lunedì 18 settembre 2023

Il babbo del Poeta

Gli ultimi anni 
di Giovanni Campana

Ricerca di Claudio Mercatali


L'entrata al Reparto uomini dell'ex ospedale,
oggi Scuola Superiore di Magistratura.


Il definitivo ricovero di Dino a Castelpulci fu un comprensibile dramma per i genitori, anche se da anni ormai erano abituati a tutto e non si meravigliavano più di niente. Giovanna Diletti Campana, moglie di Torquato, zio del poeta, a ottant’anni scrisse una memoria per ricordare Dino in famiglia dove disse:

Giovanna Diletti Campana


“Il babbo che io ricordi non andò mai a trovarlo a Castelpulci, non gli reggeva il cuore ma la mamma sì, andava”.

Con queste parole intendeva evidenziare il profondo dolore del padre del poeta ma a volte questa frase viene ricordata quasi come un rifiuto del babbo di accettare la realtà o un distacco affettivo mascherato con una scusante. Fu così? Vediamo di approfondire. Intanto bisogna dire che Giovanna Diletti abitava a Marradi e i genitori di Dino erano residenti a Lastra a Signa, vicino al manicomio, e lei non poteva verificare se facevano visita al figlio o no.

Poi si deve tener conto che Dino Campana morì all’inizio di marzo 1932, dopo 14 anni di manicomio, ma suo padre nell’agosto del 1926. Di che cosa morì Giovanni? I referti dell’ Ospedale di Marradi, dove fu in cura da ultimo, dicono che aveva un tumore alla prostata, che oggi sarebbe operabile e curabile ma nel primo Novecento aveva un esito infausto nel giro di qualche anno, senza che si potesse fare granché.


Dai documenti dei comuni di Lastra a Signa, S.Piero a Sieve, Marradi e Ferrara sappiamo che nel 1923 Giovanni si cancellò dall’ anagrafe di Lastra a Signa per trasferirsi a San Piero a Sieve ma lì cambiò idea e se ne andò senza completare il cambio di residenza e senza dire dove andava. Ritornò a Marradi, dove ottenne la residenza nel 1924 dopo che i tre sindaci scrivendosi chiarirono la sua posizione. 


Al suo male che progrediva si aggiunsero le precarie condizioni di salute della moglie, che morì “per vizio cardiaco” nell’aprile 1925. Rimasto solo si trasferì a Ferrara, dove non ottenne la residenza perché privo di domicilio, però fu registrato all’ Anagrafe in aggiunta allo Stato di famiglia del figlio Manlio, dirigente di banca in quella città. 

Instabile, malato terminale, ripartì e ricomparve a Marradi dopo pochi mesi, ma fu ricoverato all’ ospedale del paese e morì nell’agosto del 1926.


Tutto questo ci permette di dire che dal 1923 compreso al 1926 Giovanni Campana fu tormentato dai problemi suoi, che lo rendevano instabile, forse anche confuso e non in grado di andare a visitare il figlio a Castelpulci.



Del resto essendo nato nel 1854 era quasi settantenne, come sua moglie Francesca, aveva un’età avanzata per l’epoca e una condizione di salute quasi come quella di un novantenne dei nostri giorni afflitto da qualche patologia.

Dunque le visite del padre al figlio, se ci furono forse furono possibili solo nei primi anni del ricovero. Però da alcune lettere scritte da Giovanni al sindaco di Marradi nel periodo 1918 – 1922 si può ancora rilevare che le sue condizioni di salute erano già dubbie in quel periodo.

Cosa si può concludere? Sembra chiaro che le visite del genitore al poeta ricoverato furono impedite dalla premorienza o da cause di forza maggiore e non è corretto interpretare la frase di Giovanna Diletti Campana come se sottintendesse un comportamento negativo.



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