e il carrettino del prete
ricerca di Claudio
Mercatali
Via Fabbrini
all'inizio del '900
Uno degli ultimi scritti di Dino
Campana è una prosa poetica dal titolo Arabesco Olimpia.
Abbiamo già visto in una ricerca
precedente che con ogni probabilità Olimpia era una ragazzina di Marradi figlia del droghiere
Matteuzzi, che a fine Ottocento teneva bottega in Piazza Scalelle.
Allora era tredicenne e non seppe
mai di essere stata osservata e apprezzata da Dino Campana, perché il poeta era
un ragazzino della stessa età e non si fece avanti.
Quando aveva quattordici anni (1899) la sua famiglia se ne andò da Marradi, ma lei tornò nel 1924, sposata. Dino era al manicomio già da sei anni. Arabesco Olimpia non c'è nei Canti Orfici perché fu pubblicata nel 1915 - 1916 in giornali per letterati non in vendita a Marradi.
Quando aveva quattordici anni (1899) la sua famiglia se ne andò da Marradi, ma lei tornò nel 1924, sposata. Dino era al manicomio già da sei anni. Arabesco Olimpia non c'è nei Canti Orfici perché fu pubblicata nel 1915 - 1916 in giornali per letterati non in vendita a Marradi.
La drogheria di Salvatorie Matteuzzi è nel registro
degli esercenti di Marradi
del 1889
Questa prosa ebbe una gestazione
complicata.
Il medico Carlo Pariani, che intervistò Campana al manicomio di Castelpulci riferisce di avergli sentito dire:
Il medico Carlo Pariani, che intervistò Campana al manicomio di Castelpulci riferisce di avergli sentito dire:
“Cercavo di armonizzare dei colori, delle forme. Nel paesaggio italiano
collocavo dei ricordi. E’ una delle mie più belle. Mi ricordo la mandai alla
Riviera Ligure e mi mandarono 25 lire. Ma a me costava molto di più. Ci avevo
messo un mese a farla.”
Nel Taccuino di Franco Matacotta
(1949) ci sono abbozzi e frammenti di Arabesco Olimpia e anche una prima
versione, che è qui accanto. E' molto bella, merita ingrandire
l'immagine con un clic e leggerla.
Costui negli anni Trenta fu
amante di Sibilla Aleramo; quando si lasciarono le prese una parte delle sue carte
personali con gli appunti di Campana e nacque una polemica ...
Dunque il poeta ci dà due versioni di questa prosa poetica e ci lascia
scegliere?
No, questa senza titolo è solo
una prima scrittura inedita e quella pubblicata è intitolata Arabesco Olimpia.
Però ora usiamo l'inedito, che ha dei dettagli più precisi e chiari per capire
quello che segue.
Il poeta si prende gioco di noi e
si nasconde, ma già nel titolo ci avverte: l'arabesco è un disegno complicato,
un ghirigoro o un discorso difficile che si capisce dopo aver analizzato i suoi
vari elementi ...
Questa via nello stradario
ottocentesco è segnata da Palazzo Fabroni al Ponte degli Archiroli, come oggi.
I numeri civici sono cambiati da allora, ma di poco. La via è lunga solo un centinaio di metri e il n°11 è comunque circa a metà, dalla parte che dà sul fosso. Cerchiamo di definire le circostanze e fantastichiamo un po' frugando fra gli appunti del poeta scritti nel Taccuino:
I numeri civici sono cambiati da allora, ma di poco. La via è lunga solo un centinaio di metri e il n°11 è comunque circa a metà, dalla parte che dà sul fosso. Cerchiamo di definire le circostanze e fantastichiamo un po' frugando fra gli appunti del poeta scritti nel Taccuino:
... in riva il torrione nano ... tramonto di torricelle rosse ... fiori
del cardo ... dei fiori bianchi e rossi son fioriti ... acqua cola per conche verdi ...
L'ambiente sembra proprio quello
attorno alle case di via Fabbrini che dànno sul Rio Salto, viste dal Ponte
degli Archiroli o dalla Fonte della Vasca, specialmente "il torrione nano", parola che
sembra misteriosa e invece dà un indizio chiaro, come si può leggere qui
accanto.
Il poeta si ricorda di quando da ragazzino girellava attorno alle finestre di lei cercando di vederla? Sarà stato veramente così?
Non lo sapremo mai di sicuro, ma se il poeta dice:
"... nel paesaggio italiano collocavo dei ricordi ..."
Il suo ricordo da ragazzino è a
Marradi, perché il grande girovagare non era ancora cominciato. Dunque in Arabesco Olimpia e negli inediti preparatòri c'è la descrizione di uno scorcio caratteristico del centro di Marradi, che è ancora come allora. Dino descrive le persone e gli ambienti
con molta logica e per questo forse era meno matto di quello che si pensa. Infatti il dr. Carlo Pariani, che
lo intervistò al manicomio di Castelpulci, scrisse:
"... Forse qualche lettore meraviglierà ... ma logica e critica
non sono il forte e nemmeno il debole dei matti, perché ne rimasero privi;
invece per i sani vengono e vanno".
...........................
Nel Taccuino c'è un' altra poesia
di Campana, nota come "Sdraiata nel carrettino" in cui pare che la descrizione di Olimpia riprenda. Il
fatto fu notato dal critico Silvio Ramat, che nell' edizione degli Inediti del
1973 scrisse quello che si può leggere qui accanto ....
Era un' osservazione
intelligente, e anche un teorema che rimase senza dimostrazione. Però ora,
avendo individuato con una certa sicurezza Olimpia Matteuzzi, sorge di nuovo la
domanda: si parla di lei?
Una traccia precisa da seguire ce
la forniscono le nipoti, Irene, Lucia, Marcella, Mirella e il nipote Giorgio che
nello scritto del poeta riconoscono la nonna Olimpia soprattutto per gli occhi,
il colorito pallido e la fronte alta, che probabilmente da giovane era coperta
da una fratina, come dice il poeta:
La fronte scritta sotto la fratina
Che hai gli occhi pallidi come una bambina
Il viso è muscoloso seta pallida
Nel riso della prima gioventù ...
Un'altra traccia, debole, è nei primi versi:
Sdraiata sul
carrettino
con lo zio prete
vicino
bellezza ecclesiastica
eletto giardino...
Olimpia aveva un zio
prete?
No, il droghiere Matteuzzi di
Pontassieve non aveva parenti qui da noi e sua moglie Angela Nati, mamma di
Olimpia, non aveva fratelli preti a Marradi. Però come dice Ramat il termine
"zio prete" può avere un
significato più ampio. I legami della famiglia Matteuzzi con Casaglia erano
forti, e per i discendenti lo sono anche ora ...
Olimpia era nata a Casaglia nel
1885, e fece la postina di quel paesino per tanti anni. Il postino era un
mestiere ereditario e lei a un certo punto sostituì sua sorella Maria, che
aveva otto anni di più. La casa di famiglia era al numero 48, proprio a
ridosso della chiesa vecchia, che ora è una casa privata all' inizio del paese
dalla parte della strada per Marradi, che non c'era.
Anche se non ci sono prove su quello che state per leggere, si può fare qualche
ipotesi su chi fosse questo parroco:
Don Enrico Braschi è una figura
notevole, di cui diremo di più un' altra volta.
Fu parroco a Casaglia dal 1900 al
1947 e condivise tutto con la gente di qui: i lutti nella Prima Guerra
Mondiale, il terremoto del 1919 e lo sfollamento del 1944 a S.Giovanni in
Persiceto (BO) perché Casaglia era sulla Linea Gotica.
La figura dello "zio
prete" gli calza abbastanza. E' possibile che Olimpia e sua sorella Maria
siano andate al mercato di Marradi e siano tornate a Casaglia con lui. Don
Enrico era un iperattivo: nel 1912 costruì di sana pianta la chiesa attuale.
Poi
comprò le campane prima di aver costruito il campanile e le sistemò in un
traliccio di legno come si vede qui sopra. E' proprio il caso di dire che metteva
il carro davanti ai buoi ... ... e forse anche il cavallo davanti al carrettino
...
Fonti:
Dino Campana ricorda la sua prima gioventù, archivio del blog 26 novembre 2015.
I nomi delle vie del paese. 'archivio del blog 19 ottobre 2013.
Il Taccuino di Franco Mattacotta
Gli Inediti di Enrico Falqui
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