domenica 8 marzo 2020

Delle maniere ovvero della vita dei frati

I Benedettini secondo la Regola
del padre fondatore
Ricerca di Claudio Mercatali



Don Silvano Razzi, frate camaldolese nato a Marradi nel 1527, che fu anche abate del ricco Monastero di San Domenico a Firenze, oggi ci spiega che cosa si intende con la parola “monaco”:

Questa parola, monaco, non vuol dire altro che solitario e per questo sotto un medesimo nome generale si comprendono non pure i Cenobiti, ma anco gli Anacoriti, Romiti che tutti vivono solitari.







Dunque è monaco chi vive la sua spiritualità al di fuori della società civile, in un cenobio (convento) o isolato (in un eremo). Però don Silvano specifica che i Sarabaiti, che vivono in piccoli gruppi senza Abate né Regola e i Girovaghi, noti come i frati da cerca (elemosina) sono frati impropri. Quindi il proverbio l’abito non fa il monaco ha una conferma autorevole:

San Benedetto dei Girovaghi non fa parola, perché non hanno di Monaco se non il nome, che da loro stessi si usurpano, e non meritano se non che di loro si dica, come quel poeta, de’ sciaurati. Non ragionar di lor; ma guarda e passa.



Leggiamo lo scritto di don Silvano Razzi con il titolo Regola del padre santissimo Benedetto, stampato dalla tipografia fiorentina di Bartolomeo Sarmantelli nel 1574








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Don Silvano si pone infine la domanda: è più dura le regola eremitica o la cenobitica?  La risposta è le due cose vanno assieme, perché non si può condurre in modo compiuto una vita eremitica se prima non c’è stato un noviziato in un cenobio, in un monastero.


Nel Cinquecento non c’era la libertà di stampa specialmente per gli scritti su argomenti religiosi, come questo. Chi stampava senza il cosiddetto Imprimatur (che significa si imprima, si stampi) senza il permesso scritto dell’ Inquisitore rischiava parecchio. Questo valeva per tutti e anche per Silvano Razzi:

Giorno 18 aprile 1574
Come ha scritto in queste righe don Silvano Razzi monaco camaldolese nel Regola di Benedetto, nulla è estraneo alla fede, come potremo sapere dalle buone abitudini, da sentimento religioso e la devozione di tanti padri. Concediamo la facoltà e il permesso di stampare. Nel giorno, nel mese e nell’ anno qui sopra. Questa è la parola di Francesco da Pisa Generale Inquisitore del Dominio Fiorentino.

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