mercoledì 26 febbraio 2014

Il cinematografo



Dino Campana e la grande attrazione
dei primi anni
del Novecento
 ricerca di Claudio Mercatali



I fratelli Lumière sono gli inventori del cinematografo, per aver brevettato nel 1895 la pellicola classica, quella con i fori di fianco che ne permettono lo scorrimento nel proiettore. Fu una rivoluzione, perché fino ad allora nessuno era mai riuscito a produrre delle immagini in movimento e le stesse fotografie erano ancora una rarità.
In poco tempo il proiettore Lumière divenne un'attrazione da teatro e nelle fiere più importanti non mancava quasi mai la camera oscura, nella quale la gente si accalcava per vedere i filmati. Qui da noi negli ultimi anni dell'Ottocento venivano già fatte queste proiezioni.
Ecco un articolo del Messaggero del Mugello del 1898 dove un meravigliato giornalista dà un rendiconto di quanto aveva visto nel cinematografo del sig. Filippi, al teatro di Borgo S.Lorenzo. Alla fine consiglia i lettori di affrettarsi a Marradi, dove Filippi si era spostato con la sua attrezzatura.


 

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Dunque i marradesi, già alla fine dell' Ottocento sapevano che cosa fosse il cinematografo e chi poteva permetterselo aveva visto qualche filmato al teatro o alle fiere d'estate.

Per proiettare nelle fiere con la macchina Lumière serviva poco, bastava una baracca per avere un po' di oscurità, qualche panca e una stesa di segatura bagnata, perché la polvere non imbrattasse le scarpe e le sottane alle signore. I brevi filmati, le "vedute" come si chiamavano allora, scorrevano alla luce irreale della macchina. Mostravano Parigi, Londra, la danza dell'odalisca e altri soggetti che potevano piacere ai ragazzi e alle signorine disposti a pagare il biglietto per questa curiosità.

* * *

Detto questo leggiamo un passo dei Canti Orfici, "La notte" alla sezione 12, e avremo una spiegazione chiara dell'ambiente in cui si trovava il poeta quando scrisse questa prosa, probabilmente nel 1905 o 1906:

Ne la sera dei fuochi de la festa d'estate, ne la luce deliziosa e bianca, quando i nostri orecchi riposavano appena nel silenzio e i nostri occhi erano stanchi de le girandole di fuoco, de le stelle multicolori che avevano lasciato un odore pirico, una vaga gravezza rossa nell'aria, e il camminare accanto ci aveva illanguiditi esaltandoci di una nostra troppo diversa bellezza, lei fine e bruna, pura negli occhi e nel viso, perduto il barbaglio della collana dal collo ignudo, camminava ora a tratti inesperta stringendo il ventaglio. Fu attratta verso la baracca: la sua vestaglia bianca a fini strappi azzurri ondeggiò nella luce diffusa, ed io seguii il suo pallore segnato sulla sua fronte
dalla frangia notturna dei suoi capelli. Entrammo. Dei visi bruni di autocrati, rasserenati dalla fanciullezza e dalla festa, si volsero verso di noi, profondamente limpidi nella luce. E guardammo le vedute. Tutto era di un'irrealtà spettrale. C'erano dei panorami scheletrici di città. Dei morti bizzarri guardavano il cielo in pose legnose. Una odalisca di gomma respirava sommessamente e volgeva attorno gli occhi d'idolo. E l'odore acuto della segatura che felpava i passi e il sussurrio delle signorine del paese attonite di quel mistero. «È così Parigi? Ecco Londra. La battaglia di Muckden.» Noi guardavamo intorno: doveva essere tardi. Tutte quelle cose viste per gli occhi magnetici delle lenti in quella luce di sogno! Immobile presso a me io la sentivo divenire lontana e straniera mentre il suo fascino si approfondiva sotto la frangia notturna dei suoi capelli. Si mosse. Ed io sentii con una punta d'amarezza tosto consolata che mai più le sarei stato vicino. La seguii dunque come si segue un sogno che si ama vano: così eravamo divenuti a un tratto lontani e stranieri dopo lo strepito della festa, davanti al panorama scheletrico del mondo.



* * *

La cruenta battaglia di Mukden fu l'episodio conclusivo della guerra Russo - Giapponese e si combatté nel marzo 1905. E' uno dei primi fatti storici documentati con mezzi cinematografici.



Il poeta era a una fiera di  Marradi o a qualche fiera di Faenza? Il fatto è stato discusso tante volte ma lui stesso sembra darci un'indicazione quando dice che durante la proiezione sentiva "il sussurrio delle signorine del paese attonite di quel mistero" e il nome "paese" è pertinente a Marradi più che a Faenza.

Le cose non andarono bene a Dino Campana quel giorno, perché la ragazza che era con lui si ritrasse a qualche sua advance e:

" ... io sentii con una punta d'amarezza tosto consolata che mai più le sarei stato vicino ".

Questa prosa, con qualche variante, c'è anche nel manoscritto Il più lungo giorno (qui accanto), con il titolo "Amore".

La delusione forse fu più forte di quello che il poeta lascia intendere in questa prosa, perché la trama della poesia La sera di fiera sembra il continuo di questo racconto.

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