martedì 28 giugno 2016

Il Credito Romagnolo a Marradi


Breve storia di un edificio
storico atipico
ricerca di Claudio Mercatali





1920 Certificato per 250 azioni
del Cr. Romagnolo, da 30 lire ognuna




Il Piccolo Credito Romagnolo fu fondato a Bologna nel 1896 dal conte Giovanni Acquaderni. Nel 1905 furono aperte le prime sedi fuori città, poi nella provincia di Ferrara e in Romagna.
Nel 1914 a seguito di una dura controversia, le sedi del ferrarese si separarono e fondarono il Piccolo Credito, una banchina che non ebbe fortuna e fallì nel 1928. 
Bologna e la Romagna allora formarono il Credito Romagnolo, passando da società cooperativa a società per azioni. 
La differenza era fondamentale, perché a quel tempo le banche cooperative in nome collettivo elargivano credito soprattutto ai soci. Nel 1996 si fuse con la Banca del Monte di Bologna e Ravenna e la Cassa di Risparmio di Modena formando la Rolo Banca 1473. Qualche anno dopo tutto confluì nel Gruppo Unicredit.






Il Piccolo Credito Romagnolo è un esempio di "finanza cattolica" di fine Ottocento. Per fondare la banca il conte Acquaderni fu "sponsorizzato" dal cardinale di Bologna Domenico Svampa. 
Lo scopo dell' operazione era anche quello di offrire riferimento e supporto alle varie Casse Rurali che i parroci di campagna stavano fondando in quegli anni. Questa matrice era evidente a ognuno, da cui il soprannome "banca di prìt" con il quale il Credito Romagnolo era noto in Romagna.





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La forza dell' Istituto stava nell' appoggio della Chiesa ma soprattutto nel profondo radicamento sociale nei paesi della Romagna.
La fortuna commerciale nei primi anni Venti consentì al Credito Romagnolo di costruire nuove sedi, con una architettura particolare, come quella di Faenza (1927), di Castrocaro, di Predappio (1929) e di Marradi (1929), che ora ci interessa.







Il Credito Romagnolo era già presente qui in paese dal 1921 con sede in via Tamburini. Pochi anni prima erano state aperte le Casse Rurali di S.Adriano, Lutirano, S.Martino in Gattara e S.Cassiano e c'era dunque la necessità di coordinare anche le iniziative dei parroci di questi paesini.

Come si legge qui sotto, la Direzione del Romagnolo deliberò di aprire la filiale il 29 dicembre 1920 e fece registrare l'atto alla Camera di Commercio di Firenze, secondo gli obblighi imposti dalle leggi di allora.






Nel 1928 per avere maggiore visibilità e più spazio la banca acquistò la vecchia casa della famiglia Ubaldini e la demolì, per costruire il nuovo edificio, nel quale oggi ha sede l' Unicredit.










La casa attuale è più bassa rispetto alla precedente e sul fianco dell' adiacente Palazzo Fabroni si vede ancora lo stampo del tetto
dell' edificio demolito.











Il primo progetto, che si vede qui accanto, prevedeva un piano in più rispetto all'edificio che poi fu costruito e anche un portico verso Piazza Scalelle.








Il Comune impose che il nuovo edificio fosse allineato al Municipio (vedi planimetria qui a destra) in modo da eliminare la strettoia all'inizio di via Talenti.
La nuova costruzione venne prevista con una leggera angolazione verso Piazza Scalelle perché la curva d'accesso da via Fabroni non fosse proprio a 90°.


Poi le idee cambiarono e i disegni di questo progetto originario furono modificati. Però l'edificio mantenne l'aspetto architettonico che tanto piaceva ai dirigenti della banca. 






Fu un lavoro importante, alla posa della prima pietra intervennero i dirigenti della banca e l'arciprete Montuschi diede la sua benedizione, come si vede in queste fotografie.










Con la costruzione del Credito Romagnolo il volto del centro del paese cambiò parecchio, perché la nuova sede ha un'architettura atipica ma gradevole. Era una cosa voluta, con la quale l'istituto rimarcava la sua diversità e la sua forza finanziaria.


Fonti
Foto della costruzione di Domenico Bambi.
Planimetrie dell'Archivio del Comune di Marradi, (ricerca di Mario Catani).
Giampaolo Venturi, Storia del Credito Romagnolo, Editore Laterza.
Notizie da: Domenico Sgubbi, Cattolici di azione in terra di Romagna, Galeati, 1973.


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