Ricerca
di Claudio Mercatali
La
gente dà i nomi nei modi più svariati ai posti che frequenta. Ci sono siti con
nomi di persona, di santi o divinità, di animali, piante, e altri che ricordano qualche
caratteristica tipica, un fatto capitato lì e così via. Capire l’origine e
il significato dei nomi non è sempre semplice perché il tempo deforma le parole, cancella le tradizioni, confonde le
storie, le leggende, i miti e altro ancora.
Qui
di seguito c’è la toponomastica di un centinaio di siti del Comune di Marradi,
una parte minima delle migliaia di nomi che nei secoli sono stati dati nel
nostro territorio.
Secondo l’uso prevalente in queste indagini i nomi sono raggruppati per tipologie, passando da una all’ altra con un caso intermedio. Derivano spesso dal romagnolo medioevale, che filtrò molte parole latine, longobarde e anche bizantine. Nel dialetto romagnolo è obbligatorio mettere l’accento nelle vocali interne dove cade l’accento (le toniche), come in francese. In più c’è l’accento circonflesso che indica la pronuncia nasalizzata delle vocali “a,e,o” seguite dalle consonanti “n, m”, come fa un francese quando dice il cognome del suo presidente Macrǒn.
Secondo l’uso prevalente in queste indagini i nomi sono raggruppati per tipologie, passando da una all’ altra con un caso intermedio. Derivano spesso dal romagnolo medioevale, che filtrò molte parole latine, longobarde e anche bizantine. Nel dialetto romagnolo è obbligatorio mettere l’accento nelle vocali interne dove cade l’accento (le toniche), come in francese. In più c’è l’accento circonflesso che indica la pronuncia nasalizzata delle vocali “a,e,o” seguite dalle consonanti “n, m”, come fa un francese quando dice il cognome del suo presidente Macrǒn.
Se siete romagnoli avete capito
e se siete toscani potreste provare a tapparvi il naso e a dire “bόn” cercando
di pronunciare la enne il meno possibile, però i fonemi del tosco sono altri e
non otterrete dei grandi risultati.
Partiamo
dal nome del capoluogo. Marradi, Maré in dialetto, deriva con ogni probabilità
da “marra” che era uno zappetto. Dunque Marradi, o Marato, significa “zappato”.
In effetti tutto attorno al capoluogo ci sono ancora i terrazzamenti, sorretti
da muri a secco, lavorati dai marìtt,
gli zappatori, parola che poi diventò un cognome presente anche altrove. Infatti
a Casaglia il sentiero che sale in paese dagli orti vicino al Lamone si chiamava
via dei Marretti. In più a San Cassiano c'è il Rio Maréda, cioè il fosso della terra zappata.
Vicino a Marradi c’è anche un poderino dal nome interessante:
la Casètta ed Valmarόla
che significa
“casetta in basso (val -)
zappettata (- ola è un diminutivo).
Nel fosso di Sant'Adriano ce n'è un altro, con il nome un po' storpiato in Valbarόla, però l'equivoco si chiarisce perché il podere lì accanto è Campadȇn, campettino, e quello dopo ancora è la Casètta ed Valbarόla.
In un paese che viveva di agricoltura è logico trovare dei riferimenti agli attrezzi agricoli antichi. Per esempio il nome Coltriciano di Sopra e di Sotto, due poderi confinanti con Valmaròla, deriva da coltro, un rudimentale tipo di aratro.
Il nome del padrone
Un
modo semplice e frequente per denominare un podere o un gruppo di edifici è
quello di usare il nome dei proprietari o degli abitanti. Secondo una bella
ipotesi del veterinario Francesco Catani questo è il caso di Gamogna, che
potrebbe derivare da Cà di Mόng o Cà di Mùgn (i mungitori).
Quale delle due ha maggior credito? Nel nostro romagnolo Mόng raro, si usa più spesso il femminile, Mόnga, e frate si dice Fré. Dunque l'etimologia più probabile è la seconda.
A Ponte di Camurano ci sono due ponti: uno è quello della strada maestra attuale e l'altro, nascosto e più interno, è quello della vecchia Faentina del Settecento.
Attorno a Marradi è un susseguirsi di nomi dati in questo modo: Cà di Carlǒn (dei Carloni), Cà di Gondǒn (dei Gondi), Cà di Blȇn (dei Bellini), Camurano (o Cammurrana, Cà d'Morèna), Cà d’lira, Cà d’Zénn (di Zeno). Però quest’ultimo nome potrebbe non essere di una persona, per il motivo spiegato qui di seguito.
Il nome di Giano
Popolano e San Martino in Gattara visti da Monte Gianni. Gli strumenti sono due corni fatti con la corteccia dei castagni.
Boesimo
Un altro caso è il nome del
podere Neviglio, al bivio per la fattoria I Cancelli. Nel Catasto Leopoldino
c’è il nome esatto, che è El vì (le
vie), perché di lì passava la mulattiera Marradi - Palazzuolo. Però il nome
romagnolo El vì o Nel vì (nelle vie) fu capito dai
cartografi della Regione Toscana come nevoso, nevischio e quindi trascritto
come Neviglio.
Zeno,
Giano (janus) era la divinità romana dal doppio volto, che poteva guardare di
qua e di là. Da noi il nome deformato è tipico delle località che hanno una
doppia visuale, su due versanti oppure a destra e a sinistra per largo tratto.
E’ così anche in molte altre parti d’Italia, per esempio a Roma il Gianicolo è
un colle dove si vede un ampio panorama. Dunque Cà d’Zènn viene forse da Giano e non da Gianni, che nel romagnolo
locale si dice Zvàn.
Loiano
Ci
sono altri casi: da Loiano (locus janus) si vede la valle del Lamone dal
Castellone al castello di San Cassiano, da Luiano si vede la valle di Campigno dallo
spartiacque fino quasi a Biforco.
Da Monte Gianni (Mons janus) si vede il fondovalle da Marradi
a San Martino e da Beccugiano si gode di una visuale incantevole, così come da Grisigliano, che è lì vicino.
Beccugiano (qui accanto) e Grisigliano sono due siti vicino al Passo del Torretto, che porta da Marradi a Modigliana.
Boesimo
I toponimi dei siti
più antichi
La
valle del Lamone è stata abitata fin dalla Preistoria da popolazioni umbre di
cui si sa poco o niente. Poi ci furono gli insediamenti dei Galli, sospinti
nelle vallette laterali dalla conquista dei Romani. Di questi è rimasto il
ricordo sbiadito nei nomi Boesimo (dei Galli Boi) e Galliana oltre alla
necropoli di San martino in Gattara. Il monte soprastante è il Budrialto, da budrio, voce celtica che indica fossi d'acqua. Appena dopo il confine con Modigliana c'è anche Galligata o Galliata, una bella fattoria nella valle Acerreta e nel fondovalle c'è il Molino di Bedronico, da bedo = canale.
I toponimi bizantini
Dopo
la caduta dell’Impero Romano la Romagna fu un dominio bizantino per qualche
secolo, ma l’alta valle del Lamone fu occupata ben presto dai Longobardi. Per questo da noi i toponimi
bizantini scarseggiano e se ne trova qualcuno solo nella zona di San Martino,
dove all’incirca cominciava l’Esarcato di Ravenna. Il nostro destino di marradesi già
allora era quello di stare in mezzo, fra la Tuscia e la Romanìa. Da San Zeno,
vescovo di Verona nel IV secolo, venerato dai Bizantini vengono i nomi San
Zènn e Molȇn ed San Zènn, fra San Martino e Marignano. Anche San
Martino in Gattara potrebbe essere un toponimo bizantino, perché in greco katarèo
significa “vado in giù” e questo è l’unico paese della vallata dove si entra percorrendo
una forte discesa. Però l’opinione di gran lunga prevalente è che il nome derivi dal
longobardo wahtha che significa “posto di osservazione, di guardia”. In effetti in cima al monte
soprastante c’era un castello ancora ben visibile nella carta del 1595 mostrata qui accanto. Dunque
anche i Longobardi ci hanno lasciato qualche nome. Nella valle del Senio successe
più o meno la stessa cosa, e al confine fra Palazzuolo e Casola cominciano i
nomi bizantini, come la chiesa di Sant' Apollinare, o Misileo.
I toponimi Longobardi
Sono
longobardi i nomi Monte Maggiore e Val Maggiore che si incontrano spesso e
significano “sito alto (mons) e sito basso (val) dei miei antenati (maiòrum)”.
Perciò non è detto che un sito “mont” sia in un rilievo più grande di quelli accanto. Sono
longobardi anche i nomi Gamberaldi, Marignano, Sermano. Monte Romano merita un
discorso a parte perché il nome è la traduzione errata di Mont Ermȃn, che in italiano sarebbe Monte Ermanno. Herman in
tedesco significa fratello e quindi il toponimo è longobardo e significa “monte
dei miei fratelli”, un riferimento tipico per loro, organizzati in famiglie e
clan.
I toponimi con l’equivoco
Certi nomi sono cambiati nei secoli per svariati motivi.
Succedeva infatti che a volte i cartografi del Granduca, non conoscendo il romagnolo, scrivevano
in modo improprio i nomi chiesti alla gente del posto. Un esempio l'abbiamo visto prima con il nome Valmarόla - Valbarόla. Capitò anche con gli
ufficiali cartografi dell’ Istituto geografico Militare quando nel 1928 - 1934 disegnarono
le carte IGM in uso anche oggi.
Altri errori si trovano nella Cartografia tecnica della Regione. Questi equivoci non capitarono solo qui da noi e l’esempio classico ci viene dal Veneto: si racconta che l’ufficiale chiese al contadino: “Come si chiama quella casa laggiù?” e lui gli rispose: ”Somìnga”. Così il cartografo annotò questo nome ma sominga in dialetto veneto vuol dire “non lo so”. Nella nostra zona il caso classico è la traduzione errata di Monte Romano, di cui abbiamo detto prima, ma ce ne sono altri.
Altri errori si trovano nella Cartografia tecnica della Regione. Questi equivoci non capitarono solo qui da noi e l’esempio classico ci viene dal Veneto: si racconta che l’ufficiale chiese al contadino: “Come si chiama quella casa laggiù?” e lui gli rispose: ”Somìnga”. Così il cartografo annotò questo nome ma sominga in dialetto veneto vuol dire “non lo so”. Nella nostra zona il caso classico è la traduzione errata di Monte Romano, di cui abbiamo detto prima, ma ce ne sono altri.
Il nome del podere Funtȇna
quéra, in realtà era“Funtȇna ciéra”,
chiara, e infatti nel Catasto Leopoldino del 1830 è scritto Fontana bona, ma fu frainteso nel 1928
dall’ufficiale dell’ IGM e trascritto come Fontana
Quara, che non significa niente. Quéra, ciéra, chiara, è anche un podere vicino a Biforco, dove sgorga acqua pulita da diverse
sorgentelle che alimentano la fontana del paese. Qui per fortuna il nome venne
lasciato in romagnolo e l’equivoco non si verificò.
C’è anche qualche caso difficile, come il nome del podere
Testiati, parola che in italiano non esiste. Invece il nome romagnolo è
chiaro ed è Scié (con la "sc" come in rascé = raschiare), che è il
lavoro del fabbro che batte a caldo la lama di una zappa o una vanga e poi la
mette nell’ acqua per dargli la tempra. A Testiati c’era un’antica fucina? Può
darsi, ma il cartografo del Granduca forse pensò ai testi, cioè alle pietre
dove si cuoce la piadina romagnola, che però qui da noi non era un alimento
comune. Poi il nome venne riscritto errato dai cartografi dell’IGM, della
Regione Toscana e dell' Ufficio delle Imposte. Anche il nome Pian dei Preti, sito in cima a un monte di fronte a Marradi è
ambiguo. Qui prima della attuale pineta c’era un campo piano che ancora si
vede e forse il nome era Piȃn di Pré
(Pian dei Prati) che si confonde facilmente con Piȃn di Prìt. Nella memoria
collettiva del paese non c’è nessun episodio relativo ai preti in questo luogo.
Dunque questa volta il probabile equivoco fu fatto dai marradesi, perché il
toponimo non è cartografato.
20 toponimi da nomi di animali
Baya Vuip
(dove abbaia la volpe, sopra S.Adriano), Bovignana (Lutirano), Cà Animalìtt (Biforco), Cà de Bill (il billo nel Mugello è il
tacchino), Cà de Feic, Cà d’Gal, Cà de Gatt, Casètta de Top (a Cesata), Casalȇn
del Leǒn (S.Adriano), Cavaléra, Mont Clόmb, E Bèc (Il Becco, confine con San Benedetto in Alpe), El Porzlȇn (Le Porcelline, Ponte della Valle), La Clombéra (La Colombaia), La Merléia (Marradi), Prato Cavallo (Campigno), Mont dl'esne, (Monte dell'Asino), Valvidèl (Valvitello), Villa Grilli (Marradi), Vonébbie (Volo del nibbio, Vonibbio).
20 toponimi da piante
Abeto, Popolano (Populus è il pioppo), Crespino, Albero, Cardeto,
Castagneto Guizzo (Lutirano), Figazό
(Ficacciolo), Frasinèl (Trebbana), Zerbarόla (Lutirano: asérba = acerba e -ola
diminutivo = acerbina), Lischeta e Scheta (seccata, inaridita), Muschìda (Muschieta, Biforco), E guerzì (Il Querceto, Abeto), E tii (Il Tiglio, Biforco), La nùs (La Noce, Campigno), El sόrb e Ortighéra (Le Sorbe e Orticaia,
Gamberaldi), Poggio delle margherite (Campigno), Brilleta (Abeto),
Pian delle Fagge (oltre Crespino), Zambùg
(Sambuco, Badia del Borgo), Val di Mora (Biforco), Val de’ peri (Fantino). In questo gruppo non si può mettere Rio Faggeto, che è una bella villa vicino al torrente Acerreta a circa 450m di quota, perché i faggi vivono dai 700m in su. In nome forse deriva da Cafaggio, parola longobarda che significa "posto recintato, Bandita". Acerreta o Acereta? Si trova scritto più spesso con due erre ma il veterinario Francesco Catani, che abita da sempre nella zona dice che nella valle l'acero è molto più diffuso del cerro.
10 toponimi misteriosi
In
certi casi si fa fatica a ipotizzare l’origine di un nome: Bacile (Badia del Borgo), Berlàgo e Buibόla (a Cesata), E Trè
(podere vicino a Gamberara), Filètt (Filetto),
Monte delle Scarabattole (sopra la Badia del Borgo), Spìdna (Spèdina, Crespino), Piȃn
Giaré (Pian degli Arali, oltre Campigno), Pighéra (podere con un famoso castagneto, a Crespino), Vossémole (Badia della Valle). Di certo Pizzafrù (è un podere vicino a Ponte
della Valle) batte tutti.
Nella Carta del Catasto Leopoldino del primo Ottocento, qui sopra, Pizzafrù è segnato in una valletta laterale a un chilometro dalla strada per Ponte della Valle, dove in effetti c'è una casupola diroccata, la capàna ed Psafrù. I lutiranesi dicono che la casa giusta è sulla strada e corrisponde a quella che qui è segnata come Mancorti. Dunque il dubbio è doppio: per il nome e per la precisa collocazione.
Pizzafrù oggi (o Mancorti, secondo il Catasto del Granduca Leopoldo del 1822).
Bellissima e affascinante descrizione. Grazie!
RispondiEliminaStupendo e intrigante!
RispondiEliminaGrazie
Veramente interessante e dettagliato. Grazie!
RispondiEliminaMolto interessante, complimenti.
RispondiEliminaSto cercando di capire da dove deriva il nome Drudolo, che è quello di un podere.Le notizie che ho trovato sono scarse e mi piacerebbe saperne qualcosa di più.
Drudo è il servo, -olo è un diminutivo e quindi drudolo = piccola casa del servo. A Popolano, lungo la strada della Cavallara c'è anche Boldruda. saluti
RispondiEliminaGrazie mille.
RispondiEliminail nome Marradi o Marrate sembra derivi anche dall'etrusco:
RispondiElimina"Mar"- : indica un luogo elevato, una collina o un monte. In etrusco, la desinenza mar- si trova in nomi come Marzabotto e Marsiliana;
Da tenere presente Inoltre, che la parola latina "ratis" (da cui deriva l'italiano "rata") ha origine dalla lingua etrusca, questo suggerisce il concetto di divisione in parti.
Di conseguenza sarebbe il luogo del monte che divide.
inoltre
-"rate": dal latino Indica il risultato di un'azione o il compimento di
un azione.
Quindi indicherebbe il luogo prima di intraprendere un monte.
fantasiosa ma bella e tutta da dimostrare è che la desinenza -rate derivi dalla popolazione dei Reti popolazione secondo Plinio di origine etrusca cacciata via dai Galli con il loro Re Reto poi stanziata nelle Alpi. Il nome di tale popolazione deriverebbe dal fatto che usavano le reti
per la caccia nelle valli e probabilmente la pesca non da meno ricordare che gli etruschi erano inventori dei giochi gladiatori e retiarius era il gladiatore che combatteva con una rete e col tridente