogni tanto veniva fuori. Ad un
certo punto, nel 1933, intervenne il Segretario Federale del Fascio Pavolini e
troncò i dubbi nel modo che si legge qui accanto ...
Però
dopo il Fascismo la questione del passaggio di Marradi all' Emilia Romagna è stata posta molte
altre volte e non è detto che non risalti fuori.
Fonti
Legge 4
marzo 1923 n° 544 (G.U. 23 marzo 1923 n° 72)
Resto
del Carlino 22 febbraio, 2 e 3 marzo 1923
La
Nazione 3 marzo 1923
Il
pensiero romagnolo Giornale del PRI dell’ 8 marzo 1923
Il
Momento, giornale del PPI di Forlì, 22 febbraio 1923
Il
Messaggero del Mugello 4 marzo 1923 e 19 novembre 1933
Si
ringrazia la Biblioteca Comunale di Forlì per l'indispensabile aiuto dato.